Le ambiguità di Roma nel rinnovo dell’accordo con la Libia sui migranti illegali
Il governo italiano non modificherà gli accordi con la Libia in tema di contrasto all’immigrazione illegale che oggi (2 novembre), e che in assenza di disdetta e di richiesta di modifiche entro tre mesi dalla scadenza vengono automaticamente rinnovati per tre anni.
La rinuncia a gettare alle ortiche il Memorandum of Understanding (siglato con la Libia il 2 febbraio 2017 dall’allora premier Paolo Gentiloni e dal presidente del Consiglio presidenziale libico, Fayez a- Sarraj) voluto dal ministro dell’Interno Marco Minniti, come aveva chiesto gran parte della maggioranza, costringe il governo Conte 2 a rinunciare, almeno nella forma, a mostrare discontinuità nei confronti dei precedenti titolari del Viminale.
Certo l’esecutivo ha precisato che intende lavorare” per modificarne in meglio i contenuti, con particolare attenzione ai centri di accoglienza e alle condizioni dei migranti”, come ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ma si tratta di annunci puramente politici simili a quello circa la “svolta storica” della Conferenza di Malta in cui i partner europei si sarebbero impegnati a farsi carico dei clandestini sbarcati in Italia.
Quell’’accordo non è mai stato ratificato né attuato così come i margini per modificare l’accordo con la Libia sono stretti e tutti pericolosi per l’Italia.
L’annullamento del memorandum è stato sollecitato dalle associazioni riunite nel Tavolo Asilo, da LeU e dal segretario del PD Nicola Zingaretti. Se tale richiesta fosse stata accolta il rischio sarebbe stato di indurre i libici a cessare ogni contrasto ai flussi migratori illegali scatenando i trafficanti che avrebbero incrementato ulteriormente le partenze di barconi e gommoni già più che triplicatisi da quando Matteo Salvini ha lasciato il Viminale, il 5 settembre scorso.
I dati parlano chiaro: siamo passati da 22 sbarcati al giorno tra l’inizio dell’anno e il 5 settembre a 73, per un totale di 9.648 sbarcati dall’inizio dell’anno: erano 5.624 quando Salvini lasciò il governo e 4.040 quando l’8 agosto iniziò la crisi del governo M5S/Lega.
Non si può escludere del resto che l’obiettivo del governo Conte2 sia proprio un corto-circuito con Tripoli teso a far riprendere flussi migratiri illegali su vasta scala, certo impopolari in Italia ma che finanzierebbero di nuovo a suon di miliardi la lobby dell’accoglienza espressa per lo più da enti e coop legati alla Sinistra e alla Chiesa cattolica che sostengono l’attuale esecutivo.
A conferma di questa ipotesi va sottolineato che a Tripoli in molti lamentano la totale indifferenza del nuovo governo italiano di frinte alla crisi politica e militare libica: un brusco cambiamento rispetto al precedente esecutivo di Roma che in Libia è stato colto da molti.
Del resto se il governo Conte 2 non ha cancellato per ora i provvedimenti varati dal leader della Lega quali i decreti sicurezza (come chiesto da Zingaretti e Renzi), è solo perchè si limita a non applicarli come dimostra anche l’ennesimo recente via libera all’ingresso nelle acque italiane delle navi delle Ong con lo sbarco dei clandestini a bordo della Ocean Viking a Pozzallo e della Alan Kurdi a Taranto per un totale di quasi 200 immigrati illegali destinati in parte a venire smistati in altri paesi europei
Di Maio ha sottolineato che il MoU Italia-Libia “può essere modificato e migliorato, ma è innegabile come abbia contribuito, attraverso il rafforzamento delle capacità operative delle autorità libiche, a ridurre in maniera rilevante gli arrivi dalla Libia e, conseguentemente, le morti in mare.
L’ Italia è ad oggi l’unico partner effettivo delle autorità libiche nella lotta al traffico di esseri umani. Una riduzione dell’assistenza italiana potrebbe tradursi in una sospensione delle attività della Guardia Costiera libica, con conseguenti maggiori partenze, tragedie in mare e peggioramento delle condizioni dei migranti nei centri” ha detto il ministro degli Esteri.
Valutazioni certo condivise dai suoi ex alleati di governo ma non da quelli attuali, né dall’ala “immigrazionista” di M5S che fa capo al presidente della Camera, Roberto Fico.
Il Governo è però intenzionato a chiedere ai libici modifiche al Memorandum, attraverso la convocazione di una riunione della Commissione congiunta italo-libica. L’obiettivo, ha indicato Di Maio, “è quello di favorire un ulteriore coinvolgimento di Onu, comunità internazionale e Ong per migliorare l’assistenza ai migranti salvati in mare e le condizioni nei centri di accoglienza libici, alla luce del fatto che la Libia non ha firmato la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati”.
Difficile però che possano scaturire novità su questo fronte perché ONU, UE e Ong hanno più volte dimostrato di non avere alcun interesse a impegnarsi maggiormente in Libia o a potenziare le attività di rimpatrio dei clandestini da Tripoli ma solo a garantire i flussi migratori illeciti verso l’Italia.
Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha negato vi sia una “invasione” di migranti e ha ricordato in un’intervista a Repubblica che “gli arrivi sono stati circa 9.600 rispetto ai 22mila di tutto il 2018″.
In realtà gli sbarchi nel 2018 furono 23.370 per lo più concentrati durante il governo di centro sinistra e i primi mesi (estivi) del governo Lega-M5S. Un dettaglio non irrilevante anche circa i dati di quest’anno poiché da quando si è insediato il governo Conte 2 non si sono certe risparmiate le dichiarazioni critiche contro i decreti sicurezza e gli annunci di “discontinuità” che hanno incoraggiato trafficanti, clandestini e Ong. Il risultato è che in due mesi di governo Conte 2 sono sbarcati oltre 4mila migranti illegali, par i a quanti ne sono sbarcati nei primi 7 mesi dell’anno.
In settembre gli sbarchi sono stati 2.498 contro i 947 dello stesso mese del 2018 e in 2.015 contro i 1.007 di un anno fa.
Mentre l’Italia “riapre i porti” colpiscono per le nuove misure previste invece dal governo di Tripoli, instabile e in guerra con le forze del generale Haftar, ma in tema di immigrazione ben più credibile e autorevole di quello di Roma.
Il 29 ottobre il Governo di Accordo Nazionale (GAN) di Fayez al Sarraj ha stabilito che le Organizzazioni non governative che intendono svolgere attività di ricerca e soccorso nelle acque di competenza libica devono richiederne formalmente l’autorizzazione alle autorità di Tripoli e rispettarne le norme.
Le navi che non lo fanno saranno sequestrate e condotte nel porto libico più vicino. Il decreto emesso il 15 settembre dal Consiglio presidenziale del GAN prevede che le navi delle Ong e quelle affiliate sono tenute a “fornire periodicamente tutte le informazioni necessarie, anche tecniche relative al loro intervento, al Centro di coordinamento libico per il salvataggio” e a “non bloccare le operazioni di ricerca e salvataggio” esercitate dalla Guardia Costiera di Tripoli a cui dovranno “lasciare la precedenza d’intervento”.
Le Ong che operano nelle acque SAR libiche dovranno inoltre “informare preventivamente il Centro di coordinamento libico” di iniziative autonome, anche se ritenute “necessarie ” e “urgenti”. I naufraghi salvati dalle Ong – precisa il testo – “non vengono rimandati in Libia tranne nei rari casi eccezionali e di emergenza” ma il personale libico “è’ autorizzato a salire a bordo ad ogni richiesta e per tutto il tempo valutato necessario, per motivi legali e di sicurezza”.
E ancora: dopo il completamento delle operazioni di ricerca e soccorso, “le barche e i motori usati nelle operazioni di contrabbando saranno consegnati allo Stato libico” mentre “salvo le comunicazioni necessarie nel contesto delle operazioni di salvataggio e per salvaguardare la sicurezza delle vite in mare, le navi affiliate alle Organizzazioni si devono impegnare a non mandare nessuna comunicazione o segnale di luce o altri effetti per facilitare l’arrivo d’imbarcazioni clandestine verso di loro”.
Ong, organizzazioni dedite all’accoglienza e in generale tutta la lobby dei soccorsi e dell’accoglienza che per anni hanno incassato miliardi con i flussi di clandestini e sperava ora di riprendere su vasta scala le attività, protestano per questa dimostrazione di sovranità libica che ricorda il “decalogo Minniti” che l’ex ministro dell’Interno del PD cercò di imporre alle navi delle Ong nel 2017.
Curioso vedere che sarà la Libia a sequestrare le navi delle Ong e non l’Italia, paese in cui tali navi vogliono a tutti i costi sbarcare i clandestini.
Del resto le ambiguità di Roma su questo tema sui moltiplicano. “Alla situazione libica si correla la prosecuzione della missione Ue Sophia, la cui efficacia è stata riconosciuta dagli Stati membri e comprovata dalla recente decisione di estenderne ulteriormente il mandato” ha detto il ministro della Difesa Lorenzo Guerini (nella foto a sinistra), in audizione nelle Commissioni riunite Difesa di Camera e Senato sulle linee programmatiche del suo dicastero.
“L’eventuale riattivazione della componente navale – essenziale per assolvere anche i compiti connessi all’embargo in alto mare del traffico di armi verso la Libia – è auspicabile ma resta, tuttavia, correlata alle decisioni della Ue – ha concluso – in relazione al tema della redistribuzione dei migranti e dei richiedenti asilo”. I nostri partner hanno ritirato mesi or sono le loro navi dall’operazione Ue dopo che il precedente governo italiano aveva preteso che i migranti soccorsi da quelle unità navali venissero sbarcati nei porti della Nazione battente bandiera.
D’altra parte le attività dell’Operazione EunavforMed/ophia, operativa dal luglio 2015, non hanno certo creato intoppi al business dei trafficanti ma in compenso le navi Ue hanno sbarcato in Italia quasi 45mila clandestini e a proposito di solidarietà europea vale la pena ricordare che i primi a ritirare le loro navi dall’operazione dopo la richiesta italiana di condividsione dei migranti illegali sono stati tedeschi, francesi e spagnoli.
Foto: Difesa.it, Marina Militare, Guardia Costiera Libica, AFP, Governo.it e Frontex
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.