Cinque incursori delle forze speciali italiane feriti in Iraq

(aggiornato alle ore 07.40 del 12 novembre)

Cinque incursori delle forze speciali di Esercito e Marina sono rimasti feriti questa mattina nell’esplosione di un ordigno esplosivo improvvisato (Ied) in Iraq. Sono stati tutti evacuati in elicottero e ricoverati ma i tre più gravi sono stati trasferiti in un ospedale americano a Baghdad e presto verranno trasferiti in Italia.

Due hanno riportato solo abrasioni e microfratture e sono subito stati giudicati fuori pericolo, mentre gli altri tre sono rimasti gravemente feriti. In particolare, secondo quanto è stato possibile apprendere, uno avrebbe perso alcune dita di un piede, un altro avrebbe subito la parziale amputazione delle gambe e il terzo un’emorragia interna.

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L’attentato è avvenuto in mattinata quando un Ied è detonato in presenza di un team di incursori italiani della Task Force 44 basata a Kirkuk e che impegna un centinaio di militari delle diverse forze speciali italiane che hanno il compito di addestrare le unità antiterrorismo e le forze speciali irachene e curde.

Da quanto appreso dall’Ansa i 5 militari coinvolti dall’esplosione (3 incursori del GOI della Marina e 2 del 9° Reggimento Col Moschin dell’Esercito) alle 11 locali, si trovavano a circa 100 chilometri da Suleymania, nel Kurdistan iracheno e operavano affiancando gli uomini della Special Tactic Unit dei Peshmerga.

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Il convoglio era composto anche da mezzi blindati (inclusi con ogni probabilità i veicoli Iveco Lince italiani), ma l’esplosione avrebbe interessato una pattuglia di militari che stava procedendo a piedi. Un particolare che può apparire sorprendente considerato che tutto il team italiano ha sofferto ferite agli arti inferiori, tipiche di chi subisce attentati dinamitardi a bordo di veicoli.

Nel rivendicare l’azione  infatti, l’Isis (che negli ultimi 15 giorni ha portato a termine in quell’area 34 attacchi) fa riferimento all’attacco condotto contro un veicolo.

“Con il favore di Dio, l’esercito del Califfato ha preso di mira un veicolo 4×4 che trasportava membri della coalizione internazionale crociata e dell’ antiterrorismo dei Peshmerga, nella zona di Qarajai, a nord della zona di Kafri, con l’esplosione di un ordigno. Questo ha causato la distruzione del veicolo e il ferimento di 4 crociati e di 4 apostati”

Lo Stato maggiore Difesa ha reso noto che il team “stava svolgendo attività di addestramento (mentoring and training) in favore delle forze di sicurezza irachene impegnate nella lotta all’Isis”,

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Raramente le operazioni delle forze speciali vengono rese note e in molti casi l’attività di consiglieri militari impone di affiancare le forze curde anche in combattimento con un evidente rischio che anche i militari italiani vengano coinvolti in azioni a fuoco.

L’aspetto è delicato perché il contingente italiano in Iraq, oggi meno di mille militari che fino all’anno scorso erano 1.600, non è mai stato autorizzato a effettuare azioni di combattimento.

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Per ragioni politiche Roma ha inviato fin dal 2014 un robusto contingente militare in Iraq (poi ridimensionato dopo la sconfitta del Califfato) ma non ha mai autorizzato il coinvolgimento in combattimento, neppure per la componente aerea i cui compiti sono limitati a missioni di ricognizione, sorveglianza e intelligence.

Sebbene lo Stato Islamico (probabile autore dell’attentato) sia stato sconfitto sul campo di battaglia e non controlli più città e regioni dell’Iraq, i suoi miliziani mantengono capacità belliche limitate agli attentati e alle imboscate. Una minaccia attuata spesso con l’impiego di ordigni improvvisati lungo le strade per ostacolare i movimenti delle forze irachene, curde e alleate.

Nella zona di Kirkuk, non lontano da dove è avvenuto l’attentato, solo nella prima metà del mese di ottobre sono stati segnalati oltre 30 attacchi da parte di cellule dell’Isis rivolti contro le forze di sicurezza irachene.

Attacchi compiuti con azioni di fuoco o ordigni improvvisati diretti.   I report dell’intelligence segnalano un livello sempre alto della minaccia terroristica e un incremento delle cellule dello Stato islamico che sembra approfittare dei disordini che dilagano in tutto l’Iraq e che stanno indebolendo la presenza delle forze di sicurezza nelle regioni settentrionali dive operano gli insorti jihadisti.

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Diversi osservatori hanno messo in relazione l’attentato contro le mostre forze speciali con il sedicesimo anniversario dell’attacco terroristico qaedista alla base militare italiana di Nassirya (il 12 novembre 2003) ma l’attacco nella regione di Suleymania non è detto che fosse mirato a colpire gli italiani in modi specifico ma le forze della Coalizione in generale.

Semmai, quanto accaduto ieri può essere messo in relazione con l’attacco effettuato con un’autobomba suicida contro un veicolo Lince del contingente italiano in Somalia che ferì il 30 settembre scorso un carabiniere e due militari dell’esercito che operavano nella missione Ue che addestra le truppe di Mogadiscio.

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Il fatto che nei teatri di guerra i militari italiani non abbiano compiti di combattimento non li mette al riparo dal fuoco e dagli attacchi del nemico.

La missione in Iraq prevede anche la presenza di un massimo di 305 mezzi terrestri e 12 mezzi aerei (tra cui 4 elicotteri NH-90 dell’esercito basati in Kurdistan) per una spesa di 166 milioni di euro nel 2019 che fanno della missione in Iraq la più costosa tra quelle che cedono oggi impiegati i nostri militari oltremare.

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Il contingente è diviso in diverse task force basate in luoghi differenti. A Erbil operano 350 militari di cui 120 istruttori nell’addestramento delle forze curde (nell’ambito del Kurdistan Training Coordination Center alleato) e hanno base 4 elicotteri da trasporto NH-90 della Task Force Griffon dell’Esercito con un plotone di fanti aeromobili del 66° reggimento.

A Kirkuk ha sede la Task Force 44 di forze speciali che addestrano i militari iracheni del Counter Terrorism Service (CTS) e le Forze speciali curde.

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A Baghdad vi sono alcuni comandi della Coalizione e 90 carabinieri della Police Task Force Iraq addestrano gli agenti della polizia federale irachena destinati ad operare nei territori liberati dall’Isis.

Infine in Kuwait opera la componente aerea (Task Force Air Kuwait) con 4 caccia Typhoon e 3 droni Predator che hanno solo compiti di sorveglianza, ricognizione e intelligence, riforniti in volo da un tanker KC 767A.

Forze la cui presenza verrà probabilmente rinnovata, pur con qualche possibile riduzione tesa anche a contenere i costi, anche nel 2020.

Foto Difesa.it

 

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