Legge di Stabilità e Difesa: l'unica cosa stabile sono i tagli

di Giuseppe Valotto  (già Capo di stato Maggiore dell’Esercito)

Puntuale come un orologio svizzero, anche quest’anno a novembre l’attenzione pubblica è prioritariamente rivolta sulla Legge di Bilancio, o Legge di Stabilità che dir si voglia, sia per il periodo difficile che il Paese sta vivendo dal punto di vista economico, sia perché la affannosa ricerca governativa di nuove risorse deve necessariamente percorrere  l’implacabile strada dei risparmi da ottenere a qualsiasi costo,  pena la sopravvivenza stessa dello Stato.
Tutti sono chiamati a risparmiare, tutti devono accettare anche strani e discutibili contributi di solidarietà. La parola d’ordine è una sola: “risparmiare in nome della  stabilità” anche se la massa dei provvedimenti non tiene conto di concreti e affidabili  piani organici a lungo/medio termine.

E così l’affannosa ricerca di risorse si abbatte su tutti, cittadini e – udite udite – quest’anno anche su tutti i Ministeri … e non solo su alcuni che vengono chiamati a significative economie. Toh, per una volta non è solo la Difesa a pagare !
Ma come sempre, ci sono Ministeri e Ministeri.  Alcuni Dicasteri non si possono penalizzare più di tanto, pena un effetto sociale che in questo momento storico non è perseguibile, anzi potrebbe avere un effetto esplosivo.

E allora? Allora ecco che i veri “bancomat” continuano a essere sempre gli stessi e, in particolare, malgrado le espressioni di alcuni vertici politici e malgrado le espressioni di plauso del nostro Presidente della Repubblica, a pagare il prezzo più alto è proprio la Difesa,  un’area di primario interesse politico strategico ma troppo vulnerabile dal punto di vista mediatico e poco sostenuta dai mass media nazionali e dalla popolazione se non nei momenti di bisogno.

In verità, parlare di “stabilità” non crea poi tante perplessità per chi veste un uniforme perché – a guardare bene –  l’Istituzione cui si dedica la propria vita con abnegazione e, talvolta, con sacrificio anche estremo, vien di anno in anno penalizzata con una disarmante “stabilità dei  provvedimenti” che penalizzano la Funzione Difesa.  A fronte di dichiarazioni che si sono susseguite negli anni per il crescente impegno dei militari in operazioni e per le nuove sfide che si stanno manifestando, nulla o ben poco è stato fatto.

Nessun aumento sulla percentuale del PIL osannato alla fine degli anni 90, nessun significativo incremento stipendiale a fronte delle maggiori richieste, nessun incremento di fondi da dedicare all’esercizio che ha provocato un progressivo e irrecuperabile deterioramento di mezzi e infrastrutture a scapito dell’efficacia delle unità e delle condizioni di vita dei nostri uomini e donne,  nessun incremento delle spese di investimento che ha provocato un invecchiamento dei mezzi e degli armamenti  a disposizione con grave scapito sulla sicurezza dei nostri soldati che operano in Teatri impegnativi e pericolosi …. senza contare il negativo effetto sull’Industria per la Difesa nazionale.

“Stabilità” uguale a riduzione, riduzione delle risorse anche esercizio finanziario durante – fatto estremamente esecrabile – con  tagli  a volte molto consistenti, con atti amministrativi effettuati senza consultare i Vertici che vorrebbero invece non risorse esorbitanti ma la certezza nell’assegnazione anche di limitate  risorse e che, per contro, si trovano nell’impossibilità  di programmare,  di quantificare le esigenze sulla base dei compiti  ricevuti … ovviamente dall’Autorità Politica  ….. con effetti che necessariamente portano al  ridimensionamento “in corsa”  di funzioni o missioni, vanificando piani e progetti a volte di primaria importanza.

E così, anche quest’anno, di fronte a un alibi incontestabile quale la obiettiva e pesante crisi economica, non resta che aspettarsi una ennesima, altrettanto pesante, ulteriore riduzione di risorse e, tanto per restare nel campo della “stabilità”,  l’incidenza delle disposizioni economiche sulle Forze Armate è sempre ben più significativa e, come sempre, va a colpire il nostro Dicastero più di ogni altro.

Ennesima dimostrazione che i tempi cambiano, cambiano i Governi, i Primi Ministri, i Ministri della Difesa, ma  il ritornello rimane  sempre lo stesso: acquisire risorse dalla Difesa riducendo le spese. Omettendo così di dare un giusto significato alle raccomandazioni del Consiglio Supremo di Difesa e alle espressioni del nostro Comandante Supremo, il Presidente della Repubblica.

Ridurre. ridurre, ridurre……. Ridurre gli stanziamenti ovviamente con tagli lineari condotti asetticamente senza alcuna valutazione degli effetti, utilizzando un discutibile “sistema lineare” che ben poco tiene conto delle priorità indicate dai diretti responsabili.  Ridurre le forze senza guardare alle tradizioni e alle radici storiche, alle capacità o ai livelli di efficienza delle unità ma facendo ben attenzione a salvaguardare interessi politici locali, magari mantenendo in vita strutture che alla fine sono pure controproducenti per le stesse Forze Armate che se ne libererebbero ben volentieri.

Ridurre gli impegni senza fare un’analisi obiettiva degli stessi e/o delle aree geografiche di schieramento. Non sarebbe poi tanto difficile accettare  di privilegiare solo quei teatri di interesse primario per la nostra Nazione, abbandonando o lasciando una presenza solo rappresentativa in quelli  internazionali che non hanno diretto interesse sul Paese, secondo una visione geo-strategica che analizzi bene quali possano essere le regioni di interesse, regioni/aree che devono essere chiaramente indicate all’interno dell’ormai tanto osannato “Libro Bianco della Difesa” che sta stentando un po’ troppo a prendere vita.

Ridurre quelli che vengono con poca attenzione definiti privilegi (affitti agevolati, abitazioni di servizio, ecc) dimenticando che i risparmi in questo settore sono davvero irrisori, visti i canoni d’affitto che a qualsiasi titolo pagano i titolari di un’abitazione. Per contro, questi che vengono erroneamente ritenuti privilegi costituiscono per le Forze Armate l’unica risorsa che consente di utilizzare nelle pianificazioni d’impiego il principio della mobilità del personale la cui corretta ed efficace applicazione  alla fine si traduce concretamente in “efficienza operativa“.

Un termine il cui significato dimostra di essere poco conosciuta  dall’opinione pubblica  ma che rappresenta  il parametro essenziale su cui si basa l’indice di affidabilità di una Forza Armata perché mobilità significa accumulo di diversificate esperienze, incremento di professionalità, perfezionamento della propria preparazione.

E così siamo alle solite: riduzione del reclutamento senza tener conto che per mantenere pronta e “giovane” una Forza Armata è necessario immettere secondo un programma organico “sangue fresco” ogni anno. Riduzione delle delegazioni estere condotte senza valutare quali siano le ricadute professionali che l’impiego all’estero ha sul personale delle Forze Armate.

Riduzione degli già scarsi alloggi a disposizione rendendo ancor più difficile il movimento del personale che, impossibilitato economicamente ad affrontare i disagi di continui traslochi, si vede obbligato a scaricare  le difficoltà sulla famiglia (come ha ricordato il Ministro della Difesa nel messaggio alle Forze Armate dello scorso  4 novembre) e, quindi, sugli affetti accettando pendolarismi talvolta incredibili.  Ci sono ufficiali e sottufficiali che al termine della carriera contano anche oltre 20 trasferimenti. Quanto valgono economicamente  i disagi familiari?
Riduzione delle indennità con inique disposizioni di un blocco contrattuale che sta “castigando” il comparto sicurezza (chissà cosa accadrebbe se un titolare di un qualsivoglia Dicastero guadagnasse meno di un suo dipendente !?

Bene, credo sia utile che la gente sappia che negli ultimi  anni le retribuzioni sono ferme, le promozioni non hanno portato alcun vantaggio economico a fronte dell’aumento delle responsabilità conseguenti all’aumento di grado, e credo sia altrettanto bene che la gente sappia che questo blocco stipendiale vale anche per quelle persone che cambiano il proprio “status” passando da Volontari a Sottufficiali, da Allievi a Ufficiali, da Ufficiale inferiore a Ufficiale Superiore.
E ancora, riduzione degli organi di rappresentanza, un provvedimento gravissimo che inciderà di certo sull’azione di  tutela degli interessi del personale.

Riduzione, riduzione, riduzione:  questo è ancora il ritornello della nuova Legge di Stabilità per le Forze Armate anche per il  2015. Altri 500 milioni di euro che se ne vanno dal bilancio della Difesa, sempre poi che le infrastrutture dismesse dalla Difesa trovino un acquirente che consenta allo Stato di incassare almeno 200 milioni  di  Euro l’anno, altrimenti  queste risorse  dovranno  comunque uscire  dallo stesso bilancio …….riducendo o eliminando chissà cos’altro !?

In passato si era parlato di creare un rapporto percentuale da rispettare fra PIL e assegnazioni al Dicastero della  Difesa,  ma  –  tanto  per  cambiare  –  anche questo progetto non ha trovato applicazione.  Così mentre  altri  Paesi  europei  hanno  valori  percentuali sul PIL ben al di sopra dell’1%, le nostre assegnazioni si   assesteranno  nel 2015 all’incirca sull’0,80% del PIL nazionale con effetti davvero drammatici.

I singoli capitoli di spesa danno delle indicazioni davvero preoccupanti : le spese per il personale dovranno necessariamente incrementarsi e andranno a raggiungere valori prossimi, se non superiori, al 70%,  delegando “l’esercizio” e “l’investimento” su percentuali assolutamente insufficienti, pari all’incirca al 10% per l’esercizio e al 15-20% per l’investimento, con le conseguenze precedentemente descritte.

Segnali preoccupanti, tanto più che rappresentano l’ennesima dimostrazione di quale sia l’approccio  del  Politico  nei  confronti  dei  problemi del  comparto della Difesa, un  approccio  che  tende esclusivamente a realizzare risparmi senza rivedere funzioni, compiti, impegni internazionali.  Senza soprattutto delineare in modo chiaro quali siano i reali obiettivi strategici del Paese cui devono essere improntati gli obiettivi delle Forze Armate  (… speriamo che questa grave carenza sia attenuata se non eliminata con la pubblicazione del prossimo “Libro Bianco” !!!).

Una riduzione  senza  corrette valutazioni sul futuro e senza  indicare i reali obiettivi della Nazione in campo internazionale sarebbe davvero troppo e confermerebbe una volta  ulteriore che i processi di riduzione della spesa diventano alla fine una esclusiva e semplice operazione aritmetica lineare che non necessita di esperti economici o politici. Le risorse si creano producendo ricchezza da distribuire e non di certo togliendole a chi le ha o se le è conquistate come la Difesa tra i ministeri o i pensionati tra i cittadini.

Per concludere, è  solo il caso di ricordare quanto abbiano influenzato positivamente la reputazione e al prestigio del Paese le operazioni condotte dalle Forze Armate italiane negli anni recenti dimostrando che i nostri uomini in armi, se ben usati e ben impiegati, possono essere uno strumento di politica estera assolutamente significativo.

Gli interventi nei Balcani, Libano, Somalia, Afghanistan, Iraq, Ciad, Georgia, Timor (per citare solo le operazioni maggiori), cui di certo vanno aggiunti gli impegni a carattere nazionale (“Operazione Strade Sicure”, “Strade Pulite”, “Impegno al G8”, “Difesa dei cantieri –  No TAV”, interventi in occasione di calamità naturali) dovrebbe far riflettere chi oggi esercita il potere, soprattutto far loro pensare che senza adeguate risorse sarà difficile in futuro assicurare Forze Armate efficienti e sarà impossibile ottenere quelle risposte positive che fino a ora si sono indiscutibilmente avute.

A volte si tende a criticare più o meno velatamente i vertici delle Forze Armate per la incapacità di influenzare le decisioni dei politici, ma ritengo che tale critica sia assolutamente poco generosa.
Fra l’altro, credo con convinzione che i vertici militari  non siano tanto stolti da non comprendere quali siano le difficoltà economiche del Paese e in questa luce credo anche che siano benissimo in grado di rivedere i loro programmi, ma credo altrettanto fermamente che proprio quei vertici abbiano pienamente diritto a pretendere certezza nelle assegnazioni a inizio anno e, soprattutto, che sia devoluta loro quell’attenzione che a tutt’oggi  manca.

Forse, se il Dicastero della Difesa avesse maggior peso politico all’interno della formazione governativa e se la popolazione amasse di più le sue Forze Armate, non sarebbe più necessario che qualche soldato abbia a scrivere, come fece un militare  con la sua baionetta sul muro di una garitta di  una trincea della 1^ Guerra Mondiale, che “il popolo si ricorda di Dio e dei suoi soldati solo nel momento del bisogno”.

Foto: Difesa.it, ISAF RC-W, Alberto Scarpitta, Brigata Folgore, Brigata Taurinense

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