Iraq: attacchi (forse israeliani) alle milizie filo-iraniane mentre l’Isis rialza la testa
Una potente esplosione ha colpito un deposito di armi e munizioni appartenente alle milizie di Hashd al-Shaabi (le Forze di mobilitazione popolare vicine all’Iran e protagoniste della lotta contro lo Stato Islamico.
L’incidente (o l’attacco) è avvenuto non lontano dalla base aerea Usa di Balad, a nord di Baghdad, il 20 agosto scorso ed è solo l’ultimo di una serie di episodi di misteriose deflagrazioni che hanno coinvolto basi e depositi delle milizie sciite filo-iraniane sparsi per il Paese.
L’esplosione ha causato gravi danni, ma al momento non vi sono conferme ufficiali di vittime o feriti.
“Annunciamo che le forze statunitensi sono l’unica entità responsabile di ciò che è accaduto e le riterremo responsabili per tutto ciò che accadrà da ora in poi”, ha affermato la forza sciita.
La scorsa settimana una potente esplosione aveva coinvolto un deposito di munizione a sud-ovest della capitale irakena, uccidendo un civile e ferendone altri 13.
Nell’occasione alcune fonti governative avevano parlato, in un primo momento, di cattiva manutenzione ed errori da parte dei responsabili della struttura.
Tuttavia, le cause reali dello scoppio non sono state sinora accertate. La deflagrazione ha colpito anche alcune case della zona e investito i residenti. Immagini satellitari hanno mostrato effetti compatibili con un attacco sferrato dall’esterno e documenti riservati ipotizzavano l’uso di droni nell’area.
Il mese scorso una esplosione ha colpito la base di Amirli, nella provincia settentrionale di Salaheddin, uccidendo due iraniani e provocando un grande incendio.
Alcune fonti vicine alle milizie sciite avevano ipotizzato una rappresaglia dell’Isis, ma le origini degli attacchi – secondo i più – sarebbero da ricercare altrove.
Alcuni analisti ed osservatori puntano infatti il dito contro Israele, che potrebbe aver effettuato raid aerei mirati contro obiettivi filo-iraniani, come avvenuto in questi anni anche in Siria e Libano.
Israele ha attaccato obiettivi iraniani in Iraq almeno tre volte nelle ultime settimane secondo quanto riportato dal giornale arabo edito a Londra, Asharq al-Awsat secondo cui il via libera alle azioni di Israele è avvenuto sulla base di “accordi” con gli Usa e la Russia.
Il quotidiano cita fonti diplomatiche occidentali secondo cui gli attacchi israeliani hanno riguardato depositi missilistici delle Guardie rivoluzionarie iraniane.
Le fonti hanno spiegato che Usa e Russia hanno concordato sul fatto che l’intervento israeliano fosse vitale “per la sicurezza” dello Stato ebraico ma anche che fosse meglio non rivendicare gli attacchi per impedire un’escalation in una regione già instabile.
Non è escluso che il governo israeliano possa aver allargato la campagna militare contro obiettivi in Iraq impiegando droni e aerei “stealth” F-35 (già utilizzati sulla Siria e che l’anno scorso effettuarono missioni segrete di ricognizione sul territorio iraniano e sulla stessa Teheran), tenuto conto che lo spazio aereo iracheno non è controllato in modo capillare dalle forze irachene ma bensì da quelle statunitensi.
In riferimento alla serie di attacchi il Primo Ministro irakeno Adel Abdul-Mahdi ha imposto il divieto di voli non autorizzati in tutto il Paese e ha ordinato a tutti i depositi di munizioni e i campi militari di trasferirsi all’esterno delle città, una misura tesa a scongiurare ulteriori perdite di vite umane fra i civili ma che di fatto sembra convenire sulla possibilità di incursioni aeree straniere.
Intanto, In Iraq come nella Siria Orientale presidiata dalle milizie curdo arabe delle Forze Democratiche Siriane (FDS) appoggiate dagli Usa, lo Stato Islamico sembra rialzare la testa.
Il New York Times, citando fonti dell’intelligence Usa e irachena, ha rivelato che cinque mesi dopo essere stato sconfitto dalle forze appoggiate dagli americani, l’Isis sa riguadagnando terreno attraverso attacchi di guerriglia sia in Iraq che in Siria.
La milizia jihadista starebbe anche riorganizzando la rete finanziaria, il reclutamento e i campi di addestramento. Un recente rapporto del Pentagono ha sottolineato che dimezzare le forze americane in Siria, come ordinato dal presidente Donald Trump, ha significato tagliare il sostegno alle FDS col risultato sarebbe che ora le forze statunitensi e i loro alleati possono solo cercare di impedire che l’Isis sia contenuto e resti lontano dalle aree urbane.
(con fonte Asianews, Ansa e AGI)
Foto Times of Israel. Reuters, AP e AFP
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