Salta la diga di Nova Kakhovka e il fronte di Kherson va sott’acqua
Sulla Diga di Nova Kakhovka non si sono combattute battaglie tra truppe russe e ucraine ma il parziale crollo dell’infrastruttura sul fiume Dnepr e le sue conseguenze stanno alimentando l’ennesimo confronto tra le opposte narrazioni e propagande, un confronto trasferitosi spesso in modo acritico anche sui media e sulla politica in Occidente dove le valutazioni sembrano dipendere soprattutto dallo schieramento assunto nel conflitto invece che da valutazioni oggettive.
Come per i bombardamenti contro la centrale nucleare di Energodar (regione di Zaporizhia), russi e ucraini si sono accusati reciprocamente per mesi di voler abbattere la diga in cui si è creata una breccia alle prime ore del 6 giugno che ha determinato ampi allagamenti sulle due sponde del fiume ma soprattutto su quella meridionale, più bassa e controllata dai russi.
Kiev ha riferito che 24 villaggi sono stati allagati. In maggior parte lungo la riva sinistra controllata dai russi mentre le autorità filorusse della regione di Kherson riferiscono di circa 22.000 persone minacciate dall’inondazione.
Complessivamente, circa 40.000 persone dovrebbero essere evacuate, ha detto il vice procuratore generale dell’Ucraina Viktoriya Lytvynova: 17.000 nel territorio controllato dall’Ucraina e 25.000 in quello controllato dai russi. Il picco dell’enorme fuoriuscita d’acqua è previsto per questa mattina, ha avvertito l’amministratore delle centrali idroelettriche statali ucraine Ukrhydroenergo, aggiungendo che dovrebbe seguire poi un periodo di “stabilizzazione”, con l’acqua che dovrebbe ritirarsi rapidamente in quattro o cinque giorni.
Intanto le Nazioni Unite hanno avvertito che la distruzione della diga avrà “conseguenze gravi e di vasta portata per migliaia di persone”.
Secondo il responsabile degli aiuti Onu, Martin Griffiths, la reale entità della catastrofe alla diga di Kakhovka diventerà chiara solo nei prossimi giorni. Questa mattina il livello dell’acqua nelle strade della città di Nova Kakhovka ha iniziato a diminuire secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa russa RIA Novosti che cita l’amministrazione filorussa di Kherson. locale. “Il livello dell’acqua era salito di quasi 11 metri. L’abbassamento nella notte è stato di circa 35 centimetri”.
Nel pomeriggio di oggi l’acqua ha invaso anche ampie aree della città di Kherson sulla riva destra del fiume controllata dagli ucraini ma la città era già stata evacuate da tempo dalla maggior parte dei civili rimasti dopo il ritiro russo (molti raggiunsero la sponda sinistra prima del ripiegamento delle truppe di Mosca) su indicazione di Kiev in seguito ai costanti bombardamenti russi.
Kiev ha accusato la Russia, che controlla la centrale elettrica e la diga, di averla fatta esplodere per fermare la controffensiva ucraina anche se in questo settore il fronte è fermo da mesi, animato solo da scontri limitati sulle isole del fiume e scambi di artiglieria.
“Questo è solo un singolo atto di terrorismo russo, ora la Russia è colpevole di brutale ecocidio”, ha affermato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky mentre il ministero degli Esteri russo ha chiesto alla comunità internazionale di “condannare l’atto criminale” di Kiev, affermando che il sabotaggio fa parte del piano delle autorità ucraine per la controffensiva da tempo annunciata. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha attribuito a Kiev anche l’intenzione di privare di acqua la Crimea annessa alla Russia, che per il suo rifornimento idrico dipende in gran parte da un canale proveniente da quella diga.
L’ambasciatore ucraino all’Onu, Sergiy Kyslytsya, ha accusato Mosca di aver fatto esplodere “una bomba di distruzione di massa ambientale” che ha causato il disastro “più grande prodotto dall’uomo in Europa da decenni” e definendo l’accaduto “un atto di terrorismo ecologico e tecnologico”
L’ambasciatore della Russia presso le Nazioni Unite, Vasily Nebenzya ha invece parlato di “un atto di sabotaggio deliberato da parte di Kiev”, che dovrà essere “classificato come un crimine inimmaginabile di guerra o un atto di terrorismo”.
Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg ha parlato a caldo di “un atto oltraggioso che dimostra ancora una volta la brutalità della guerra della Russia in ucraina” mentre il presidente del Consiglio Ue Charles Michel ha denunciato “un crimine di guerra” di cui la Russia dovrà “pagare le conseguenze” seguito dal cancelliere tedesco Olaf Scholz che ha definito l’accaduto “un’aggressione da parte della Russia per fermare l’offensiva dell’ucraina”.
Tra i think-tank “militanti” l’Institute for the Study of War (ISW) già ieri riteneva “molto probabile” che siano stati i russi a distruggere deliberatamente la diga di Kakhovka. “Non possiamo offrire una definitiva valutazione sulla responsabilità dell’incidente del 6 giugno, ma le prove, i ragionamenti e la retorica suggeriscono che i russi abbiano deliberatamente danneggiato la diga”, si legge sul bollettino giornaliero dell’ISW.
A Londra il premier Rishi Sunak ha detto che ci troveremmo di fronte ad un “nuovo livello di bassezza” se le forze della Russia di Vladimir Putin emergessero come responsabili dell’attacco alla diga che ha causato enormi inondazioni. Mentre il ministro degli Esteri James Cleverly, come Guterres, ha affermato che il disastro è un risultato dell’invasione russa, aggiungendo però che è “troppo presto per fare qualsiasi tipo di valutazione significativa sui dettagli” di quanto accaduto. “Non faremo commenti finché non avremo tutte le prove a disposizione. Quindi, su questo tema, peccheremo di cautela”, ha dichiarato in un’intervista.
Inoltre, l’intelligence americana sta valutando la responsabilità dell’esplosine della diga in Ucraina ed è incline ad attribuirne la responsabilità alla Russia secondo la CNN che cita un funzionario dell’amministrazione.
Paradossale che l’unico a chiedere un’inchiesta neutrale sia il presidente turco. “Svolgere un’inchiesta esaustiva sull’esplosione della diga di Kakhovka che non lasci spazio ai dubbi è importante” ha detto Recep Tayyip Erdogan nella telefonata avuta oggi con Vladimir Putin, secondo quanto riporta l’agenzia Anadolu.
Secondo il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak, la breccia nella diga sarebbe stata provocata da un’esplosione nella centrale idroelettrica da militari della 205a Brigata motorizzata dell’esercito russo. Podolyak ha ricordato che già nei mesi scorsi Kiev aveva affermato che i russi avevano minato la diga mentre le autorità filorusse di Kherson hanno riferito di un bombardamento con razzi compiuto dagli ucraini intorno alle 2 del mattino.
Per l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) il crollo della diga non dovrebbe creare pericoli alla centrale nucleare di Zaporizhia, più a monte, controllata dai russi e che può attingere acqua altrove anche se il bacino lungo 240 chilometri creato dalla diga di Nova Kakhovka dovesse prosciugarsi.
Secondo un’inchiesta della tv statunitense CNN la diga di era stata danneggiata pochi giorni prima del suo cedimento strutturale. Immagini satellitari rivelano che il ponte stradale che attraversa la struttura era intatto fino al 28 maggio mentre alcune immagini scattate il 5 giugno mostrano una sezione mancante con un danno che pare provocato da un attacco esterno, forse proiettili d’artiglieria.
L’analisi delle immagini a bassa risoluzione fanno supporre che il danno sia avvenuto tra l’1 e il 2 giugno ma CNN precisa di non poter verificare se tali danni strutturali abbiano effettivamente causato il cedimento di ieri. La CNN riporta anche le dichiarazioni del capitano ucraino Andrei Pidlisnyi, secondo cui dopo il cedimento della diga i soldati ucraini hanno visto militari russi trascinati dalla corrente del fiume.
“Nessuno dalla parte russa è riuscito a scappare. Tutti i reggimenti che avevano da quel lato sono stati rimasti inondati”, ha raccontato aggiungendo che “la conformazione del terreno attorno al fiume ha fatto sì che l’esercito russo, situato sulla sponda orientale, abbia subito gravi perdite a causa della breccia nella diga”.
Molti soldati russi sono stati travolti dall’acqua dopo il crollo della diga, alcuni di loro sono rimasti uccisi, altri feriti secondo Pidlisnyi, la cui compagnia ha potuto osservare lo svolgersi degli eventi dalla sponda ucraina e attraverso l’uso di droni.
Testimonianza che non sembra deporre a favore dell’ipotesi del sabotaggio attuato dai russi aprendo però all’ipotesi di un cedimento strutturale improvviso della diga. Lo stesso ufficiale ucraino ha però aggiunto di ritenere che i russi abbiano fatto esplodere la diga senza informare i propri reparti schierati a ovest lungo il fiume (che costituisce la linea del fronte che attraversa la regione di Kherson) per mantenere l’effetto sorpresa.
Tesi curiosa considerato che l’inondazione ha interessato quasi esclusivamente le linee russe e solo successivamente le postazioni ucraine su alcune isole e infine quelle sulla riva sinistra intorno alla città di Kherson. Sempre secondo l’ufficiale ucraino sentito dalla CNN l’inondazione è stata lenta e graduale e i reparti russi avrebbero avuto il tempo di ritirarsi dalle aree alluvionate.
Del resto tutte le fonti concordano nel valutare che il crollo della diga di Nova Kakhovka abbia causato danni ben più gravi sulla sponda sinistra controllata dai russi e dove erano state realizzate nei mesi scorsi ampie opere difensive in vista di un possibile assalto ucraino che cercasse di costituire una testa di ponte sulla sponda sinistra del Dnepr. L’acqua le ha spazzate via insieme ai campi minati, anche quelli lasciati dai russi sulla riva destra in mano agli ucraini dopo la ritirata del novembre scorso.
Per questa ragione l’inondazione provocata dal crollo della diga appare in termini militari molto più funzionale agli obiettivi ucraini che a quelli russi tenuto conto che le forze di Kiev non dispongono dei mezzi per attraversare in forze il Dnepr.
Se poi si aggiunge che nella all’alba di oggi, poco dopo il crollo della Diga, diverse brigate di Kiev hanno scatenato un attacco durato tutta la giornata cercando di sfondare (sembra senza successo) il fronte russo poco più a est della diga, nella regione di Zaporizhia, risulta credibile ritenere che l’inondazione avesse il compito di spazzare via le difese russe sulla sponda del Dnepr creando un’emergenza su vasta scala che potesse indurre Mosca a trasferire truppe in quel settore sguarnendone altri incluso quello più vicino..
Del resto sia l’inondazione che l’offensiva a Zaporizhia puntano a indebolire le difese russe poste a protezione della Crimea, obiettivo di primaria rilevanza per gli ucraini.
Nella guerra delle informazioni, fonti militari russe non ufficiali hanno minimizzato i danni alle difese russe nella regione alluvionata evidenziando che il grosso delle postazioni difensive è stato posizionato a 20-30 chilometri dalla riva del Dnepr dove erano stati lasciati solo avamposti e punti di osservazione utili a contrastare gli sbarchi di piccole unità ucraine sulle isole. Benché le difese russe in questo settore siano strutturate in profondità sui più linee di postazioni e fortificazioni pare evidente la volontà di Mosca di minimizzare il danno militare provocato dall’inondazione.
Anche per queste ragioni, come per la testimonianza dell’ufficiale ucraino citato da CNN, non sembrano emergere elementi utili ad attribuire ai russi la breccia nella Diga.
Certo non vi sono certezze né prove circa le responsabilità ma la diga è una grande infrastruttura che i russi controllavano dalle prime fasi dell’Operazione Militare Speciale e che gli ucraini avevano più volte bersagliato anche con l’impiego di lanciarazzi a lungo raggio americani HIMARS, anche prima del ritiro delle truppe di Mosca dalla città di Kherson e dalla riva destra del Dnepr.
Non va poi dimenticato che la diga è una grande infrastruttura dell’oblast di Kherson, una delle quattro regioni annesse alla Russia con i referendum del settembre scorso, annessione incompleta considerato che parte di questi territori rimangono sotto il controllo ucraino. Difficile quindi credere che Mosca voglia devastare territori abitati da popolazioni in gran parte filo russe e di cui in caso di successo bellico dovrà assumersi l’onere di ricostruirle.
A questo proposito i danni economici e ambientali provocati dall’inondazione in un territorio che i russi ritengono parte della Federazione non sono compatibili né giustificabili con nessuna valutazione o esigenza militare da parte dei comandi russi.
Non sarebbe certo la prima volta che allagamenti vengono provocati in questo e in altri conflitti per ostacolare la manovra nemica ma nel caso di Nova Kakhovka i russi non avevano offensive nemiche da fermare mentre i danni riportati dalle alluvioni sulla riva controllata da Mosca potrebbero in futuro favorire iniziative ucraine oltre a mettere a rischio il rifornimento idrico della Crimea, la cui sicurezza impone a Mosca di controllare almeno la parte meridionale della regione di Kherson.
A meno che non si intenda credere, senza dubbi né interrogativi “scomodi”, che i russi si bombardano e ora si allagano pure da soli senza neppure avvisare i propri reparti schierati lungo un fiume il cui impeto travolge soprattutto la sponda russa come hanno ammesso anche a Kiev. E lo fanno per fermare una controffensiva ucraina nell’unico settore in cui le truppe di Kiev non stanno attaccando.
Oppure che non si voglia continuare a sostenere la narrazione che vuole i russi impegnati a bombardare le proprie truppe e le proprie infrastrutture strategiche, come è stato sostenuto a lungo a Kiev e in Occidente circa i bombardamenti contro la centrale atonica di Energodar, il ponte di Crimea, il centro di detenzione dei prigionieri ucraini del Reggimento Azov, persino sul Cremlino con i droni-kamikaze e i gasdotti Nord Stream del Baltico.
Quanto a quest’ultima vicenda, vale la pena ricordare che autorità ucraine e molti osservatori occidentali si affrettarono a puntare il dito sulla responsabilità di Mosca per la loro distruzione mentre oggi in Germania si indaga su sabotatori ucraini e Washington Post ha rivelato che l’Amministrazione Biden, attraverso uno stretto alleato, era a conoscenza di un piano delle forze militari ucraine per colpire le infrastrutture sottomarine già tre mesi prima che gli attacchi venissero effettuati da una squadra di incursori subacquei al diretto comando del capo delle Forze Armate di Kiev, cioè il generale Valery Zaluzhny.
Secondo un rapporto finito nelle mani del Washington Post, le informazioni raccolte da un servizio di intelligence europeo vennero condivise con la Cia nel giugno del 2022.
Foto: Telergram, @Zhivoff e Slavyangrad
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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.