Il Califfo terrorizza il nemico con le armi chimiche

ANSA – I jihadisti dello Stato Islamico hanno usato armi chimiche contro le forze irachene. La prova – secondo quanto riporta il Washington Post – arriva dalle testimonianze di militari e di medici che un mese fa hanno curato i soldati rimasti feriti in uno scontro con i militanti dello Stato islamico. Almeno undici i soldati ricoverati con sintomi di vomito, vertigini e difficoltà respiratorie. La diagnosi è presto fatta: avvelenamento da cloro. “Si tratta di accuse gravissime e le stiamo verificando”, ha commentato il segretario di stato americano, John Kerry. E se arrivasse la conferma ufficiale, si tratterebbe del primo caso accertato dell’ uso del gas da parte degli uomini del califfo al-Baghdadi. In particolare, l’Isis avrebbe utilizzato il cloro nel corso di un’offensiva contro le forze di polizia irachene vicino alla città di Balad, a nord di Baghdad.

I testimoni raccontano che i jihadisti hanno provocato un’esplosione che ha liberato una nube di fumo giallastro. Undici agenti sarebbero appunto rimasti gravemente intossicati, ma nessuno di loro sarebbe morto. Quello di Balad, però, sarebbe solo uno degli attacchi in cui l’Isis starebbe cercando di affinare le proprie capacità di usare armi chimiche.

Del resto l’allarme è stato da tempo lanciato da più parti. Anche le autorità russe all’inizio di ottobre avevano parlato di almeno quattro attacchi chimici per mano dell’Isis, aggiungendo che in Iraq sono stati trovati barili e fusti pieni di gas cloro e che i gruppi terroristici ne stanno sperimentando l’uso.

Non è un segreto, infatti, che i jihadisti in Iraq hanno conquistato dall’estate scorsa il controllo di vaste aree in cui sorgevano gli impianti in cui veniva custodito l’arsenale chimico dell’ex regime di Saddam Houssein. Un arsenale che fu tragicamente usato nel corso della guerra tra Iraq e Iran.

Gli esperti continuano a ripetere come in tali siti sarebbero rimasti solo circa 2.500 razzi vecchi e inutilizzabili. Ma è anche vero che questi razzi sono pieni di gas nervino ed altri agenti letali. Sostanze con cui i jihadisti starebbero sperimentando ordigni al momento ‘artigianali’ ma che col passare del tempo potrebbero diventare sempre più sofisticati ed efficaci.

Una grande preoccupazione per la comunità internazionale: non solo per quel che potrebbe succedere sul campo di battaglia in Iraq e in Siria, ma anche in chiave terrorismo, in America e in Europa.

Accuse all’IS per l’impiego di armi chimiche provengono anche dal fronte siriano. Nella battaglia per la conquista della città curda di Kobane, nel Nord della Siria, i jihadisti dell’Isis potrebbero aver usato qualche tipo di arma chimica, secondo quanto hanno affermato testimoni e uno dei pochi medici ancora rimasti sul posto, citati da fonti di stampa.

“Dopo una potente esplosione (martedì scorso), abbiamo ricevuto pazienti con sintomi anormali.

Hanno riferito di aver percepito un cattivo odore e hanno avuto qualche tipo di reazione allergica”, ha detto il dottor Walat Omar citato dal Guardian, aggiungendo di aver riscontrato sui pazienti vesciche, occhi infiammati e difficoltà respiratorie. Sono circa venti i pazienti che dopo quella esplosione sono stati ricoverati con sintomi del genere, ha affermato un dirigente curdo di nome Idris Nassan, citato da Nbc News.

“Sembra che possa essere stato un attacco con qualche tipo di veleno, forse fosforo o qualcosa del genere”, ha affermato, aggiungendo che è in corso una indagine per cercare di stabilire con maggiore precisione di cosa si sia trattato.

Alcune foto di presunti pazienti con evidenti reazioni cutanee sono state diffuse anche via internet. Si tratta di affermazioni che seguono analoghe accuse emerse dopo un attacco dell’Isis contro il villaggio di Avdiko, ad est di Kobane, del 12 luglio. L’impiego anche sporadico di aggressivi chimici avrebbe lo scopo di terrorizzare le truppe curde e irachene che non dispongono di maschere  e indumenti protettivi: equipaggiamenti che potrebbero rientrare tra le prossime forniture occidentali alle forze che sul terreno si oppongono allo Stato Islamico.

Foto AP e AFP, twitter

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