Il Giappone tra acquisizione di missili da crociera ed export di armamenti

Di fronte a una Corea del Nord sempre più ostile, il primo ministro giapponese, Abe, ha fissato al 2020 la scadenza per rivedere la costituzione del Giappone, che vieta ai militari del paese di intraprendere molte attività militari offensive. (L’articolo 9 della Costituzione del Giappone, adottata dopo la seconda guerra mondiale, vieta al Giappone di avere alcuna capacità militare al di là di quanto necessario per l’autodifesa.)

La proposta è controversa perché colpisce il cuore dell’identità post-bellica del paese. Nel frattempo, in una recente dichiarazione, il Ministro della difesa giapponese, ha riferito che per la prima volta, Tokyo comprerà missili a lungo raggio per contrastare la minaccia “più grave di sempre”. “Implementeremo i missili standoff in grado di difenderci adeguatamente, al fine di garantire la sicurezza della Forza di autodifesa e di difendere efficacemente il nostro paese”, ha riferito ai giornalisti.

Il Giappone acquisterà due tipi di missili: missili anti-nave a lunga gittata (LRASM) e missili da crociera JASSM (Joint Air-to-Surface Standoff Missile) dalla Lockheed Martin per i suoi caccia F-15. Il missile standoff può essere lanciato a una distanza sufficiente, fino a un migliaio di chilometri,  per permettere al personale in attacco di eludere il fuoco difensivo dall’area bersaglio.

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Il Giappone acquisterà anche missili Naval Strike Missile della norvegese Kongsberg per la dotazione dei nuovi caccia F-35 stealth di ultima generazione in consegna alla flotta della Japan Air Self Defense Force. Per tale acquisizione il ministero della difesa giapponese farà una richiesta aggiuntiva nel budget del prossimo anno.

La notizia dell’acquisto arriva circa un mese dopo la visita a Tokyo del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il quale aveva suggerito al Giappone di acquistare equipaggiamenti militari statunitensi.

I missili acquistati darebbero ai caccia giapponesi la possibilità di colpire gli obiettivi terrestri o marittimi di tutti i loro vicini, compresa la Cina, che non apprezzerà sicuramente il gesto, in considerazione delle implicazioni per la stabilità regionale.

Le novità non riguardano solo le acquisizioni di armi per la difesa ma anche la volontà di esportazione di armi, lungamente ostacolata dalle leggi post guerra.

Dopo i decenni di divieto autoimposto sulle esportazioni di armi, il governo Abe nel 2014 aveva cominciato a consentire ai produttori del paese di esportare armi ed equipaggiamenti militari. E’ sicuramente uno sviluppo significativo, anche se ci vorrà un po’ di tempo prima che il Giappone venga considerato tra i principali fornitori di armi a livello mondiale.

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Nel 2014 i “tre principi sul trasferimento di equipaggiamenti e tecnologie per la difesa” hanno sostituito i “tre principi” del 1967, che praticamente vietavano le esportazioni di armi. Pur mantenendo le esportazioni di armi a supporto del contributo alla politica di pace e al servizio dell’interesse nazionale del Giappone, i nuovi principi mantengono ancora le restrizioni sulle esportazioni di armi per quei Paesi sotto embargo o coinvolti in conflitti. Le nuove norme mirano anche a una maggiore trasparenza per garantire che le armi esportate dal Giappone non siano vendute a paesi terzi senza che il Giappone ne sia a conoscenza.

Al momento, la Boei Sobi-cho (Agenzia di acquisizione, tecnologia e logistica), un’agenzia creata nel 2015 per vendere equipaggiamenti militari all’estero, sta lavorando a diverse vendite che i media hanno definito come l’ultima possibilità del Giappone di entrare nel club di venditori di armi internazionali.

In passato non si sono registrati grossi successi, ne è l’esempio quello della vendita di sottomarini all’Australia, che era sembrato un affare fatto, ma che si è dissolto quando il governo del primo ministro Tony Abbott è crollato.

Attualmente, la vendita di velivoli da trasporto C-2 prodotti della Kawasaki Heavy Industries agli Emirati Arabi Uniti, incontrerebbe delle difficoltà, in quanto secondo un rapporto del Nihon Keizai Shimbun (Nikkei) i “Tre principi” proibiscono le vendite di armi a paesi coinvolti in conflitti internazionali e in questo caso gli EAU fanno parte della coalizione a guida saudita che combatte le forze nello Yemen. Ma un funzionario del ministero della Difesa avrebbe riferito che non dovrebbe essere un problema visto che gli Emirati Arabi Uniti non stanno “guidando” la guerra.

Da cinque anni, vale a dire ancora prima della direttiva del Consiglio dei Ministri, il Giappone starebbe negoziando la vendita di aerei anfibi US-2 all’India ma sembra che ancora non si sia giunti a un accordo.

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Secondo quanto riporta il Japan Times, tutti sembrano concordare sul fatto che l’US-2, realizzato da ShinMaywa Industries, sia particolarmente adatto alle esigenze dell’India, che ha una lunga linea costiera e molte isole remote. La vendita è anche, secondo Nikkei, nell’interesse del Giappone poiché lo scopo principale della difesa dell’India è quello di controllare la presenza della Cina nella regione.

Il punto cruciale è il prezzo. Il Giappone chiederebbe 14,3 miliardi di Yen per ciascuno dei 12 aerei, l’India vorrebbe invece “stabilire una joint venture produttiva” sul suo territorio ma la ShinMaywa non sarebbe interessata a trasferire la produzione per un ordine così piccolo.

Dal momento che il governo giapponese è alla disperata ricerca di una vendita, potrebbe addirittura contribuire a pagarlo. L’idea di sovvenzionare le vendite di armi dando incentivi e prestiti ai paesi acquirenti è stata ripresa in un rapporto della TV Asahi del 10 novembre, che descriveva un piano per fornire assistenza allo sviluppo di paesi, come la Malesia, così da spingerli ad essere più inclini ad acquistare equipaggiamenti militari dal Giappone.

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Tale strategia non richiederebbe solo un budget ODA (Official Development Assistance) più ampio, ma anche garanzie per salvare i produttori di armi in difficoltà finanziaria.

Un altro problema che i produttori di armi giapponesi si trovano ad affrontare è la resistenza da parte della comunità accademica del Giappone, soprattutto alle richieste del governo di condurre ricerche sulle questioni militari.

La mancanza di competitività nella vendita di sottomarini in Australia e lo stallo dei negoziati con l’India, uno dei più grandi potenziali mercati di armi al mondo nei prossimi anni, ne evidenziano la carenza di esperienza, in questo campo. Servirà molto tempo al Giappone per far parte dei maggiori esportatori in questo settore.

Foto:  Getty Images, ShinMaywa, JSDF,

Nato a Cassino nel 1961, militare in congedo, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali. Si occupa di Country Analysis. Autore del Blog 38esimoparallelo.com, collabora con il Think Tank internazionale “Il Nodo di Gordio”. Alcuni suoi articoli sono stati pubblicati su “Il Giornale.it", “Affari Internazionali”, “Geopolitical Review”, “L’Opinione”, “Geopolitica.info”.

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