Trump affossa il Trattato INF: l’impatto sull’Europa e l’Italia
da Il Messaggero del 3 febbraio 2019
Come preannunciato da Donald Trump, gli Stati Uniti hanno confermato il ritiro dal Trattato INF che nel 1987 aveva bandito dal territorio europeo i missili a testata atomica con raggio d’azione compreso tra 500 e 5.500 chilometri. Una decisione deprecata da Mosca che, pur tenendo le porte aperte al dialogo, ha sospeso l’adesione al trattato.
Ciò nonostante le probabilità che l’Italia e altri membri della NATO tornino a ospitare missili balistici e da crociera con testata nucleare come gli “euromissili” con i quali negli anni ‘80 l’Alleanza Atlantica rispose allo schieramento dei vettori sovietici SS-20 nei paesi del Patto di Varsavia sono molto scarse.
Almeno per ora, poiché non si può escludere che il fronte sempre caldo dell’Ucraina determini un’ulteriore escalation della tensione. Oggi la percezione in Europa della minaccia russa è molto più sfumata rispetto a quella sovietica, con l’esclusione forse della Polonia e delle Repubbliche Baltiche mentre le fratture esistenti tra Washington e l’Europa su altri dossier internazionali (sanzioni all’Iran in testa) non aiutano certo a cementare la fiducia europea nell’Amministrazione Trump.
Ne è consapevole il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che ha escluso il dispiegamento di nuovi missili con testate nucleari in Europa annunciando altre forme di deterrenza non meglio specificate.
Non vedremo quindi nella base siciliana di Comiso o in altre basi in Europa gli eredi dei missili Tomahawk e Pershing 2 I(nella foto a lato).
D’altra parte i missili balistici a medio raggio avevano provocato una grave crisi internazionale già a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 quando gli Usa schierarono i missili balistici a medio raggio con testata termonucleare Thor in Gran Bretagna e Jupiter in Italia (foto sotto) e Turchia.
Mosca rispose dislocando missili analoghi a Cuba e la crisi si risolse solo dopo il ritiro di queste armi dall’Europa e dall’isola caraibica, sostituite da meno visibili missili balistici imbarcati sui sottomarini.
Washington oggi può contare sulla fedeltà dei membri orientali della Nato: Varsavia concederà una base alle forze americane (non Nato) mentre Polonia e Romania già ospitano le basi dello “scudo antimissile” che dovrebbe proteggerci dai missili balistici iraniani. In realtà i suoi radar esplorano in profondità lo spazio aereo russo e i lanciatori verticali a 24 celle Mk 41 possono essere utilizzati anche per missili da crociera con restata atomica.
La risposta russa è stata lo schieramento dei missili Iskander (nella foto sotto) e 9M729 che secondo gli Usa hanno un raggio d’azione che viola il Trattato INF mentre Mosca sostiene il contrario.
Si tratta evidentemente di un gioco delle parti non solo perché il raggio d’azione di molti vettori è oggi rapidamente estendibile ma soprattutto perché il Trattato INF vietava solo i missili basati a terra mentre oggi quasi tutti i paesi avanzati dispongono di armi a raggio intermedio basate su aerei e navi da guerra che le potenze nucleari li possono armare anche con testate atomiche.
Il dato strategico che emerge dalla sospensione del Trattato INF è quindi che l’Europa torna a diventare il potenziale campo di battaglia di un confronto militare limitato tra Russia e Stati Uniti.
Un contesto che potrebbe forse indurre gli europei ad acquistare altre armi statunitensi ma l’iniziativa di Trump potrebbe anche sortire l’effetto opposto, allargando di fatto l’Atlantico.
La questione che l’Europa, o più facilmente i singoli Stati europei (o l’asse franco-tedesco, nuova “potenza continentale”) dovranno porsi non riguarda tanto l’acquisizione di nuovi missili con testate atomiche controllate dagli Usa (in Italia abbiamo almeno una settantina di bombe termonucleari B-61-11 nelle basi aeree di Aviano e Ghedi) quanto la necessità di dotarsi di sistemi nazionali di difesa antimissile e, a scopo di deterrenza, quanto meno di nuovi missili da crociera imbarcati su aerei e navi da guerra. Armi precise e con una gittata utile a colpire i lanciatori di missili a testata nucleare potenzialmente ostili.
Un’esigenza che dovrebbe essere sentita particolarmente in Italia dove l’Aeronautica dovrà sostituire con un’arma a più lungo raggio i missili Mbda Storm Shadow (circa 500 chilometri di tiro utile) impiegati in Libia e per i quali Francia e Gran Bretagna già lavorano a un sostituto, mentre la Marina dovrebbe adottare sulle fregate Fremm i missili da crociera Mbda SCALP Naval (imbarcati sulle similari navi francesi) capaci di colpire bersagli ad oltre mille chilometri di distanza.
Foto: Daily Express, Cremlino, US DoD, Wikimedia, Ministero Difesa Russo e MBDA
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.