Bilancio Difesa 2018: una (effimera?) inversione di tendenza
Occorre tuttavia precisare subito alcuni punti fondamentali; non per spirito critico ma perché ogni singolo dato deve essere messo nella giusta prospettiva e attentamente pesato. Anche perchè, per quanto un aumento complessivo possa apparire importante, resta pur sempre il fatto che esso ha come punto di partenza livelli di risorse comunque bassi. Prima di affrontare nel dettaglio i numeri del 2018, un paio di rapide note introduttive; argomenti già noti ma che, alla fine, vale sempre e comunque la pena di ricordare.
Il primo riguarda l’incompletezza dei dati; come noto, infatti, le Forze Armate possono fare affidamento su risorse supplementari, garantite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) per le esigenze legate alle missioni all’estero e dal Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) per il finanziamento di importanti programmi d’investimento.
Per entrambi, allo stato attuale, non risulta possibile fornire il quadro completo ma solo qualche indicazione di massima; laddove solo il Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa (DPP), da presentarsi teoricamente entro il 30 aprile successivo, potrà chiarire i contorni dell’apporto fornito dal MiSE mentre per le risorse del MEF si dovrà invece attendere la fine d’anno.
Il secondo argomento riguarda l’incapacità da parte dello Stato di Previsione del Ministero così come approvato dal Parlamento (più precisamente, nella struttura di bilancio dello Stato adottata da qualche anno) di fornire indicazioni precise sull’effettiva ripartizione delle risorse; il riferimento è alle più classiche (e di gran lunga più utili/comprensibili) Funzioni con le quali il Dicastero della Difesa suddivide la propria spesa: «Funzione Difesa», «Funzione Sicurezza del Territorio», «Funzioni Esterne» e «Pensioni provvisorie del Personale in Ausiliaria». Nonché, all’interno della Funzione Difesa stessa, la più efficace/intellegibile tripartizione in Personale, Esercizio e Investimento.
Un “bug” che non solo alimenta la proliferazione di ricostruzioni varie e fantasiose, ma che impedisce anche a chiunque voglia formarsi un giudizio completo sul bilancio di poterlo fare; se a ciò si aggiungono i cronici ritardi nella presentazione del DPP e qualche intoppo sul fronte delle Deliberazioni sulle missioni all’estero, ne risulta un quadro complessivo ancora contrassegnato da una certa opacità.
Il bilancio del Ministero della Difesa per l’anno 2018
La tradizionale analisi delle risorse assegnate al Ministero della Difesa vede per il 2018 assegnati un totale di 20.968,9 milioni di euro, con un’importante crescita di 699,8 milioni rispetto allo scorso anno.
Prima di scendere nel dettaglio della «Funzione Difesa», si rileva che le voci relative alle «Funzioni Esterne» e alle «Pensioni provvisorie del Personale in Ausiliaria» registrano scostamenti modesti rispetto al 2017. Nel dettaglio, lo stanziamento per la prima voce è di 147,6 milioni di euro; in aumento di 6,5 milioni di euro per effetto soprattutto dei maggiori fondi destinati alle Servitù militari.
Questo mentre le altre voci importanti quali: rifornimento idrico, trasporto aereo civile di Stato, assistenza al volo per il traffico civile e meteorologia (tutto ancora incomprensibilmente incluso nel bilancio della Difesa), rimangono sostanzialmente invariate. Per la seconda, che riceve 391,4 milioni, il movimento è simile ma questa volta in negativo nel senso che sono 5,1 i milioni di euro in meno rispetto allo scorso anno. Nel dettaglio poi, si ricorda che 348,6 di questi milioni sono relativi al Personale delle Forze Armate, mentre i restanti 42,8 fanno riferimento a quello dei Carabinieri.
A proposito di Carabinieri, è nella «Funzione Sicurezza del Territorio» che si registra il primo movimento “importante”; le risorse stanziate passano infatti dai 6.519,8 milioni del 2017 ai 6.632,8 di quest’anno (+113 milioni). In particolare, a fronte di spese per il Personale pressoché in linea con i valori dell’anno scorso, sono da registrare i positivi aumenti sul fronte dell’Esercizio (da 345,8 a 409,4 milioni) e dell’Investimento (addirittura, da 28,3 a 97,3 milioni).
Quale nota conclusiva, il dato relativo a quella componente ex-Corpo Forestale dello Stato accorpata nell’Arma; per il 2018 vale 447,7 milioni (in sensibile calo rispetto ai 491,9 milioni del 2017).
La Funzione Difesa
Ugualmente interessante si presenta poi l’analisi della «Funzione Difesa» propriamente detta; anche in questo caso si registra (come anticipato) una variazione positiva; sia dal punto di vista della quantità che (in parte) della qualità. Passa infatti dai 13.211,8 milioni di euro dello scorso anno ai 13.797,2 milioni attuali: l’incremento è così pari a 585,4 milioni, equivalenti a un +4,4%.
Valori che non si vedevano da molto tempo anche se non riescono certo a risollevare “le sorti” di un bilancio che ha sofferto troppo a lungo, con interventi particolarmente pesanti a partire dal 2014.
Indicativa in questo senso la serie storica dell’ultimo decennio; nonostante infatti si parta da quel 2009 che pure segnò un vistoso calo di risorse rispetto all’anno precedente (quasi 1,1 miliardi di euro di taglio in un solo anno!), il 2018 rimane comunque di sotto di quei valori.
Per un confronto che se già a valori nominali risulta impietoso, quando viene trasformato in valori costanti diventa (come al solito) ancor più pesante; la cifra del 2018 si trasforma infatti in 12.320,9 milioni di euro. Con quest’ultima che ci restituisce quindi non solo un calo di poco più di 2 miliardi di euro ma, a fronte dell’ininterrotta lievitazione delle spese per il Personale, un’erosione ancor più sensibile sui capitoli di spesa dell’Esercizio e dell’Investimento. Erosione solo parzialmente alleviata dalla possibilità di attingere a fondi (peraltro limitati) del MEF per le missioni all’estero, nel caso dell’Esercizio, e a quelli del MiSE (più importanti) per l’Investimento.
Insomma, è evidente che aver spinto così in basso il bilancio della Difesa negli ultimi 4 anni rappresenterà un “macigno” per molto tempo a venire e ogni tentativo di risalita sarà comunque più complesso che mai. Del resto, quale migliore conferma a queste considerazioni se non attraverso l’analisi dell’evoluzione (o involuzione) del rapporto percentuale della Funzione Difesa stessa con il PIL? Per quest’anno, tale rapporto si assesterà sullo 0.779%. In aumento di (ben) 3 millesimi di punto sul 2017!
Ipotizzando di mantenere un simile trend di crescita anche per il futuro e tenendo conto del “mitico” obiettivo del 2% sul PIL stabilito in ambito NATO, ma anche facendo riferimento classificazione delle spese militari definita proprio in ambito Alleanza Atlantica (più ampia, tanto da porre il nostro Paese già oggi su valori pari a poco meno di 20.800 milioni di euro, pari a qualcosa meno dell’1,15% del PIL), in pratica sarebbero necessari circa 280 anni per raggiungere tale traguardo!
Un arco di tempo “leggermente” superiore a quello stabilito al vertice NATO in Galles nel 2014 e che invece fissava il suo raggiungimento alla metà del prossimo decennio.
Considerato che, al contrario, non mancano gli elementi che fanno propendere per bilanci della Difesa nuovamente oggetto di “attenzioni” in tema di contenimento della spesa pubblica, non è per niente difficile prevedere fin da ora che la situazione continuerà a rimanere pesante per molti anni a venire; nella migliore delle ipotesi.
Funzione Difesa, un’analisi per capitoli di spesa
Parzialmente anticipata dal grafico sull’evoluzione della Funzione Difesa degli ultimi 10 anni, non meno importante si presenta l’analisi dei singoli capitoli di spesa presenti all’interno dello stanziamento per le Forze Armate.
Si comincia dal Personale, per il quale si regista l’ennesimo aumento dato che si passa dai 9.799,5 milioni di euro del 2017 ai 10.072,9 milioni di quest’anno; qualcosa come 273,4 milioni di incremento, pari a un +2,8%.
In aumento sono entrambe le voci, con il «Personale Militare» che assorbe 8.999,7 milioni (ben 241 milioni in più sul 2017) e quello «Civile» che raggiunge i 1.073,2 milioni (più 61,4 milioni).
Dunque, la simbolica soglia dei 10 miliardi di euro è stata sfondata; con una corsa verso nuovi record che non appare ancora conclusa. Se infatti sull’aumento del 2018 pesa il provvedimento di c.d. “Riordino dei Ruoli e delle Carriere” varato nel 2017, il recente rinnovo del contratto per il comparto Difesa comporterà un nuovo esborso aggiuntivo già in questo così come per gli anni a venire.
Assistendo tra l’altro a situazioni paradossali; come si ricorderà, la Legge 244/2012 di revisione dello Strumento Militare aveva portato alla creazione di un fondo nel quale far confluire i risparmi dovuti alla riduzione del Personale da essa prevista.
Tale fondo poi, avrebbe dovuto ridistribuire le proprie risorse ai capitoli di spesa dell’Esercizio e dell’Investimento, in nome della ricerca di un maggior equilibrio nella ripartizione degli stanziamenti.
Sennonché, prima per l‘arrivo dello stesso “Riordino”, poi per un provvedimento adottato nella Legge di Bilancio 2018 a favore del Personale Civile della Difesa, alla fine per i prossimi 3 anni (se non oltre) i circa 100 milioni risparmiati dalla riduzione dello stesso Personale e destinati a confluire nel suddetto fondo, in realtà gli saranno “scippati” per coprire queste esigenze.
Si potrà obiettare che la cifra è modesta; tuttavia, in un bilancio della Difesa così compresso (si pensi, in particolare, all’Esercizio) è del tutto evidente che simili risorse sarebbero comunque importanti.
Detto che sulla precisa evoluzione della consistenza organica delle FFAA si potrà sapere di più solo con la pubblicazione del DPP, il secondo capitolo di spesa da affrontare è proprio quello dell’Esercizio.
Per il 2018 si registra lo stanziamento di 1.418,8 milioni di euro; un aumento di 147,6 milioni e cioè qualcosa come +11,6%.
A beneficiarne sono (quasi) tutte le voci che lo compongono.
«Formazione e Addestramento» passa a 65,7 milioni (dai 40 del 2017), «Manutenzione e Supporto» sale a 393,9 milioni (dai 344,8 dello scorso anno), «Funzionamento Enti, Comandi e Unità» si posiziona sui 447,4 milioni (erano 439,2 nel 2017) e, infine, le «Esigenze Interforze» passano a 282,9 milioni (contro 212,9).
A soffrire sono invece le «Infrastrutture», che scendono a 217,7 milioni a fronte dei 220,8 del 2017. Sicuramente meglio degli anni passati ma, sempre in attesa del DPP per maggiori informazioni, il percorso per un ritorno alla normalità appare davvero lunghissimo.
Infine, l’Investimento. Anche qui si registra un aumento significativo; per il 2018 sono disponibili 2.305,5 milioni di euro e cioè 164,4 milioni in più rispetto all’anno passato (+7,7%).
A salire è in particolare il capitolo dell’«Ammodernamento e Rinnovamento», che ora raggiunge i 2.257,4 milioni (rispetto ai 2.090,7 del 2017), laddove gli stanziamenti per «Ricerca e Sviluppo» subiscono un lieve calo fino a 49,4 milioni (contro 50,4 dell’anno passato). Qui, ancora di più che per le altre voci di spesa, è poi necessario attendere il “famoso” DPP per conoscere nel dettaglio i programmi finanziati.
Nel frattempo, anche a livello di ripartizione delle risorse tra i 3 principali capitoli di spesa, non si registrano particolari variazioni. Perché se è vero che il Personale perde una parte del proprio peso (sempre e comunque preponderante), i progressi registrati da Esercizio e Investimento non possono certo essere considerati risolutivi.
E anche se nel conto vanno messi anche gli stanziamenti aggiuntivi (MEF e, soprattutto, MiSE) che consentono di modificare il quadro della situazione, è evidente che quel “50 e 50” inteso come risultato minimo in fatto di ripartizione delle risorse (50 Personale e 25+25 Esercizio con Investimento) non solo è ancora lontano ma, sembra addirittura una chimera.
Tra una Legge 244/2012 che non funziona a dovere (anzi, sia pure non per colpe proprie, alla fine fa registrare continui incrementi delle spese per il Personale), interventi in corso d’opera vari (principalmente tagli), e mancate riforme (che invece promettevano un generale efficientamento della “macchina” della Difesa), all’orizzonte non s’intravede alcuna traccia di un vero e stabile miglioramento.
Fondi MEF per le missioni all’estero e MiSE per l’investimento
Si è appena accennato alla questione delle risorse aggiuntive messe a disposizione da altri Ministeri. Sennonché, il problema è che (come noto) allo stato attuale non è possibile fornire un quadro della situazione preciso; per diversi motivi. Rispetto alla questione dei fondi MEF, il problema nasce dal fatto che l’apposito fondo istituito presso tale Ministero è stato sì rifinanziato con la Legge di Bilancio 2018 fino raggiungere la consistenza di 995,7 milioni di euro.
Il problema però è che già a inizio anno la stima dei costi per l’intero 2018 per tutte le missioni/interventi (militari e civili) è pari a 1.504 milioni di euro. A fronte di questo deficit di risorse si è provveduto (come per l’anno passato) a finanziare il tutto, tranne qualche sporadico caso per il quale c’è la copertura per tutto l’anno, solo fino a 30 settembre prossimo.
Si fa dunque quanto mai concreta la possibilità che si faccia ricorso, anche solo per una copertura finanziaria parziale, a risorse già iscritte nello Stato di Previsione del Ministero della Difesa. Del resto, anche per il 2017 è accaduta la stessa cosa, per un contributo finale pari a ben 323 milioni di euro, anche per effetto di nuovi tagli al Ministero.
Nel frattempo, per rimpinguare i 995,7 milioni presenti nel fondo, si è già deciso di attingere a 17,7 milioni di euro dei rimborsi ONU destinati sempre al Dicastero della Difesa, come corrispettivo dell’impegno in missioni di tale Organizzazione.
Tra l’altro, il dato finale sul contributo aggiuntivo erogato da MEF per tutte le missioni e gli interventi di natura “militare” effettuati nel 2017 (pari a 917,8 milioni), consente di dare una forma pressoché definitiva a quel “Bilancio integrato della Difesa” già proposto in sede di analisi del DPP 2017-’19.
Il dato finale è così pari a 17.220 milioni di euro circa; inteso come somma di Funzione Difesa, fondi MEF (comprensiva della componente aiuti militari all’estero), fondi MiSE (come da DPP), e Carabinieri in Funzione Difesa (facendo ricorso alle, generose, stime fornite dal MinDife).
Adottando gli stessi criteri, il confronto con gli anni precedenti conferma così che lo stesso 2017 è stato uno dei peggiori in assoluto in quanto a disponibilità di risorse complessivamente assegnate al comparto Difesa/FFAA; in questo, battuto solo da 2015.
Ragionamento diverso per quanto riguarda il contributo (fondamentale) del MiSE. Qui i dati non mancano, in quanto inclusi nel suo stesso Stato di Previsione. Il problema consiste, come sempre, nella loro “decifratura”.
Ai capitoli 7419, 7420, 7421, 7485 e 7491 sono infatti stanziate risorse pari a 3.111,3 milioni di euro; al tempo stesso però, ai capitoli 5311÷5313 e 9706÷9708 troviamo indicazione sulle quote annuali degli ammortamenti dei mutui accesi per diversi programmi, per un totale di ben 427,4 milioni.
A rendere ancora più difficile la comprensione del reale volume di risorse disponibili, la spesso complessa natura di tali finanziamenti (si pensi, per esempio, ai limiti di impegno annuali) e la verifica di ciò che viene effettivamente girato al Ministero della Difesa per i pagamenti.
Insomma, solo le cifre fornite dal DPP potranno chiarire la situazione; al momento attuale però, non ci sono segnali che consentano di lasciarsi contagiare dall’euforia rispetto a livelli particolarmente consistenti di risorse.
Certo, l’aumento degli stanziamenti presenti nel bilancio della Difesa e un possibile incremento (ancorché modesto) di risorse provenienti dal MiSE dovrebbero consentire di superare agevolmente quanto disponibile l’anno passato (4.687 milioni, quale somma dei 2.141,1 milioni dalla Difesa e 2.546 dal MiSE stesso); ma senza spostamenti eclatanti.
Anche perché, gli stessi finanziamenti garantiti dal cosiddetto “fondone” (istituito con la Legge di Bilancio 2017, articolo 140, comma 1), anche se stanno cominciando a dispiegare i loro effetti alla fine non vanno altro che a coprire spesso esigenze di programmi di investimento che altrimenti non avrebbero potuto essere soddisfatte (come nel caso delle FREMM).
Foto Difesa.it
Giovanni MartinelliVedi tutti gli articoli
Giovanni Martinelli è nato a Milano nel 1968 ma risiede a Viareggio dove si diplomato presso l’Istituto Tecnico Nautico per poi lavorare in un cantiere navale. Collabora con Analisi Difesa dal 2002 occupandosi di temi navali in generale e delle politiche di Difesa del nostro Paese in particolare. Fino al 2009 ha collaborato con la webzine Pagine di Difesa.