Da clandestini a pirati
Con un’operazione militare al limite delle sue acque territoriali, Malta ha preso il controllo della petroliera El Hiblu 1, che mercoledì era stata dirottata dai 108 migranti cui la nave aveva dato soccorso nel Mediterraneo su richiesta della Guardia Costiera libica.
Un’azione di pirateria su cui sta indagando la polizia maltese ma che probabilmente ha preso il via dopo che i migranti illegali si sono resi conto che chi li aveva soccorsi in mare stava riportandoli sulle coste libiche e non in Europa.
Il mercantile ha infatti cambiato improvvisamente direzione, puntando a nord, quando si trovava a poche miglia dal porto della capitale libica.
Mentre un pattugliatore impediva al mercantile di entrare nelle acque territoriali maltesi, le forze speciali sono salite a bordo del mercantile per rimettere l’equipaggio al comando della nave a cui era stato sottratto da cinque dirottatori. La nave ha poi raggiunto il porto di La Valletta dove sono stati tutti sbarcati.
Non è stato necessario l’uso delle armi e non si sono registrati feriti ma l’equipaggio ha raccontato di essere stato minacciato fisicamente se non avesse seguito gli ordini dei ‘ dirottatori.
La nave, di proprietà di una compagnia turca ma battente bandiera di Palau, era partita dalla Turchia con sei uomini di equipaggio. Dei migranti, 77 sono uomini, 19 donne e 12 bambini. Agli ufficiali delle forze speciali maltesi, il capitano della nave ha spiegato che alcuni dei migranti hanno minacciato lui e l’equipaggio obbligandoli a cambiare la rotta.
“Erano molto scossi e non volevano a nessun costo essere ricondotti in Libia”. Nulla di cui stupirsi, oltre a essere soccorsi gli occupanti dei due gommoni puntavano a farsi sbarcare in Europa anche per non sperperare il denaro speso per pagare i trafficanti. Una volta riportati in Libia invece avrebbero atteso il rimpatrio in un centro di detenzione.
Il premier maltese Joseph Muscat, ha assicurato che Malta “seguirà adesso tutte le regole internazionali.
Partito quasi subito il ritornello di Unhcr e Ong pronti a giustificare il dirottamento con i “campi di concentramento” per i migranti in Libia (confondendo volutamente i campi gestiti dai trafficanti con quelli statali dove vengono accolti i migranti soccorsi e riportati indietro) e affermando che la Libia non è un “rifugio sicuro” nonostante vi operino le stesse agenzie dell’Onu e diverse ong il cui lavoro è finanziato per lo più da fondi Ue e soprattutto italiani.
Una di queste, Mediterranea Saving Humans ha chiesto che i 108 migranti della El Hiblu 1 “siano considerati profughi da accogliere e proteggere” quando in realtà si tratta di immigrati illegali ed economici.
Plaude invece all’ operazione della marina militare maltese Matteo Salvini: “Bene l’intervento militare di Malta. E’ la dimostrazione che l’immigrazione è gestita da criminali e va bloccata con ogni mezzo lecito necessario”, ha detto il ministro dell’Interno, che ieri aveva definito i migranti presi a bordo del mercantile dei “pirati” che “vogliono decidere la rotta della crociera”.
Di “dirottatori per necessità'” ha parlato invece in prima pagina l’Osservatore Romano mentre il contrammiraglio Fabio Caffio, esperto di diritto della Marina Militare, su Analisi Difesa ha sottolineato che “bene abbiamo fatto, come Italia, a non intervenire in alto mare mentre l’azione era in corso: altrimenti saremmo stati costretti a portare in un nostro porto, criminali e persone trasportate, essendo dubbia la possibilità di scortare nuovamente la nave in Libia”.
L’episodio sembra inoltre aver indotto Roma e La Valletta a mettere a punto nuove intese con “contatti formali” tra il Viminale e il governo maltese, con l’ambasciatrice de La Valletta ricevuta stamattina al ministero dopo il caso del mercantile dirottato.
Lo hanno fatto sapere il 28 marzo fonti del Viminale, che parlano di nascita di “un asse anti-clandestini”. L’ occasione, viene sottolineato, “è ritenuta utile per aprire una nuova fase di collaborazione tra i due Paesi. A breve verranno elaborate proposte concrete per intervenire contro l’immigrazione clandestina e il traffico di esseri umani nel Mediterraneo.
Intese tra i paesi europei esposti alla minaccia rese ancor più necessarie dal flop dell’Europa nel difendere le sue frontiere esterne confermato mercoledì dal rinnovo per altri sei mesi dell’operazione Sophia ma senza navi, ridotta solo a impiegare aerei da pattugliamento marittimo e a contribuire allo sforzo, principalmente gestito dall’Italia, di addestrare la Guardia Costiera libica.
Dopo mesi di tensioni e un lungo braccio di ferro politico e diplomatico, gli ambasciatori dei 28 hanno raggiunto un compromesso che prevede che l’operazione varata dall’Unione europea nel 2015, potrà essere prorogata una seconda volta fino alla fine di settembre (la prima proroga era stata decisa a dicembre scorso fino al 31 marzo) ma dovrà svolgere i suoi compiti senza l’apporto dei mezzi navali.
Un compromesso che “snatura l’operazione – lamenta la Commissione europea – Sophia è un’operazione navale e senza navi non sarà in grado di eseguire il suo mandato”.
Mandato che a dire il vero non ha mai svolto, considerato che in quasi quattro anni non ha contrastato i trafficanti ma, al contrario, ne ha incoraggiato le attività criminali soccorrendo e sbarcando in Italia 45mila migranti illegali.
L’ Italia, che ha avuto fin dall’ inizio il comando di Sophia, col governo giallo-verde ha rimesso in discussione il principio che i clandestini raccolti in mare venissero sbarcati tutti in Italia chiede di che ogni Stato Ue che forniva navi all’operazione Sophia li sbarcasse nei suoi porti.
Una condizione respinta dai partner Ue che hanno ritirato progressivamente le navi lasciando i velivoli che non rischiano certo di raccogliere clandestini.
“Con il depotenziamento navale della missione europea “- scrive Caffio – “la missione di protezione degli interessi nazionali svolta dalla Marina militare con l’Operazione Mare Sicuro assume oggi, dopo i fatti del El Hiblu 1, valenza prioritaria”.
Da Nuova Bussola Quotidiana
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.