L’occidente si arrende ai jihadisti

di Riccardo Pelliccetti
E’ sotto gli occhi di tutti il cambiamento portato dalle cosiddette primavere arabe, alle quali l’Occidente, con l’Unione europea in prima fila, ha contribuito. Quanta libertà, democrazia e tolleranza religiosa ci sono nel nuovo Egitto? E in Tunisia, dove sarebbe in atto una campagna di islamizzazione del Paese svelata da un’intercettazione, in cui il leader del partito al governo  incoraggia i fondamentalisti salafiti a fondare radio, tv e scuole coraniche? E in Libia, dove hanno trucidato l’ambasciatore americano e continuano a uccidere o a imprigionare per motivi politici o religiosi? Verificato sul campo il fallimento del progresso democratico in questi Paesi, perché mai dovremmo favorire, magari con un impegno militare,il rovesciamento del regime siriano? In Europa continuano a sparlare di diritti umani e di un ipotetico cammino verso la libertà. E fanno finta di non vedere quello che accade sull’altra sponda del Mediterraneo. La Siria è stata definita un paese canaglia per il suo sostegno e la sua nefasta influenza sul Libano degli hezbollah, sugli integralisti palestinesi di Hamas e per l’abbraccio mortale con l’Iran. D’accordo, ma lasciateci essere un po’ scettici sul futuro di una ”Damasco liberata”. Non vorremmo abbracciare le tesi della Russia, che ha notevoli interessi economici e strategici in questa delicata area, ma visto l’epilogo delle “primavere” non possiamo certo chiudere gli occhi. Assad è un dittatore e la repressione del regime è sanguinosa? Bella scoperta. Ma guardiamo in faccia la realtà: era meglio l’Egitto di Mubarak o quello di oggi? Era meglio la Tunisia di Ben Ali o quella di oggi? Era meglio la Libia di Gheddafi o quella di oggi? E quando diciamo meglio, lo intendiamo sia per le popolazioni sia per i riflessi sul nostro Paese e sull’Europa. E non è solo una questione di libertà religiosa. Sia in Siria sia negli altri regimi arabi caduti, le minoranze religiose, come quella cristiana, erano tutelate. Ora non più. Quindi c’è poco da sbraitare contro le dittature arabe, perché sono proprio quelle dittature che, finché ci ha fatto comodo, hanno garantito la stabilità nel Mediterraneo.
Quello che ci fa sorridere è la posizione della diplomazia italiana e del nostro ministro Giulio Terzi, che auspica una convergenza di Mosca sulle posizioni europee. La Russia, come sappiamo, considera le primavere arabe un segno di instabilità regionale e non un passo verso la democrazia. Possiamo darle torto? Ma Terzi, di cui ricordiamo l’incisivo contributo per la liberazione dei nostri marò prigionieri in India (sono ancora là dopo otto mesi), si dà la risposta da solo: “C’è un rischio jihad nel Nord Africa . Queste formazioni si sono avvantaggiate dalla diminuita capacità di controllo di alcuni paesi.” Chissà chi ha contribuito a diminuirla. E ancora: “Il rischio al-Qaeda c’è.” Come in Siria, dove non solo è preponderante la componente fondamentalista, ma c’è anche una forte presenza di qaedisti tra gli insorti.  Le cancellerie europee perciò hanno poco da meravigliarsi se la Russia sia poco propensa a consegnare Damasco agli integralisti incontrollabili. Un epilogo, poi, che dovrebbe preoccupare anche Israele. Certo, la Siria di Assad è per Gerusalemme un nemico acerrimo, con cui non è mai riuscita a firmare un trattato di pace. Ma è meglio avere alla porta un nemico che conosci o un nemico imprevedibile?

Foto: Riccardo Pelliccetti

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