Jihadisti alla riscossa in Africa
Schiacciato da forze nemiche preponderanti in Medio Oriente, lo Stato Islamico ha rafforzato e ampliato le sue capacità insurrezionali e terroristiche in Africa, soprattutto in Libia e nel Sahel ma anche nell’Africa Nera, dal Congo al Mozambico-
Uno scenario ampiamente previsto fin da dopo la caduta di Raqqa e Mosul, le “capitali” dello Stato Islamico in Siria e Iraq, ma che ora assume una definizione più consapevole anche in Occidente in concomitanza con l’annunciata morte del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi.
Non è certo una novità che milizie islamiste siano da tempo attive e minacciose in Nigeria (Boko Haram), Somalia e Kenya (al-Shabab) ma negli ultimi giorni attacchi e attentati hanno evidenziato in diverse regioni africane l’estrema vivacità delle forze insurrezionali legate al marchio di fabbrica dello Stato Islamico.
In Niger 12 soldati sono stati uccisi e 8 feriti il 29 ottobre nell’ennesimo blitz jihadista, questa volta firmato dal gruppo Boko Haram che sempre più spesso sconfina nella regione nigerina di Diffa (ma anche in Camerun e Ciad) approfittando della comune identità etnca delle popolazioni che vivono a cavallo della frontiera.
Il Niger è anche esposto da tempo alle incursioni dei gruppi islamisti legati allo Stato Islamico e ad al-Qaeda nel Maghreb provenienti da Mali e Algeria.
Per far fronte a una minaccia così estesa le truppe del Niger (nelle due foto sotto) ricevono appoggio da numerosi paesi alcuni dei quali (occidentali ed emiratini) schierano basi e truppe nel paese. Gli Stati Uniti hanno una base a Niamey come francesi, italiani e tedeschi. Le forze di Parigi schierano truppe anche al confine libico (Fort Madama) nell’ambito dell’operazione anti-insurrezionale Barkhane attiva nel Sahel mentre gli statunitensi hanno reso operativo l’aeroporto di Agadez impiegato dai droni Reaper.
L’Italia è’ presente con una missione militare di puro addestramento e consulenza delle forze nigerine, la Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (Misin) composta da 130 militari di Esercito, Carabinieri e Aeronautica.
In prospettiva il contingente potrebbe ampliarsi a 290 militari, 160 mezzi terrestri e 5 mezzi aerei con l’obiettivo di schierare velivoli e truppe ad Agadez per controllare i confini libici meridionali anche se per ora non ci sono notizie di tali sviluppi.
Poco a nord del confine nigerino, nel territorio del Malì, lo Stato Islamico ha rivendicato due attacchi, effettuati nei primi due giorni di 2 novembre, che hanno provocato la morte di 53 militari maliani e uno francese.
Il Site, l’organizzazione statunitense che monitora l’attività estremista islamica in tutto il mondo, ha confermato la rivendicazione dello Stato Islamico a entrambi gli attacchi che sono stati lanciati nella regione nord-orientale di Menaka, vicino al confine con il Niger.
L’attacco contro una postazione militare a Indelimane costituisce uno degli attentati più cruenti contro l’esercito del paese africano. Tra i morti c’ è anche un civile.
In settembre oltre 40 soldati maliani (foto a lato) erano stati uccisi in un attentato jihadista vicino al confine col Burkina Faso, altri paesi del Sahel dove le azioni belliche jihadiste sono in rapida escalation. Nell’agosto scorso 24 soldati (foto sotto) furono uccisi nella provincia settentrionale di Soum nel più grave attacco jihadista compiuto nel paese
Gli assalitori usarono armi pesanti e hanno bruciato gran parte della base e del materiale militare ma in molti restarono uccisi nella conseguente rappresaglia delle forze governative.
Il Burkina Faso ha dovuto far fronte ad un’ondata crescente di violenza jihadista negli ultimi quattro anni, iniziata nel nord e diffusasi anche ad est, vicino ai confini con il Togo e il Benin.
A Boungou, nella regione orientale, il 7 novembre 27 civili sono rimasti uccisi e oltre 60 feriti in un attacco a un convoglio che trasportava circa 250 lavoratori diretti alle miniere d’oro date in concessione alla società minerria canadese Semafo. I cinque autobus e i mezzi militari di scorta sono stati attaccati lungo la strada da un gruppo di miliziani.
La maggior parte degli attacchi nell’ex colonia francese sono attribuiti al gruppo Ansarul Islam, ritenuto vicino allo Stato Islamico che è emerso vicino al confine con il Mali nel dicembre 2016, e al JNIM (Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani), che ha giurato fedeltà ad al-Qaeda nel Maghreb islamico. Le forze speciali di Parigi hanno eliminato in ottobre Ali Maychou, vice comandante del JNIM.
Incursioni jihadiste non sono mancate negli ultimi giorni neppure in Mozambico dove almeno 7 contractors russi sono stati uccisi dagli insorti islamisti durante imboscate in cui hanno ucciso anche un numero imprecisato di soldati governativi nel distretto di Macomia, nella provincia “calda” di Cabo Delgado
Secondo il Moscow Times e la Carta de Mozambico, il 10 ottobre due combattenti russi che lavoravano per la compagnia militare privata Wagner sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco dopo essere caduti in un’imboscata.
Il 27 ottobre atri cinque russi sono morti in un’altra un’imboscata: quattro di essi sarebbero stati colpiti da armi da fuoco e successivamente decapitati mentre un quinto sarebbe morto in ospedale per le ferite riportate.
Dal 2017 ci sono state dozzine di attacchi terroristici effettuati dai jihadisti del Ahlu Sunnah Wa-Jama (abbreviato in al-Sunnah), branca dello Stato Islamico in Mozambico, concentrati principalmente sulla regione di Cabo Delgado, dove hanno provocato centinaia di morti.
L’Istituto per gli studi sulla sicurezza (ISS) valuta che l’impennata della violenza islamica nel nord del Mozambico, comprese le decapitazioni di donne e bambini, possa portare al consolidamento di una milizia jihadista delle dimensioni di Boko Haram o al-Shabaab. Ahlu Sunnah Wa-Jamâ è apparso per la prima volta nel nord di Cabo Delgado come gruppo religioso divenuto milizia a partire dal 2015.
Si ritiene che i membri siano addestrati sia localmente (da agenti di polizia disertori e guardie di sicurezza), sia esternamente in Tanzania e nella regione dei Grandi Laghi mentre il gruppo si finanzierebbe con il contrabbando di legna, carbone, avorio, rubini e con donazioni esterne.
Il governo di Maputo ha chiesto aiuto a Mosca che avrebbe inviato armi, munizioni, elicotteri e almeno 160 contractors (della compagnia militare privata Wagner già attiva in Donbass, Siria, Sudan, Repubblica Centrafricana e Libia) schierati a Cabo Delgado per aiutare a neutralizzare gli attacchi nella regione.
(da Nuova Bussola Quotidiana)
Foto: Stato Islamico, Twitter, AP e AFP
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.