Prigozhin e la PMC Wagner nei “Pentagon Leaks”
La divulgazione in rete di documenti classificati del Pentagono negli ultimi mesi oltre a fornire informazioni e valutazioni dell’intelligence americana sull’andamento della guerra in Ucraina, sui piani di supporto di NATO e Stati Uniti a Kiev e tutta una serie di ulteriori vicende riguardanti Paesi alleati e non, ha ampiamente interessato anche il Gruppo Wagner.
Numerosi, infatti, i riferimenti alla PMC ibrida russa, confermandone l’estrema vivacità ed ambizioni, sia in Ucraina dove è fortemente impegnata in operazioni militari prettamente di tipo convenzionale, che in tante altre parti del mondo in cui ancora si occupa di quelle attività caratteristiche per cui è stata creata: counter-insurgency, proiezione di potere ed influenza, acquisizione e presidio di risorse naturali e posizionamenti strategici per conto di Mosca e/o di patron Prigozhin.
I “Pentagon Leaks”
Tra metà marzo ed inizio aprile più di un centinaio di pagine di documenti classificati delle agenzie d’intelligence degli Stati Uniti sono circolate su 4chan, Telegram e Twitter raggiungendo, così, il grande pubblico e sollevando un polverone mediatico e diplomatico.
Sebbene, infatti, tale materiale avesse iniziato ad essere condiviso sulla piattaforma di messaggistica istantanea Discord già dal 25 febbraio 2022, le autorità americane, almeno in apparenza, non se n’erano ancora accorte.
Il 13 aprile l’FBI ha arrestato il presunto leaker: Jack Teixeira, in servizio al 102° Dipartimento di Intelligence della Guardia Nazionale Aerea del Massachusetts. L’aviere 21enne è stato accusato di essersi ripetutamente appropriato di copie di documenti classificati e di averle, poi, fotografate e condivise in due gruppi online. Azioni compiute tra le mura domestiche e che parrebbero motivate più da esibizionismo e spavalderia che non da altro di più serio.
I documenti sono stati diffusi anche su canali Telegram filo-russi. Tra questi Donbass Devushka – dietro cui si celava Sara Bils, ex sottufficiale della Marina degli Stati Uniti – che avrebbe manipolato i dati relativi alle perdite degli opposti schieramenti della guerra in Ucraina; amplificando quelle di Kiev e minimizzando quelle di Mosca.
Importanti funzionari americani hanno confermato la veridicità dei documenti divulgati, indicandoli come basati in gran parte su intercettazioni raccolte da varie agenzie d’intelligence degli Stati Uniti – NSA, INR, CIA, DEA e NRO – per lo Stato Maggiore Congiunto delle Forze Armate americane.
Essi riguardano principalmente l’andamento della guerra in Ucraina e della battaglia di Bakhmut: piani, morale, debolezze e perdite di entrambi gli schieramenti. Ma anche la presenza di forze speciali di diversi Paesi occidentali sul campo, così come di pericolosi incontri ravvicinati tra aerei NATO e russi a largo della Crimea.
Per non parlare di metodologie ed attività di spionaggio condotte dagli Stati Uniti nei confronti di Paesi antagonisti come Corea del Nord, Cina, Iran e Russia, ma anche alleati come Taiwan, Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Israele, Turchia e la stessa Ucraina.
Grande attenzione è dedicata anche al Gruppo Wagner per la considerevole ed estesa attività di promozione e perseguimento di ideali ed obiettivi di Mosca a livello globale. Tutto ciò a scapito degli occidentali; in particolare di americani e, soprattutto, francesi nel continente africano. Di seguito i principali riferimenti.
Operazione Militare Speciale
Relativamente alla guerra in Ucraina, i documenti divulgati confermano le frizioni tra il Gruppo Wagner di Prigozhin e le Forze Armate russe dei generali Shoigu e Gerasimov; argomento già ampiamente trattato da Analisi Difesa. Anche le più recenti lamentele di Yevgeny Prigozhin sulle carenze di munizioni, tali da minacciare addirittura un ritiro dei suoi uomini da Bakhmut, trovano riscontro nei leaks.
L’annosa vicenda si è sempre – e continua ad essere – caratterizzata da scontri e duri appelli di Prigozhin, tanto drammatici quanto sensazionalistici, con pile di cadaveri di suoi uomini sullo sfondo per accusare il Ministero della Difesa dell’interrotto afflusso di munizioni. Dall’altra parte il Dicastero smentisce o annuncia raddoppiati quantitativi di munizioni sul punto di essere consegnati agli uomini del Gruppo Wagner. Il tutto in un forte clima di frustrazione per gli attacchi pubblici di Prigozhin e di tensioni tra i vertici militari nel decidere come rispondere più efficacemente alle sue critiche.
Puntuali arrivano ogni volta le rivendicazioni dello Chef di Putin, con cui si attribuisce tutti i meriti per le riprese dei rifornimenti – concrete o promesse che siano.
Gli ultimi elementi di cui si è arricchita la faida, secondo The Washinton Post che ha citato documenti del Pentagono precedentemente non riportati, riguarderebbero un’offerta di Prigozhin di rivelare agli ucraini le posizioni di imprecisate unità russe in cambio di un loro ritiro da Bakhmut a fine gennaio.
L’offerta sarebbe stata ripetutamente presentata ai servizi segreti di Kiev attraverso telefonate e, addirittura, incontri di rispettivi emissari in un Paese africano. Prigozhin avrebbe informato anche il nemico del morale basso delle truppe russe e di una loro scarsità di munizioni; soprattutto in Crimea, invitando a colpire la penisola occupata.
La PMC ibrida russa viene menzionata anche in merito all’occultamento delle perdite di Mosca. L’FSB avrebbe, infatti, segnalato la continua riluttanza del Ministero della Difesa ad includere nel conteggio di morti e feriti quelli della Guardia Nazionale, dei ceceni di Kadyrov e, appunto, del Gruppo Wagner; reparto che avrebbe subito perdite elevate negli ultimi mesi a Bakhmut.
E proprio gli assalti degli uomini di Prigozhin nella battaglia più lunga di tutta l’Operazione Militare Speciale vengono definiti “apatici”. Nelle intercettazioni e successive trascrizioni viene evidenziata un’avanzata delle loro posizioni di soli 2,7 chilometri al mese da luglio 2022 a gennaio 2023.
Infine, è stata riportata l’intenzione del Gruppo Wagner di riprendere il reclutamento di carcerati a metà febbraio per rinfoltire le proprie fila, nonché di occuparsi dell’addestramento dei mobilitati e del reclutamento di combattenti stranieri – afgani, ad esempio. Iniziative che, secondo Prigozhin, sono state osteggiate dalla Forze Armate riuscite ad influenzare le decisioni di Putin.
“Mali, Russia, Turchia: Wagner cerca armi da Ankara”
“Mali, Russia, Turchia: Vagner cerca armi da Ankara” è il titolo di uno dei documenti che fa riferimento ad un tentativo degli uomini di Prigozhin di ottenere armi dalla Turchia.
Ad inizio febbraio membri del Gruppo Wagner – o Vagner nella variazione di spelling utilizzata – si sarebbero incontrati con “contatti turchi” per procurarsi armi ed equipaggiamenti da impiegare in Ucraina e/o in Mali. In particolare droni, apparati per la guerra elettronica, sistemi di controbatteria e artiglieria.
Lo stesso presidente ad interim del Mali, Assaimi Goïta avrebbe confermato la sua disponibilità ad acquistarle dalla Turchia per il Gruppo Wagner
Munizioni ed equipaggiamenti da Pechino
Munizioni ed equipaggiamenti sarebbero stati richiesti dal Gruppo Wagner anche alla Cina ad inizio anno. Secondo ulteriori documenti, però, Pechino non solo non avrebbe inviato nessuna arma alla PMC russa – nemmeno in prova – ma, addirittura, non avrebbe avuto alcun contatto con loro in merito a tali forniture.
Il Gruppo Wagner avrebbe avuto maggior fortuna con gli alleati di Mosca: Siria e Bielorussia. La Bielorussia avrebbe “già consegnato il 50% di imprecisate armi promesse” all’inizio di gennaio e si sarebbe impegnata ad inviare 300.00 munizioni per lanciagranate VOG-17. La Siria, invece, in tempi non meglio specificati avrebbe venduto loro sei cannoni senza rinculo SPG-9 e 180 proiettili.
Haiti
A fine febbraio membri del Gruppo Wagner avrebbero pianificato anche di “viaggiare discretamente ad Haiti per valutare la possibilità di concludere contratti con il Governo per combattere le gang locali.” Il livello di violenza ed anarchia raggiunto dalle bande criminali che imperversano nel Paese, infatti, aveva portato il primo ministro di Haiti, Ariel Henry a richiedere nell’ottobre 2022 il dispiegamento di una forza di sicurezza multinazionale.
L’immobilismo della comunità internazionale – Stati Uniti e Canada in primis – avrebbe, quindi, portato a valutare soluzioni alternative. Jean-Junior Joseph, portavoce del Governo ha, tuttavia, negato che Henry o membri del suo staff abbiano contattato il Gruppo Wagner o si siano incontrati con suoi rappresentanti.
Siria
Per quanto riguarda la presenza in Siria, il Gruppo Wagner è stato citato solo indirettamente nei documenti divulgati. E’ emerso, infatti, un piano dei servizi segreti ucraini per condurvi attacchi sotto-copertura contro gli uomini di Prigozhin. Un addestramento ed equipaggiamento di uomini delle Forze Democratiche Siriane a condurre attacchi coi droni, iniziando “in piccolo”; limitandosi, cioè, a colpire le forze del Gruppo Wagner.
La Turchia, al corrente del piano e per timore di eventuali accuse di complicità da parte di Mosca, avrebbe suggerito di evitare di lanciare eventuali attacchi da quelle aree del nord e nord-ovest del Paese in mano a gruppi di ribelli che godevano del suo supporto. Il 29 dicembre Zelensky avrebbe accantonato il piano, almeno per il momento.
Agitazioni politica in Moldavia
Secondo documenti del Pentagono datati 24-28 febbraio la compagnia militare privata Vegacy Strategic Services, in collaborazione con “The Farm”, entità collegata al Gruppo Wagner avrebbe dovuto addestrare in Turchia 150 uomini all’agitazione politica. Agenti provocatori che avrebbero dovuto essere inviati in Moldavia per destabilizzare il Paese a guida filooccidentale per conto di Mosca. La fase di addestramento in Turchia ha però dovuto essere cancellata. L’intelligence turca aveva, infatti, avviato una stretta attività di monitoraggio sull’ingresso di cittadini russi di sesso maschile nel Paese, costringendo il trasferimento dell’attività formativa in Russia.
Concretamente, era previsto un addestramento di uno-due mesi all’agitazione politica, attraverso azioni di protesta, tafferugli ed incitamento alla violenza, ma anche lezioni di pronto soccorso e preparazione psicologica all’arresto.
Qualche considerazione
La recente divulgazione di documenti classificati del Pentagono sembra essere una delle più significative fughe di notizie dell’intelligence statunitense da decenni a questa parte.
Anche se drasticamente inferiore dal punto di vista quantitativo rispetto al Datagate di Edward Snowden del 2013 – per cui si sono stimati 50.000 – 200.000 documenti divulgati, a fare la differenza è l’estrema serietà ed attualità delle informazioni stavolta rivelate.
Oltre a dati e valutazioni immediatamente fruibili, infatti, possono essere stati compromessi anche fonti e metodi di acquisizione delle informazioni, facilitando Paesi nemici nel prevenire futuri tentativi di spionaggio da parte americana ed occidentale.
Se quanto emerso nei Pentagon Leaks sulla partecipazione del Gruppo Wagner all’Operazione Militare Speciale dice nulla o poco di nuovo, i suoi tentativi di procurarsi armi in giro per il mondo confermano interessanti e non indifferenti livelli di potere ed autonomia rispetto alle Forze Armate russe. Ciò grazie ad un network di fornitura che va ben oltre la madrepatria.
Dei “contatti turchi” con cui si sarebbero incontrati gli emissari di Prigozhin non è stato specificato se sia trattato di funzionari governativi, loro incaricati o privati cittadini; così come non è dato sapere se il Governo turco ne fosse al corrente e se tale operazione abbia, poi, avuto sviluppi concreti.
Resta comunque il rilevante sospetto che la Turchia, fondamentale membro NATO, possa essere stata coinvolta in un tentativo di vendita di armi a mercenari russi. Ben note, infatti, le strette relazioni con Mosca che hanno finora permesso ad Erdogan di svolgere un importante ruolo di mediazione nella guerra, così come i rapporti commerciali di alcune società turche con controparti russe e bielorusse protrattisi nonostante le sanzioni.
La scelta del Mali, poi, per triangolare l’eventuale fornitura di armi turche attesta quanto sia diventato influente il Gruppo Wagner nel Paese da quando vi è stato dispiegato nel 2021. Una presenza di 1.645 operatori, secondo alcune fonti in grado di destabilizzare la vicina Costa d’Avorio con cui la Francia sta cercando d’instaurare una partnership in ambito sicurezza.
La diretta richiesta di munizioni alla Cina indica, invece, una certa fiducia del Gruppo Wagner nella disponibilità di Pechino di fornire a Mosca qualcosa di più di “supporto non letale”. Una convinzione alimentata da tempo dagli stessi americani, con costanti preoccupazioni ed avvertimenti anche se questi allarmi sono stati poi smentiti dagli stessi documenti del Pentagono.
Una delle grandi novità di questi Pentagon Leaks sarebbero le mire espansionistiche del Gruppo Wagner verso Haiti. Il copione, tuttavia, è sempre lo stesso: fornitura alle élite locali di pacchetti di soluzioni ai loro problemi, ricevendo in cambio supporto nel perseguimento degli obiettivi geopolitici ed economici di Mosca.
Il caso di Haiti
I Paesi che si rivolgono alla PMC ibrida russa – Libia, Mali o Repubblica Centrafricana per esempio, hanno tre cose in comune con Haiti e tra di loro.
Innanzitutto, esperienze coloniali molto negative, sfociate in forti sentimenti antioccidentali. Haiti nasce come una colonia di schiavi che conquista la propria indipendenza dalla Francia attraverso una guerra brutale e sanguinosa. Ha sperimentato, poi, ripetute dittature, così come un colonialismo indiretto – economico – da parte di Paesi stranieri, tra cui Canada e Stati Uniti.
Inoltre, si tratta di Paesi fragili o falliti, martoriati da guerre civili o crisi securitarie, politiche, economiche o umanitarie. Da quando il presidente Jovenel Moïse è stato assassinato nel luglio 2021, Haiti è sprofondata nel caos e, ormai, possiamo parlare di un Paese fallito.
Il mandato dell’ultimo Governo democraticamente eletto è scaduto a gennaio 2023. La Corte Suprema manca del quorum di giudici necessario ad emettere sentenze e la Polizia di Haiti non è in grado di assolvere i propri compiti a causa della mancanza di fondi, uomini, addestramento, equipaggiamenti ed un’endemica corruzione. Haiti è controllata da circa 200 diverse gang che si ritiene controllino il 90% della capitale.
Sempre più cittadini disperati scendono nelle strade protestando, sventolando bandiere russe e fotografie di Vladimir Putin – idolatrato per aver sfidato l’Occidente e l’imperialismo americano – e chiedendo interventi militari di Mosca.
Infine, tali Paesi rappresentano uno strumento per perseguire scopi ed obiettivi geopolitici ed economici russi. Da una parte Haiti offre opportunità minerarie potenzialmente redditizie; si pensi ai giacimenti di oro a Trou du Nord. Dall’altra la sua posizione strategica nei Caraibi consentirebbe alla Russia di stabilire un avamposto a circa 1.000 chilometri dalle coste della Florida. Haiti pare, quindi, l’ennesimo cliente perfetto per il modello di sostegno firmato Wagner!
Che i sovietici o russi abbiano sempre cercato di sfruttare le debolezze degli Stati Uniti o di ottenere posizioni strategiche sul continente per minacciarne le ambizioni regionali non è una novità: coi missili a Cuba nel 1962 (in risposta ad armi analoghe schierate dagli USA in alcuni Paesi della NATO), armando vari gruppi paramilitari comunisti e, più recentemente, conducendo esercitazioni in Nicaragua. Il dispiegamento del Gruppo Wagner ne rappresenterebbe un’insolita rivisitazione in chiave moderna.
In fin dei conti l’idea di ricorrere a contractors per ristabilire l’ordine pubblico come alternativa all’immobilismo della comunità internazionale è stata più volte presa in considerazione. Lo stesso presidente Moïse era interessato a sondare il terreno al riguardo; salvo poi essere ucciso nella sua residenza privata sulle colline sopra Port-au-Prince proprio da un gruppo di contractors di varie nazionalità.
Attualmente, molti ritengono improbabile una collaborazione tra Governo di Haiti e Gruppo Wagner. Ciò metterebbe, infatti, a repentaglio quelle relazioni fondamentali con l’Occidente, per non parlare del rischio di violenze sui civili di cui gli uomini di Prigozhin sarebbero soliti macchiarsi.
L’unico modo per ristabilire l’ordine ad Haiti è attraverso un’operazione militare o di polizia straniera. Se non saranno Canada o Stati Uniti a guidarla e a sviluppare un vero partenariato che affronti le sfide regionali, il rischio è che possa forse farlo la Russia o il Gruppo Wagner.
Attaccare Wagner in Siria
L’idea di colpire gli uomini di Prigozhin in Siria, per Kiev, avrebbe potuto essere un modo per aprire un nuovo fronte a migliaia di chilometri di distanza, infliggendo danni e perdite alla Russia e ai suoi contractors nella speranza di obbligarla a disimpegnare risorse e uomini dall’Ucraina.
Alle strutture russe “prioritarie” vicino a Damasco e alla costa, meglio difese e più rischiose per gli attaccanti, sarebbero state preferite le infrastrutture petrolifere presidiate dal Gruppo Wagner nella Siria centrale, bersagli più modesti, ma molto meno complicati da colpire.
Tra le motivazioni che potrebbero aver spinto Zelensky a mettere da parte il piano, nei documenti divulgati ne sono state prese in considerazione diverse: dotazioni limitate di droni, dubbi sulla riuscita degli attacchi, il successo delle operazioni di sabotaggio e destabilizzazione condotte sia in Russia che nei territori occupati negli ultimi mesi, ma anche pressioni di Washington.
Se da una parte, infatti, attacchi ucraini consentirebbero di esercitare “opzioni di negabilità” plausibile addossando responsabilità ai ribelli siriani, dall’altra potrebbero “provocare una risposta russa mirata agli interessi statunitensi nella regione se il sostegno a un’operazione fosse attribuito agli Stati Uniti”.
Rivolta a Chisinau?
Tra febbraio e marzo la capitale moldava Chisinau è stata interessata da proteste innescate dall’inflazione e dall’aumento di bollette e carburanti a causa della guerra in Ucraina. A soffiare sul fuoco per indebolire il governo filo-occidentale del primo ministro Gavrilita, dimessasi il 10 febbraio, e del sostituto Dorin Recean il Movimento per il Popolo e membri del partito Shor, considerato da molti pro-Russia.
Il 12 marzo la Polizia moldava ha annunciato di aver sgominato una banda di agenti provocatori appositamente addestrati dalla Russia per scatenare disordini nella capitale. Tra gli arrestati un presunto membro del Gruppo Wagner, identificato come tale anche grazie ai tatuaggi riconducibili alla PMC ibrida di Prigozhin.
Per concludere, oltre ad una crisi di sicurezza interna e diplomatica tra Washington e alleati, la fuga di notizie ha innescato un acceso scambio di accuse di disinformazione tra NATO, Ucraina, Russia e, perfino, Gruppo Wagner.
Da una parte Kiev e Washington, per esempio, hanno preso con molta cautela la presunta proposta di Prigozhin di rivelare le posizioni russe in cambio del ritiro da Bakhmut. Un’offerta alquanto improbabile da essere considerata falsa o foriera di chissà quali oscuri piani, nella più completa aderenza alla storica dottrina russa della maskirovka o dell’inganno militare. Dall’altra Prigozhin ha negato di aver mai proposto nulla di simile e di non essersi più recato in Africa da mesi prima dell’inizio dell’Operazione Militare Speciale. Egli ha, infine, accusato qualche giornalista o esponente dell’élite russa di essersi inventato “una bella storia”. Gli ha fatto eco il portavoce del Cremlino, Peskov definendo la notizia una bufala.
In un podcast del 21 marzo intitolato “Sconfiggere il Gruppo Wagner” il professore ed ex contractor Sean McFate suggeriva di alimentare i conflitti tra lo Chef di Putin e vertici della Difesa per screditarlo. Quello di far circolare voci su di una tal proposta di Prigozhin potrebbe, quindi, essere uno stratagemma di americani e/o ucraini messo in atto in tal senso.
Come ha riferito il tenente colonnello ucraino Yuriy Bereza al The New York Times “non possiamo più determinare dove sia la verità e la menzogna… Siamo in quella fase in cui la guerra dell’informazione a volte è ancora più importante degli scontri fisici diretti al fronte”.
Se le informazioni divulgate nei documenti del Pentagono dovessero rivelarsi concrete, verrebbero confermate determinazione e capacità del Gruppo Wagner ad operare e perseguire obiettivi a livello globale, nonostante le perdite subite ed il gravoso impegno in Ucraina.
Foto: Wagner, RIA-FAN, TASS e Telegram
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Pietro OrizioVedi tutti gli articoli
Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.