I “tritacarne” di Bakhmut e Andiivka e la controffensiva di primavera

 

 

I reparti della compagnia militare privata (PMC) Wagner stanno circondando le truppe ucraine a Bakhmut/Artemovsk interrompendo i movimenti sull’unica strada (la 506) che consentiva ancora di rifornire e rinforzare le truppe di Kiev in città, avvicendare i reparti ed evacuare i feriti.

Il leader della Repubblica Popolare di Donetsk (DPR), Denis Pushilin ha reso noto il 21 aprile che la strada per Chasov Yar è stata interrotta e occupata dalle forze della PMC Wagner per “diverse centinaia di metri”. Gli ucraini avrebbero lanciato contrattacchi per liberare il tratto di arteria che da tempo è sotto il tiro dell’artiglieria ma anche delle armi a fuoco diretto (armi anticarro e leggere) esplosi dalle vicine postazioni russe (vedi mappe qui sotto) situate nel saliente settentrionale della tenaglia russa spintasi verso ovest a nord e a sud di Bakhmut.

Proprio lungo questa strada, situata di fatto sulla prima linea, e nel tentativo di costringere i russi ad arretrare dalle postazioni da cui la minacciano, fonti ucraine hanno riferito di un contrattacco supportato dall’artiglieria a est del villaggio di Khromovo, a nord-est della strada 506 che gli ucraini continuano a cercare di impiegare per portare munizioni e forze fresche a Bakhmut.

Oggi la Difesa russa ha reso noto che un attacco missilistico condotto a Konstantinovka ha ucciso fino a 60 mercenari della Legione Georgiana. Lo ha annunciato il ministero della Difesa russo, citato dalle agenzie di stampa russe. “Il 21 aprile il sistema missilistico tattico-operativo Iskander ha attaccato il deposito di armi e il punto di stazionamento dei mercenari stranieri situato nell’edificio della biblioteca a Konstantinovka, nella Repubblica popolare di Donetsk.

A seguito dell’attacco, fino a 60 militanti della cosiddetta Legione Georgiana sono stati uccisi” e “altri 20 mercenari sono rimasti gravemente feriti”.

Già il 12 aprile gli ucraini avevano lanciato un contrattacco con un battaglione della 67a Brigata Meccanizzata nel settore di Privolye e Minkovka, 20 chilometri a nord ovest di Bakhmut. L’attacco ucraino, o forse solo una ricognizione in forze, non ha avuto successo e secondo fonti non ufficiali russe sarebbe stato fermato dal fuoco dell’artiglieria russa, dalla pioggia e dal fango in cui sarebbero rimasti bloccati alcuni Humvee 4×4 e cingolati BMP-1 poi bersagliati dal fuoco dei semoventi da 152mm Giatsint-B e da una salva di razzi da 220 mm lanciati da un sistema TOS-1A (nella foto sotto uno di questi mezzi con una griglia protettiva contro le munizioni circuitanti o droni-kamikaze).

I rinforzi inviati sul posto (21°Battaglione fucilieri della 56a Brigata Motorizzata) sarebbero finiti sotto il fuoco dei Sukhoi Su-25 e degli elicotteri da attacco russo. La situazione per le forze ucraine nel settore di Bakhmut sembra diventare ogni giorno più insostenibile dopo molti mesi caratterizzati da elevatissime perdite in truppe ed equipaggiamento anche se non vi sono conferme alle dichiarazioni rese ieri da Evgheni Prigozhin, fondatore e proprietario della PMC Wagner, che riferivano di militari ucraini che si ribellano ai superiori e gettano le armi nelle immediate retrovie del fronte, a Chasovy Yar e Konstantinovka.

“Lasciano le armi, si alzano e se ne vanno. Date loro l’opportunità di vivere più a lungo, non uccidete migliaia e decine di migliaia di ucraini con le vostre stesse mani”, ha detto Prigozhin in un appello al presidente ucraino Volodymyr Zelensky e al comandante dell’Esercito Ucraino, generale Oleksandr Syrsky ripreso dall’agenzia di stampa di Mosca RIA Novosti. Blogger militari russi hanno riferito informazioni e immagini (nella foto sotto) dell’impiego da parte di Wagner di carri armati T-90M all’interno di Bakhmut, elemento che sembra confermare che Mosca ha assegnato armi e munizioni alla PMC Wagner per conquistare la città.

Il 20 aprile i russi hanno rivelato di aver colpito il quartier generale dell’esercito ucraino a Konstantinovka, a ovest di Bakhmut, sede del comando delle forze impiegate in quel settore. Il giorno precedente il ministero della Difesa russo ha annunciato che altri tre distretti nella parte orientale di Artemovsk sono caduti nelle mani dei contractors e dei militari di Mosca: “Le unità d’assalto aviotrasportate hanno liberato tre quartieri nella parte nord-occidentale, centrale e sud-occidentale di Bakhmut nelle ultime 24 ore”, con un chiaro riferimento ai reparti della 106a Divisione Aerotrasportata.

La vice ministra Ucraina della Difesa, Hanna Malyar, ha ammesso i progressi delle forze russe a Bakhmut e li ha attribuiti alla tattica della terra bruciata. Per le forze ucraine é “molto difficile mantenere le posizioni” senza edifici e altre infrastrutture in cui nascondersi, il che spiega perché “una leggera avanzata del nemico” sia in atto in alcune delle aree urbane che i russi ancora non controllano.

Il giorno precedente Mosca aveva però annunciato il controllo di “tre quarti delle parti settentrionale, centrale e meridionale della città” aggiungendo che erano stati stroncati i tentativi di contrattacco ucraino. Percentuali ancora maggiori, ma certo non di fonte neutrale, sono state fornite da Wagner il 20 aprile che attribuivano ai russi il controllo dell’81,27 per cento dell’area urbana con un 8,56 conteso e il 10,17 (alcuni quartieri occidentali) ancora in mano agli ucraini (vedi mappa qui sotto). Secondo altre fonti nei quartieri urbani di Bakhmut sarebbero rimaste solo due brigate ucraine per scongiurare l’accerchiamento di forze più consistenti.

Anche dagli Stati Uniti sembrano giungere segnali che potrebbero indicare la profonda crisi delle truppe ucraine in quel settore. Alcuni dei documenti riservati del dipartimento della Difesa Usa recentemente trapelati su internet, cui ha avuto accesso il quotidiano Washington Post, confermano che gli Stati Uniti avevano avvertito Kiev che la difesa a oltranza di Bakhmut sarebbe stata una battaglia disperata.

Secondo i documenti, all’inizio di quest’anno Washington avvisò la leadership ucraina che tentare di difendere Bakhmut avrebbe comportato il rischio di accerchiamento russo poiché i “costanti” progressi conseguiti dalla Russia nell’area sin dallo scorso novembre “hanno compromesso la capacità dell’ucraina di tenere la città”.

Da quanto emerge gli USA raccomandarono un ritiro prima di febbraio ma Zelensky ha invece insistito nel difendere la città a tutti i costi, al prezzo di un massiccio impiego di uomini e mezzi. Secondo il Washington Post il comandante ucraino incaricato della difesa di Bakhmut, colonnello Pavlo Palisa, ha dichiarato di non essere mai stato informato dai suoi superiori delle raccomandazioni e delle informazioni d’intelligence statunitensi.

Queste rivelazioni da un lato sembrano confermare l’acceso dibattito tra Washington e Kiev e tra Zelensky e il capo di stato maggiore Difesa generale Valery Zaluzhny circa le valutazioni sulla necessità di difendere o meno “fino all’ultimo uomo” Bakhmut, ma dall’altro potrebbero anche indicare la determinazione di alcuni ambienti dell’establishment statunitense a far trapelare ai media informazioni che “scagionino” Pentagono e agenzie d’intelligence da ogni responsabilità qualora Bakhmut cada rischiando trascinare sé l’intero fronte ucraino di Donetsk.

In una battaglia che ha assunto per entrambe i belligeranti un valore anche politico e simbolico emergono valutazioni che poco hanno a che vedere con gli aspetti tattici e operativi. Kiev sembra puntare a resistere ancora a Bakhmut, nonostante le pesanti perdite, per non consentire a Mosca di celebrare la presa della città in occasione della festa della vittoria nella Grande Guerra Patriottica (la Seconda guerra mondiale) il 9 maggio, che vedrà la solita parata militare sulla Piazza Rossa.

Ieri Zelensky ha ribadito che l’Ucraina non può rinunciare a tenere Bakhmut “poiché la sua conquista potrebbe essere un punto d’appoggio alla Russia per avanzare su Kramatorsk e Sloviansk”.

I russi sembrano invece non aver fretta puntando a utilizzare le battaglie “tritacarne” di Bakhmut e Andiivka per eliminare o logorare il numero maggiore di riserve ucraine che non potranno così venire impiegate altrove. Del resto commentatori russi fanno notare sono stati ucraini e occidentali a immaginare che Mosca attribuisse valore al successo in battaglia abbinato a scadenze e ricorrenze simboliche. Accadde anche con la battaglia di Mariupol e l’assedio del reggimento Azov nello stabilimento Azovstal che si arrese il 15 maggio impedendo a Mosca di celebrare quella vittoria la settimana precedente.

Del resto i russi continuano a conseguire progressi anche in altri settori. A sud di Bakhmut anche la sacca di Andiivka potrebbe chiudersi imbottigliando diverse brigate ucraine: del resto le due roccaforti difese dalle truppe di Kiev sono già state superate di molti chilometri dall’avanzata russa a nord e a sud delle due cittadine con il rischio che i russi si incuneino in profondità negli ultimi territori della regione di Donetsk in mano alle truppe di Kiev.

Sempre nella regione di Donetsk i russi avrebbero ripreso ad avanzare anche nell’area di Ugledar dove è schierata una brigata di fanteria di Marina russa mentre fonti ucraine confermano che la situazione ad Avdiivka e Marinka “rimane molto difficile”. A ovest di Andiivka il 21 aprile le truppe russe avrebbero assunto il controllo di un ampio tratto dell’autostrada N20 tra Novobakhmutovka e Krasnogorovka che corre lungo la linea di difesa ucraina. La notizia è stata confermata da fonti militari ma non ufficiali ucraine

Progressi russi anche più a nord, sul fronte di Kreminina dove nella battaglia che da mesi si combatte nella fitta foresta il 17 aprile sarebbero rimasti uccisi anche sette combattenti britannici aggregati alle truppe ucraine nelle battaglie contro la 76a Divisione Aerotrasportata della Guardia. In questo settore le forze di Kiev hanno fatto affluire rinforzi nelle ultime ore secondo quanto riportato da fonti russe.               

In termini generali la notizia rilevante apparsa oggi è che Ucraina e Russia sembrano accordarsi per lo scambio totale dei prigionieri: lo ha detto il capo dell’intelligence militare Ucraina Kyrylo Budanov, in un’intervista a Rbc-Ucraina. “Il nostro Paese si sta avvicinando ad uno scambio “tutti per tutti” con la Russia, ed è reale. Sì, in linea di principio ci stiamo avvicinando a questo. Guardiamo di nuovo i numeri. Ad oggi, sono già stati scambiati più di 2.200 prigionieri. Si tratta di un caso senza precedenti nella storia: nessuno ha mai fatto una cosa del genere. Tutti gli scambi avvengono dopo la fine delle ostilità e non durante”, ha chiarito.

 

La controffensiva ucraina slitta all’estate?

La controffensiva di primavera ucraina è senza dubbio la più annunciata della storia militare poiché da mesi ne parlano ovunque innumerevoli fonti militari e civili con voci diverse circa gli obiettivi che gli ucraini punterebbero a conseguire con l’impiego di 9/12 brigate recentemente riequipaggiate con le nuove forniture occidentali.

Se nei mesi scorsi si riteneva che il contrattacco si sarebbe scatenato dalla regione di Zaporizhia diretto verso Mariupol, più recentemente altre valutazioni hanno espresso la priorità di un contrattacco nella regione di Donetsk tra Andiiivka, Bakhmut e Siversk mentre negli ultimi giorni l’attenzione si è concentrata sul fronte meridionale dove gli ucraini potrebbero cercare di attraversare il Dnepr e puntare sulla Crimea attraverso la regione di Kherson.

Ieri si è diffusa la notizia che truppe ucraine sarebbero sbarcate sulla riva sinistra del fiume Dniepr, nella regione di Kherson, costituendo una testa di ponte ad Aleshki (a nord di Oleshok). Lo riferisce l’agenzia di stampa “Rbk-Ucraina” con riferimento a un rapporto dell’ISW. Gli analisti hanno affermato che l’esercito russo ha fornito dati di geolocalizzazione sufficienti per confermare che le forze armate ucraine avrebbero preso posizione sulla riva sinistra della regione di Kherson.

“I filmati di geolocalizzazione pubblicati da un blogger russo il 22 aprile mostrano che le forze ucraine hanno preso posizione sulle rive del Dnipro a nord di Oleshok (7 chilometri a sud-ovest di Kherson) e sono avanzate anche verso la periferia settentrionale dell’insediamento sulla strada E97 come ad ovest di Dacha (10 chilometri a sud di Kherson)”, riferisce il report dell’ISW.

La notizia è da confermare ed è stata smentita ieri come “disinformazione” dalle autorità regionali filo-russe mentre l’assenza di ponti agibili sul fiume in quel settore potrebbe lasciar intendere che si sia trattato di uno sbarco di forze leggere da imbarcazioni veloci che peraltro è difficile ritenere possa essere sfuggito ai russi.

Più a est, sempre lungo il Dnepr, il 19 aprile fonti russe sul campo avevano reso noto l’avvio di un pesante bombardamento di artiglieria ucraina su Nova Kakhovka, città strategica che affaccia sul fiume nella regione di Kherson. Stando a quanto riportato dalla RIA Novosti, “le autorità cittadine hanno esortato le persone a rimanere al riparo”. Anche il bombardamento dei settori in prima linea nella regione di Zaporizhia si è intensificato.

Non è ancora chiaro se quello in atto sia una sorta di fuoco di preparazione per l’annunciata controffensiva ucraina ma è certo che, come ha affermato il leader filorusso della regione di Kherson, Vladimir Rogov, “le forze di Kiev continuano a dislocare truppe e veicoli corazzati ai confini della regione di Zaporizhia”.

Del resto “la preparazione della controffensiva e della liberazione della Crimea procedono secondo i piani” ha detto neri giorni scorsi al sito ucraino ‘New Voice’ il capo della direzione principale dell’intelligence del ministero della Difesa Kyrylo Budanov, aggiungendo di non voler fornire ulteriori particolari.

“Non date retta a tutto ciò che si legge su Internet, nessuno può ancora conoscere la situazione”, ha detto ancora Budanov, secondo cui la Russia “è passata a un’operazione di difesa strategica per mantenere i territori conquistati. “C’è ancora tempo prima di entrare in Crimea – ha affermato il capo dell’intelligence – attualmente non esiste alcun potenziale offensivo per condurre un’operazione offensiva strategica in Russia”. Per il vice ministro della Difesa ucraino Hanna Malyar “gli ucraini non dovrebbero aspettare il giorno in cui le forze di difesa annunceranno l’inizio di una controffensiva, soprattutto perché alcune azioni sono già in corso”.

Oggi lo stesso Budanov, in un’intervista a RBC-Ucraina, ha descritto la controffensiva pianificata di Kiev come una “battaglia epocale nella storia moderna dell’Ucraina” che vedrà il Paese “recuperare aree significative” affermando che i russi hanno accumulato missili per fermare “l’operazione offensiva Ucraina”.

L’impressione è che gli ucraini abbiano bisogno di alimentare l’ipotesi e la narrazione di una grande controffensiva che consenta di riconquistare i territori perduti sia per sostenere il morale del fronte interno sia per non rischiare che l’Occidente limiti gli aiuti militari nella convinzione che la vittoria non è a portata di mano. E’ possibile che le limitate azioni offensive lanciate senza successo negli ultimi giorni perseguissero questi due obiettivi anche se le riserve ucraine, in gran parte poco addestrate, sarebbero forse meglio impiegabili per sostenere le linee difensive su diversi fronti.

Benché fonti ufficiali ucraine abbiano già posticipato all’estate la “controffensiva di primavera” è evidente che ogni dichiarazione in proposito potrebbe perseguire l’obiettivo di ingannare il nemico ma anche di esercitare pressioni sull’Occidente affinché intensifichi le forniture di armi e munizioni.

“Siamo grati ai nostri alleati per il loro aiuto militare. Ma non è abbastanza. L’Ucraina ha bisogno di dieci volte di più per porre fine all’aggressione russa quest’anno. Pertanto invitiamo i nostri partner a superare tutte le linee rosse artificiali e a destinare l’1% del loro Pil per le armi all’Ucraina” ha scritto il 22 aprile su Twitter il viceministro degli Esteri ucraino Andrij Melnyk.

Aspirazioni velleitarie e pretese forse eccessive che cozzano contro la realtà di un Occidente e soprattutto di un’Europa che stanno esaurendo le risorse militari trasferibili all’Ucraina senza disarmare le proprie forze armate.

Yevgeny Prigozhin è convinto invece che il giorno in cui le forze russe avranno preso il controllo dell’intera città di Bakhmut, “comincerà la controffensiva Ucraina. Per quanto riguarda la carneficina di Bakhmut – scrive Prigozhin – il nostro compito è macellare l’esercito ucraino, non dare loro l’opportunità di riunirsi per una controffensiva. In questo senso stiamo ottenendo un successo e ai miei uomini do un voto a cinque stelle. Mentre a me stesso darei un tre meno, perché era necessario macellarli di più in modo che non rimanesse in vita un solo soldato ucraino. Ma non appena avremo finito di occuparci di Bakhmut, non appena cacceremo l’ultimo soldato dalla città o lo annienteremo nella città, quel giorno inizierà la controffensiva Ucraina”.

Secondo il capo della Wagner, infatti, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha bisogno della “più grande vittoria”. Quanto ai motivi per i quali la controffensiva Ucraina non è ancora cominciata, Prigozhin cita il fango creato dal disgelo e dalla pioggia e la volontà di Zelensky di concentrarsi sulla resistenza a Bakhmut almeno fino al 9 maggio per “rovinare la festa” ai russi nell’anniversario della vittoria nella Seconda guerra mondiale. Prigozhin conclude però con un omaggio allo stesso Zelensky, affermando che, “non importa quanto venga criticato”, sta operando “in un modo altamente professionale”.

@GianandreaGaian

Foto: RvVenkory, Southfrpont.org,  Telegram, Ministero Difesa Ucraino, RIA Novosti, ISW e RIA e PMC Wagner

 

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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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