Difesa: ecco il piano per smantellare le navi a Piombino
di Alberto Quarati da Il Secolo XIX del 5 maggio 2014
Se il ministero della Difesa manterrà la parola, il porto diPiombino forse non incasserà il relitto della “Concordia”, ma un tesoretto altrettanto interessante. All’articolo 10 dell’accordo di Programma per il rilancio industriale del porto toscano – dovuto alla chiusura dell’altoforno Lucchini, che mette a rischio il lavoro di 2.000 persone – il governo infatti si impegna «a rendere disponibili navi da smantellare del ministero della Difesa, ai si-ti navali ubicati presso il porto di Piombino che presenteranno i requisiti (…) per lo svolgimento di tali attività (…) a questo scopo il ministero procederà alla definizione diunprogramma di dismissioni delle navi, anche in termini di numeri e tonnellaggio». In contemporanea con la firma dell’accordo, il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha fissato il numero delle navi da dismettere, e cioè 38, segno che gli obiettivi sono già chiari e che c’è la volontà di rispettare le tempistiche fissate, cioè un cronoprogramma da stabilire entro tre mesi dal 24 aprile, condiviso con governo ed enti locali.
Dal ministero specificano inoltre che le navi avviate verso la demolizione sarebbero 13 alla Spezia,10 «nell’area pugliese, Taranto e Brindisi, 15 di provenienza varia». Una breve ricognizione sui documenti della Marina permette di indicare che le unità in questione sono quattro pattugliatori, due cacciatorpediniere, quattro fregate, tre cacciamine, sei corvette della classe Minerva,12 unità di servizio, tre mezzi da sbarco, per un totale di 69.400 tonnellate di dislocamento al netto delle unità più piccole (che dovrebbero essere rimorchiatori d’altura, rifornitrici, unità da addestramento e di supporto). Queste unità si trovano in effetti ormeggiate tra La Spezia e Taranto, meno tre mezzi da sbarco a Brindisi, tre corvette ad Augusta, e diverse unità che invece sono ancora operative, benché ne sia previsto il disarmo: è il caso ad esempio delle fregate, per le quali tra l’altro in un primo tempo era prevista la vendita. La Marina preme per il rinnovo del-la flotta: ancora a settembre il Capo di Stato Maggiore, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, svelava dismissioni previste per 51 navi entro il2025, e chiedeva un piano di rinnovo «per almeno 25 unità», tutte da costruire.
Non solo, ma teoricamente, secondo il Rapporto 2012 della Marina militare, il piano di dismissioni doveva essere completato fra il2012 e il2016. Due anni sono già trascorsi, per Piombino una garanzia in più di essere alle prese con un cliente che ha voglia di stringere i tempi. Nell’ultimo accordo la Regione Toscana si impegna a investire 10 milioni per le bonifiche in area portuale, soldi che si aggiungono ai precedenti 110 milioni del vecchio accordo di programma del 2008 per l’ampliamento del porto di Piombino, dove già era prevista un’area per la dismissione delle navi, già pensata per operare a servizio dell’acciaieria, utilizzando il rottame come materiale da fusione per i forni, ipotesi che rimane ancora inpiedi se a Piombino potrà essere realizzato un forno elettrico. Per arrivare aunpoloperle demolizioni navali, l’Autorità portuale dovrà indire una gara, che il commissario dello scalo, Luciano Guerrieri, conta di approntare «nell’arco di due mesi» per individuare le società private candidate alla realizzazione delle strutture («la nostra idea è quella di un baci no, probabilmente galleggiante») e per poterle operare.
Si tratterebbe in effetti di un unicum in Europa: «Stiamo studiando con attenzione il regolamento europeo per le demolizioni navali – spiega Guerrieri – e la nostra sensazione è che inTurchiagranparte di queste regole nonvengano rispettate. Da una nostra verifica, strutture per questo tipo di demolizione esisto- no solo in Gran Bretagna, noi saremo l’unico polo nel Mediterraneo per questo tipo di attività». In favore dell’ipotesi Piombino milita ancora un altro fattore. La Marina da tempo sta studiando una struttura per le demolizioni delle proprie navi, tant’è vero che ancora due fa circolava il progetto per realizzare un impianto presso l’Arsenale della Spezia, città dove le attività di demolizione navale andarono avanti regolarmente fino agli anni Settanta. Le istituzioni locali, a partire dall’Autorità portuale, avevano tirato il freno per via dei timori legati al trattamento dell’amianto, nonostante l’ipotesi di un capannone chiuso dove realizzare l’intero ciclo industriale.
Foto: Unità navali in radiazione (Marina Militare)
RedazioneVedi tutti gli articoli
La redazione di Analisi Difesa cura la selezione di notizie provenienti da agenzie, media e uffici stampa.