Verso il tramonto dell’ideologia immigrazionista?

 

 

(aggiornato alle ore 23,40)

Il “caso Soumahoro” in Italia, la vicenda della Ocean Viking in Francia e i gravi disordini provocati a Bruxelles dai “tifosi” marocchini stanno travolgendo l’intero castello della narrazione ideologica immigrazionista, tesa a presentare i flussi  illegali come un’emergenza umanitario e il multiculturalismo come un dogma indiscutibile.

La procura di Latina ha aperto un fascicolo su due cooperative, Karibou e Consorzio AID, la prima gestita dalla suocera, Maria Therese Mukamitsibdo, e l’altra dalla moglie del deputato del gruppo Verdi-Sinistra Italiana (ora autosospesosi), Liliane Murakatete. Oggetto dell’indagine, per ora nella fase di acquisizione di informazioni, riguarderebbe la gestione dei fondi erogati alle due cooperative e il trattamento riservato ai migranti a loro assegnati.

Al di là degli aspetti giudiziari, la vicenda rischia di avere sul piano politico e mediatico un peso ancora più rilevante delle inchieste giudiziarie e delle condanne che negli anni scorsi colpirono alcune cooperative e diverse strutture della Caritas, sia perché Soumahoro ha costruito la sua storia anche politica sul ruolo di paladino dei diritti dei migranti, sia perché la vicenda si inserisce in un contesto politico e sociale già molto teso.

Libya Coast Guard

A cominciare dal confronto tra governo italiano, Unione Europea e soprattutto Francia per il caso Ocean Viking, la nave dell’Ong SOS Mediterranèe giunta a Tolone l’11 novembre scatenando un acceso dibattito Oltralpe con le opposizioni che criticano Macron e il governo, i quali replicano attaccando l’Italia.

Il ministro dell’Interno francese, Gérald Darmanin, ha definito l’Italia paese “nemico” minacciando di bloccare le ricollocazioni dei clandestini sbarcati nella Penisola (peraltro mai concretizzatesi con i numeri previsti) e ha ricordato che le nazioni del Sud Europa “devono aprire i porti alle imbarcazioni, soprattutto a quelle delle Ong, che navigano nelle acque territoriali dei paesi del sud del Mediterraneo”.

A conferma di come la vicenda della Ocean Viking costituisca una miccia per la già esplosiva situazione interna francese, Marine Le Pen, del Rassemblement National ha definito le dichiarazioni del ministro dell’Interno sull’Italia molto gravi. “L’Italia sarebbe un nemico della Francia? L’Italia un paese fratello, un paese amico sarebbe diventato un paese nemico? Che dobbiamo fare la guerra? Sono dichiarazioni insensate. Il Governo ha fatto irritare il Regno Unito, vogliono irritare il mondo intero. Le dichiarazioni di Darmanin sono da irresponsabili”.

Come in Italia, anche in Francia la questione migratoria offre abbondanti munizioni alla battaglia politica. Secondo un sondaggio di Odoxa Backbone Consulting per il quotidiano Le Figaro il 53% dei francesi ritiene che il governo di Parigi abbia sbagliato ad aprire il porto di Tolone alla Ocean Viking mentre il 72% ritiene che “ci siano troppo immigrati” in Francia, ovvero nove punti in più rispetto al 2018.

La pensa così il 97% dei simpatizzanti del Rassemblement National, l’82% della destra repubblicana ma anche il 66% dei simpatizzanti di Renaissance, il partito di Emmanuel Macron. L’85% è inoltre favorevole a una stretta sulle espulsioni dei clandestini. Se in Italia come in Francia il fronte “immigrazionista” sembra perdere posizioni e consensi, nella vicenda Ocean Viking c’è un “dettaglio” non proprio irrilevante o che almeno non dovrebbe risultare tale.

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Dei 234 migranti illegali a bordo della nave, secondo quanto dichiarato dal ministro Darmanin il 10 novembre, i due terzi” dovevano essere accolti da altri Paesi europei. Cosa che, come ricorda il quotidiano France Soir, non è accaduta. Del terzo rimanente, alcuni avrebbero potuto venire accolti in Francia in regime di asilo, e altri (40) sarebbero stati espulsi e rimpatriati, sempre secondo Darmanin.

La realtà è invece ben diversa: France Info rivela che solo 2 clandestini maliani sono stati espulsi in aereo mentre solo 4 persone (2 bengalesi) si trovano ancora nell’area d’attesa nella penisola di Giens (Var) e sono destinate a venire rimpatriate.

Solo in 66 sono stati accolti in Francia e potranno presentare domanda di asilo mentre a 123 è stato negato l‘ingresso sul territorio francese ma nel frattempo i tribunali hanno consentito a molti di loro di beneficiare di autorizzazioni temporanee per entrare in Francia e quindi di far perdere le loro tracce.

La Corte d’Appello di Aix-en-Provence e il Tribunale Amministrativo di Tolone hanno infatti dato ragione alla maggior parte dei migranti illegali e ai loro avvocati, che avevano sollevato vizi procedurali. Oggi sono di fatto liberi di andare dove vogliono, in Francia ma anche in altre nazioni europee oppure di allungare la fila di quanti cercano di attraversare il Canale della Manica per raggiungere la Gran Bretagna.

Dei 44 minori, cioè auto-dichiaratisi tali, almeno 26 sono fuggiti dal centro d’accoglienza, per lo più di nazionalità eritrea. Nei giorni scorsi Marine Le Pen aveva dichiarato che “il governo è umiliato dalla fuga di 26 ‘minori’, tutto è fuori controllo” mentre il leader di Reconquete, Eric Zemmour, ha fatto ironicamente i complimenti al ministro Darmanin: ” Su 234 migranti, 26 ‘minori’ sono fuggiti, 123 clandestini sono stati rilasciati. Totale: in 149 si sono già dileguati in una settimana, ovvero il 64%”.

Ancora una volta, in Francia come in Italia, gli immigrati clandestini che hanno pagato i trafficanti per raggiungere l’Europa vanno dove vogliono, indipendentemente dal fatto che abbiano ricevuto o meno permessi e accoglienza. In troppi mostrano di non avere alcun rispetto delle regole e delle leggi dei paesi da cui pretendono di essere accolti, in molti casi fornendo generalità false e fuggendo dai centri di accoglienza per sottrarsi ai controlli.

immigrazione

 

Del resto neppure tra gli immigrati regolari mancano gli esempi di rifiuto dell’integrazione e di fallimento del multiculturalismo, come dimostrano le centinaia di “no-go-area” urbane del Nord Europa (ben 900 secondo uno studio del Migration Research Institute di Budapest risalente al 2018) e, pochi giorni ore sono, i fatti di Bruxelles che hanno fatto seguito alla vittoria calcistica del Marocco sul Belgio e hanno rinnovato l’allarme-sicurezza per le “banlieues” della città europee.

A far comprendere quanto i flussi migratori illegali costituiscano un problema di sicurezza contribuiscono altri due “dettagli”. Il primo è che dei 94.314 clandestini sbarcati dall’inizio dell’anno in Italia le prime tre nazionalità (in totale oltre 52mila persone) sono egiziani, tunisini e bengalesi: provengono cioè da paesi dove non vi sono guerre come non ve ne sono neppure nella maggior parte degli altri paesi di maggiore provenienza.

Si tratta quindi di migranti economici a cui non deve essere riconosciuto il diritto all’asilo e al soggiorno in Europa (anche per non incoraggiare ulteriori partenze), migranti illegali che (secondo “dettaglio”) per raggiungere l’Italia confluiscono per lo più in Libia, nazione che forse non può definirsi al momento attuale in guerra ma certo neppure in pace.

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“Governare i flussi non significa alzare muri, che sarebbero peraltro inefficaci, ma porre fine alla deregulation che fa il gioco dei trafficanti attivando accordi con i Paesi di origine finalizzati all’esecuzione di rimpatri” ha detto oggi in un’intervista il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi (nella foto a lato).

“L’obiettivo del Governo è sostituire i flussi irregolari con meccanismi di condivisione, dando ai Paesi l’opportunità di attivare processi di formazione da fare lì sul posto, attraverso le nostre rappresentanze diplomatiche e concedere visti canalizzati verso concrete opportunità di impiego nel nostro Paese. In cambio – ha sottolineato – dobbiamo chiedere impegno nel prevenire le partenze e nel rimpatrio degli irregolari”.

Secondo i dati forniti dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), dall’inizio al 26 novembre 20.842 migranti illegali sono stati intercettato e riportati in Libia dalle motovedette di Tripoli contro i 32.425 dell’intero 2021. Occorre quindi rafforzare le capacità operative della Guardia Costiera libica e, al tempo stesso, potenziare quelle delle agenzie dell’ONU di rimpatriarli tutti in tempi rapidi nei paesi d’origine.

D’altra parte se le nazioni europee di fatto non esercitano alcun controllo né sui confini né su chi ha diritto o meno ad essere accolto, non si può certo pretendere che i clandestini rispettino regole che neppure gli europei applicano realmente.

“Un Paese e un governo serio, fortemente legittimato dal voto popolare, non può lasciare le chiavi di ingresso del proprio Paese a soggetti stranieri privati che fanno interventi in acque SAR straniere”, ha evidenziato in un’intervista il sottosegretario all’Interno, Nicola Molteni. “Le ONG non fanno salvataggio di naufraghi ma trasportano migranti”.

Quanto alle risposte alla crisi migratoria “tifo per una risposta comunitaria, che in questi anni è totalmente mancata” ha sottolineato Molteni, “oppure ogni Stato farà da sé”.

In assenza di una politica europea di difesa dei confini esterni che interpreti i flussi migratori illegali soprattutto come una minaccia alla sicurezza del continente, assistiamo a una triplice escalation.

I litigi tra i governi europei si moltiplicano proprio come gli sbarchi dei clandestini e come le contrarietà dei popoli d’Europa nei confronti di un’immigrazione selvaggia e fuori controllo. Tre elementi, tutti in rapida crescita, che costituiscono, specie nell’0attuale contesto sociale ed economico dell’Europa, un mix esplosivo.

@GianandreaGaian

Foto: Marina Militare, Governo.it e Guardia Costiera Libica

 

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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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