L’ambigua lotteria dei migranti
da Il Mattino del 6 novembre
La ripresa degli sbarchi di immigrati clandestini ha riaperto gli interrogativi circa l’efficacia delle misure adottate da Roma in accordo con il governo del premier libico riconosciuto, Fayez al-Sarraj, per contenere o “governare” i flussi dalla nostra ex colonia.
Rispetto al 2016 i migranti illegali sbarcati nei primi 10 mesi di quest’anno sono stati 111.397 contro 159.427, cioè il 30,1% in meno mentre se si valuta solo il mese di ottobre il calo è stato addirittura del 78% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso con 5.984 persone sbarcate contro le 27.384.
Una diminuzione che raggiungerebbe addirittura il 93% se guardassimo solo ai flussi provenienti dalla Libia a cui si affiancano da un paio di mesi le sempre più trafficate rotte tunisina e algerina dirette rispettivamente in Sicilia e Sardegna che il mese scorso hanno portato in Italia oltre 4mila dei quasi 6mila immigrati illegali arrivati in Italia.
Rotte alternative e “sbarchi fantasma“ che preoccupano anche per l’afflusso di riminali e jihadisti confermato dalle stesse autorità di Tunisi.
La ripresa di massicci flussi dalla Libia nei primi giorni di novembre dimostra il tentativo dei trafficanti di eludere gli accordi italo-libici. Parte dei flussi sembrano essersi infatti spostati dalle coste comprese tra Tripoli e il confine tunisino a quella tra la capitale e Misurata, area in parte presidiate dalle milizie islamiste di Khalifa Ghwell, legato ai Fratelli Musulmani e rivale di al-Sarraj in Tripolitania.
Le partenze dalle coste della Tripolitania Occidentale puntano inoltre a non farsi intercettare dalla Guardia Costiera libica addestrata, equipaggiata e finanziata dalla Ue ma soprattutto dall’Italia. A mantenere vivi i traffici di esseri umani contribuisce soprattutto l’ambiguità delI’Italia nel “governare” i flussi.
Le iniziative di Minniti e le attività della Guardia costiera libica, che riporta a Tripoli i migranti illegali intercettati in mare, ha dimostrato che la “rotta libica” può essere chiusa in tempi rapidissimi se venisse mantenuta un’iniziativa coerente. Oggi invece gli immigrati illegali diretti in Italia si sottopongono a una vera e propria lotteria.
Se vengono intercettati dalle motovedette libiche, che negli ultimi mesi hanno bloccato e riportato a terra oltre 15mila persone, vengono condotti in centri di detenzione o in campi gestiti dall’Unhcr in attesa che l’Organizzazione internazionale delle migrazioni li rimpatri nei Paesi di origine come sta avvenendo con il decollo regolare voli dall’aeroporto di Mitiga (Tripoli).
Se invece i clandestini riescono a superare il tratto di mare che rappresenta la zona d’intervento libica per la ricerca e soccorso, vengono soccorsi dalle navi militari italiane o europee, oppure da quelle delle Ong, che li portano in Italia. Qui potranno quasi certamente chiedere asilo o far perdere le proprie tracce nella certezza quasi totale di non venire effettivamente espulsi ma di ricevere al massimo quell’invito a lasciare la Penisola entro sette giorni che viene puntualmente disatteso.
Secondo logica e coerenza lo stop dell’Italia ai flussi clandestini dovrebbe essere totale e quindi anche i migranti soccorsi in mare dalle navi nazionali e Ue dovrebbero venire riconsegnati alle autorità libiche bloccando l’accesso ai porti italiani a navi straniere, militari e delle Ong, che intendano sbarcarvi clandestini.
Non si comprende infatti perché Roma addestri e finanzi governo e Guardia costiera di Tripoli affinché blocchino i flussi quando sono le stesse navi italiane e Ue a incentivare i traffici (e le morti in mare) continuando a portare clandestini in Italia.
Un’incongruenza che ridicolizza l’annunciata “svolta” di Roma sull’immigrazione illegale evidenziando un’ambiguità che sembra trovare una spiegazione solo negli interessi politici ed elettorali.
Dopo aver invano chiesto ai partner europei di condividere il fardello delle ondate di immigrati illegali che affluivano in Europa, il governo italiano ha varato le misure di contenimento che hanno ridotto i flussi di quasi un terzo rispetto al 2016 ma solo dopo la pesante sconfitta subita alle elezioni amministrative parziali di giugno.
L’accoglienza di oltre 650 mila immigrati clandestini in quattro anni ha creato un profondo solco tra le forze dell’attuale maggioranza di governo e il loro elettorato. Un solco che le iniziative firmate Minniti puntano a colmare prima delle elezioni politiche mostrando risultati tangibili ma senza fermare definitivamente (come sarebbe agevole fare con i respingimenti in mare in cooperazione con i libici) quei flussi che consentono da anni stanziamenti pubblici miliardari a favore delle lobby del soccorso e dell’accoglienza che includono Ong, cooperative ed enti cattolici.
Organismi strettamente legati alla politica che l’anno scorso hanno potuto contare su finanziamenti per 3,4 miliardi di euro per l’accoglienza dei migranti mentre quest’anno ne erano previsti 4,6 per 200 mila immigrati illegali previsti in arrivo.
Una vera e propria “industria dell’immigrato illegale” che muove un numero considerevole di voti e riceve finanziamenti pubblici maggiori rispetto ad emergenze ben più inevitabili e stringenti di quella delle migrazioni: si consideri ad esempio che nella legge di stabilità 2017 è stato assegnato solo un miliardo alle opere di riassesto idrogeologico della Penisola.
Il governo italiano sembra avere quindi la doppia e antitetica esigenza di rallentare i flussi ma senza interromperli per accontentare le diverse anime del suo elettorato. Un’interpretazione forse maliziosa ma non ve ne sono altre per spiegare l’ambiguità di Roma e risulta credibile anche tenendo conto che le navi militari (italiane, tedesche e spagnole) e delle Ong negli ultimi giorni hanno sbarcato oltre 2mila migranti a Salerno, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Crotone e Taranto.
Da sempre la gran parte dei migranti illegali soccorsi in mare di fronte a Libia e Tunisia vengono fatti approdare nei porti siciliani, risparmiati in queste ore dagli sbarchi, guarda caso in concomitanza col voto regionale.
Foto: AFP, LaPresse, CNN e Marina Militare
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.