Terrorismo nel mondo: più diffuso ma meno letale

Il numero delle vittime del terrorismo su scala mondiale è calato del 15,2% nel 2018 rispetto all’anno precedente anche se il fenomeno terroristico continua ad espandersi interessando un numero via via crescente di Stati. Questo il quadro generale che emerge dal rapporto Global Terrorism Index 2019 realizzato dal think-tank australiano Institute for Economics & Peace (IEP) di Sydney.

Lo studio definisce terrorismo “la minaccia o l’uso illegale della forza e della violenza da parte di un attore non statale, per conseguire vantaggi a livello politico, sociale, economico o religioso attraverso l’uso della forza, della coercizione o dell’intimidazione”.

Una definizione che identifica movimenti terroristici che in termini militari hanno carattere insurrezionale come l’Isis, i Talebani o le milizie quaediste. Se da un lato il rapporto mostra un calo di intensità degli attacchi terroristici, dall’altro il fenomeno “risulta tuttora diffuso e in crescita”. Nel 2018, infatti, 71 Stati hanno registrato almeno un decesso legata al terrorismo, il secondo maggior valore dall’inizio del secolo.

Secondo lo studio, rispetto al massimo storico di 33.555 morti per terrorismo registrato nel 2014 – quando lo Stato islamico proclamò il Califfato nei territori dell’Iraq settentrionale e della Siria Orientale – il numero è più che dimezzato nel 2018, con 15,952 morti.

In quattro anni l’IS è declinato fino a subire la sconfitta totale, almeno sui campi di battaglia, perdendo territori, forza combattente, ricchezza e capacità operative oggi ridotte allo stato insurrezionale primario, cioè alla capacità di compiere attentati, imboscate e limitate azioni tattiche nei territori che prima occupava.

La stretta relazione tra l’ascesa e la caduta dello Stato Islamico e l’escalation e poi il drastico calo delle vittime del terrorismo conferma come l’IS rappresenti il movimento terroristico più pericoloso su scala globale.

I due Paesi che hanno fatto registrare il calo più significativo di vittime lo scorso anno sono Somalia (646 morti nel 2018 contro 1.470 l’anno precedente) e Iraq, con quest’ultimo che – per la prima volta dall’invasione statunitense del 2003 – non è più la nazione al mondo maggiormente colpita dal terrorismo. Con 1.131 attacchi che hanno provocato 1.054 vittime (contro 4.271 nel 2017), l’Iraq resta però il secondo paese più colpito dal terrorismo, dopo l’Afghanistan.

I talebani in Afghanistan hanno infatti superato l’Isis come gruppo terroristico più efficace al mondo: lo scorso anno hanno sferrato 1.443 attacchi con 7.379 morti tra civili e forze di sicurezza governative e internazionali (in crescita netta rispetto ai 4.653 del 2017). Un dato confermato sul piano geopolitico dalla posizione di forza raggiunta dai Talebani che controllano oggi oltre metà del territorio afghano e negoziano direttamente con gli Stati Uniti un eventuale accordo di pace.

In terza posizione, nella classifica stilata dal Global Terrorism Index e la Nigeria con 562 attacchi e 2.040 morti attribuiti al gruppo jihadista Boko Haram: fenomeno in crescita rispetto ai 1,542 morti del 2017. Solo quarta la Siria con 131 episodi di violenze estremiste, nei quali hanno perso la vita 662 persone contro 1.096 nel 2017: un dato che conferma come le truppe governative appoggiate dai russi abbiano avuto successo nello spazzare via i ribelli jihadisti da buona parte del territorio nazionale.

Quinto nella classifica dei paesi più colpiti dal terrorismo è il Pakistan, anch’esso alle prese con i movimenti jihadisti mentre i cinque Stati più sicuri contro la minaccia terroristica sono Bielorussia, Guinea Bissau, Oman, Gambia e Corea del Nord.

In Europa nel 2018 non si sono avuti gravi episodi di terrorismo e il numero delle vittime è passato dalle oltre 200 del 2017 a 62. Un dato incoraggiante che secondo alcuni analisti è legato strettamente ai fatti d’arme in medio Oriente

Steve Killelea, presidente esecutivo di IEP, sottolinea che il collasso dell’Isis in Siria e Iraq è uno dei fattori che hanno permesso all’Europa occidentale di registrare il numero più basso di attacchi terroristici dal 2012. Nello scorso anno non risultano vittime “attribuibili al gruppo”.

Tuttavia, aggiunge, “la situazione rimane estremamente volatile, con larga parte della Siria ancora contesa e molti piccoli gruppi vicini alle filosofie dell’Isis che risultano attivi”. Ciò comporta, “che vi siano rischi di ulteriori attacchi di estremisti islamici” per il prossimo futuro nel continente.

Proprio ieri a Roma il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, illustrando le linee programmatiche del ministero alla commissione Affari costituzionali della Camera, ha affermato che resta concreta “la minaccia legata al terrorismo: il fatto che in Europa non si siano verificati negli ultimi tempi fatti eclatanti non deve trarre in inganno e il quadro caratterizzato da nuove tensioni e conflitti internazionali impone di mantenere elevata l’azione di prevenzione”.

“La circostanza che nel più recente periodo non si siano registrati in Europa fatti eclatanti di matrice jihadista non deve trarre in inganno. Infatti, un quadro internazionale nuovamente caratterizzato da tensioni e conflitti impone di mantenere elevata l’azione di prevenzione”.

Foto Stato Islamico

 

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