Ladakh: le truppe cinesi ripiegano dalla regione contesa con l’India

di Marco Crabu  da  OFCS. Report 

È notizia di questi giorni che la Cina ha iniziato a ritirare le sue truppe dalla regione contesa del Ladakh, a confine con l’India. Sarà stata riportata a miti consigli dopo i contatti stretti degli Stati Uniti con il governo dell’India?

La conferma delle voci, si è avuta da una immagine satellitare Maxar pubblicata da Reuters, dove si nota che decine di installazioni logistiche militari cinesi sono state rimosse dall’area denominata “Finger 6”, a Pangong Tso, il lago glaciale nella regione del Ladakh che è diventata un punto critico nella prolungata disputa di confine tra India e Cina.

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I confini tra India e Cina corrono per circa 3.800 chilometri. Per ampi tratti, però, non vi è una netta linea di demarcazione, motivo per cui tante sono le zone contese, occupate periodicamente dall’uno o dall’altro schieramento e talvolta teatri di scontri occasionali sin dagli anni cinquanta.

La Cina rivendica il territorio nel nord-est dell’India, mentre New Delhi accusa Pechino di occupare il suo territorio sull’altopiano dell’Aksai Chin in Himalaya, compresa una parte della regione del Ladakh.

Dopo il conflitto del 1962 che vide prevalere la Cina sull’India, venne introdotta la “Linea di Attuale Controllo” (LAC), un confine semi-ufficiale nella parte occidentale, a completare la McMahon Line, che segnava invece il confine orientale. Per rafforzare il controllo sui confini, entrambi i paesi cominciarono a costruire strade e infrastrutture nella zona, talvolta sconfinando nei territori del paese vicino, e che spesso venivano poi distrutte per rappresaglia. Sebbene ci siano stati incidenti ricorrenti nel corso degli anni, le truppe di entrambe le parti hanno cercato di rispettare gli accordi stabiliti nel tempo.

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Gli anni Novanta videro la ratifica di vari accordi tra i due paesi, ma che di fatto non interruppero le incursioni di confine. Nonostante le relazioni diplomatiche e le collaborazioni tra i due paesi andassero migliorando, i rispettivi leader hanno a lungo nascosto o minimizzato le schermaglie avvenute.

Ma le tensioni sono aumentate da giugno 2020, quando almeno 20 soldati indiani e un numero imprecisato di militari cinesi, sono stati uccisi durante sanguinosi combattimenti corpo a corpo nella valle di Galwan, sull’aspra frontiera tra la regione indiana del Ladakh e l’altopiano tibetano occupato dai cinesi, evento che ha avvicinato le due potenze nucleari alla guerra.

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L’incidente è stato il primo scontro mortale nella zona di confine da almeno 45 anni ed entrambe le parti si erano incolpate a vicenda di aver provocato il conflitto. La Cina allora non ha confermato alcuna vittima, ma a sua volta ha accusato l’India di aver attraversato il confine sul lato cinese, mentre gli Stati Uniti si sono schierati naturalmente dalla parte dell’India.

In quel frangente si vociferò persino che le Forze dell’Esercito Popolare di Liberazione erano ricorse ad armi tecnologicamente avanzate ad impulsi elettromagnetici pur di riprendere il terreno perduto, nel rispetto del no-live-shot, ma anche perché l’altitudine era eccessiva per poter competere contro le truppe indiane specialiste nelle alture tibetane – così si leggeva alla fine di agosto 2020 nel report di Jin Canrong, un professore di relazioni internazionali alla Renmin University di Pechino, rapporto che le autorità di entrambi i paesi si affrettarono a bollare come fake news.

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La situazione da allora rimase in una fase di stallo, nonostante i frequenti colloqui diplomatici e militari tra i due paesi, ma senza arrivare ad un accordo concreto, fino ad oggi, dove appunto le parti hanno convenuto di ipotizzare il ritiro graduale delle truppe intorno a Pangonng Tso, finalizzato ad allentare la tensione che si era venuta a creare.

Gli Stati Uniti hanno monitorato attentamente la situazione in tutto questo tempo. Ultimamente, a seguito della telefonata tra il Segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ed il ministro degli Esteri indiano, Subrahmanyam Jaishankar, i due hanno discusso della recente situazione in Myanmar e sull’opportunità di rafforzare il partenariato tra Stati Uniti e India anche per mezzo del Quad – il raggruppamento informale di Usa, India, Giappone e Australia – in vista di limitare le mire espansioniste di Pechino.

Foto  immagine satellitare Maxar via Reuters, BBC e Xinhua

 

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