Il Bilancio della Difesa italiana 2023
Il Bilancio della Difesa 2023 è caratterizzato da a fase di transizione influenzata da due fattori: uno interno all’Italia determinato dal nuovo governo recentemente insediatosi e uno esterno principale, ovviamente rappresentato dall’invasione russa dell’Ucraina iniziata il 24 febbraio dell’anno scorso e che ha modificato in maniera profonda il quadro geo-strategico dell’Europa e non solo.
Certo è che gli effetti maggiori di questa transizione soprattutto sul piano politico interno alla fine si sono visti sul tema della Legge di Bilancio (con annessa sessione di Bilancio parlamentare), con il dato più evidente rappresentato dalla compressione dei tempi.
Il nuovo Governo è infatti entrato in carica il 22 ottobre scorso e (il tempo materiale per scrivere e poi far approvare tale legge è stato davvero ristretto. Giocoforza, anche per il comparto Difesa i margini per prevedere eventuali interventi importanti sono stati sicuramente ridotti.
Questo fa sì che le valutazioni su quanto fatto non possa che essere declinato all’insegna della “sospensione”, in attesa cioè di vedere quanto accadrà nel futuro, quando invece i tempi a disposizione saranno diversi, consentendo così di articolare meglio la gestazione e la formazione delle prossime Leggi di Bilancio.
Sia pure al netto dell’esigenza di chiarire meglio alcuni dettagli (passaggio che sarà possibile con la successiva pubblicazione del Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa, DPP), la prima valutazione che emerge dal Bilancio della Difesa di quest’anno è che se da una parte i numeri confermano un trend sostanzialmente positivo sul fronte delle risorse destinate al comparto, dall’altra emergono comunque alcuni punti critici da non sottovalutare.
Anche e soprattutto in funzione del conflitto ucraino e che ha nuovamente portato alla ribalta il tema del rispetto di obblighi internazionali come il raggiungimento del 2% del PIL.
Come noto il Parlamento si è già espresso in merito, sia pure attraverso “deboli” strumenti quali un ordine del giorno e una mozione), fissando il 2028 come riferimento temporale per il suo raggiungimento.
La sensazione è che nonostante gli aumenti degli ultimi anni, la strada verso quel 2% rimanga in salita. Così come candidamente ammesso dallo stesso ministro della Difesa di fronte al Parlamento un’ammissione non certo sorprendente ma, non per questo meno grave. Con l’ulteriore elemento di preoccupazione rappresentato dalla presenza di ancora forti squilibri in quanto a ripartizione delle risorse disponibili e altri aspetti critici non strettamente finanziari ma connessi al sempre più incoerente “Modello Professionale” delle Forze Armate stesse.
E’ infatti evidente che, dopo anni di assenza, l’inflazione è tornata e anche su livelli elevati, fattore non marginale perché capace di erodere in maniera significativa eventuali aumenti degli stanziamenti in bilancio. Al punto da trasformare un aumento di risorse nominale in una perdita in termini reali. Difficile capire a oggi quanto tale fenomeno potrà durare e con quale impatto ma per ora è chiaro che per il 2022 e per il 2023 l’inflazione ha “morso” e “morderà” parecchio.
Prima di passare alle cifre ecco un rapido elenco delle misure contenute nella Legge di Bilancio (LdB) 2023-2025 e che riguardano, per l’appunto, il comparto Difesa; considerando sia quelle contenute nella proposta di LdB stessa, sia quelle introdotte nel corso dell’esame in Parlamento.
La prima è rappresentata dalla proroga fino al 30 giugno 2023 della durata della ferma dei Medici e degli Infermieri Militari reclutati nel biennio 2020-’21 (in relazione all’emergenza COVID-19) e la seconda, dalla riforma della disciplina della Cassa di previdenza delle Forze Armate.
In fase di dibattimento sono giunte anche l’autorizzazione alla spesa di 8 milioni di euro per l’anno 2023 per la partecipazione del nostro Paese al fondo multi-sovrano di “venture capital” denominato “NATO Innovation Fund” e l’istituzione del Polo nazionale della subacquea e conseguente assegnazione di 2 milioni di € annui a decorrere dal 2023.
Viene poi rifinanziato anche il fondo (iscritto nello Stato di Previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, MEF) per le missioni internazionali con una somma disponibile per il 2023 pari a 1.547,5 milioni di euro.
Ovviamente, saranno ancora una volta necessarie le “Deliberazioni” del Consiglio dei Ministri sulle Missioni internazionali (sia quelle confermate rispetto al 2022, sia quelle di eventuale nuovo avvio nel 2023) per conoscere l’esatto a importo a esse destinato. In questo senso, l’aumento rispetto ai 1.397,5 milioni stanziati per lo scorso anno evidentemente riflette l’accresciuto impegno delle nostre Forze Armate a supporto delle missioni di presenza e deterrenza sul fianco Orientale della NATO, a seguito della guerra in Ucraina.
Infine, sempre in tema di rifinanziamenti, in questo caso davvero tanto consistenti quanto importanti, non si possono non evidenziare i 12,95 miliardi (su 15 anni, dunque tra il 2023 e il 2037), destinati al “Fondo relativo all’attuazione dei programmi di investimento pluriennale per le esigenze di difesa nazionale”
Sempre nello stesso ambito, ma in questo caso nel bilancio del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT, l’ex-MISE), si segnala al contrario una sorta di “arretramento” rispetto allo scorso anno.
Con la LdB 2022-2024 erano state infatti stanziate risorse pari a 3.850 milioni (tra il 2023 e il 2036), destinate alle “Politiche di sviluppo dei settori ad alta valenza tecnologica per la difesa e la sicurezza nazionale”.
Con la LdB di quest’anno invece, si registrano 550 milioni complessivi tra il 2023 e il 2037 per “Programmi tecnologici per la Difesa aerea nazionale”, altri 60 milioni nello stesso arco temporale per lo “Sviluppo tecnologico nel settore aeronautico” e, infine, ulteriori 560 milioni per i “Contributi ventennali settore marittimo” tra il 2026 e il 2036.
Le linee programmatiche del nuovo Ministro della Difesa
Prima di esaminare i dati di bilancio 2023, è quanto mai opportuno accennare alle dichiarazioni programmatiche esposte dal nuovo ministro della Difesa, Guido Crosetto, di fronte al Parlamento il 25 gennaio scorso, poiché gli elementi emersi presentano i segnali di una possibile svolta futura per le politiche di sicurezza e di difesa nazionali.
Una riflessione a “tutto tondo” che non poteva non partire da un’analisi della situazione attuale con la inevitabile constatazione che l’invasione Russa dell’Ucraina ha modificato gli scenari strategici e gli equilibri geopolitici, in particolare dell’Europa. La conclusione è così tanto lapidaria quanto efficace: il contesto nel quale anche l’Italia sarà chiamata a operare sarà quello di una competizione permanente tra i vari attori. Insomma, dopo un lungo periodo caratterizzato da un impiego prevalente delle Forze Armate in “missioni di pace”, il prepotente ritorno della conflittualità sulla scala globale imporrà un ripensamento profondo del nostro strumento militare e delle sue modalità di impiego.
Il punto centrale dell’intervento del Ministro è la necessità di elaborare una “Strategia di Sicurezza Nazionale” che non riguardi solo la Difesa in senso stretto ma che, al contrario, sia poi valida/funzionale per tutti i ministeri nonché le diramazioni dello Stato per: «…il conseguimento di tutti gli obbiettivi sinergicamente definiti all’interno di una visione unitaria dell’interesse nazionale.»
E’ dunque evidente che se realizzato, un simile documento rappresenterebbe una novità assoluta per il nostro Paese dai tempi del Libro Bianco del 2015.
Per quanto riguarda i temi di ancora più diretta rilevanza per le Forze Armate, il ministro (nella foto sotto con l’omologo ucraino Oleksji Reznikov) ha posto poi l’accento sulle caratteristiche che dovrà avere il nostro Strumento Militare”: «sinergico nelle sue componenti, agile nelle decisioni, efficace nei possibili scenari di impiego, proiettabile in ruoli di leadership nel sistema di alleanze e coalizioni, e credibile come strumento di difesa e sicurezza».
Con le varie componenti delle Forze Amate che non dovranno più semplicemente essere in grado di agire nel multidominio, ma: «dovranno essere multidominio».
In questo contesto si inserisce anche la spinta verso la dimensione Interforze, che potrà realizzarsi attraverso una sempre più marcata integrazione in tutti quei settori in cui la necessità è comune a tutte le Forze Armate ed evitando così duplicazioni sui vari piani coinvolti: ordinativo, logistico, tecnologico e normativo.
Una revisione che peraltro comincerà proprio dalle strutture di vertice; e che poi proseguirà unificando (come detto) per quanto più possibile settori e servizi comuni; a partire dalla formazione del Personale per passare alla difesa CBRN (Chemical, Biological, Radiological and Nuclear) e poi ancora la sanità, lo spazio e il cyber spazio.
In conclusione, secondo le parole di Crosetto, c’è l’obiettivo di migliorare/efficientare i tempi di lavoro e i processi decisionali, perché il punto: «non è solo quello di ridurre i tempi di reazione in caso di un evento di pericolo bensì quello di anticipare le mosse dell’avversario ovvero di dotare la Difesa degli strumenti atti a maturare un vantaggio competitivo rispetto alle possibili minacce».
Dal punto di vista più strettamente tecnico, le considerazioni del ministro si sono poi soffermate sulla constatazione che siamo nel pieno di una rivoluzione tecnologica; sistemi Unmanned, la dimensione cyber, lo spazio e l’Intelligenza Artificiale (IA) rappresentano le nuove frontiere (in realtà insieme ad altre ancora) per il mondo della Difesa.
E’ quindi su queste frontiere che si gioca l’evoluzione degli strumenti militari del futuro. Tutto ciò significa investire sempre di più in tecnologia, riportando in primo piano l’esigenza concreta di disporre di finanziamenti adeguati e certi nel tempo. In questa ottica è arrivata anche la proposta di una legge triennale per l’investimento che: «accorpi in un’unica manovra i volumi finanziari relativi a 3 provvedimenti successivi, con profondità a 17 anni». .
Degno di nota, sempre in tema di bilancio, la riproposizione della proposta mirante all’esclusione delle spese per la Difesa da quelle incluse nel Patto di Stabilità dell’UE; argomento non nuovo che però lascia diversi dubbi.
Tecnologia significa poi anche il mantenimento dei presidi nazionali per assicurarsi una adeguata sovranità industriale e tecnologica nell’ambito della Difesa quale ulteriore elemento di rafforzamento della sicurezza nazionale ma anche come potenziale elemento di successo in chiave export della stessa industria nazionale.
Da qui la necessità sviluppare un piano per il supporto di quest’ultima, anche facendo ricorso all’applicazione in ambito Difesa dei poteri speciali (la cosiddetta “Golden power”), ovviamente finalizzati alla tutela di asset e know-how strategici nazionali.
Molto interessante il passaggio legato alla postura del nostro Paese nell’ambito delle alleanze internazionali; con il ruolo della Difesa che: «non può limitarsi meramente a quello di nazione contributrice di truppe».
Concetto ulteriormente rafforzato dalla considerazione che sarà necessario adottare: «una postura più matura nei confronti delle operazioni militari»; con annessa assunzione di posizioni di leadership all’interno di operazioni multinazionali.
Insomma, in conclusione: «si dovrà assicurare, nel pieno rispetto dei dettami Costituzionali e dei principi che ci legano alle Organizzazioni internazionali (la Nato, l’Onu e l’Unione europea), la piena flessibilità d’impiego delle Forze Armate in tutti gli scenari e in tutti i domini fisici e non fisici dove è messo a repentaglio il futuro delle nostre istituzioni democratiche».
In questo contesto si è accennato anche alla revisione della Legge 21 luglio 2016, n. 145 che regolamenta il capitolo delle missioni militari all’estero delle Forze Armate. O, meglio, al processo con il quale si costruiscono le deliberazioni; sottolineando l’esigenza di renderle capaci di esprimere una visione più ampia in relazione agli obiettivi individuati dalla “Strategia di Sicurezza Nazionale”.
Altro tema importante sollevato dal ministro, la necessità di elaborare strumenti di valutazione per misurare l’efficacia operativa e per migliorare il monitoraggio delle attività addestrative. Scopo finale, sviluppare una capacità di valutazione dell’efficacia operativa stessa del nostro Strumento Militare. Un passaggio in termini di trasparenza che, detto con estrema franchezza, appare quanto mai utile a fronte dell’attuale opacità che non consente di avere quasi nessuna indicazione attendibile.
Infine, non poteva mancare un cenno al tema del Personale, declinato peraltro in maniera molto “soft” (vista la delicatezza del tema, probabilmente si è voluto evitare di alimentare fin da subito tensioni) e genericamente indirizzato a una serie di propositi che potremmo definire “classici”.
Ancora una volta invece, preme ribadire che è proprio sul capitolo del Personale, con una seria riforma del “Modello Professionale” (ivi compresa una profonda revisione della Legge 5 agosto 2022, n. 119), che si gioca una delle partite più importanti sulla strada di Forze Armate davvero moderne, efficaci ed efficienti.
Il Bilancio del Ministero della Difesa e la Funzione Difesa
Per ciò che riguarda il Bilancio del Ministero della Difesa nel suo complesso, la dotazione finanziaria per il 2023 è pari a 27.748,5 milioni di euro; con un aumento di 1.792,4 milioni rispetto ai 25.956,1 dello scorso anno.
Praticamente, tutte le voci che la compongono risultano in crescita. Se infatti della Funzione Difesa ci occuperemo a breve più in dettaglio, l’altra componente di maggior peso è, come noto, rappresentata dalla “Funzione sicurezza del territorio”, cioè l’Arma dei Carabinieri.
Anche il 2023 conferma l’oramai consolidato (e nettissimo) superamento della soglia dei 7 miliardi di euro; per la precisione, sono 7.617,3 i milioni stanziati (contro i 7.292,6 del 2023) e di questi, 506,1 sono quelli destinati ai “Carabinieri per la tutela forestale, ambientale e agro-alimentare”.
L’aumento rispetto al 2022 è così pari a 324,7 milioni; determinato a sua volta dall’aumento degli stanziamenti sul capitolo di spesa del Personale che sale fino a 6.760,1 milioni (contro i 6.564,3 milioni del 2022), dal nuovo aumento di risorse sull’Esercizio che raggiunge così i 574,5 milioni (a fronte dei 509,2 dello scorso anno) e dall’analogo aumento sull’Investimento che raggiunge i 282,8 milioni (nel 2022 erano 219,9 i milioni stanziati).
Continua poi ad aumentare (sia pure di poco) la voce “Funzioni Esterne”; dai 158,5 milioni di euro del 2022 ai 162,9 del 2023.
Nel dettaglio, rimangono stabili la voci “Trasporto Aereo di Stato” (38 milioni) e Rifornimento idrico isole minori” (24,5 milioni). In leggera diminuzione “Contributi a Enti e Associazioni culturali” (con 5,9 milioni) e “Servitù militari” (con 28,5 milioni). “Assistenza al volo per traffico aereo civile” (12,7 milioni) e “Meteorologia” (53,3 milioni) registrano invece un movimento al rialzo.
Nuovo segno “più” poi anche per la voce “Pensioni provvisorie del Personale in Ausiliaria” che sale fino a 412,4 milioni di euro nel 2023, quando nel 2022 si era fermata a 409,5 (+2,9 milioni). Peraltro, si ricorda sempre che questa somma non è interamente destinata alla cosiddetta “Ausiliaria”; al capitolo “Trattamento provvisorio di pensione del Personale militare” sono infatti destinati 342,5 milioni, da scomporre ulteriormente per quanto di competenza delle Forze Armate (298,8 milioni, con una crescita ormai costante da diversi anni) e per i Carabinieri (43,7 milioni). Le restanti risorse pari a 69,8 milioni circa sono invece ricomprese nella voce “Speciale Elargizione”; in leggera flessione rispetto al 2022.
Per quanto riguarda invece la Funzione Difesa, il suo aumento per il sesto anno consecutivo rappresenta un evento praticamente “storico”. Tanto più che questa striscia positiva si è fatta ancora più consistente in quest’ultimo quadriennio; a dimostrazione di un tendenza ormai in atto, per l’appunto, da qualche tempo e che soprattutto dovrebbe trovare conferma anche per gli anni a venire.
La Funzione Difesa passa perciò dai 18.095,5 milioni del 2022 ai 19.555,9 milioni del 2023, con un incremento di altri 1,460,4 milioni pari a un +8,1%.
In pratica, tra il 2020 e il 2023, la Funzione Difesa ha quindi visto crescere le risorse disponibili di ben 5.573,5 milioni. Un aumento quasi “strabiliante” per gli standard Italiani anche se è comunque doveroso ricordare che la striscia di aumenti consecutivi è iniziata nel 2018 benché nel biennio 2018-’19 gli spostamenti siano stati modesti.
Una crescita dunque positiva, che però non si può definire particolarmente “sana”. Questo perché se da una parte essa è ascrivibile al nuovo importante aumento delle risorse per l’Investimento, dall’altra risulta essere determinata anche dall’ulteriore e significativa crescita di quelle per il Personale.
Qualche segnale positivo infine anche sul fronte dell’Esercizio. Con il graduale ritorno poi a una (relativa) normalità dal punto di vista economico dopo i danni pesantissimi seguiti alla pandemia (e al netto delle turbolenze ipotizzate proprio per quest’anno), tornare a parlare di rapporto percentuale tra le spese per la Difesa e PIL, cioè del principale parametro di confronto a livello internazionale, acquista nuovamente un senso.
Al punto da restituirci un segnale importante e cioè che l’aumento in termini monetari del bilancio della Funzione Difesa per il 2023 torna a corrispondere a un aumento anche del rapporto percentuale tra quest’ultima e il PIL stesso; più esattamente, dallo 0,956% allo 0,98% (utilizzando il valore del PIL nominale programmatico indicato dalla NADEF). Con una tendenza simile che si prospetta una volta inseriti anche i finanziamenti extra-Ministero della Difesa.
Dunque, un piccolo segnale di ripresa che però non deve essere sopravvalutato. Anche perché, nonostante questo trend particolarmente positivo in questi ultimi anni, la realtà è che il nostro Paese rimane pur sempre sotto i valori medi di spesa militare della NATO.
Emerge a tal proposito l’esigenza di chiarire anche il “mistero” del livello di spesa militare complessiva del nostro Paese comunicato alla NATO. Un mistero originato dal repentino balzo di tale somma venutosi a creare tra il 2019 e il 2020 quando questa è balzata da 21 miliardi di euro circa a oltre 26,3 miliardi senza giustificazione alcuna. Con conseguente balzo in avanti del rapporto percentuale (che è arrivato addirittura a sfiorare l’1,6%!).
In occasione poi della recente seconda audizione di fronte al Parlamento, lo stesso ministro ha poi provveduto a fornire percentuali ancora diverse: «L’Italia, oggi è ferma all’1,38%. Per quest’anno, il 2023 sarà l’1,48%.».
Numeri pur sempre da verificare nel merito ma che intanto confermano che l’Italia rimane uno dei Paesi che meno spendono per la propria Difesa in ambito NATO in rapporto al PIL. Ecco dunque che l’avvio di una “operazione trasparenza” sul tema appare quanto mai opportuno.
Personale
Un dato sicuramente non “positivo” di questo Bilancio della Difesa per 2023 è rappresentato dalla nuova crescita delle spese per il Personale; dai 10.604,3 milioni del 2022 agli 11.118,8 di quest’anno e cioè altri 514,5 milioni in più (+4,9%).
Un altro aumento davvero importante; le cui cause esatte saranno chiarite sempre in ambito DPP, anche se non è certo difficile ipotizzare che le dinamiche salariali abbiano avuto un ruolo preponderante in questo significativo movimento al rialzo.
Intanto, a parte un paio di sporadiche eccezioni, è dalla nascita del modello professionale nel 2001 che queste spese crescono senza sosta e nulla indica che tale crescita si interromperà nei prossimi anni dato che su di essa finiranno con l’incidere anche gli effetti della Legge 119 approvata lo scorso agosto.
Se poi si pensa che contestualmente si sta procedendo con il processo di riduzione degli organici dettato dalla Legge 244/2012 allora è evidente che questo capitolo di spesa è e resta praticamente “fuori controllo”. Del resto, basta osservare i numeri per capire che qualcosa non va. La spesa per il Personale è infatti passata dai 9.511,5 milioni di euro del 2014 agli 11.118,8 di 10 anni dopo: una crescita di oltre 1,6 miliardi.
Nello stesso periodo però il Personale Militare è diminuito di 10.350 unità e quello Civile di quasi 8.000. Ecco perché in queste condizioni ragionare di eventuali incrementi organici delle Forze Armate significa configurare nuovi incrementi di questa voce di spesa che va scissa in personale militare e civile.
Per quanto riguarda gli stanziamenti per il Personale Militare si passa dai 9.500,6 milioni del 2022 ai 9.890 di quest’anno. Circa il Personale Civile la variazione tra il 2022 e il 2023 registra il passaggio da 1.103,7 milioni a 1.228,8 milioni, con una vistosa impennata proprio negli ultimi 2 anni.
In attesa di conoscere anche gli altri elementi che concorrono a delineare il quadro complessivo delle risorse destinate al comparto Difesa (in particolari, i fondi per l’Investimento dal MIMIT e quelli per le missioni internazionali dal MEF nonché, per un quadro ancora più completo, i fattori utilizzati in ambito NATO e cioè, la spesa per le pensioni e il contributo dei Carabinieri per la Funzione Difesa), si può già comunque formulare una prima ripartizione percentuale dei vari capitoli di spesa per la Funzione Difesa.
Se la spesa per l’Investimento è ormai chiaramente stabilizzata, emerge con chiarezza l’assoluta necessità di ridurre la forbice tra Personale ed Esercizio, considerato che la prima delle 2 voci continua a pesare comunque in maniera eccessiva, mentre la seconda (nonostante la graduale ripresa degli ultimi anni) resta inadeguata.
Dunque, un bilancio della Difesa sostanzialmente sempre più “polarizzato” intorno a Personale e Investimento con uno sviluppo positivo tenuto conto che fino a qualche anno fa la spesa per il Personale era dominante.
Esercizio
Dopo la parentesi negativa del 2022, fortunatamente l’Esercizio riprende la sua corsa verso livelli di finanziamenti più adeguati anche non ancora ottimali. Nello specifico del confronto anno su anno, si passa infatti dai 2.070,2 milioni nel 2021 ai 2.336,6 milioni del 2023: ovvero, 266,4 milioni di euro in più che equivalgono a un significativo +12,9%.
Se dunque si esclude lo “scivolone” dello scorso anno, è da evidenziare come questo capitolo di spesa cresca ormai dal 2015 e dal suo un picco negativo di 1.149,7 milioni. Questo vuol dire che rispetto a quel minimo appena ricordato, l’Esercizio stesso ha visto raddoppiare le sue risorse in 8 anni. Un progresso davvero ragguardevole an che se insufficiente.
Come noto poi, quanto fa riferimento a questo capitolo di spesa può essere a sua volta suddiviso in 2 grandi macro-categorie: Operatività e Funzionamento.
Nella “Operatività” ritroviamo così le voci “Formazione e Addestramento” più “Manutenzione e Supporto”; da tempo, come noto, in profonda sofferenza. Ebbene, proprio da questo ambito si ricavano delle indicazioni positive.
Per il 2023 infatti si registra un finanziariamente consistente movimento al rialzo su “Formazione e Addestramento” che passa dai 99 milioni del 2022 ai ben 196,3 di quest’anno mentre “Manutenzione e Supporto” passa da 508,8 milioni a 534. Giudizio in “chiaro-scuro” invece quello legato alle variazioni intervenute sulla macro-categoria “Funzionamento”.
Il settore delle “Infrastrutture” dopo il tracollo dell’anno scorso, risale fino a 442,6 milioni (dai 324,6 del 2022), il “Funzionamento Enti, Comandi, Unità” sale ancora fino a 581,3 milioni (da 485,7 nel 2022) e le “Provvidenze” vedono un leggero aumento a 24,9 milioni (da 23,2 milioni sempre per lo scorso anno).
Il sotto-settore “Esigenze Interforze” conosce invece una contrazione fino a 557,5 milioni dai 628,8 del 2022). Se c’è un capitolo di spesa che da 15 anni a questa parte ha più sofferto per i tagli di Bilancio, questo è l’Esercizio “tenuto a galla” da mille espedienti (dai fondi del MEF per le missioni internazionali al programma SOFUTRA/SM, passando per le riassegnazioni).
I temi legati alle prontezza ed efficienza operativa nonché la disponibilità di scorte adeguate sono stati tutti portati alla ribalta dalla guerra in corso.
Investimento
Anche il bilancio della Difesa 2023, così come quelli dei 3 anni precedenti, è contrassegnato dall’ulteriore e vistoso aumento delle risorse destinate al capitolo dell’Investimento, peraltro non sorprendente poiché si stanno progressivamente sommando una serie di interventi finanziari varati negli ultimi anni: il già ricordato “Fondo relativo all’attuazione dei programmi di investimento pluriennale per le esigenze di difesa nazionale”, istituito con la LdB 2021-2023 (per un totale di 12,35 miliardi), poi rifinanziato con quella 2022-2024 (con 12,78 miliardi) e, infine, con quella di quest’anno.
Vanno poi aggiunti i cosiddetti “fondoni” varati con le ancora precedenti leggi di bilancio e che hanno messo o metteranno a disposizione un totale 35,5 miliardi tra il 2017 e il 2034.
In altri termini il capitolo Investimento ha raggiunto livelli importanti e sembra destinato a rimanere tale per diversi anni a venire. Per tornare invece al confronto anno su anno, l’Investimento raggiungerà nel Bilancio 2023 i 6.100,5 milioni contro i 5.421 dell’anno scorso. La crescita complessiva è perciò di altri 679,5 milioni, pari a +12,5%.
Ai fini di una maggiore precisione, si ricorda poi che questo capitolo di spesa deve essere suddiviso a sua volta in “Ammodernamento e Rinnovamento” da una parte e “Ricerca e Sviluppo” dall’altra.
La prima di queste 2 voci riceve 6.039,9 milioni (nel 2022 erano 5.361,9) mentre la seconda vede l’assegnazione di risorse pari a 60,7 milioni (59,1 nel 2022). Ovviamente, spetterà poi al DPP indicare la ripartizione di questa somma tra i vari programmi di Ammodernamento e Rinnovamento delle Forze Armate.
Ancora l’Investimento, con il contributo del MIMIT
Anche per il 2023 tocca poi mettere in conto la difficoltà di quantificare l’esatto ammontare delle somme stanziate dal ministero delle Imprese e del Made In Italy (ex-MISE). Fino a qualche anno fa infatti, queste erano solitamente allineate al totale delle cifre in 4 specifici capitoli di spesa.
Il Capitolo di Spesa 7419 (con una dotazione per il 2023 di 411,9 milioni) “Contributi per il finanziamento di interventi nel settore marittimo a tutela degli interessi di difesa nazionale”: in altri termini, la cosiddetta “legge Navale” destinata al rinnovamento della flotta della Marina Militare e come ricordato in precedenza, rifinanziata per 560 milioni dalla LdB.
Il Capitolo di Spesa 7420 prevede 120,3 milioni per “Interventi per l’attuazione di programmi ad alta valenza tecnologica in ambito difesa e sicurezza nazionale”, sul quale sono state impegnate le somme per i programmi Forza NEC, T-346, T-345, HH-101 Combat SAR.
Il Capitolo 7421 con 877,9 milioni per “Interventi per lo sviluppo delle attività industriali ad tecnologia dei settori aeronautico ed aerospazio in ambito difesa e sicurezza nazionale”, sul quale sono stati assunti impegni per i programmi Forza NEC, HH-101 Combat SAR (per fasi di sviluppo differenti), SI.CO.TE. per i Carabinieri, Eurofighter, Tornado, e NH-90.
E infine il Capitolo di Spesa 7485 con 518,7 milioni complessivi per il 2023 destinati a “Interventi per lo sviluppo e l’acquisizione delle unità navali della classe FREMM e delle relative dotazioni operative”, nato allo scopo di finanziare i programmi FREMM, più VBM Freccia dell’Esercito ma che con il tempo ha finito con l’assorbirne anche altri quali il missile FSAF B1NT, il Futuro Elicottero esplorazione e scorta (EES )e la Blindo Centauro II per un totale di 1.929 milioni.
Nel corso degli anni si sono aggiunti altri capitoli di spesa, con potenziali risvolti in ambito Difesa ma, in definitiva, senza una chiara/univoca destinazione. In assenza così di ulteriori elementi di informazione utili sarà dunque fondamentale la puntuale definizione del quadro delle risorse operata sempre dal DPP.
A grandi linee, e sia pure a livello di ipotesi, la disponibilità per il 2023 dovrebbe dunque essere intorno agli 1,9 miliardi contro i 2.426,8 milioni dello scorso anno. Un calo significativo ma che alla fine non appare preoccupante poiché potrà venire più che compensato dagli aumenti all’interno del bilancio del ministero della Difesa.
In definitiva, per il 2023, il totale dei fondi complessivamente assegnati all’Investimento (Ministero Difesa più MIMIT) potrebbe così essere intorno agli 8 miliardi: una cifra leggermente superiore a quella dell’anno scorso che era stata pari a 7.847,8 milioni e che comunque si mantiene ancora su livelli piuttosto elevati.
In questo senso, è comunque da evidenziare che la progressione è davvero notevole: giusto per dare un riferimento, nel 2019 il livello di risorse nel complesso disponibili era stato pari ad appena 4.316,1 milioni. Questo significa dunque un balzo di circa l’85% nel giro di soli 4 anni!
Con prospettive, come detto, non meno interessanti anche per qualche lustro a venire. Elemento che non può che essere giudicato in termini positivi; non solo per la quantità delle risorse in quanto tali ma anche ai fini di una più efficiente, efficace, stabile programmazione/pianificazione pluriennale.
Foto: Difesa.it
Giovanni MartinelliVedi tutti gli articoli
Giovanni Martinelli è nato a Milano nel 1968 ma risiede a Viareggio dove si diplomato presso l’Istituto Tecnico Nautico per poi lavorare in un cantiere navale. Collabora con Analisi Difesa dal 2002 occupandosi di temi navali in generale e delle politiche di Difesa del nostro Paese in particolare. Fino al 2009 ha collaborato con la webzine Pagine di Difesa.