Il cerchiobottismo del governo Renzi sull'F-35
Nell’audizione davanti alle commissioni Difesa di Camera e Senato martedì scorso il Ministro della Difesa Robetta Pinotti è tornata a esprimersi sul programma F-35. Circa i difetti e i ritardi nello sviluppo del velivolo il ministro ha affermato che è “un sistema innovativo e ad altissimo contenuto tecnologico, e ciò implica inesorabilmente che ci siano ostacoli da superare nel percorso di sviluppo. Tuttavia “ad oggi sono oltre cento i velivoli realizzati, i quali operano regolarmente e con una crescente intensità, permettendo sia di procedere con la fase di sviluppo, sia di addestrare i futuri piloti destinati ai reparti operativi”. Quanto ai possibili ritardi del software, ”è opportuno precisare che questi non avrebbero alcun impatto sull’operatività dei velivoli destinati all’Italia. Difatti -ha spiegato Pinotti- mentre le forze armate statunitensi hanno già assegnato il velivolo ai primi reparti e prevedono di raggiungere la capacità di svolgere missioni operative fin dal 2016, l’Italia utilizzerà i primi lotti di velivoli solo per le attività di familiarizzazione con le nuove tecnologie e l’addestramento.
Negli ultimi mesi è aumentato il numero di Paesi che hanno già deciso, formalmente, di acquisire il velivolo. Corea del Sud e Turchia sono le ultime due nazioni, in ordine di tempo, a siglare un ordine fermo”. Per quanto riguarda il nostro Paese, ”mentre i lavori di allestimento del sito di Cameri sono ormai quasi completati, sono già state avviate le operazioni di assemblaggio dei primi velivoli italiani: a luglio 2013 il primo velivolo F-35A italiano ha iniziato l’assemblaggio, seguito dal secondo velivolo a novembre 2013 e dal terzo a febbraio 2014. Lo scorso aprile è giunto a Cameri, per il montaggio, il primo motore”. ”Come certamente noto, e come già avevo avuto modo di comunicare a queste Commissioni, in considerazione delle indicazioni emerse in Parlamento, relative alla opportunità di analizzare nuovamente il programma F-35 nella sua interezza, inclusi gli aspetti relativi ai suoi costi complessivi, il Governo ha deciso di sospendere temporaneamente ogni ulteriore attività contrattuale, successiva a quelle già sottoscritte e operanti”. Il programma complessivo, quindi, ha spiegato Pinotti, ”sarà definito nuovamente a valle della stesura del Libro Bianco per la Difesa, ovvero dopo che saranno stati definiti gli obiettivi di capacità che le forze armate dovranno raggiungere, per soddisfare le nostre necessità di difesa”.
La sospensione, ”che io ho ritenuta doverosa in considerazione delle indicazioni emerse in Parlamento, implica tuttavia oneri non trascurabili e, soprattutto, prospetta il rischio di causare effetti particolarmente negativi in termini di sostenibilità industriale. Difatti -ha spiegato Pinotti- nel sito produttivo di Cameri si stanno attraversando, in questi mesi, fasi assolutamente cruciali per il buon esito dell’intero progetto, giacché l’avvio della fase produttiva significa anche l’avvio di quella ‘curva di apprendimento’ che, nel tempo e in proporzione coi carichi di lavoro, permette al sistema produttivo di ‘imparare a fare’, nei tempi e nei costi richiesti dalla competizione internazionale”.
Se le attività produttive ”relative ai lotti successivi rispetto al n. 6 e 7 non dovessero essere avviate”, ha avvertito il ministro della Difesa, ”si determinerebbe una interruzione della citata ‘curva di apprendimento’ e, quindi, un peggioramento sostanziale della competitività dell’intero sito produttivo. Ciò determinerebbe, come diretta e immediata conseguenza, che le commesse internazionali provenienti dagli altri Paesi che hanno deciso di acquisire l’F-35 sarebbero inesorabilmente dirottate verso lo stabilimento statunitense”.
Pinotti ha ricordato ”che, al momento, l’Italia, con la Faco di Cameri, è l’unico altro Paese al mondo ad avere un sito produttivo al di fuori degli Stati Uniti; altri Paesi, in Asia e in Europa, stanno però investendo risorse per acquisire una certa capacità produttiva. Noi siamo partiti per primi e, al momento, abbiamo un vantaggio temporale non indifferente, che deve però tradursi in un vantaggio competitivo, attraverso quel processo di apprendimento, ottenuto mediante la progressiva crescita dei ritmi di lavoro, che riduce i costi. Se ci fermiamo ora, gli altri potranno sorpassarci e, a quel punto, sarà molto difficile domani riconquistare il terreno perduto”.
Per questo motivo il ministro ha intenzione di ”chiedere con decisione la collaborazione delle autorità statunitensi affinché, nel contesto di un più ampio accordo di partnership strategica che lega storicamente i nostri Paesi, sia incrementato nei prossimi anni il carico di lavoro per lo stabilimento di Cameri, in modo da compensare la riduzione delle attività produttive connesse con le esigenze italiane. È giusto però considerare il fatto che il programma F-35, per il suo carattere di alta competizione fra tutte le numerosissime industrie partecipanti e per l’amplissimo coinvolgimento di altri Governi, non può essere compiutamente racchiuso nel solo dialogo politico bilaterale, fra Italia e Stati Uniti.
A commento dell’intervento del Ministro vale la pena sottolineare come il cerchiobottista (almeno col programma JSF) governo Renzi sembri scoprire solo ora che esiste un nesso diretto fra le dinamiche del procurement di F-35 e i ratei di produzione industriale di Cameri. Un “candore” che scandalizza tanto l’osservatore quanto il contribuente quello con cui con una mano si chiede “con decisione” agli americani più lavoro per i nostri impianti – magari ricordando loro la promessa di un migliore trattamento delle nostre industrie strappata quando gli aerei erano ancora 131 – ma intanto si congela il programma. E cosa dovrebbero pensare a Washington se si andassero a riguardo a rileggere quanto disse meno di un anno or vsono (ottobre 2013) il nuovo capo di Segredifesa, il generale Enzo Stefanini, in audizione in Commissione Difesa della Camera dove dichiarò testualmente che “partecipare al programma non significa avere automaticamente ricadute economiche dalla produzione di questi aerei”. Ma non si aderiva al programma JSF per fare anche un favore all’industria aerospaziale nazionale prossima orfana del morituro (ma altamente remunerativo) programma Eurofighter?
Sul programma F-35 politici e militari si contraddicono più volte e senza nessun pudore. Quanto al ministro Pinotti e al Governo tutto, farebbero meglio a decidere “hic et nunc” in che modo proseguire col procurememnt senza nascondersi dietro la foglia di fico del Libro Bianco. Dalla stalla delle compensazioni industriali che si traducono in nuovi contratti alle nostre aziende, i buoi stanno già scappando. E poi, per favore, un po’ più di precisione quando si riferisce al Parlamento: la Turchia non ha ancora ordinato un fico secco ma solo annunciato che intende farlo, e quanto alla sospensione dei nostri contratti, dalla stampa specializzata britannica risulterebbe che solo 6 giorni dopo l’annuncio in televisione (19 marzo) della moratoria, l’Italia ha ordinato i Long Lead Items per 2 aerei del LRIP-9, tra i quali il primo STOVL per la Marina. Moratoria… “all’italiana” ?
Silvio Lora LamiaVedi tutti gli articoli
Nato a Mlano nel 1951, è giornalista professionista dal 1986. Dal 1973 al 1982 ha curato presso la Fabbri Editori la redazione di opere enciclopediche a carattere storico-militare (Storia dell'Aviazione, Storia della Marina, Stororia dei mezzi corazzati, La Seconda Guerra Mondiale di Enzo Biagi). Varie collaborazioni con riviste specializzate. Dal 1983 al 2010 ha lavorato al mensile Volare, che ha anche diretto per qualche tempo. Pubblicati "Monografie Aeree, Aermacchi MB.326" (Intergest) e con altri autori "Il respiro del cielo" (Aero Club d'Italia). Continua a occuparsi di Aviazione e Difesa.