Da Putin via libera al richiamo dei riservisti e ai referendum nei territori ucraini conquistati
Il presidente russo Vladimir Putin e il ministro della Difesa, Sergey Shoigu, imprimono una svolta al conflitto in Ucraina lanciando chiari messaggii all’opinione pubblica nazionale ma anche all’Ucraina e soprattutto all’Occidente.
Analisi Difesa riporta ampie parti degli interventi ma anche del discorso tenuto ieri da Putin ai vertici dell’industria della Difesa, testo che aiuta ulteriormente a comprendere il clima con cui Mosca sta affrontando gli sviluppi del conflitto.
Il discorso di Putin
Con un videomessaggio atteso già nella serata di ieri, il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato questa mattina (qui il discorso integrale) la mobilitazione parziale di riservisti ma non ha utilizzato la parola “guerra” continuando a parlare di “un’operazione militare speciale per smilitarizzare e denazificare l’Ucraina e liberare il Donbass” e di “misure per proteggere la sovranità e l’integrità della Russia”.
“Per proteggere la nostra Patria, la sua sovranità e integrità territoriale, per garantire la sicurezza del nostro popolo e del popolo nei territori liberati, ritengo necessario sostenere la proposta del Ministero della Difesa e dello Stato Maggiore Generale di condurre una mobilitazione parziale nella Federazione Russa”, ha detto.
Putin ha sottolineato che “l’obiettivo dell’Occidente è indebolire e distruggere la Russia” attribuendo a USA e NATO il fallimento di un accordo tra Mosca e Kiev per negoziare la fine delle ostilità.
“Pur agendo per raggiungere gli obiettivi principali della difesa del Donbass in conformità con i piani e le decisioni del Ministero della Difesa e dello Stato Maggiore Generale, le nostre truppe hanno liberato aree considerevoli nelle regioni di Kherson e Zaporozhye e un certo numero di altre aree. Ciò ha creato una lunga linea di contatto lunga oltre 1.000 chilometri.
Questo è ciò che vorrei rendere pubblico per la prima volta oggi. Dopo l’inizio dell’operazione militare speciale, in particolare dopo i colloqui di Istanbul, i rappresentanti di Kiev hanno espresso una risposta piuttosto positiva alle nostre proposte. Queste proposte riguardavano soprattutto la sicurezza e gli interessi della Russia. Ma un accordo pacifico ovviamente non si addiceva all’Occidente, motivo per cui, dopo che alcuni compromessi furono coordinati, a Kiev fu effettivamente ordinato di far fallire tutti questi accordi. Altre armi sono state pompate in Ucraina. Il regime di Kiev ha messo in gioco nuovi gruppi di mercenari e nazionalisti stranieri, unità militari addestrate secondo gli standard NATO e che hanno ricevuto ordini da consiglieri occidentali”.
Nel suo discorso Putin ha evidenziato che “la Repubblica popolare di Luhansk è già stata quasi completamente ripulita dai neonazisti. Continuano i combattimenti nella Repubblica popolare di Donetsk. Qui, per otto anni, il regime di occupazione di Kiev ha creato una linea profondamente scaglionata di fortificazioni a lungo termine. Il loro assalto frontale avrebbe provocato pesanti perdite, quindi le nostre unità, così come le unità militari delle repubbliche del Donbass, agiscono sistematicamente, con competenza, usano attrezzature, proteggono il personale e liberano la terra di Donetsk passo dopo passo”.
Sul piano delle forze militari schierate sul campo Putin ha precisato che “come sapete, all’operazione militare speciale partecipano militari professionisti in servizio sotto contratto. Combattono fianco a fianco con loro unità di volontari: persone di diverse etnie, professioni ed età che sono veri patrioti. Hanno risposto alla chiamata dei loro cuori di sollevarsi in difesa della Russia e del Donbass.
A questo proposito, ho già impartito istruzioni al governo e al ministero della Difesa di determinare lo status giuridico dei volontari e del personale delle unità militari delle repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk. Deve essere lo stesso dello status dei professionisti militari dell’esercito russo, compresi i benefici materiali, medici e sociali. Particolare attenzione deve essere prestata all’organizzazione della fornitura di attrezzature militari e di altro tipo per le unità di volontari e la milizia popolare del Donbass”.
Il presidente ha spiegato che “la Russia sosterrà la decisione dei residenti del Donbass e dei territori liberati sul loro futuro” di entrare a far parte della Federazione Russa confermando i referendum per l’annessione già preannunciati tra il 23 e il 27 settembre nelle regioni (oblast) di Donetsk, Luhansk, Zaporozhye e Kherson. “Non possiamo, non abbiamo il diritto morale di consegnare le persone a noi vicine affinché vengano fatte a pezzi dai carnefici non possiamo che rispondere al loro sincero desiderio di determinare la propria sorte, i parlamenti delle Repubbliche popolari del Donbass, nonché le amministrazioni militare-civili delle regioni di Kherson e Zaporizhia, hanno deciso di indire un referendum sul futuro di questi territori e si sono rivolti a noi, alla Russia, con la richiesta di sostenere un simile passo”.
Circa il ruolo di Stati Uniti e NATO Putin ha denunciato “la politica aggressiva di alcune élite occidentali”.
“L’obiettivo di quella parte dell’Occidente è indebolire, dividere e infine distruggere il nostro Paese. Ora stanno dicendo apertamente che nel 1991 sono riusciti a dividere l’Unione Sovietica e ora è il momento di fare lo stesso con la Russia, che deve essere divisa in numerose regioni che sarebbero in mortale faida tra loro.
Hanno ideato questi piani molto tempo fa. Hanno incoraggiato gruppi di terroristi internazionali nel Caucaso e spostato l’infrastruttura offensiva della NATO vicino ai nostri confini. Hanno usato la russofobia indiscriminata come arma, anche alimentando l’odio per la Russia per decenni, principalmente in Ucraina, che era stata progettata per diventare una testa di ponte anti-russa. Hanno trasformato il popolo ucraino in carne da cannone e lo hanno spinto in una guerra con la Russia, che hanno scatenato nel 2014”.
L’intervento di Shoigu
il ministro della Difesa Shoigu ha concretizzato, fornendo numerosi dati ed elementi di valutazione, le misure di mobilitazione parziale disposte dal decreto presidenziale pubblicato sul sito del Cremlino e che riportiamo più avanti.
Shoigu ha precisato che i riservisti mobilitati saranno fino a 300mila precisando che si tratterà di uomini che hanno già servito nell’esercito, con esperienza di combattimento e specializzazioni militari. Ha aggiunto che sono esclusi i militari di leva e che lo scopo della mobilitazione è “controllare i territori liberati” in Ucraina. “Abbiamo un’enorme risorsa di mobilitazione che comprende coloro che hanno prestato servizio nell’esercito, coloro che hanno esperienza di combattimento e specialità militari”.
Il ministro ha evidenziato tra le righe ulteriori mobilitazioni potranno venire effettuate. La Russia può mobilitare quasi 25 milioni di persone, i 300.000 riservisti rappresentano poco più dell’1,1 per cento di tali forze e verranno sottoposti ad un addestramento aggiornato rispetto al contesto bellico ucraino e alle lezioni apprese in sette mesi di operazioni.
Shoigu ha poi fornito altri dati numerici importanti anche se da prendere come sempre con le molle tenuto conto che entrambi i belligeranti utilizzano le perdite subite e inflitte come strumenti di propaganda.
Mosca non riportava da marzo dati circa le perdite subite, all’epoca poco più di un migliaio, ma oggi Shoigu ha ammesso che del tema “non abbiamo parlato da molto tempo. Non posso non menzionare le perdite che ammontano a 5.937 persone. E qui ancora e ancora non posso non menzionare i nostri ragazzi che fanno coraggiosamente il loro dovere” ha detto il ministro elogiando il lavoro dei medici grazie ai quali “più del 90% dei feriti sono tornati ai loro incarichi”.
Le perdite ammesse dai russi sono quasi un decimo di quelle rivendicate dagli ucraini (circa 55mila i soldati russi uccisi secondo Kiev) anche se ai caduti russi dall’inizio delle operazioni, il 24 febbraio scorso, vanno aggiunte le perdite sofferte dalle milizie del Donbass (circa 3.100 solo nella Repubblica popolare di Donetsk) e dai contractors del Gruppo Wagner che potrebbero portare facilmente il totale a circa 11 mila caduti.
Secondo il ministro 61.207 militari ucraini sono morti e 49.368 sono rimasti feriti.
“Le Forze Armate ucraine avevano tra le 201.000 e le 202.000 persone, ma hanno subito più di 100.000 perdite”, ha detto aggiungendo che circa 7mila soldati ucraini sono stati uccisi nelle ultime settimane (nelle controffensive a Kherson e Kharkiv dove gli ucraini avrebbero perso anche 208 carri armati, 245 veicoli da combattimento, 186 blindati, 15 aerei e 4 elicotteri) e che in Ucraina “sono rimasti poco più di mille mercenari stranieri, più di 2.000 che hanno combattuto per l’Ucraina sono già morti”.
Secondo Shoigu il supporto militare di USA e NATO a Kiev vede la presenza di un comando con 150 specialisti militari occidentali effettivamente a Kiev” che rappresentano “il vero” comando delle forze armate ucraine. L’ultimo gruppo che è arrivato, composto sia da ex militari che da personale in servizio attivo, è composto da 150 persone. Questo è in realtà il vero comando. Il comando occidentale è a Kiev e gestisce tutte le operazioni”.
Shoigu ha poi confermato gli ingenti quantitativi di armi occidentali “che la Russia sta trovando il modo di contrastare”.
“Non ci riferiamo solo alle armi che vengono fornite in un volume enorme, ma anche ai sistemi di comunicazione e di elaborazione delle informazioni dispiegati lì”.
Secondo Shoigu “l’Ucraina ha già esaurito tutte le armi che aveva, stiamo parlando delle vecchie armi sovietiche. Molti nuovi membri dell’Unione Europea, che sono particolarmente zelanti, stanno facendo del loro meglio” ha detto riferendosi ai membri di NATO e UE dell’Europa Orientale. “Dal mio punto di vista hanno svuotato tutti i magazzini, li hanno ripuliti con attenzione per poter dare tutto all’Ucraina. E’ giunto il momento in cui stiamo di fatto combattendo contro l’Occidente collettivo più la NATO”, ha detto ancora Shoigu,
“La verità è che l’intera galassia di satelliti della NATO sta lavorando contro di noi”, ha concluso Shoigu, “secondo le nostre stime, oltre 70 satelliti militari e più di 200 satelliti civili stanno lavorando per localizzare i siti dove sono di stanza le nostre unità”.
L’Ordine esecutivo per la mobilitazione
Questo il testo dell’Ordine Esecutivo:
Il Presidente ha dichiarato una mobilitazione parziale nella Federazione Russa a partire dal 21 settembre 2022.
L’ordine esecutivo prevede la chiamata dei cittadini della Federazione Russa al servizio nelle forze armate nell’ambito dello sforzo di mobilitazione. I cittadini chiamati al servizio militare nell’ambito della mobilitazione godranno dello status di personale militare in servizio nelle forze armate della Federazione Russa sotto contratto.
L’ordine esecutivo prevede indennità in denaro per i cittadini della Federazione Russa chiamati al servizio militare nell’ambito della mobilitazione, nonché la durata dei contratti di servizio militare firmati dal personale militare, motivi per il congedo del personale militare in servizio sotto contratto, in quanto così come i cittadini chiamati al servizio militare nelle forze armate della Federazione Russa nell’ambito della mobilitazione.
Istruzioni corrispondenti sono state impartite al governo della Federazione Russa e agli alti funzionari governativi nelle entità costituenti della Federazione Russa.
In base all’Ordine Esecutivo, i cittadini della Federazione impiegati dalle società del settore difesa (defence companies, l’industria della Difesa – NDR) beneficeranno di un’esenzione dalla mobilitazione per il periodo del loro impiego da parte di queste organizzazioni. Il governo della Federazione Russa definirà le categorie di cittadini della Federazione Russa che hanno il diritto di godere di esenzioni e il modo in cui tali esenzioni devono essere previste.
Del resto Mosca ha preparato il terreno a questo salto di qualità nell’impegno militare in Ucraina. Ieri la Duma ha approvato emendamenti per modificare il codice penale in tema di diserzione, mobilitazione, legge marziale, tempo di guerra e resa come prigioniero di guerra.
Come ha riferito l’agenzia RIA Novosti i legislatori russi hanno aumentato le pene ai soldati per “la resa volontaria” e per il saccheggio (rispettivamente a 10 e 15 anni di carcere); e hanno anche definito legalmente i termini “mobilitazione”, “legge marziale” e “tempo di guerra” nel codice penale della Federazione Russa.
Putin chiede maggiori sforzi all’industria della Difesa
Il 20 settembre Putin ha inoltre incontrato i vertici delle aziende dell’industria della difesa discutendo le misure attuali per soddisfare le esigenze del Ministero della Difesa e per attuare programmi di sostituzione delle importazioni in seguito alle sanzioni occidentali.
Putin ha rivelato e omaggiato il ruolo ricoperto dal comparto industriale anche in prima linea sui fronti ucraini. “Date le circostanze, le sfide e le minacce che il nostro Paese sta affrontando, le compagnie di difesa stanno operando intensamente e i loro dipendenti stanno agendo rapidamente per affrontare sfide non convenzionali, riorganizzare i processi di produzione e migliorare la qualità sulla base dell’effettiva esperienza di combattimento. I vostri rappresentanti vanno in prima linea – voglio prenderne atto e ringraziarli per questo. Questo trascende la responsabilità professionale ed è, in una certa misura, eroismo, che sta dando un grande contributo al miglioramento dell’equipaggiamento militare utilizzato nelle operazioni di combattimento”.
Putin ha poi sottolineato che “le armi russe utilizzate nell’operazione si sono dimostrate altamente efficaci. Ciò riguarda principalmente l’aviazione, i missili a lungo raggio ad alta precisione, le armi aeronautiche, i razzi e l’artiglieria e l’arsenale di veicoli corazzati, solo per citarne alcuni. Sono usati per distruggere le infrastrutture militari, i posti di comando e il materiale nemico e per attaccare le unità nazionaliste, riducendo al minimo le perdite tra il personale”.
Nel suo intervento il presidente ha posto l’attenzione anche sugli armamenti occidentali sottolineando che “dobbiamo e possiamo studiare l’equipaggiamento che viene utilizzato contro di noi e aprire nuovi orizzonti nello sviluppo delle nostre capacità e, sulla base della nostra esperienza, migliorare, ove necessario, il nostro equipaggiamento e le nostre armi “.
Putin ha inoltre aggiunto: “Quest’anno ho deciso di fornire armi ed equipaggiamenti aggiuntivi alle forze armate e, di conseguenza, di stanziare fondi per l’acquisizione e la manutenzione. Le capacità di produzione devono essere aumentate e, se necessario, modernizzate in diverse imprese della difesa. Molto è stato fatto per raggiungere questo obiettivo.
Ad esempio, sono state prese le seguenti decisioni per garantire la produzione e la riparazione senza interruzioni di armi e attrezzature: le procedure contrattuali e precontrattuali sono state notevolmente semplificate, i tempi per la firma dei contratti statali con un unico fornitore e la relativa procedura di tariffazione sono stati ridotti e l’importo del pagamento anticipato ed aumentato.
Vorrei sottolineare che Promsvyazbank ha riaffermato i termini per i prestiti a basso interesse per la consegna pre-programmata delle armi. Inoltre, le leggi sul lavoro sono state modificate per consentire ai capi delle imprese della Difesa e agli uffici di progettazione di autorizzare il pagamento degli straordinari per progettisti, ingegneri e lavoratori.
Sono state adottate misure in relazione all’ottimizzazione della produzione. Le organizzazioni dell’industria della difesa devono garantire la fornitura delle armi, dell’equipaggiamento e delle munizioni necessarie alle forze armate il prima possibile.
Dobbiamo inoltre garantire la fornitura tempestiva e completa di componenti, parti, unità e materiali moderni di fabbricazione russa alle società del settore della difesa. L’industria della difesa è la sfera in cui tutti i programmi di sostituzione delle importazioni devono essere attuati senza errori.
Questo potrebbe non essere così importante o addirittura necessario in altre aree, perché non abbiamo bisogno di una sostituzione delle importazioni al cento per cento.
Ma dobbiamo farlo in questo campo. Pertanto, le capacità produttive devono essere aumentate senza indugio, le attrezzature devono essere utilizzate al massimo, i cicli tecnologici devono essere snelliti e le tempistiche di produzione devono essere ridotte senza pregiudicare la qualità.
Vorrei chiedere ai vertici delle imprese del settore della difesa di riferire sulle misure che stanno adottando per soddisfare i requisiti del ministero della Difesa. Naturalmente, mi aspetto anche che facciate proposte pratiche, come avete fatto nei nostri precedenti incontri sullo sviluppo dell’industria della difesa nel suo insieme.
Considerazioni a cui ha risposto indirettamente oggi il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, rilevando in un’intervista alla Reuters che “noi stiamo parlando con i nostri alleati ma anche con l’industria della Difesa per aumentare la produzione militare, di armi e munizioni, perché dobbiamo rimpiazzare i nostri stock per assicurare la difesa dei territori NATO ma anche per continuare a sostenere l’Ucraina”. Stoltenberg ha aggiunto che presto ci sarà un summit su questo dossier a Bruxelles paragonando l’aumento di produzione militare richiesto a quello dei vaccini nella crisi Covid.
Valutazioni
Le dichiarazioni e le iniziative di Putin delle ultime ore non solo rinnovano e rafforzano lo sforzo bellico in Ucraina con forze militari fresche ma rivelano la mobilitazione, non totale, degli apparati militare, politico e industriale in vista di un conflitto di lunga durata e contro un nemico allargato all’Occidente.
Non a caso Putin e Shoigu hanno definito Kiev quasi come un mero strumento dell’aggressione dell’Occidente alla Russia: messaggio che favorisce la mobilitazione nazionale e patriottica contro la minaccia portata dall’Occidente ai confini della Federazione.
Anche l’annuncio che i territori in mano a russi e ucraini filorussi verranno annessi alla Federazione Russa dopo i referendum punta a cementare l’identità nazionale con misure che definiscono a tutti gli effetti cittadini russi i combattenti e la popolazione di queste quattro regioni.
Un aspetto poco considerato in Europa ma che assume una maggiore consistenza tenendo conto che oltre 2,5 milioni di ucraini del Donbass sono rifugiati (deportati secondo Kiev) nelle regioni russe di confine e che, nonostante i referendum vengano considerati illegittimi da tutto l’Occidente e da Kiev (come del resto quello del 2014 in Crimea), in seguito alle annessioni territoriali Mosca avrà gli strumenti per definire il conflitto “difensivo”, teso cioè a proteggere l’integrità territoriale e i confini della Federazione.
L’iniziativa referendaria infatti da un lato sembra sottrarre l’autonomia finora attribuita alle repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk (riconosciute da Mosca poche ore prima dell’avvio delle operazioni in Ucraina, il 24 febbraio scorso) ma dall’altro definirà i loro territori parte integrante della Federazione con tutte le implicazioni di escalation e rappresaglia previsti per le minacce portate al territorio nazionale, inclusa la deterrenza nucleare.
Di fatto Mosca minaccia di considerare un attacco degli ucraini o delle armi occidentali come se si trattasse di un attacco contro una città o una regione della Russia. Mosca alza l’asticella dell’escalation mostrando di avere ancora molte frecce al suo arco ma senza usare la parola “guerra” e limitando l’area del confronto militare alle quattro regioni oggetto. dei referendum.
Nessun riferimento nelle sue parole (e in quelle di Shoigu) alla riconquista dell’oblast di Kharkiv da cui i russi si sono ritirati dopo la controffensiva ucraina o alla conquista di Odessa che pure fanno parte della cosiddetta “Nuova Russia”.
Un indizio che potrebbe indicare la disponibilità di Mosca a negoziare un accordo sulla base delle attuali conquiste territoriali, “limitate” alle quattro regioni oggetto dei referendum. Per queste ragioni il messaggio di Putin, pur se muscolare, sembra voler offrire possibilità a una trattativa che tenga inevitabilmente conto delle pretese territoriali russe.
Benché molti in Occidente abbiano definito l’intervento di Putin un segno di debolezza non si può escludere che il ritardo di 12 ore nella diffusione del discorso di Putin abbia visto nella notte tra il 20 e il 21 settembre telefonate e confronti con le controparti negli USA, a Kiev, forse in Europa e soprattutto ad Ankara, considerato che i turchi restano gli unici, almeno all’apparenza, in grado di imbastire un negoziato.
Le reazioni registrate pubblicamente in Occidente non sembrano al momento mostrare indicazioni in tal senso né consapevolezza circa gli sviluppi annunciati da Mosca.
il ministro della Difesa britannico, Ben Wallace, ha commentato le parole di Putin affermando che “lui ed il suo ministro della Difesa hanno mandato decine di migliaia dei loro concittadini a morte, male equipaggiati e mal comandati. In nessun modo minacce e propaganda possono nascondere il fatto che l’Ucraina sta vincendo la guerra, che la comunità internazionale è unita e che la Russia sta diventando un paria globale”.
L’annuncio fatto oggi da Vladimir Putin era “atteso” ed è “un segnale che il presidente russo è in difficoltà” ha detto John Kirby, portavoce del National Security Council della Casa Bianca sottolineando che la consistenza del numero di riservisti mobilitati è “quasi il doppio delle forze destinate alla guerra a febbraio”. Per il portavoce “è un chiaro segno della difficoltà” in cui si trova Putin. “Sappiamo che ha subito decine di migliaia di perdite, c’è un pessimo morale tra le truppe sul campo e non sono stati ancora risolti i problemi di controllo del comando. Ci sono problemi di diserzione e sta costringendo i feriti a tornare a combattere. Così chiaramente la mancanza di forze è un problema per lui ha la sensazione di essere in arretramento, particolarmente nell’area nord orientale del Donbass”.
Più o meno sullo stesso tenore le reazioni in Europa mentre il ministero degli Esteri cinese ha esortato tutte le parti coinvolte nel conflitto in Ucraina a impegnarsi nel dialogo e nella consultazione e a trovare un modo per affrontare le preoccupazioni di sicurezza di tutti.
Sul piano militare è difficile non notare che l’annuncio della mobilitazione di un massimo di 300 mila riservisti aumenta il peso specifico delle forze di Mosca in un conflitto in cui hanno sempre patito un’inferiorità numerica nei confronti delle truppe ucraine che mediamente è nell’ordine di 3 a 1.
Una mobilitazione generale, da molti paventato, sarebbe stata esagerata rispetto alle esigenze russe e avrebbe avuto certamente un impatto più pesante sulla società e l’economia russa oltre che sulla percezione in Occidente che Mosca si preparasse alla guerra totale.
Inoltre la mobilitazione di un gran numero di riservisti si aggiunge a quella di numerosi battaglioni di volontari arruolati in questi mesi su base regionale e il cui arruolamento sembra aver subito un incremento dopo la ritirata russa dalla regione di Kharkiv, Nei giorni scorsi è circolata la notizia che 9 oblast abbiano mobilitato battaglioni di volontari: 1.200 combattenti dalla Crimea, 800 da Kursk, altri da Voronezh, Ciuvashia e Bashkiria, che hanno già inviato 1.000 uomini al fronte. Gli oblast di Magadan e Kemenovo hanno reso noto di non poter organizzare reparti di volontari ma di essere disposta a equipaggiare e finanziare quelli delle altre regioni mentre Celyabinsk ha iniziato a organizzare la raccolta di volontari.
Il 17 settembre il leader ceceno, Ramzan Kadyrov, ha annunciato che altri due battaglioni hanno raggiunto il Donbass e altri 10 mila volontari sono in fase di arruolamento.
Il sindaco di Mosca, Serghiei Sobyanin, in un post su Telegram ripreso ieri dal Moscow Times, ha affermato che aprirà un centro “per assistere il ministero della Difesa russo nel reclutamento di cittadini stranieri nel servizio militare” dopo che la Duma ha approvato un progetto di legge per semplificare l’iter per l’ottenimento della cittadinanza russa per gli stranieri che firmano un contratto di un anno nell’esercito russo. Per diventare legge, il documento deve essere ancora approvato dal Senato e firmato dal presidente russo.
Si tratta di una pratica non nuova, varata negli anni scorsi dagli Stati Uniti che hanno arruolato immigrati per l’impiego in Iraq e Afghanistan. Al termine di un anno di servizio oltremare la cittadinanza statunitense veniva attribuita con cerimonie che si tennero in diverse basi statunitensi nei teatri di guerra.
La presenza dei battaglioni di volontari non è però riuscita a evitare la mobilitazione su vasta scala di riservisti dei quali alcune migliaia erano già stati richiamati in servizio nei mesi scorsi.
I reparti costituiti da volontari inoltre hanno diversi standard di addestramento ed equipaggiamento e sembra abbiano registrato difficoltà di amalgama con le forze regolari russe e i miliziani di Donetsk e Luhansk. Anche per questo le nuove disposizioni di Mosca regolarizzeranno tutti i combattenti con uno standard comune alle forze regolari.
La mobilitazione dei riservisti, il loro addestramento e assegnazione ai reparti oltre alla costituzione di nuove unità insieme alla standardizzazione delle forze regolari russe con i battaglioni di volontari e le milizie del Donbass richiederà almeno alcuni mesi. Inoltre parte dei riservisti potrebbe venire impiegata per sostituire reparti in servizio effettivo in diverse aree della Russia consentendone l’impiego in Ucraina.
La nuova fase della guerra varata oggi dal Cremlino, potrebbe quindi vedere, almeno sul piano operativo, un periodo di stallo sui diversi fronti ucraini o comunque una vivacità limitata delle forze di Mosca anche se l’afflusso di rinforzi è iniziato da alcune settimane e ha già visto il trasferimento in Ucraina di reparti regolari dislocati in altre regioni e persino in Tagikistan.
Tempo prezioso per cercare di imbastire negoziati in grado di congelare o concludere il conflitto, complice anche la stagione invernale alle porte.
Foto: Presidenza Federazione Russa, Ministero Difesa Russo e Ministero Difesa Ucraino
Mappa: Institute for the study of the war
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.