Ancora armi per Kiev ma in Occidente cresce lo scetticismo circa la vittoria ucraina
(aggiornato alle ore 20,15)
Nuove armi in arrivo in Ucraina dall’Occidente ma in quantità inferiore al previsto e non nelle tipologie che Kiev avrebbe voluto in un momento in cui il conflitto sembra avvicinarsi a una fase forse decisiva e in cui il sostegno di USA ed Europa sembra mostrare tutti i suoi limiti.
Armi in arrivo
60 cingolati da combattimento Bradley e 220 autocarri e mezzi ruotati statunitensi sono stati sbarcati nel porto tedesco di Bremerhaven in attesa di raggiungere la Polonia e successivamente l’Ucraina secondo quanto riportato dal giornale Nordsee-Zeitung.
Oltre ai mezzi di tipo occidentale, Washington è alla costante ricerca di equipaggiamenti di tipo russo/sovietico da fornire a Kiev e dopo le pressioni sull’Iraq e alcune nazioni dell’America Latina affinché accetti di cambiare con elicotteri statunitensi la sua flotta di Mil Mi-17 starebbe valutando la possibilità di inviare all’Ucraina migliaia di armi portatili e più di un milione di munizioni sequestrati su imbarcazioni dirette dall’Iran a rifornire gli insorti yemeniti Houthi.
Lo scrive il Wall Street Journal citando funzionari anonimi americani ed europei. Si tratterebbe di oltre 5.000 fucili d’assalto, 1,6 milioni di munizioni per armi leggere e un piccolo numero di missili anticarro.
Il portavoce del Pentagono Pat Ryder ha reso noto che il primo gruppo di 635 militari ucraini ha completato il corso avanzato di addestramento di cinque settimane organizzato dagli Stati Uniti nella base di Grafenwoehr, in Germania. Altri 1.600 militari ucraini saranno coinvolti nei corsi di addestramento, che prevedono tecniche avanzate di combattimento e all’impiego dei tank e dei mezzi corazzati Bradley e dei semoventi da 155mm M109 Paladin forniti a Kiev dagli Stati Uniti.
Anche la Repubblica Ceca potrebbe girare a Kiev altre armi e mezzi dopo che Washington ha annunciato che stanzierà 200 milioni di dollari per sostituire le forniture che Praga sta inviando in Ucraina in aggiunta ai 106 milioni di dollari messi a disposizione lo scorso anno.
La Norvegia ha annunciato che fornirà all’Ucraina 8 carri armati Leopard 2 oltre a munizioni, pezzi di ricambio e fino a quattro veicoli di supporto anche se il ministero della Difesa non ha specificato quando i carri armati saranno consegnati.
Una cinquantina di carristi ucraini verranno addestrati in Spagna all’impiego e alla manutenzione dei Leopard 2, di cui Madrid consegnerà a Kiev alcune unità
Dopo il no della Svizzera a fornire munizioni da 35 mm destinate all’Ucraina, la Germania ha annunciato che produrrà presso gli stabilimenti Rheinmetall i proiettili destinati ad alimentare i cannoni dei semoventi antiaerei Gepard forniti in 37 esemplari all’esercito di Kiev. Da luglio potranno essere inviate in Ucraina 300mila munizioni. “I contratti per la produzione di munizioni Gepard sono stati firmati”, ha dichiarato il ministro tedesco della Difesa, Boris Pistorius precisando che 1.200 militari ucraini sono stati finora addestrati in Germania all’impiego di sistemi d’arma tedeschi.
La neutralità svizzera impedirà anche alla Spagna di inviare all’Ucraina cannoni antiaerei Oerlikon e del resto Berna aveva già negato richieste simili provenienti da Danimarca e Germania.
Secondo quanto riportato dal Sunday Telegraph, Londra pianificherebbe di realizzare armi e veicoli militari britannici in Ucraina attraverso joint venture per la produzione su licenza. Alti funzionari dell’industria della Difesa del Regno Unito starebbero discutendo i piani con le controparti a Kiev, riporta il giornale britannico, anche se molti impianti industriali in Ucraina sono stati distrutti dai missili russi.
Indietro tutta su tank e jet da combattimento
In calo rispetto a quanto annunciato in gennaio il numero di tank europei che Kiev potrebbe ricevere nei prossimi mesi.
Da diversi Stati europei arriveranno 48 Leopard 2, ha detto Pistorius a margine dell’incontro con i colleghi della Nato tenuto a Bruxelles. Si tratta di 31 Leopard 2 A4 cui si aggiungono 14 Leopard 2 A6 dalla Germania e 3 dal Portogallo. Le forniture avverranno “per gran parte tra la fine di marzo e la fine di aprile”. A questi tank vanno aggiunti gli 8 norvegesi e oltre 120 Leopard 1 A5, 14 Challenger 2 britannici e, solo tra molti mesi, 31 Abrams statunitensi.
Anche l’invio di velivoli da combattimento resta per ora un impegno più politico e rivolto al futuro che una opportunità oggi concreta. Resta quindi più probabile che lo sforzo occidentali si concentri nel reperire velivoli (con pezzi di ricambio e armi) dei modelli russo/sovietici già in dotazione all’Aeronautica Ucraina: Sukhoi Su 25, Sukhoi Su-27, Mig 29 oltre ad elicotteri Mil Mi 8/17 e Mil Mi 24 da attacco.
Il presidente polacco Andrzej Duda, intervistato dalla Bbc, ha detto chiaramente che inviare gli F-16 in dotazione alle forze aeree di Varsavia rappresenterebbe un “problema serio” per il suo Paese, che non ne ha “abbastanza” (48 quelli in servizio) e “ne avrebbe bisogno di molti di più”. Inoltre, questi velivoli da combattimento richiedono “molta manutenzione”.
Duda ha però evidenziato la possibilità di cedere a Kiev la trentina di Mig 29 in dotazione alle forze aeree di Varsavia, ipotesi già ventilata nel maggio 2022.
Lo stesso 15 febbraio anche Il segretario alla Difesa del Regno Unito, Ben Wallace, ha escluso l’invio in tempi brevi di jet da combattimento all’Ucraina. “Non credo che sarà nei prossimi mesi, o addirittura anni, che consegneremo necessariamente un jet da combattimento, perché sono sistemi d’arma molto diversi dai missili anti-carro”, ha detto alla Bbc. “Questi velivoli presentano non solo enormi sfide di capacità, visto che non si può imparare a volare in una settimana o due, ci vorrà molto tempo”, ha spiegato il ministro escludendo l’invio di personale britannico.
“Non dispiegheremo 200 membri del personale della RAF in Ucraina in tempo di guerra. Dobbiamo pianificare non solo la lotta in questo momento ma dobbiamo aiutare l’Ucraina con la sua resilienza a lungo termine, assicurandoci che dopo questa guerra l’Ucraina sia in grado di difendersi a lungo termine”.
Wallace ha poi aggiunto che l’Ucraina riceverà aerei combattimento Eurofighter Typhoon solo dopo la fine della guerra con la Russia.
Il 14 febbraio il ministro della Difesa olandese, Kajsa Ollongren, aveva ammesso che la possibile fornitura di aerei da combattimento all’Ucraina “fa parte delle riflessioni” che la Nato sta facendo, in vista di una necessaria “transizione” dell’Aeronautica Ucraina dai Mig e Sukhoi a velivoli da combattimento occidentali.
Mentre gli olandesi riflettono gli Stati Uniti sembrano aver negato le armi a lungo raggio con cui colpire in profondità il territorio russo e la Crimea. Secondo “Politico”, che cita quattro fonti anonime della Difesa, l’amministrazione Biden ha informato Kiev di non poter fornire missili a lungo raggio per i sistemi lanciarazzi multipli Himars, in quanto gli Stati Uniti dispongono di scorte insufficienti di quel tipo di munizioni. Un riferimento ai missili balistici tattici ATACMS.
Le difficoltà dell’Occidente
Del resto le continue forniture di armi e munizioni all’Ucraina stanno progressivamente generando polemiche in diverse nazioni europee.
Il governo francese ha espresso preoccupazione sullo stato delle forze armate britanniche secondo quanto riferito da “The Telegraph”, a causa dei tagli di bilancio alle forze armate del Regno Unito che hanno ridotto negli ultimi anni le forze convenzionali.
La notizia arriva nel mezzo di una disputa sulla spesa per la Difesa che vede il ministro della Difesa Ben Wallace chiedere al cancelliere dello Scacchiere 10 miliardi di sterline per sostenere l’Ucraina e rafforzare lo strumento militare britannico. A conferma delle difficoltà crescenti a tenere il passo dei rifornimenti all’Ucraina rispetto alle esigenze belliche lo stesso Wallace ha parlato della necessità di addestrare gli ucraini a impiegare meno munizioni, a “combattere all’Occidentale” per risparmiare proiettili di artiglieria e di armi leggere.
Valutazioni poco realistiche poiché nessun esercito occidentale ha esperienza di guerra convenzionale su vasta scala. Per intenderci, l’esercito ucraino schiera nel solo Donbass più truppe di quante ne contino oggi gli interi eserciti dei maggiori paesi europei. Non ha senso paragonare un simile conflitto con i le guerre anti insurrezionali combattute negli ultimi 30 anni dagli occidentali contro milizie e forze leggere su vasti territori e non su definite e fortificate linee del fronte.
Gli ucraini sono già costretti a limitare il fuoco a causa della carenza di munizioni e della rapida distruzioni di molti pezzi d’artiglieria. Gli obici ucraini sparano almeno 5 o 6 volte meno di quelli russi e anche molti reparti di fanteria ucraini lamentano la carenza di munizioni per fucili d’assalto e mitragliatrici, in una guerra che brucia, logora e consuma una quantità elevatissima di armi, veicoli e munizioni.
Semmai, le valutazioni di Wallace indicano non solo i limiti dell’Occidente nel supportare militarmente Kiev in questa fase delicata e forse decisiva della guerra ma confermano come l’Europa sia entrata indirettamente in guerra senza essersi minimamente preparata a combatterla. E questo nonostante il Segretario generale della NATO, Stoltenberg abbia dichiarato che la NATO addestra e prepara dal 2014 le forze ucraine alla guerra contro in russi. Una verità che costituisce però un autogol in termini politici poiché è esattamente quanto viene sostenuto da Mosca per motivare la necessità di lanciare l’operazione militare speciale in Ucraina.
Tornando alla carenza di armi e munizioni da fornire a Kiev, anche la Francia appare però sempre più in difficoltà a far fronte alla necessità di rifornire gli ucraini. “Le forze di terra stanno affrontando la carenza di munizioni da 155 mm” ha scritto Le Figaro citando Julien Rancoule, deputato del partito Rassemblement National, che insieme a Vincent Bru del Movimento Democratico ha redatto un rapporto sulla situazione delle riserve di munizioni.
Il rapporto “delinea le ragioni per rivalutare le scorte di munizioni, tenendo presente la possibilità di una situazione di stallo importante”, ha riferito Rancoule a Le Figaro mentre Bru esorta a ricostituire gli arsenali militari del Paese poiché la politica di mantenere le scorte di difesa al livello minimo per motivi economici dovrebbe essere abbandonata.
“Le tensioni tra coloro che sono favorevoli a sostenere l’Ucraina e coloro che vogliono salvare le scorte per motivi di difesa nazionale dovrebbero aumentare” nel prossimo futuro, scrive Le Figaro.
Jamie Shea, ex vicesegretario generale della NATO, ha dichiarato a Sky News che la NATO ha ampiamente esaurito le scorte militari disponibili per aiutare l’Ucraina, e dovrà affrontare con urgenza il problema di ricostituire le sue scorte. Secondo il Washington Post la Casa Bianca teme le progressive resistenze ed esitazioni sia nel Congresso statunitense sia tra i Paesi europei alle forniture di nuove armi a Kiev.
Il rischio di allargamento del conflitto, largamente percepito in Europa, non sembra offrire molti esempi di compattezza delle società europee, in larga misura contrarie al sostegno militare all’Ucraina e al confronto con la Russia. Un po’ ovunque si registrano da un anno a questa parte cali importanti degli arruolamenti nelle forze armate, al punto che molte nazioni stanno valutando il ripristino della leva, proposta fino a ieri considerata “naif” anche in Italia.
Oltre 40 mila slovacchi hanno inviato alle autorità locali la comunicazione di non voler combattere con le armi, in caso di mobilitazione. Secondo il ministro della Difesa, Jaroslav Nad, questo numero record di renitenti sarebbe il risultato della strumentalizzazione politica della guerra in corso in Ucraina da parte dell’opposizione slovacca. Il Partito Socialdemocratico (Smer-SD, al potere dal 2006 al 2010 e poi dal 2012 al 2020) dell’ex premier Robert Fico, è la seconda forza del paese e si oppone alle sanzioni contro la Russia e alla fornitura di armi all’Ucraina.
Il cosiddetto servizio straordinario, per il quale si possono chiamare alle armi gli uomini in tempo di guerra o di legge marziale, può essere infatti rifiutato attraverso un’apposita dichiarazione. Gli uomini possono inoltre dichiarare che il servizio straordinario, cioè l’impiego delle armi, sia contrario alla propria coscienza o alle convinzioni religiose. In caso di guerra e di mobilitazione questi uomini ricoprirebbero funzioni non belliche. “Se ci fosse una mobilitazione, che però al momento nessuno ha previsto, queste persone verrebbero mobilitate comunque, ma per scavare trincee o per servire negli ospedali”, ha detto Nad.
In Slovacchia, nazione NATO di “prima linea” nel confronto con la Russia, il richiamo alle armi riguardagli uomini dai 19 ai 55 anni. Negli scorsi anni a rifiutare il servizio militare straordinario erano state alcune centinaia di persone, nel 2022 il numero era salito a 1.500.
Del resto non è da escludere che, al di là delle dichiarazioni roboanti e di facciata dei diversi leader alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza e del voto al Parlamento Europeo che approvano un indefinito invio di armi all’Ucraina “fino a quando sarà necessario” (inclusi i jet da combattimento), la NATO e la UE si stiano preparando alla sconfitta militare dell’Ucraina.
Indicativo a tal proposito quanto accaduto oggi al pranzo offerto dalla Fondazione Victor Pinchuk, durante la conferenza a Monaco. Petr Pavel, generale che ha ricoperto l”incarico di presidente del Comitato militare della NATO e che tra un mese si insedierà a Praga come presidente della Repubblica Ceca, ha invitato a “stare attenti a incoraggiare l’Ucraina a raggiungere determinati risultati”, aggiungendo che il Paese “potrebbe cambiare la sua visione a un certo punto”.
Come riferisce l’Agenzia Ansa, Pavel ha sottolineato che la sconfitta della Russia potrebbe avvenire in base a diversi scenari, compresi alcuni che l’Occidente dovrebbe evitare: “Se Mosca crolla, potremmo avere più problemi, non avremo nessuno con cui negoziare il disarmo”, ha sottolineato. L’ex generale non ha specificato come l’Occidente debba cambiare il suo comportamento per evitare che ciò accada, ma ha invitato i leader occidentali a “essere realistici, sperare per il meglio ma prepararsi al peggio”.
Pronta la risposta del ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba che ha definito inaccettabile pensare che Kiev possa fare concessioni: “Non c’è differenza tra chi pronuncia la frase ‘l’Ucraina può cedere’ e la frase ‘l’Ucraina probabilmente dovrà cedere’ – ha aggiunto Kuleba -. Pertanto, credi nell’Ucraina, sostieni l’Ucraina, e vinceremo”.
Non saranno però gli slogan a cambiare la percezione che si sta diffondendo in Occidente, che da un lato esalta la necessità della vittoria ucraina ma dall’altro sembra prepararsi al possibile successo russo.
Del resto secondo fonti dell’amministrazione statunitense citate dal Washington Post (e riprese in Italia dall’agenzia di stampa NOVA), Washington avrebbe avvertito l’Ucraina “in termini perentori” che la “finestra temporale” per la vittoria militare si sta chiudendo, sottolineando l’importanza cruciale dei prossimi mesi.
L’Amministrazione Biden ha avvertito privatamente la leadership dell’Ucraina che il conflitto in corso da quasi un anno è vicino a un punto critico, e che a Kiev resta poco tempo per convertire gli aiuti militari occidentali in progressi sul campo di battaglia. Attualmente però le forze ucraine restano sulla difensiva, cedono terreno lentamente ma su tutti i fronti e non sembrano in condizioni di poter lanciare controffensive, anche a causa della carenza di truppe addestrate e di munizioni.
Certo molto dipenderà dalle capacità offensive che i russi saranno in grado di mettere in campo ma gli Stati Uniti temono che l’attuale livello di sostegno militare a Kiev non possa essere sostenuto a lungo.
Il vice consigliere per la sicurezza nazionale Jon Finer, la vice segretaria di Stato Wendy Sherman e il sottosegretario della Difesa Colin Kahl avrebbero trasmesso queste valutazioni ai vertici ucraini. Come gli europei, anche l’amministrazione Biden ribadisce la determinazione a sostenere Kiev “per tutto il tempo necessario” ma in forma riservata diversi funzionari dell’amministrazione presidenziale valuterebbero che i pacchetti di aiuti militari recentemente approvati dal Congresso costituiscano forse l’ultima possibilità per rovesciare la situazione sul campo di battaglia.
Foto: Nordsee Zeitung, Ministero Difesa Ucraino e Telegram
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.