Più riservisti per l’Esercito Francese

 

 

(aggiornato alle ore 10,05)

Durante il discorso ai militari pronunciato all’Hôtel de Brienne il 13 luglio, il presidente francese Emmanuel Macron ha fatto una breve allusione alla riserva operativa delle forze armate destinata a svilupparsi nei mesi a venire.

“Vi chiedo di fare di più, dando una nuova ambizione alle nostre riserve, raddoppiando il volume delle riserve operative dell’’esercito” ha dichiarato Macron, insistendo sulla necessità che le forze armate investano “di più e meglio nel grande progetto del Servizio Nazionale Universale”.

Secondo i dati del 2019 la Francia può contare su circa 38.500 riservisti, di cui circa il 60% presta servizio nella Riserva dell’Esercito (CESR): di questi 2.700 sono già mobilitati di cui 500 impegnati in “missioni di sicurezza”.

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Si tratta della riserva operativa di livello 1 (RO1) cui si aggiungono 30 mila militari mobilitabili con la Riserva Operativa di Livello 2 (RO2) composta da ex militari tenuti a restare disponibili al richiamo in servizio per cinque anni dopo il congedo.

Come ha ricordato un articolo di Opex 360, nella Visione Strategica sviluppata dal generale Thierry Burkhard quando era a capo dell’Esercito prima di essere nominato Capo di Stato Maggiore della Difesa (CEMA), lo sviluppo della Riserva Operativa era una delle priorità con l’obiettivo di “guadagnare massa” coinvolgendo maggiormente i riservisti nel “contributo alle missioni di protezione del territorio nazionale”.

La riserva operativa potrebbe svolgere “missioni di messa in sicurezza del territorio” o “la difesa territoriale operativa – che richiederebbe l’addestramento per altre missioni, come combattere contro un nemico infiltratosi sul territorio nazionale o difendere punti sensibili o essere parzialmente integrata in supporto ai reparti impegnati in combattimenti ad alta intensità”, aveva spiegato il generale Burkhard in un’audizione parlamentare nel luglio 2020.

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Esigenze ingigantite oggi dagli scenari aperti dalla guerra in Ucraina che impone un profondo cambiamento teso a impiegare i riservisti per disporre di un maggiore volume di forze anche in contesti di guerra ad alta intensità con una necessaria allocazione di risorse finanziarie per mantenere operative le forze di Riserva adeguando il livello di formazione ed equipaggiamento dei riservisti alle esigenze delle missioni che saranno loro affidate.

La guerra in Ucraina ha evidenziato infatti la necessità di disporre di eserciti ben più corposi di quelli su cui si è strutturata l’intera Europa negli ultimi 20/25 anni tenendo conto che nessun esercito europeo sarebbe oggi in grado di schierare forze pari agli 80 mila militari che l’Ucraina ha dislocato nel solo Donbass.

Per questo l’istituzione di ampie e ben preparate strutture di riservisti costituisce oggi un’impellente necessità in attesa di poter riorganizzare in qualche anno gli strumenti terrestri su dimensioni più ampie, ammesso che vi siano le risorse finanziarie per poterlo fare.

In Italia, nell’ambito del percorso di riforma del modello di Forze Armate approvata dal Parlamento, è previsto un incremento degli organici in servizio e l’istituzione di una Riserva operativa fino a 10 mila militari.

L’iniziativa era già stata presentata l’anno scorso in una proposta di legge della Lega, primo firmatario l’0onorevole Roberto Paolo Ferrari,  che prevedeva il possibile richiamo dei militari congedatisi da non più di tre anni che successivamente avrebbero potuto restare a disposizione su base volontaria fino a 40 anni di età.

 

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La guerra in Ucraina non ha però messo in allarme gli stati maggiori europei solo sul versante degli organici.

Come abbiamo evidenziato in un ampio editoriale su Analisi Difesa, il conflitto russo-ucraino ha messo in luce la necessità di disporre di ampie disponibilità di armi e munizioni per far fronte a un conflitto convenzionale prolungato.

A Parigi il senatore Christian Cambon, presidente della Commissione Difesa del Parlamento francese ha presentato nel maggio scorso un rapporto che valutava le riserve di armi e munizioni del tutto inadeguate a far fronte a un conflitto come quello in atto in Ucraina stimando che il numero di munizioni impiegate dall’esercito russo in un solo giorno di guerra in Ucraina equivale alle munizioni impiegate in un anno dall’Armèe de Terre.

Le scorte presenti consentirebbero all’esercito francese di sostenere per tre o quattro giorni un conflitto come quello in Ucraina e ricostituire gli arsenali di munizioni, razzi e missili richiederebbe non meno di tre o quattro anni e una spesa di 6/7 miliardi di euro.

Le forze armate francesi sono forse quelle meglio equipaggiate e rifornite d’Europa, quindi è lecito ipotizzare che per le altre “potenze” europee la situazione sia ancora più grave come hanno evidenziato ad esempio negli ultimi anni rapporti parlamentari relativi alle forze armate tedesche.

Il ministro della Difesa tedesco, Christine Lambrecht (SPD), ha stimato che aumentare le riserve di munizioni per renderle adeguate a un contesto bellico convenzionale costerà circa 20 miliardi di euro richiedendo qualche anno.

Foto: Ministero della Difesa Francese

 

 

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