La Bielorussia intende riprendere la produzione del Sukhoi Su-25

 

 

La Bielorussia è pronta a rilanciare la produzione di aerei d’attacco Sukhoi Su-25 (Codice NATO “Frogfoot”) come ha reso noto recentemente il Presidente Alexander Lukashenko durante i colloqui avuti con il Presidente russo Vladimir Putin.

Lukashenko ha riferito che l’industria bielorussa produce un migliaio di componenti per gli aerei di linea MS-21 (aereo passeggeri russo a medio raggio) e Superjet 100 (aereo passeggeri russo a corto raggio). «Abbiamo tre stabilimenti, due militari e uno civile. Si trattava di officine di riparazione che oggi producono componenti. E come mi è stato detto dal Governo – ha proseguito il presidente bielorusso – sono pronti per ricominciare la produzione del velivolo Su-25, un aereo che si comporta bene nel conflitto russo-ucraino (e utilizzato in maniera intensa da entrambi gli schieramenti in condizioni spesso estreme n.d.r).»

Secondo Lukashenko la Bielorussia è pronta a riprenderne la produzione con un adeguato supporto tecnologico da parte della Federazione Russa. Resta tuttavia da chiedersi se sia davvero possibile oggi stabilire la ripresa della produzione del velivolo d’attacco Su-25 in Bielorussia.

Ci sono molti dettagli che andrebbero definiti poiché si tratta di un aereo la cui produzione in serie è cessata oltre 30 anni fa, nel 1991.

L’aereo d’attacco inoltre è stato originariamente assemblato presso l’impianto di aviazione di Tbilisi (TAM), allora nella Repubblica Sovietica della Georgia, ma con componenti provenienti da imprese di varie repubbliche sovietiche, mentre presso lo stabilimento aeronautico Ulan-Ude (UUAP) veniva realizzata la versione d’addestramento biposto tanto che la stessa UUAP per un periodo produsse ancora un paio di esemplari del Su-25UB.

L’ulteriore produzione dell’aereo d’attacco non fu successivamente considerata redditizia, puntando piuttosto ad armare in tal senso l’addestratore avanzato Yakovlev Yak-130. In Russia pertanto decisero di ammodernare l’aereo d’attacco Su-25 attraverso la variante “SM” e successivamente “SM3” mentre la UUAP avrebbe dovuto concentrarsi esclusivamente sulla produzione e aggiornamento degli elicotteri Mil Mi-8/17.

Già nel 2008 il direttore dell’impresa, Leonid Belykh, dichiarò alla stampa russa che l’attrezzatura per la produzione del Su-25 era completamente conservata, ma a causa di un lungo periodo di inattività era in grave declino e che inoltre non c’erano quasi più specialisti che avrebbero potuto assemblare il velivolo.

C’è da ipotizzare che a distanza di oltre dieci anni la situazione in tal senso sia ulteriormente peggiorata. Come dicevamo infatti, molti componenti per la versione aggiornata del Su-25SM3 vengono prodotti in Russia: motore, elettronica, sensori, armamenti, etc., ma non la cellula stessa. E per questo è ipotizzabile che per riprendere la produzione del Su-25 possano volerci diversi anni.

In Bielorussia l’impianto di riparazione di aeromobili 558 ARZ di Baranovichi è specializzato nella revisione e aggiornamento del Su-25 (ricordiamo ad esempio l’operazione realizzata per conto della Forza Aerea bulgara, che allo stabilimento 558 ARZ ha inviato qualche anno fa una flotta di 8 “Frogfoot” da sottoporre ad ammodernamento), ma al contempo la stessa produce molti meno componenti rispetto alla Federazione Russa.

Quindi per la produzione del Su-25 in Bielorussia potrebbe essere più realistico parlare di un assemblaggio finale a Baranovichi – in stretta collaborazione con l’industria aeronautica russa – o dell’ampliamento della produzione della gamma di componenti fabbricati.

Ma perché riprendere la produzione di questi velivoli? In primis perché in questi ultimi 30 anni a Mosca non è stata minimamente concepita una valida alternativa a questo velivolo d’attacco.

Esiste un caccia di quinta generazione (Su-57), un caccia leggero monomotore di quinta generazione (Su-75 “Checkmate”), esistono sulla carta un aereo da trasporto futuro il cui progetto è noto come PAK-VTA, un intercettore che dovrebbe sostituire il MiG-31 (PAK-DP o MiG-41) e persino un futuro bombardiere strategico (PAK-DA) ma non esiste un progetto per l’erede del Su-25.

Del resto tale carenza nel settore dei velivoli specializzati nell’attacco al suolo si è registrata anche negli USA, dove non esiste un erede specifico del “caccia-carri” Fairchild-Republic A-10 Thunderbolt II che sarà sostituito dagli F-35A.

Sebbene poi la versione aggiornata del SU-25 (SM3) copra le attuali esigenze delle Forze Aerospaziali Russe (VKS) mantenendo quegli standard operativi tipici della filosofia militare sovietica (economico, robusto ed efficace in combattimento), gli aerei che operano assiduamente nel conflitto in Ucraina, dimostrandosi tra l’altro buoni incassatori di colpi, hanno cellule che non dispongono certo di infinite ore di volo.

I presupposti per la ripresa della produzione del Su-25 non sono semplici: dal 2018 anche la Georgia ha annunciato a più riprese la sua disponibilità a stabilire presso gli stabilimenti della Tbilisi Aircraft Manufacturing (TAM nella fato sotto) la produzione di aerei d’attacco Su-25 sia per le proprie esigenze che per l’esportazione ma nonostante i vari proclami apparsi nel tempo tale produzione non è stata ufficialmente avviata.

Le difficoltà sono notevoli anche a Tbilisi: i georgiani non hanno la competenza per sviluppare aerei, motori e componenti aeronautici e, specie nell’attuale contesto geopolitico, non possono rivolgersi certo alla Russia per chiedere aiuto in questo settore.

D’altra parte un eventuale asse aziendale Mosca – Minsk – Tbilisi per riprendere a costruire il Su-25 sembra improbabile. Resta dunque da vedere quante speranze riponga l’industria aeronautica bielorussa su un progetto simile, in un’epoca in cui i droni di tutte le categorie e di tutte le classi sembrano oramai aver assorbito ogni ruolo possibile e immaginabile ad un costo ora/missione nettamente inferiore.

Foto:  Ministero Difesa Russo e TAM

 

 

Maurizio SparacinoVedi tutti gli articoli

Nato a Catania nel 1978 e laureato all'Università di Parma in Scienze della Comunicazione, ha collaborato dal 1998 con Rivista Aeronautica e occasionalmente con JP4 e Aerei nella Storia. Dal 2003 collabora con Analisi Difesa occupandosi di aeronautica e industria aerospaziale. Nel 2013 è ospite dell'Istituto Italiano di Cultura a Mosca per discutere la propria tesi di laurea dedicata a Roberto Bartini e per argomentare il libro di Giuseppe Ciampaglia che dalla stessa tesi trae numerosi spunti. Dall'aprile 2016 cura il canale Telegram "Aviazione russa - Analisi Difesa" integrando le notizie del sito con informazioni esclusive e contenuti extra provenienti dalla Russia e da altri paesi.

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