Lo “scandalo” della Guardia Costiera libica che usa la forza per bloccare i fuorilegge
Le immagini della motovedetta libica Ras Jadir impegnata a cercare di bloccare con manovre aggressive e persino l’uso delle armi a scopo intimidatorio una barca piena di immigrati illegali ha scatenato polemiche e commenti scandalizzati in Italia e in Europa.
A denunciare il fatto è stata la ong tedesca Sea Watch, che ha diffuso un filmato aereo che mostra la motovedetta libica inseguire ad alta velocità una barca di legno a motore con almeno due dozzine di persone a bordo.
Durante l’inseguimento, avvenuto in acque internazionali nella zona di competenza di ricerca e soccorso di Malta, persone in uniforme a bordo della nave libica sono state viste sparare almeno due volte verso l’imbarcazione, con proiettili che hanno colpito l’acqua nelle vicinanze come solitamente si fa a scopo intimidatorio per imporre lo stop alle imbarcazioni fuorilegge o per colpirne il motore bloccandone il moto.
La Guardia Costiera libica ha rilasciato una dichiarazione in cui ha annunciato che verrà aperta una inchiesta interna.
Dalle immagini emerge che la motovedetta ha manovrato con abilità, evitando la collisione con l’imbarcazione a bordo della quale gli scafisti hanno fatto l’impossibile per evitare di farsi fermare e catturare impedendo così ai militari di riportare in Libia il carico di clandestini, clienti che avevano pagato per arrivare in Italia.
Comprensibile inoltre che gli scafisti volessero evitare il carcere duro in Libia evidentemente preferendo l’incriminazione a piede libero in Italia per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Quasi 15mila migranti illegali sono stati intercettati dalla Guardia costiera di Tripoli e riportati sulle coste libiche dall’inizio dell’anno al 26 giugno: un numero record che da un lato mostra la crescente efficienza delle forze navali libiche addestrate soprattutto dall’Italia ma anche, da alcuni mesi, dalla Marina Turca e dall’altro conferma come il numero di clandestini giunti via mare in Italia quest’anno, circa 21 mila, sarebbe oggi di almeno 36 mila senza l’intervento delle motovedette di Tripoli.
“Confermiamo la nostra volontà nel proseguire lo svolgimento dei nostri compiti e doveri, salvare vite in mare e proteggere le coste libiche, secondo le leggi e i regolamenti umanitari riconosciuti a livello locale e internazionale” ha aggiunto lo Stato Maggiore della Marina.
La Commissione Europea ha espresso preoccupazione per l’accaduto ma le immagini del video ripreso dal velivolo della ong tedesca mettono in luce tre aspetti, tutti rilevanti ma a quanto pare del tutto ignorati.
Il primo aspetto è che la Libia difende la legalità, opera contro le organizzazioni criminali e persegue il traffico di esseri umani sul mare con determinazione e con procedure se necessario aggressive. Avvicinamenti, abbordaggi e fuoco a prua rientrano tra le misure intimidatorie adottate in tutto il mondo contro imbarcazioni pirata o fuorilegge.
Iniziative che possono apparire del tutto inappropriate e fin troppo esagerate in un’Italia ormai abituata a vedere accolto chiunque paghi criminali e violi la legge per raggiungere la Penisola, a vedere assolte “capitane” di navi delle Ong che speronano motovedette della Guardia di Finanza, a vedere indagati agenti di Polizia che bloccano, ferendoli, pericolosi criminali.
Gli scafisti hanno corso molti rischi pur di non farsi fermare e poter proseguire nelle loro attività criminali portando i clandestini a destinazione in Italia: sono loro che, non fermandosi allo “stop” intimato dalla motovedetta libica, hanno messo a rischio la vita dei migranti illegali di cui peraltro hanno sempre dimostrato di non vere troppa considerazione.
Secondo aspetto: le immagini che riprendono il tentativo di fuga dell’imbarcazione con a bordo i clandestini dimostrano chiaramente che essi non possono essere definiti in nessun modo “naufraghi”, come si ostina a definirli la retorica immigrazionista (non certo disinteressata considerato il business miliardario delle lobby dei soccorsi e dell’accoglienza) che sottolinea l’obbligo del soccorso in mare.
Si è forse mai visto un naufrago sfuggire con ogni mezzo e a rischio della vita ai suoi soccorritori? Si è mai visto un naufrago sfuggire a un soccorritore perché ne preferisce un altro?
Il terzo elemento che si evince dal video è legato alle intese stipulate nell’agosto 2020 tra Malta, Libia e Turchia per il contrasto all’immigrazione illegale (a tal proposito a questo link l’articolo di Fabio Caffio).
L’inseguimento è avvenuto nella vasta area SAR (ricerca e Soccorso libica), quindi la Valletta ha autorizzato i libici a entrare nelle acque di sua competenza per fermare i clandestini e riportarli in Libia.
Non sono mai stati diffusi dettagli circa quell’intesa a tre, che di fatto ha visto il governo maltese riconoscere l’egemonia turca in Tripolitania e sul mare che separa Tripoli dall’isola-stato, ma dalla firma di quell’accordo Malta non ha più accolto clandestini e ha ignorato ogni richiesta di sbarco da parte delle navi delle Ong.
L’esame di questi tre aspetti impone considerazioni improntate all’estremo pragmatismo. L’Italia è oggi l’unico stato del Mediterraneo a continuare ad accogliere chiunque paghi criminali e infatti i fluissi illegali sono in crescita solo verso la Penisola.
Al rafforzamento del supporto offerto da Roma alla Guardia Costiera libica va aggiunto lo stesso tipo di approccio adottato da Malta consentendo alle motovedette libiche (e tunisine) di riportare indietro tutti i migranti illegali a cui le agenzie dell’ONU presenti in Libia devono garantire assistenza e rapido rimpatrio nei paesi di origine.
Solo così i flussi cesseranno e con essi finiranno anche le tragedie del mare che secondo le stime dell’ONU sono costate quest’anno la vita a oltre 800 migranti illegali.
Immagini dal video di Sea Watch International
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.