Flussi migratori illegali: un decreto per ostacolare le Ong
Salgono a oltre 104 mila i migranti illegali giunti in Italia dal mare dall’inizio del 2022 dei quali circa 12 mila sbarcati dalle navi delle Ong le cui attività il governo italiano intende limitare con il decreto-legge approvato il 28 dicembre dal Consiglio dei ministri su proposta del Presidente Giorgia Meloni e del Ministro dell’interno Matteo Piantedosi (nella foto sopra).
Si tratta dell’atteso decreto che introduce disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori teso a garantire al Viminale gli strumenti per limitare l’impatto delle Ong e delle loro navi nel favorire e ingigantire i fluissi migranti illegali verso l’Italia. La prima iniziativa concreta del Governo Meloni per contrastare i flussi migratori illegali verso la Penisola, di fatto incoraggiati dai due governi precedenti, cui faranno seguito misure dirette a coinvolgere i paesi di origine dei clandestini e quelli di partenza dei flussi già anticipati dal ministro Piantedosi che rivendica già qualche successo.
“Gli ultimi due mesi segnano un abbassamento della curva di incremento rispetto all’analogo periodo dello scorso anno: soltanto del 35%, a fronte di un incremento del +59% nei primi dieci mesi di quest’anno» ha detto il ministro in un’intervista.
Come si legge nel comunicato della Presidenza del Consiglio “le disposizioni mirano a contemperare l’esigenza di assicurare l’incolumità delle persone recuperate in mare, nel rispetto delle norme di diritto internazionale e nazionale in materia, con quella di tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica, in conformità alle previsioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay, del 1982.
A tal fine, si declinano le condizioni in presenza delle quali le attività svolte da navi che effettuano interventi di recupero di persone in mare possono essere ritenute conformi alle convenzioni internazionali e alle norme nazionali in materia di diritto del mare. Inoltre, si disciplinano più compiutamente gli effetti della violazione del limite o del divieto di transito e sosta nel mare territoriale, facendo salvo il principio di salvaguardia dell’incolumità delle persone presenti a bordo, senza far venire meno l’esercizio della potestà sanzionatoria rispetto alla commissione di illeciti”.
“L’attività delle Ong è determinante per quanto riguarda gli arrivi provenienti dalla Tripolitania, costituendo circa un terzo degli sbarchi complessivi in Italia” ha detto il ministro Piantedosi (a questo link l’intervista al quotidiano La Repubblica) evidenziando come l’attività delle Ong “sia concentrata su quella rotta” e abbia “un effetto incentivante” delle partenze da quell’area.
“Quest’anno hanno condotto in Italia in totale 11.892 persone, di cui 11.076 provenienti dalla Tripolitania (93,2%) e solo 816 da altre regioni (6,8%). Le Ong, chissà perché, si concentrano solo sulla rotta dalla Tripolitania e incentivano le partenze. Il 93 % delle persone che soccorrono parte da lì. Come mai?“.
Il decreto prevede sanzioni pecuniarie fino a 50 mila euro, il fermo amministrativo della nave (contro il quale è ammesso ricorso al prefetto) e, in caso di reiterazione della condotta vietata, la confisca della stessa, preceduta dal sequestro cautelare. Inoltre la responsabilità si estende all’armatore e al proprietario della nave.
Analoghe sanzioni si prevedono infatti qualora il comandante e l’armatore della nave non forniscano le informazioni richieste dall’autorità nazionale per la ricerca e il soccorso in mare o non si uniformino alle indicazioni impartite da quest’ultima.
Di fatto alle navi delle Ong “il transito e la sosta di navi nel mare territoriale sono comunque garantiti ai soli fini di assicurare il soccorso e l’assistenza a terra delle persone prese a bordo a tutela della loro incolumità”.
Il decreto prevede inoltre che le navi dovranno avere una “idoneità tecnica” per la sicurezza nella navigazione mentre le operazioni di soccorso devono essere “immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo nella cui area di responsabilità si svolge l’evento e allo Stato di bandiera, ed effettuate nel rispetto delle indicazioni delle predette autorità”.
In caso di intervento in area SaR (Ricerca e Soccorso), le zone di competenza individuate dai Paesi dove poter garantire il soccorso alle navi e a ogni mezzo marittimo in difficoltà, i soccorritori dovranno chiedere immediatamente un porto di sbarco, verso il quale la nave sarà tenuta a dirigersi immediatamente dopo il salvataggio, senza restare giorni in mare in attesa di altri possibili soccorsi.
Inoltre i soccorritori dovranno chiedere ai soggetti a bordo messi in salvo la manifestazione di interesse sull’eventuale domanda di protezione internazionale dei migranti, in modo tale che sia il Paese di bandiera della nave a farsi carico dell’accoglienza una volta avvenuto lo sbarco.
L’obiettivo è quindi distinguere nettamente le missioni di salvataggio e le attività di ricerca sistematica di migranti illegali da trasferire in Italia secondo norme mutuate dal codice di condotta messo a punto nel 2017 dall’allora ministro dell’Interno Marco Minniti.
Il decreto prevede inoltre di velocizzare l’esame delle procedure di richiesta, concessione o diniego dell’asilo politico. L’esecutivo punta a evitare lunghe permanenze sul territorio italiano di persone in attesa di asilo: l’obiettivo è rimpatriare in tempi più rapidi chi non avrà titolo per essere accolto anche se su questo punto occorrerà rafforzare gli accordi con i paesi di origine.
“Apprezzamento e piena condivisione del lavoro fatto dal ministro Piantedosi in questi primi mesi di governo che vede già alcuni segnali positivi con gli sbarchi da Ong diminuiti del 78% e una prima riduzione degli arrivi sulle coste Italiane rispetto ai mesi precedenti” ha sottolineato il sottosegretario al Ministero dell’Interno Nicola Molteni che ha ribadito la linea del governo.
“Le ONG incentivano le partenze e le partenze portano ai naufragi. Nei momenti in cui sono calate le partenze sono calati anche i naufragi. Utile e necessaria l’approvazione del decreto legge – aggiunge Molteni – che introduce regole certe, in conformità alle convenzioni internazionali, per le Ong nelle operazioni SaR e che ripristina la confisca come strumento di deterrenza in caso di violazione del Codice di condotta. Tutela dell’incolumità di chi viene soccorso ma ferma protezione dei confini nazionali sono le priorità per il contrasto all’immigrazione irregolare”.
Le prime reazioni delle Ong all’iniziativa di Roma sembrano confermarne l’impatto e l’efficacia.
Paradossale che la tedesca Sea Eye invochi l’intervento della Germania, nazione che ha sempre rifiutato di accogliere i clandestini imbarcati sulle navi delle Ong che battono la sua bandiera. Annika Fischer ha infatti annunciato che «Sea-Eye non seguirà alcun codice di condotta illegale o qualsiasi altra direttiva ufficiale che violi il diritto internazionale o le leggi dello Stato di bandiera, nel nostro caso la Germania». Fischer auspica che «il governo tedesco tuteli le organizzazioni di soccorso in mare dal comportamento illegale delle autorità italiane e ci sostenga con decisione in caso di conflitto».
Un auspicio del resto fondato sulla considerazione che il Parlamento di Berlino ha varato stanziamenti milionari per le Ong nell’ultima legge di Bilancio.
Medici Senza Frontiere ha annunciato la partenza della loro nave Geo Barents, che salperà oggi da Augusta, spiegando che rispondono solo alle convenzioni internazionali. Come ha ricordato Fausto Biloslavo su Il Giornale, il capo missione Juan Matias Gil, ha dichiarato che «la strategia del governo italiano ha l’obiettivo di ostacolare le attività di ricerca e soccorso delle Ong. Salvare vite umane è il nostro imperativo ed è un obbligo sancito da tutte le convenzioni e le leggi internazionali. Per questo continueremo a farlo».
Emergency, con la nave Life Support che batte bandiera panamense, ha reso noto che si rifiuta di raccogliere le richieste di asilo dei migranti recuperati affinché sia il Paese bandiera della nave a farsi carico delle richieste di protezione internazionale».
Insomma, tutto sembra indicare che la “battaglia navale” tra l’Italia e le Ong (spalleggiate da alcuni paesi europei) è appena cominciata.
Foto: Governo.it, SOS Humanity, Sea Eye e MSF
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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.