Il disprezzo (ostentato) di Trump per gli “alleati” europei

da Il Mattino del 13 luglio (titolo originale “Perchè Trump minaccia di lasciare la Nato”)

Molte conferme e poco di nuovo dal summit Nato di Bruxelles in cui Trump ha mostrato ancor più che in passato la scarsa considerazione per un’alleanza denigrata già in campagna elettorale perché assorbe risorse finanziarie per difendere europei che non spendono abbastanza.

In realtà pressioni per indurre gli europei a innalzare la quota di Pil dedicata alla difesa al 2% (da anni quota minima per gli Stati che chiedono di entrare nella Nato) non erano mancate neppure durante gli otto anni di amministrazione Obama.

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Anche le dure critiche rivolte da Trump alla Germania, “colpevole” di comprare gas russo e poi chiedere alla Nato di difenderla da Mosca, non sono proprio una novità. Nella primavera 2014, nel pieno di una crisi ucraina in cui Washington e alcune cancellerie europee ebbero molte responsabilità, Barack Obama invitò gli europei a non comprare più gas da Mosca ma a rivolgersi agli Usa.

Con prezzi astronomici, poiché se è vero che gli Usa sono grandi esportatori di energia è anche vero che in assenza di gasdotti sotto gli oceani il gas americano va liquefatto e poi rigassificato per essere immesso nella rete europea.

In termini più brutali rispetto al suo predecessore Trump ha evidenziato come i temi economici siano prioritari rispetto alla difesa comune: la Casa Bianca sembra vedere nell’Europa più la rivale commerciale Ue che gli alleati della Nato.

Le pressioni Usa per alzare la spesa militare degli europei (pari in media all’1,5% del Pil) perseguono almeno tre obiettivi: ridurre l’impegno e la spesa statunitense in Europa, indurre gli alleati a spendere di più specie per comprare armi made in USA e mettere in difficoltà la Ue a trazione tedesca che in questi anni ha imposto limiti alla spesa pubblica che non hanno risparmiato i budget della difesa.

NATO Secretary General Jens Stoltenberg holds a news conference after participating in the NATO Summit in Brussels, Belgium July 12, 2018. REUTERS/Paul Hanna

Trump considera la NATO uno strumento degli USA in cui imporre agli alleati decisioni ma senza una reale condivisione di obiettivi e strategie se non in parte con i britannici, “azionisti numero due” dell’Alleanza Atlantica.

La Casa Bianca non ha chiesto il parere della Nato prima di colpire la Siria o porre un nuovo embargo all’Iran che penalizza soprattutto gli europei, né ha condiviso l’agenda dell’incontro con Vladimir Putin da cui emergeranno probabilmente intese ed equilibri che riguarderanno il conflitto siriano e forse anche altri scacchieri.

La frase con cui Trump ammonisce gli alleati che potrebbe “fare da solo” fa sorridere perché il presidente ha sempre fatto da solo e nel suo unilateralismo non ha mai preso in considerazione la Nato.

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La ventilata (o quasi) uscita degli Usa dalla Nato e la richiesta di raddoppiare al 4% la spesa militare (percentuale che neppure gli Usa raggiungono) sono pure provocazioni (a cui gli europei hanno risposto con 33 miliardi complessivi di aumenti delle spese militari già previsti) ma che ben dimostrano quale rilievo abbia l’alleanza per Trump.

La minaccia di ritirare i 35 mila militari americani presenti in Germania (trasferendoli nella più fedele Polonia) se Berlino non alzerà la sua spesa militare oggi pari all’1,24% del suo considerevole Pil, ha un valore più economico che strategico.

L’indotto determinato dalla presenza militare Usa è rilevante per alcuni lander tedeschi ma trasferire basi e truppe a est significherebbe esporle in caso di confronto militare con Mosca.

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Un confronto a cui neppure lo stesso Trump sembra credere (nonostante il via libera a due nuovi comandi logistici che favorirebbero l’afflusso di truppe e mezzi sul “fronte orientale”), come indicano ancora una volta i numeri.

Mosca spende quest’anno 70 miliardi di dollari per la difesa, gli Usa 700 e tutti i paesi della Nato insieme circa mille: difficile immaginare l’Armata Rossa che galoppa verso la Manica attraversando l’intera Europa.

Paradossalmente, se alla luce dei contrasti con gli Usa e delle tensioni con i partner Ue, Berlino portasse la sua spesa militare al 4% del Pil (circa 150 miliardi di euro annui) in molti comincerebbero a preoccuparsene, di qua come di là dell’Atlantico.

Washington ignora la Nato ma mostra interesse verso i singoli Stati con il chiaro obiettivo di ostacolare il progetto europeo elaborato a Berlino.

Conte: Italia non aumenterà spesa militare per Nato. REUTERS/Darrin Zammit Lupi

A Bruxelles Trump ha strapazzato sulla spesa militare Germania, Francia, Spagna e Belgio ma non l’Italia che pure si è esposta a favore dello stop alle sanzioni a Mosca e in termini reali spende per la difesa solo l’1% del Pil (nella Nato fanno peggio solo Spagna e Lussemburgo).

Il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, ha confermato che non sono previsti aumenti di spesa rispetto al budget per la difesa che il suo governo ha ereditato, senza per questo incassare critiche dagli Usa.

Al vertice l’Italia ha incassato il decollo dell’hub di Napoli per monitorare le minacce asimmetriche da Africa e Medio Oriente ma soprattutto ha avuto l’ulteriore conferma della tenuta di un un’intesa con Washington (già definita a fine giugno con la visita a Roma del consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton) necessaria a entrambi per indebolire l’egemonia franco-tedesca in Europa.

@GianandreaGaian

Foto Reuters e Nato

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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