I missili Patriot tedeschi in Polonia e i rischi di coinvolgimento nella guerra
La Germania invierà in Polonia caccia multiruolo Eurofighter Typhoon e sistemi per la difesa aerea Patriot PAC-3 al fine offrire un contributo nella messa in sicurezza del proprio spazio aereo. L’intesa bilaterale è stata concordata il 22 novembre in videoconferenza dai ministri della Difesa dei due Paesi, Christine Lambrecht e Marius Blasczak.
Il ministro Lambrecht (nella foto sotto) ha dichiarato che la Polonia è “amica e alleata” della Germania e, come Paese vicino all’Ucraina, è “particolarmente colpita” dalla guerra mossa dalla Russia contro l’ex repubblica sovietica.
La Polonia ha acquisito dagli Stati Uniti, con un contratto da 4,75 miliardi di dollari, il sistema Patriot PAC 3 con due batterie con 16 lanciatori e 4 radar di scoperta ed ingaggio AN/MPQ-65 ma anche se le prime unità verranno consegnate tra breve la capacità operativa iniziale non verrà conseguita prima del 2023 o 2024.
I dettagli dell’invio di caccia e missili tedeschi in Polonia verranno messi a punto nei prossimi giorni ma il dispiegamento costituisce potenzialmente un ulteriore passo verso un maggiore coinvolgimento di stati membri della NATO nel conflitto ucraino.
Il dispiegamento degli assetti da difesa aerea tedeschi in Polonia è stato determinato dall’incidente di Przewodow del 15 novembre in cui un missile terra-aria S-300 ucraino, probabilmente fuori controllo, ha colpito un’azienda agricola sei chilometri oltre il confine polacco uccidendo due persone.
Il missile che ha violato il territorio polacco era quindi ucraino, non russo, anche se Kiev continua a sostenere il contrario e il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, ha dichiarato il 20 novembre che i dati raccolti dall’inchiesta sull’esplosione non permettono di determinare con certezza da dove è stato lanciato.
“Non lo sappiamo ancora. Lasciate che gli esperti e gli investigatori ci lavorino. Abbiamo affidato le indagini a esperti da parte Ucraina, nonché a esperti internazionali, della Nato e americani”, ha detto ma si tratta di valutazioni che sembrano avere più un significato politico che militare.
Da un lato, nessun S-300 russo avrebbe potuto raggiungere il territorio polacco per ragioni di autonomia e gli Stati Uniti hanno fatto sapere già poche ore dopo l’incidente di aver rilevato la traiettoria del missile specificando che non era partito da territori in mano ai russi.
Dall’altro, dal giorno dell’incidente Ucraina, Polonia e Stati Baltici sembrano puntare a sfruttare quanto accaduto a Przewodow per coinvolgere maggiormente la NATO nel conflitto
Il “caso La Porta”
Un dettaglio non trascurabile a questo proposito giunge dal mondo dei media dove l’Associated Press ha licenziato il reporter James La Porta che aveva dato la notizia errata che “missili russi” erano caduti in territorio polacco citando “un alto funzionario dell’intelligence statunitense”.
Il reporter attribuiva quindi l’informazione a una sola fonte mentre le linee guida dell’agenzia di stampa ne richiedono più di una quando la fonte citata è anonima”.
Qualche ora dopo, quando è apparso chiaro che il missile era uno solo ed era ucraino, l’AP ha sostituito la notizia con le nuove informazioni emerse e sostenendo che la fonte anonima era sbagliata.
La Porta, ex marine veterano dell’Afghanistan, per diversi anni free-lance e poi assunto nell’aprile 2020 dall’agenzia statunitense per scrivere di temi legati a difesa e sicurezza, è stato licenziato “dopo una breve inchiesta” interna, secondo quanto riferito dal Washington Post che ha inoltre riportato le reazioni dei giornalisti in redazione quando è stata diramata la notizia. Uno chiede: “Non dovremmo sentire un’altra fonte o magari la Polonia?”. Ma un altro gli risponde: “Suppongo che su una notizia del genere l’intelligence statunitense non si sbagli”.
Non è certo una novità che il clima da “guerra santa” contro i russi veda protagonisti, forse non sempre in modo consapevole, anche i media occidentali su entrambi i lati dell’Atlantico.
Tuttavia, lo stesso ministro Lambrecht aveva evidenziato il 21 novembre come sia “nostra massima responsabilità che la NATO non diventi parte della guerra” tra Russia e Ucraina aggiungendo però che dopo l’incidente di Przewodow, l’Alleanza Atlantica deve migliorare la propria difesa aerea e “questo è particolarmente vero con riguardo a partner della NATO come Polonia, Slovacchia e Stati Baltici, che confinano direttamente con Russia e Ucraina”.
Del resto la Germania sta già assicurando la sicurezza ai cieli della Slovacchia con caccia Typhoon e sistemi missilistici Patriot PAC-3 ma in questo caso non si tratta di un dispiegamento in risposta alla caduta di ordigni bellici in territorio slovacco ma di una “compensazione” offerta a Bratislava che ha fornito alle forze armate ucraine i suoi 11 caccia Mig-29 (in attesa di 14 F-16 in arrivo dagli Stati Uniti) e l’unica batteria di S-300 con 45 missili di cui disponeva.
Il ministro della Difesa tedesco ha del resto sostenuto che “intendiamo prorogare la nostra presenza nel Paese fino alla fine del 2023, possibilmente anche oltre” e, forse non caso, anche il ministro egli Esteri lettone, Edgars Rinkevics, ha dichiarato ieri che i paesi dell’Alleanza Atlantica confinanti con l’Ucraina dovrebbero dotarsi di una “difesa aerea aggiuntiva dopo l’incidente in Polonia”.
I rischi
In base a quanto accaduto il 15 novembre nel villaggio di frontiera polacco e alle dichiarazioni dei ministri tedesco e lettone dovremmo quindi ritenere che i missili Patriot PAC-3 tedeschi schierati in Polonia verranno impiegati per abbattere missili antiaerei ucraini finiti fuori rotta e destinati a sconfinare? L’ipotesi appare altamente improbabile, mentre ben più credibile è che possano costituire uno “scudo” contro missili da crociera e balistici russi.
L’autonomia dei Patriot PAC-3 contro i missili balistici a corto raggio supera i 30 chilometri (ben di più contro missili da crociera ed altri bersagli aerei) che diventeranno quasi 70 con l’ingresso in servizio dei PAC-3MSE ordinati anche dai polacchi. Posizionando le batterie missilistiche sul confine tra Polonia e Ucraina tali armi saranno in grado di vedere e potenzialmente ingaggiare i missili russi lanciati contro obiettivi in Ucraina Occidentale, già più volte bersagliati anche a pochi chilometri dalla frontiera polacca.
L’eventuale abbattimento di un missile russo nello spazio aereo ucraino da parte di un missile statunitense in dotazione alle forze armate tedesche e lanciato dal territorio polacco potrebbe forse venire giustificato con la valutazione che l’ordigno russo sarebbe caduto in Polonia ma i rischi che comporterebbe un evento simile non sono difficili da immaginare.
Del resto la NATO ha sempre respinto la richiesta di Kiev di istituire una “No Fly Zone” tesa a interdire ai russi i cieli ucraini proprio per evitare rischi di questo tipo.
Occorre inoltre tenere conto che proprio dal confine ucraino-polacco transita la gran parte dei rifornimenti militari occidentali forniti all’Ucraina. Aspetto che potrebbe indurre molti (soprattutto a Mosca) a sospettare che l’incidente di Przewodow (che, meglio ribadirlo, ha coinvolto un missile ucraino, non russo) costituisca un alibi per mettere sotto la copertura della difesa aerea più avanzata che gli stati membri della NATO possano schierare proprio quel tratto di Ucraina Occidentale da cui transitano gli aiuti militari a Kiev.
E siccome “a pensar male si fa peccato ma di solito ci si prende”, le armi messe rapidamente in campo da Berlino autorizzano anche a chiedersi se quanto accaduto nel villaggio polacco il 15 novembre sia stato davvero un incidente casuale o non sia stato “costruito” per giustificare il dispiegamento di difese aeree sul confine. Sospetto che viene alimentato anche dall’insistenza con cui i vertici ucraini continuano a sostenere che il missile S-300 caduto in Polonia fosse russo.
Domande e dubbi che è lecito porsi, soprattutto tenendo conto che l’altissima posta in gioco è il rischio che la NATO, già indirettamente ma pesantemente belligerante, entri anche direttamente sul campo di battaglia contro la Russia. Meglio esserne tutti consapevoli.
Foto : Forze Armate Tedesche e Polizia polacca
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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.