I dolori dell’Esercito Sloveno
Le Forze Armate slovene sono nell’occhio del ciclone. Tutto è iniziato a febbraio quando alcune testate giornalistiche hanno chiesto al Ministero della Difesa una presa di posizione circa la CREVAL (Combat Readiness EVALuation) a cui è stata sottoposta la 72a Brigata di Maribor, reparto d’élite che nei prossimi mesi avrebbe dovuto prendere parte alle missioni estere a cui ha aderito Lubiana. Sebbene sino a quel momento non vi fosse stata alcuna informazione ufficiale era già trapelata la notizia secondo cui i valutatori NATO si erano messi letteralmente le mani nei capelli osservando le manovre dei soldati sloveni, bocciandoli di conseguenza senza appello.
Sorprendentemente, però, da parte del ministro Andreja Katic non è giunta alcuna risposta tecnica, ma una dura presa di posizione contro i vertici delle Forze Armate, rei di non averle dato alcuna informazione in merito. Questa dichiarazione ha ovviamente colto di sorpresa l’opinione pubblica e aumentato l’interesse per l’argomento, che è diventato in poco tempo una delle principali notizie per tutti i giornali locali.
Dal canto suo, per cercare di gettare acqua sul fuoco, l’Esercito ha organizzato in fretta e furia una conferenza stampa a cui è intervenuto il suo portavoce Simon Korez.
Questi, evidentemente imbarazzato, ha minimizzato il valore della bocciatura ricevuta dai suoi commilitoni (2 insufficienze su 3 campi di valutazione), specificando che già in passato altri membri dell’Alleanza Atlantica erano stati considerati inadatti al combattimento.
In aggiunta a ciò, egli ha anche evidenziato che la 72a Brigata è operativa solo da “pochi mesi” (maggio 2017) e pertanto non ha potuto beneficiare dei canonici 18 mesi di addestramento.
Questa spiegazione, se da un lato contribuisce a ridurre la responsabilità del reparto, dall’altro spinge però a riflettere sull’opportunità, da parte di Lubiana, di inviare in teatro operativo dei soldati che, per stessa ammissione dell’Esercito, non sono sufficientemente preparati.
Korez è intervenuto anche su un altro aspetto che ha destato particolare scalpore, ossia quello relativo alla presunta scarsa qualità delle attrezzature in dotazione.
Sempre in occasione della valutazione CREVAL, infatti, 6 soldati avrebbero riportato il congelamento dei piedi, un’ipotesi però smentita dal portavoce, che si è limitato ad ammettere che c’è stato bisogno dell’intervento dei sanitari. L’episodio, invece, è stato ribadito da diversi siti di informazione, che in alcuni casi hanno dedicato degli approfondimenti proprio al tema degli equipaggiamenti forniti ai membri delle FF.AA. 24ur.com (uno dei primi ad aver parlato della valutazione), ad esempio, ha pubblicato una lunga intervista ad un ex militare da poco ritornato alla vita civile.
Questi, oltre a lamentare il trattamento che ricevono molti veterani, ha affermato che lo stato delle forze armate è “disastroso”, sia a causa delle attrezzature fornite, che delle paghe date agli effettivi. Sulla stessa lunghezza d’onda si è mossa anche Siol.net, che è entrate in possesso di alcune foto che sarebbero state inviate da un “soldato che ha preferito rimanere anonimo”. In queste è possibile vedere come, al termine della CREVAL, le suole degli scarponi si fossero completamente scollate (pare che la fonte avesse dovuto attendere 5 anni per averli), mentre i guanti protettivi si fossero addirittura tagliati e strappati.
Oltre a ciò, il sito riferisce che durante l’addestramento i soldati sono stati costretti a dormire a turno negli unici due Valuk in cui funzionava il riscaldamento, un aspetto da non sottovalutare visto che le temperature esterne erano estremamente basse e il suolo coperto dalla neve. Infine, Siol.net ha anche riferito che, sempre la fonte anonima, ha accusato alcuni colleghi di essersi fermati a guardare le Olimpiadi invernali anziché partecipare alle attività e ribadito che è abitudine diffusa tra gli effettivi comprare privatamente l’attrezzatura e l’abbigliamento in modo tale da poter contare su prodotti di qualità sufficiente.
Più in generale, la vicenda ha contribuito a gettare finalmente luce sulle difficoltà delle Forze Armate slovene. Posto che, ad oggi, sembra improbabile che il Paese riesca a raggiungere l’obiettivo di adeguarsi agli standard NATO entro il 2022, vi sono delle oggettive problematiche a cui la politica non ha voluto o saputo dare risposta.
Mentre i vertici dello Stato continuano a promettere l’acquisto di nuovi mezzi e ad aumentare la spesa (+23mln di euro nel 2017), infatti, l’Esercito si trova nella surreale condizione di non avere abbastanza effettivi. Secondo il quotidiano Delo, ad esempio, servirebbero oltre 800 nuovi arruolamenti e 500 ulteriori riservisti, che ad oggi risultano impossibili da trovare in quanto le paghe e la prospettiva di carriera sono largamente sotto le attese.
A conferma di questo basti pensare che nel 2017 vi è stato il 50% di arruolamenti in meno rispetto al 2016 e il 60% in meno rispetto al 2015. Oltre a ciò, l’Esercito risulta profondamente sbilanciato nelle sue componenti interne, tanto che secondo i dati del già citato Delo
il 45% degli effettivi è composto da ufficiali e sottoufficiali (rispettivamente il 16% e il 29% del totale), mentre la truppa rappresenta solo il 40% della forza complessiva (contro il 63,9% in Italia).
Le problematiche sopra elencate sono state sollevate anche dal sindacato militare SVS che, in un durissimo comunicato, ha attaccato con decisione il mondo politico e smentito l’insinuazione secondo cui la 72a Brigata avrebbe volutamente sabotato la CREVAL come gesto di protesta.
Oltre a ciò, la SVS ha espresso incondizionato supporto all’ormai ex Capo di stato maggiore, il maggior generale Andrej Osterman, silurato a causa dell’insanabile contrasto con il ministro della Difesa, a caccia come non mai di un capro espiatorio da punire per la figuraccia rimediata.
Foto: Us DoD, Youtube, Ministero della Difesa Sloveno
Luca SusicVedi tutti gli articoli
Triestino, analista indipendente e opinionista per diverse testate giornalistiche sulle tematiche balcaniche e dell'Europa Orientale, si è laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università di Trieste - Polo di Gorizia. Ha recentemente pubblicato per Aracne il volume “Aleksandar Rankovic e la Jugoslavia socialista”.