La sfida della leadership italiana in Libia
da Libero Quotidiano del 1°agosto
L’intesa tra Donald Trump e Giuseppe Conte, suggellata dall’incontro di Washington, rappresenta un’opportunità unica e al tempo stesso una sfida per l’Italia. Il sostegno ottenuto dalla Casa Bianca mette infatti di nuovo Roma al centro del Mediterraneo, dei rapporti con il Nord Africa e della stabilizzazione della Libia.
Le parole di Trump hanno un peso indiscutibile e al di là delle affinità tra i due governi, l’appoggio che Washington offre all’Italia trova la sua base nell’apprezzamento per la lotta all’immigrazione illegale.
Un successo quest’ultimo attribuibile soprattutto alla fermezza del ministro Matteo Salvini e suggellato dal primo respingimento che ha visto riportare in Libia 101 migranti illegali soccorsi in mare da una nave italiana.
Immigrazione a parte, da anni gli Stati Uniti premono per un maggior impegno di Roma nella stabilizzazione della Libia ma è la prima volta che la “cabina di regia” sulla Libia viene abbinata al riconoscimento della leadership italiana in una regione mediterranea sempre più instabile.
Sul piano strategico Trump punta sull’Italia per bilanciare in Europa l’egemonia franco-tedesca (approfittando anche dell’attuale debolezza interna di Emmanuel Macron e Angela Merkel) rimpiazzando o affiancando la Gran Bretagna post Brexit nella “relazione speciale” con gli Stati Uniti.
Un’opportunità per Roma che può guadagnare spazio di manovra nella Ue e riconquistare posizioni nell’area, per noi vitale, del cosiddetto “Mediterraneo allargato”. Un’occasione da non perdere ma che comporta prezzi da pagare.
Il sostegno di Trump alla Conferenza sulla Libia prevista a Roma il prossimo autunno aumenterà i contrasti con la Francia che in Libia persegue fin dalla guerra del 2011 un’agenda conflittuale con gli interessi di Roma.
Parigi vorrebbe elezioni in Libia entro l’anno, Roma punta su una “road map” che conduca al voto ma solo dopo una stabile intesa con tutte le principali fazioni. Non a caso l’Italia, unico Paese occidentale ad avere l’ambasciata a Tripoli operativa, ha aperto un consolato onorario a Tobruk, nella Cirenaica controllata dal generale Khalifa Haftar, rivale di Tripoli.
Facile quindi immaginare che dopo l’intesa Trump-Conte, sii accentuino le iniziative francesi tese a contrastare la leadership italiana cercando di dimostrarne l’inadeguatezza. L’anno scorso, dopo gli accordi italo-libici che bloccarono i flussi migratori verso l’Italia da Sabratha, milizie che secondo fonti libiche erano affiancate da consiglieri militari francesi presero il controllo della cittadina costiera cacciando le forze che avevano fermato i gommoni.
Lo zampino francese si cela anche dietro lo stop del governo di Niamey all’avvio della missione militare italiana in Niger e potrebbe aver contribuito a sobillare le manifestazioni anti-italiane che impediscono l’avvio di un’altra missione italiana a Ghat, nel sud libico, tesa ad addestrare guardie locali per bloccare i flussi migratori sui confini con Ciad e Niger.
In Libia dobbiamo guardarci anche dalla Turchia, potenza regionale concorrente diretta di Roma nel Mediterraneo, ai ferri corti con gli Usa e sponsor delle milizie dei Fratelli Musulmani ostili al governo di al-Sarraj.
Molti Stati influenzano gli eventi in Libia ma il supporto di Trump, la buona intesa con Mosca e il successo della recente visita di Salvini al Cairo potrebbero favorire un’energica iniziativa del governo italiano che non risulterà però gradita a tutti.
Del resto in Libia occorre fare i conti con tensioni tribali, terrorismo e la presenza dello Stato Islamico, ancora bersaglio dei raid americani che partono da Sigonella e che il 25 luglio ha rivendicato l’attacco alle truppe di Haftar ad al-Agheila, non lontano dai terminal petroliferi del Golfo della Sirte.
Roma schiera circa 400 militari al porto di Tripoli e a Misurata che dopo la legittimazione di Trump della leadership italiana sono forse più esposti a provocazioni da parte di chi si oppone al ruolo dell’Italia: meglio quindi interpretare il ruolo riconosciutoci da Trump come un impegno preciso che non ammette fughe dalle responsabilità.
In Libia potremo contare sul supporto statunitense anche in termini militari ma è meglio prepararsi al rischio di attacchi contro gli italiani e alla possibilità che i nostri militari debbano affrontare anche combattimenti. Rischi che una potenza regionale che ricopre ruoli di leadership deve sempre mettere in conto.
Foto AFP, Adnkronos, AP, Frontex e Lapresse
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.