La CIA su Telegram con un canale in lingua russa

 

 

Da Guerre di Rete – newsletter di notizie cyber a cura di Carola Frediani

 

Nei giorni scorsi la CIA ha aperto un canale Telegram in russo, rivolto a cittadini russi, per ricevere soffiate e contatti di potenziali informatori. Il canale, che al momento in cui scrivo ha 13mila membri, si presenta così: “La missione globale della CIA richiede che le persone possano contattarci in modo sicuro da qualsiasi parte del mondo. Per questo motivo, per la prima volta, la CIA stabilisce una presenza su Telegram, per raggiungere coloro che si sentono in dovere di contattarci e per fare in modo che sappiano come farlo nel modo più sicuro possibile (…) apprezziamo chi è disposto a parlare con noi, e la vostra sicurezza è la nostra priorità”.

 

Lo sbarco su Telegram

Al canale si aggiungono due video, una specie di trailer promozionali, sempre in russo, per cercare di convincere sul piano ideale chi possa contemplare di diventare un informatore dell’agenzia americana.

Secondo la CNN, che ha raccolto fonti dell’intelligence statunitense, “i funzionari della CIA coinvolti nel progetto hanno dichiarato che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia avrebbe creato una breccia storica ‘per far sì che i russi vengano da noi e forniscano informazioni di cui gli Stati Uniti hanno bisogno’. Il progetto arriva dopo una precedente campagna di reclutamento avvenuta in seguito all’invasione dell’Ucraina. Campagna che, secondo i funzionari, avrebbe avuto successo, con dei “contatti in arrivo”.

Chi ha seguito questa newsletter sa che la guerra in Ucraina ha portato a una svolta nel modo in cui il conflitto (cyber e non solo) si è dispiegato, essenzialmente in bella vista, tra social media, canali Telegram, reclutamento di volontari e via dicendo (ne ho scritto ad esempio qua).
E quindi non stupisce più di tanto che pure la CIA abbia deciso di giocarsi questa carta, per quanto sfacciata.
Il canale dà alcune indicazioni per contattare l’agenzia: principalmente fornisce l’indirizzo del sito della CIA come servizio nascosto (hidden service) su rete Tor, la darknet più nota che permette di anonimizzarsi (e di creare siti o servizi anonimi).

 

Il sito della CIA su Tor

Anche questa scelta non stupisce. Per altro ricordiamo che il progetto Tor (una no profit gestita da associazioni, ricercatori indipendenti e attivisti) è stato finanziato anche dal governo americano. Al di là dei dubbi che tale sostegno (alla luce del sole, pure questo) ha periodicamente sollevato in alcuni osservatori, la scelta americana era strategica, e rientrava in una politica estera e di soft power ben precisa e delineata, guidata dal Dipartimento di Stato: finanziare strumenti anticensura e a protezione dell’anonimato serviva a mettere in difficoltà proprio Stati avversari autoritari. Ha funzionato? Non mi avventuro in un bilancio, anche se di sicuro sappiamo che gli stessi strumenti sono stati usati anche da whistleblower occidentali per far emergere documenti e leaks critici verso l’operato del governo Usa.
Voglio dire che il tema è complesso, ne ho scritto molto più in dettaglio in libri e articoli (incluso pure il libro Guerre di Rete) e quindi ora non mi ci soffermo.

 

La reazione del governo russo

Mi interessa di più la reazione russa al riguardo. La portavoce del Ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha dichiarato che il nuovo canale Telegram della CIA è una “risorsa molto comoda per rintracciare coloro che vogliono mettersi in contatto”, scrive la testata Meduza, facendo intendere una non precisata capacità nazionale di sorvegliare quell’ambiente. Mentre il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, più banalmente, si dice “convinto che i nostri servizi segreti stiano monitorando questo spazio”.

È difficile stabilire quanto effettivamente, al di là dei proclami, i russi siano in grado di monitorare questo genere di interazioni (tanto più che il canale Telegram sembra più una vetrina su cui andarsi a prendere l’indirizzo .onion).

Il ruolo di Telegram nel conflitto

Di sicuro Telegram è di vitale importanza anche per molti ucraini. Secondo uno studio dell’Ukrainian Rating Research Group, datato 21 febbraio 2023, nei precedenti 15 mesi la quota di ucraini che ricevevano notizie politiche dai canali Telegram è cresciuta dall’11 al 41 per cento.

“I canali Telegram sono ora praticamente alla pari con la televisione, la cui quota è scesa dal 55% al 43% nello stesso periodo”, scriveva a marzo un opinionista ucraino (per altro molto critico e diffidente verso Telegram) sul Kyiv Independent.

“La guerra ha accelerato il passaggio dalla TV ai social media come luogo centrale per le notizie”, rincara la dose, proprio in questi giorni, un’analisi della testata ucraina The Fix. “Telegram gioca un ruolo particolarmente importante in questo ecosistema. È diventata una delle principali piattaforme di notizie grazie alla sua affidabilità tecnica, nonché alla rapidità e alla comodità della sua funzionalità di canali uno-a-molti (broadcast)”.

In una precedente analisi, di aprile, dedicata proprio ai canali Telegram in Ucraina, The Fix scriveva: “In Ucraina l’app è diventata più di un semplice sistema di messaggistica: è un’importante piattaforma di notizie”. Anzi: “una fonte inestimabile di informazioni per milioni di ucraini”. Con canali di notizia nativi, che esistono solo su Telegram. Anche se l’assenza di chiari processi editoriali rende vulnerabile il loro pubblico alla diffusione di informazioni inesatte, scrive ancora la suddetta analisi.

 

La crescita delle VPN

In questo scenario anche le VPN hanno avuto un ruolo. Proton (la società svizzera che fornisce sia la mail cifrata Protonmail sia la VPN Proton) avrebbe 1,4 milioni di utenti giornalieri in Russia, scriveva a febbraio Coda Story, spiegando come fino all’inizio della guerra i suoi utenti fossero perlopiù americani. “Poi, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e le recenti proteste antigovernative in Iran, l’uso del servizio in Iran e Russia ha superato quello del Nord America”.

 

… e dei fondi del governo Usa agli strumenti anticensura

Non è quindi un caso che il governo americano, a partire dalla guerra in Ucraina, abbia aumentato i finanziamenti ad alcuni progetti che sviluppano proprio VPN. Si tratta di nthLink, Psiphon e Lantern e, secondo fonti Usa sentite da Reuters lo scorso giugno, la motivazione era proprio sostenere la domanda di questi strumenti da parte di russi. I fondi arrivano da quelle agenzie federali – come l’US Agency for Global Media (USAGM)  – che da sempre supportano progetti quali Voice of America e Radio Free Europe.

 

Più fondi per il 2023

Ma negli ultimi mesi sono aumentati ulteriormente questi finanziamenti?, mi sono chiesta. La risposta non è stata difficile da trovare: nel dicembre 2022 il Congresso americano ha passato una legge (Consolidated Appropriations Act) che include fondi anche per i programmi per “la libertà di internet”. Per il 2023 il Congresso ha quindi allocato, su questa voce specifica, 90,5 milioni di dollari. Si tratta di un incremento di 13 milioni rispetto al 2022.

Di questi fondi per la libertà della Rete, 40 sono diretti all’Open Technology Fund (OTF), l’ente che sostiene molti software e progetti di cifratura e anonimizzazione open source. Per l’OTF si tratta di un incremento di 13 milioni dall’anno precedente. (Qui una lista parziale di progetti sostenuti dall’OTF). Dunque uno degli effetti collaterali della guerra in Ucraina è stato di aumentare i finanziamenti per tecnologie di questo tipo.

Foto: CIA

 

Leggi anche:

https://www.cia.gov/stories/story/cia-launches-telegram-channel/

https://www.cia.gov/stories/story/cias-latest-layer-an-onion-site/

 

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