MARE NOSTRUM (FORSE) FINISCE, MA LA FARSA CONTINUA
Quanta retorica e ipocrisia dietro il passaggio di consegne tra l’operazione italiana Mare Nostrum e l’europea Triton che peraltro non ci sarà (se mai avverrà) prima della fine dell’anno. Dopo 558 interventi, 100.250 persone soccorse (su circa 155 mila sbarcate in Italia dalla Libia tra gennaio e ottobre, 728 scafisti arrestati e 8 navi sequestrate l’operazione cominciata l’anno scorso nel Mediterraneo dopo la tragedia di Lampedusa si è conclusa ma forse no. Di certo è stata affiancata a inizio novembre dall’Operazione Triton coordinata dall’agenzia europea Frontex che ha però compiti diversi e capacità ben più limitate. Il Ministro degli Interni Angelino Alfano ha rivendicato l’orgoglio italiano” di essere stati “un modello e un esempio per l’Europa” con un trionfalismo del tutto fuori luogo per tante ragioni.
Innanzitutto perché nessun partner europeo ci ha preso ad esempio (se non in senso negativo) e poi perché il lento afflusso dei pochi mezzi europei richiederà almeno due mesi di transizione tra le due operazioni durante i quali la Marina continuerà a mettere in campo almeno 4 navi.
Basti pensare che il limitato contributo tedesco composto da un pugno di poliziotti e un elicottero arriverà in Sicilia solo a fine anno. Inoltre Triton sarà una missione di controllo delle frontiere marittime non di soccorso come Mare Nostrum (anche se pare che alla UE si cominci a discutere anche di missioni di ricerca e soccorso) e non potrebbe essere diversamente considerato che il dispositivo comprenderà solo due navi d’altura, due navi di pattuglia costiera, 2 motovedette, 2 aerei e un elicottero. E’ poi assurdo sperare che l’Italia possa chiamarsi fuori considerato l’impegno navale europeo poco più che simbolico e l’assoluta determinazione dei nostri partner a non accollarsi l’accoglienza di quanti sbarcano illegalmente in Italia.
I pochi mezzi aerei e navali messi in campo dai partner europei non risolveranno il problema anche perché con Triton, che opera al massimo a 30 miglia dalla costa, non sarà possibile pattugliare il mare aperto e i clandestini continueranno a raggiungere l’Italia.
Del resto l’eventuale disponibilità di ogni membro della Ue ad accogliere immigrati clandestini non farebbe che ingigantire ulteriormente l’esodo contribuendo a “svuotare l’Africa” e ad arricchire ulteriormente i trafficanti.
Con i soli mezzi di Triton in mare non sarà più possibile “intercettare” i barconi dei clandestini a ridosso delle coste libiche come è stato fatto finora dalla Marina Militare e ben difficilmente il debole dispositivo messo in campo dalla Ue potrà fronteggiare eventuali e probabili emergenze.
L’avvio di Triton comporta per ora l’unico vantaggio di ridurre i costi sostenuti da Roma per tenere in mare navi ed equipaggi, pari a circa 10 milioni di euro al mese (114 milioni spesi finora). Triton ne costerà ai contribuenti europei solo 3 ma non esprimerà certo le capacità d’intervento del dispositivo messo in campo dalla flotta italiana che nell’ultimo anno ha destinato la gran parte delle navi operative a questa operazione senza precedenti nella storia.
Alfano ha cantato vittoria affermando che Triton “non costerà un solo euro agli italiani” ma il ministro si illude: innanzitutto perché le spese di Frontex le paghiamo anche noi in quanto membri della Ue, poi perché la Marina sarà ancora costretta a intervenire con costi rilevanti e infine perché le spese di accoglienza degli immigrati che continueranno ad affluire sul nostro territorio ricadranno ancora sui contribuenti italiani.
Lo sviluppo più probabile è infatti che, senza Mare Nostrum, i barconi tornino a puntare su Lampedusa come facevano prima dell’avvio dell’operazione, con il rischio di nuove tragedie e sovraccaricando le limitate infrastrutture dell’isola che la Marina verrebbe chiamata ad alleggerire trasferendo sul continente migliaia di clandestini.
La stagione invernale ridurrà i flussi anche tenendo conto che per raggiungere Lampedusa occorrono barche in condizioni decenti mentre nell’ultimo anno i trafficanti di esseri umani hanno messo in mare qualsiasi cosa fosse in grado di galleggiare sommariamente approfittando dei “saldi” determinati dalla presenza della Marina italiana davanti alle coste libiche che ha permesso agli scafisti di ridurre sensibilmente il costo del “biglietto”.
L’impiego di imbarcazioni in pessimo stato è stata la causa principale dell’elevato numero di vittime per lo più affogate nelle acque libiche, forse ben di più dei 691 morti e 1.499 presunti dispersi che risultano al Viminale. Per questa ragione l’operazione non ha impedito che vi fossero vittime in mare anche se di certo ne ha ridotto il potenziale numero: unico successo di un’operazione che per il resto si è rivelata fallimentare e per molti versi assurda.
Invece di scoraggiare l’immigrazione clandestina l’ha incentivata come sostiene Londra che non intende appoggiare il mini sforzo europeo nelle acque siciliane.
“Non sosterremo più operazioni di ricerca o di salvataggio nel Mediterraneo perché riteniamo che queste missioni creino un fattore di attrazione involontario incoraggiando più migranti a tentare la traversata pericolosa del mare e determinando così le morti più tragiche ed inutili” ha fatto sapere il Foreign Office.
All’inizio dell’operazione, un anno or sono, Il ministro degli Interni Angelino Alfano e l’allora titolare della Difesa Mario Mauro, avevano annunciato un “ruolo deterrente” di Mare Nostrum precisando che i clandestini sarebbero stati sbarcati nel porto sicuro più vicino, non per forza in Italia. Invece l’operazione ha traghettato solo in Italia oltre 150 mila persone che non avevano nessun titolo per sbarcarvi.
A proposito di “deterrenza” vale poi la pena ricordare che degli oltre 700 scafisti catturati la gran parte sono già stati liberati e rimpatriati (a spese nostre) e hanno già ripreso la loro lucrosa e criminale attività.
Il “libro dei sogni” di Alfano include per il futuro la costituzione di “campi profughi e centri di accoglienza direttamente nei Paesi da cui gli immigrati arrivano. L’elemento comune a tutte le domande d’asilo di migranti provenienti da diverse aree è che “quasi il 100% parte della Libia” ha detto il ministro ma nessuno, tantomeno l’Italia, vuole intervenire per stabilizzare il Paese nordafricano che abbiamo gettato nel caos con la guerra del 2011.
Eppure l’unica operazione che giustificherebbe l’impiego in forze della Marina Militare, cioè la continuazione di Mare Nostrum con gli stessi mezzi ma con altri obiettivi, è rappresentata dal “blocco” dell porto di Zuara e degli altri porticcioli circostanti da cui salpano i barconi. Le navi italiane potrebbero fermare rapidamente i clandestini, trasferirli a bordo e poi sbarcarli nuovamente in Libia, con una sorta di respingimento protetto attuabile in sicurezza grazie alle forze militari che potrebbero comunque prestare soccorso ai bisognosi e ricoverare temporaneamente in Italia chi necessitasse di cure urgenti.
Certo la Libia non è la Svizzera ma i clandestini vi hanno vissuto per mesi prima di imbarcarsi. Come Analisi Difesa ha sostenuto più volte, un respingimento sistematico e prolungato così effettuato non solo salverebbe tante vite impedendo ai barconi di raggiungere il mare aperto ma in breve tempo determinerebbe la fine dei flussi migratori per la semplice ragione che nessuno pagherà mai i trafficanti per ritrovarsi sulla sponda africana del Mediterraneo.
Con le dovute misure di sicurezza si potrebbero inoltre rimpatriare direttamente nei rispettivi Paesi d’origine la quasi totalità de clandestini giunti in Italia. Nessuno ci ha mai spiegato perché oltre un milione di lavoratori asiatici e africani residenti in Libia che fuggirono in Tunisia ed Egitto durante la guerra del 2011 vennero tutti rimpatriati con un ponte aereo internazionale mentre, col consueto masochismo italico, solo i 40 mila giunti da noi con i barconi gestiti dai trafficanti vennero accolti come rifugiati.
Buonismo e improvvisazione
Di certo Mare Nostrum non poteva continuare così. L’utilizzo di costose navi da guerra (incluse le FREMM da mezzo miliardo di euro l’una) come fossero traghetti è un’assurdità senza precedenti. Nessuno Stato ha mai impiegato le forze armate per consentire a chiunque abbia pagato il “pizzo” ad organizzazioni criminali di oltrepassare i confini nazionali.
Anche perché un tale flusso migratorio sta già avendo un pesante impatto sociale in Italia. Mettendo da parte buonismo e terzomondismo va sottolineato che la gran parte dei clandestini accolti in Italia non sono profughi di guerra né fuggono da brutali dittature ma provengono da Stati di cui l’Italia riconosce i governi e con i quali ha normali rapporto economici e diplomatici.
Certo alcuni di questi Paesi sono instabili, altri sono interessati da banditismo e insurrezioni, ma sono soprattutto poveri. Se però passasse il concetto che condizioni economiche peggiori delle nostre sono un motivo sufficiente per indurci ad accettare l’immigrazione illegale, in Europa dovremmo prepararci ad accogliere 5 miliardi di persone poiché quasi ovunque nel mondo il tenore di vita e il livello di sicurezza sono inferiori ai nostri. Se anche tutto questo avesse un senso, non potremmo comunque permettercelo.
La gran parte degli immigrati vengono in Europa attratti dalla possibilità che diamo a quasi tutti di chiedere lo status di rifugiato (spesso in modo ingiustificato) e dal nostro assistenzialismo che consente di incassare in un giorno quello che al loro Paese guadagnerebbero in un mese di duro lavoro. Come ci hanno confermato in Niger fonti dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, in tutta l’Africa Occidentale c’è chi vende beni e attività per pagarsi il viaggio. Il sogno, comprensibile, è di vivere meglio a spese nostre.
Molti siriani ed eritrei scappano per sfuggire alla leva militare e quasi tutti gli altri cercano solo migliori condizioni economiche che l’Europa non vuole e non può offrire (infatti alla Ue pretendono che tutti clandestini restino nel Paese dove sbarcano, il nostro) e ancor meno l’Italia. Già oggi la distribuzione dei clandestini in quasi tutti i comuni solleva decise reazioni e malumori popolari (dovuti al fatto che per ogni clandestino l’Italia spende di più di quanto non incassino tanti pensionati e lavoratori italiani in un mese) e continuando di questo passo non potranno che dilagare a macchia d’olio razzismo e xenofobia.
In più le note di linguaggio politicamente corrette utilizzate dalle istituzioni per definire il fenomeno stridono con la realtà e con la sua percezione da parte di molti italiani. Nonostante fiction televisive strappalacrime cerchino di dimostrarci che aveva ragione l’allora Ministro della Difesa, Mario Mauro, quando disse l’anno scorso che “le Forze Armate sono la più grande organizzazione umanitaria del Paese”, se definiamo migrante chi compie il reato di immigrazione clandestina con quale termine dovremmo definire gli stranieri che entrano in Italia regolarmente, con permesso di soggiorno e senza finanziare criminali e terroristi? Ingenui, sprovveduti, “pirla”?
Tra l’altro l’ immigrazione clandestina è ancora un reato in Italia, come ha stabilito la Corte di Cassazione che con una sentenza depositata il 29 ottobre ha decretato che l’ingresso irregolare nel territorio italiano resta reato penale e non semplice “violazione amministrativa”.
Tutti ricordiamo il voto buonista con cui la Camera dei Deputati aveva decretato il 2 aprile scorso l’abrogazione del reato con il palese obiettivo di rendere più agevole lo sbarco incontrollato di chiunque avesse interesse a venire in Italia con mezzi illeciti ma, come spesso accade in politica, alle chiacchiere ha fatto seguito.…il nulla. Dopo il voto il governo avrebbe infatti dovuto emanare i decreti attuativi che avrebbero reso applicabili le nuove norme.
Ma non lo ha fatto, la Cassazione ha quindi precisato che in tema di immigrazione la delega che il Parlamento ha attribuito al governo “non è ancora stata esercitata” , ragion per cui restano in vigore le norme precedenti, cioè la Legge Maroni che prevede il reato di clandestinità. Inoltre, ricorda la Cassazione, “la direttiva europea non vieta che il diritto di uno Stato membro qualifichi il soggiorno irregolare come reato o lo punisca con una sanzione penale”.
Il rischio di fomentare “guerre tra poveri”
A termini di legge, che dovrebbe essere “uguale per tutti”, dovremmo espellere oltre 150 mila immigrati giunti illecitamente in Italia dalla Libia dall’inizio dell’anno.
Curiosamente, il governo da un lato ferma l’operazione Mare Nostrum facendo insorgere tutte le organizzazioni che gestiscono con fondi pubblici l’accoglienza ai clandestini e dall’altro zittisce con l’accusa di razzismo e xenofobia chiunque osi criticare l’operazione navale e la demenziale gestione dell’immigrazione. Le nostre istituzioni fingono così di non sapere che i veri razzisti sono i trafficanti di esseri umani che proprio Roma sta contribuendo ad arricchire nonostante l’anno scorso l’allora ministro della Difesa Mario Mauro ne avesse denunciato i legami con il terrorismo islamico.
Come hanno raccontato molti immigrati clandestini, nei barconi arabi e asiatici viaggiano sulla parte scoperta, all’aria aperta, mentre i neri africani affrontano in molti casi la traversata nella stiva dove sono i primi a morire per le esalazioni della sala macchina e ad affogare per le infiltrazioni d’acqua. Questione di prezzo del “biglietto” ma anche di discriminazioni razziali molto diffuse tra quei popoli ed etnie.
Buon senso vorrebbe che, specie in un momento economico come quello attuale, il governo si occupasse prioritariamente dei suoi tanti cittadini in difficoltà prima di spendere centinaia di milioni di euro solo quest’anno per ospitare immigrati clandestini nello stesso momento in cui taglia o rende più cari tutti i servizi per gli italiani, persino quelli per i disabili.
Per l’Istat quasi il 13% degli italiani non trova lavoro e nel caso dei giovani la percentuale va più che triplicata. I nostri figli vanno ormai in massa a cercare lavoro all’estero e lo Stato spende miliardi per consentire a qualunque straniero di venire accolto e mantenuto in Italia?
Un cittadino italiano su tre è a rischio di povertà mentre uno studio della Coldiretti ha rivelato che 10 milioni d italiani (+ 35% dal 2012) non riescono a permettersi un pasto proteico adeguato almeno ogni due giorni. La punta dell’iceberg di questa situazione sono i 4.068.250 poveri che nel 2013 in Italia sono stati costretti a chiedere aiuto per il cibo. Tra questi si contano ben 428.587 bambini con meno di 5 anni di età e 578.583 over 65. Ben 303.485 persone hanno beneficiato dei servizi mensa e sono ben 3.764.765 i poveri che nel 2013 hanno avuto assistenza con pacchi alimentari.
In queste condizioni solo dei folli o degli improvvisati possono spalancare le frontiere agli immigrati, soprattutto a clandestini che non sappiamo come e dove accogliere e che per di più non sono sempre riconoscenti come invece dovrebbero.
Oltre ai danni e alle violenze registrati in alcuni centri d’accoglienza ci sono anche episodi di arroganze e pretese che hanno il sapore della beffa e non aiutano certo la diffusione della “cultura della solidarietà”. Il 25 ottobre scorso 221 “naufraghi” siriani raccolti in mare da un mercantile si sono rifiutati di sbarcare a Malta. Volevano andare in Italia per tentare di raggiungere altri Paesi Ue. Ovviamente in modo illegale e ovviamente sono stati accontentati e sbarcati a Catania, neanche fossero turisti su una nave da crociera.
Senza controlli
Gli accertamenti sanitari su quanti sbarcano sono spesso sommari, a volte inesistenti, di certo inadeguati e ai clandestini non viene neppure imposto di identificarsi come ha ammesso l’ammiraglio Filippo Maria Foffi, comandante della Squadra Navale.
Parlando in una conferenza organizzata dall’Ecre (il Consiglio Europeo per i Rifugiati e gli Esuli) Foffi ha detto che “non possiamo da un lato salvare della gente che sta annegando e dall’altro costringerli con la violenza a essere identificati. Ci sono regole a livello di Unione Europea che sono ferree, ma poi c’è la realtà. Noi salviamo vite in mare e poi chiediamo agli immigrati di farsi identificare, facciamo loro delle foto, ma se non vogliono farsi identificare non li costringiamo” si legge nel resoconto pubblicato dall’agenzia Redattore Sociale.
“D’altro canto il diritto comunitario è paradossale in tal senso: c’è un siriano che, per esempio, ha un fratello, una sorella o un genitore in Svezia, lì ha una casa, un posto letto, una famiglia, un lavoro, un sostegno economico. Ma per la Convenzione di Dublino lui dovrebbe essere identificato in Italia e non potrebbe lasciare l’Italia per un altro Paese. E’ normale che non voglia farsi identificare no? Noi ci atteniamo all’obbligo di salvare vite sancito dal diritto internazionale, poi per l’identificazione ovviamente incoraggiamo i migranti a farlo, ma non li costringiamo di certo con la forza”.
Che ai clandestini venga consentito di eludere le leggi italiane e comunitarie è già di per sé grave e spiega forse perché in Europa diffidino di noi ma l’aspetto paradossale è che mentre nessun cittadino italiano può sottrarsi alla richiesta di identificazione da parte di un pubblico ufficiale a un immigrato clandestino viene concessa la facoltà di scegliere.
Per tutte queste ragioni la farsa di Mare Nostrum è solo uno degli esempi più eclatanti del crollo di ogni residua credibilità dell’Italia e delle sue istituzioni, incluse le forze armate. Eppure altri Paesi hanno scelto di contrastare l’immigrazione clandestina come la Grecia (che ha eretto un muro di 12,5 chilometri nell’unico tratto di confine con la Turchia in cui non scorre il fiume Evros), Malta o la Bulgaria che ha respinto profughi siriani in arrivo dalla Turchia sostenendo di non potersi permettere di accoglierli poiché tanti bulgari versano in gravi condizioni economiche.
Come spiega l’articolo di Anna Mykova la Ue ha dovuto riconoscere che i singoli Paesi hanno piena sovranità in termini di accesso di stranieri al territorio nazionale.
Del resto in tema di solidarietà internazionale Roma avrebbe potuto fare qualcosa di meglio che favorire gli affari di trafficanti senza scrupoli. Nel 1979 un gruppo navale italiano raggiunse le acque del Golfo del Tonchino per contribuire a soccorrere i boat-people sudvietnamiti in fuga dal regime comunista. La Marina portò in Italia un migliaio di persone poi integratesi perfettamente. Oggi potremmo soccorrere davvero popoli bisognosi senza arricchire mafie e trafficanti, ad esempio accogliendo parte degli 850 mila cristiani e yazidi iracheni cacciati dalle loro case dai terroristi islamici e riparati in campi profughi che l’inverno imminente renderà invivibili.
Foto: Marina Militare, ICSA, Ansa, TM News, Google
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.