Controffensiva ucraina: il pessimismo di Washington apre la strada al negoziato?
Il dibattito sull’insuccesso (almeno per il momento) della controffensiva ucraina si fa sempre più acceso negli Stati Uniti, come Analisi Difesa ha evidenziato anche recentemente. Del resto, dopo due mesi e mezzo di sanguinose e inconcludenti offensive l’Ucraina sembra essere a corto di opzioni nel tentativo di riconquistare i territori controllati dalla Russia.
Anzi, nel settore di Kupyansk e nella regione di Kharkiv sono i russi che da settimane macinano successi conquistando 33 centri abitati e circondando Sinkovka, roccaforte ucraina in cui la guarnigione di Kiev sarebbe ormai circondata. Non mancano i toni enfatici per l’avvicinarsi delle truppe di Mosca ai sobborghi di Kupyansk, specie sui canali Telegram militari russi che ricordando le violenze sui civili filo-russi compiute dagli uomini del Reggimento Azov nel settembre 2022, quando le forze di Mosca si ritirarono dalla città e dall’intera regione di Kharkiv in seguito all’offensiva ucraina.
Che la situazione sul campo di battaglia non sia delle migliori per gli ucraini lo dimostrano anche l’enfasi attribuita da Kiev alle rinnovate incursioni di droni in territorio russo e le rivendicazioni dettagliate da parte dei servizi d’intelligence ucraini degli attacchi più eclatanti condotti contro infrastrutture strategiche russe, come quello contro il Ponte di Crimea dell’ottobre 2022 (rivendicato nei giorni scorsi con diversi dettagli dal direttore dei servizi ucraini SBU, Vasyl Malyuk) o contro le navi e le basi navali russe nel Mar Nero.
Ieri su diversi canali Telegram russi sono apparse le immagini dell’attacco compiuto il 18 agosto da un drone-kamikaze ucraino di tipo non specificato contro la base aerea russa di Soltsy nella regione di Novgorod che ospita i bombardieri Tu-22M3 impiegati per lanciare missili da crociera sull’Ucraina.
Il drone ha colpito e distrutto uno o due Tu-22M3 (nella foto sotto) evidenziando la necessità che i russi proteggano i loro velivoli con shelter corazzati (già emersa in Siria con gli attacchi di droni dei ribelli siriani contro la base russa di Khmeimim) soprattutto tenendo conto che i tre tipi di bombardieri strategici (Tu-160. Tu-22 e Tu-95) non sono più in produzione e i velivoli perduti non sono rimpiazzabili.
L’attacco ha confermato la capacità ucraina di colpire le basi dei bombardieri strategici russi: nel dicembre 2022 droni ucraini colpirono l’aeroporto di Engels, vicino alla città di Saratov, danneggiando due Tu-95 e colpirono la base di Ryazan che ospita il centro di addestramento per l’aviazione a lungo raggio e gli aerei cisterna.
Per aumentare le capacità di colpire in profondità il territorio russo senza impiegare armi fornite dall’Occidente, gli ucraini hanno modificato un buon numero di missili terra-aria S-200 (SA-5) per l’impiego terra-terra in modo similare a quanto fatto dai russi con gli S-300. Attacchi ampiamente pubblicizzati ma non risolutivi ai fini del conflitto.
Anche l’enfasi posta in questi giorni sull’ormai infinito dibattito riguardo alla fornitura all’Ucraina di aerei da combattimento F-16 sembra più utile a deviare l’attenzione dal campo di battaglia offrendo prospettive future positive. Zelensky ha detto che verranno consegnati 61′ F-16 e che i russi ne “hanno paura” mentre il portavoce dell’Aeronautica si è detto certo che “questi aerei sono in grado di cambiare il corso di questa guerra e fornire la superiorità aerea nei territori occupati”. Propaganda basata su proclami e selfie (nella foto sotto), forse utili a sostenere il sempre più traballante fronte interno ma smentita dai fatti.
La cruda realtà è che i danesi potranno consegnare solo 6 F-16 a fine anno e gli altri 13 nel 2024 e 2025: inoltre il ministero degli Esteri danese ha reso noto oggi che gli aerei saranno consegnati “quando le condizioni per tale trasferimento saranno soddisfatte” precisando che queste includono “il completamento della selezione, dei test e dell’addestramento del personale ucraino, nonché i permessi, le infrastrutture e la logistica necessari”,
In poche parole, quando la guerra sarà finita. Gli olandesi hanno poi confermato di avere 42 F-16 ma non sono in grado di dire quanti ne daranno agli ucraini e quando mentre Stoccolma ha negato siano stati definiti i piani tanto pubblicizzati da Zelensky per cedere all’Ucraina caccia JAS 39 Gripen.
Sgombrando il campo dalla propaganda, appare chiaro che non saranno due o tre dozzine di F-16 vecchi di 40 anni radiati dalle forze aeree di Olanda e Danimarca e ceduti a Kiev forse tra un anno o due a cambiare, quando e se diverranno operativi in Ucraina, le sorti di questa guerra.
Il Washington Post ha citato ieri un rapporto dell’intelligence americana che sostiene che la controffensiva non riuscirà a riconquistare Melitopol, obiettivo principale per tagliare in due le linee russe separando Kherson e Crimea dal Donbass. La città è posta all’incrocio di due importanti autostrade e di una linea ferroviaria che permettono alla Russia di spostare truppe e rifornimenti tra la Crimea a il Donbass.
In termini politici non è certo un caso che valutazioni pessimistiche circa la vittoria di Kiev e rapporti d’intelligence vengano fatti trapelare ai media americani in concomitanza con il dibattito sempre più acceso negli USA sugli sforzi militari e finanziari tesi a sostenere l’Ucraina.
La campagna elettorale per le presidenziali del novembre 2024 è già iniziata e dopo la lettera firmata da 12 congressmen repubblicani in cui chiedono a Biden di congelare i 24 miliardi di stanziamento ulteriore per l’Ucraina e di definire gli obiettivi che si perseguono in questa guerra, i candidati alle primarie non risparmiano critiche al coinvolgimento nel conflitto.
“Stiamo provocando la Russia. Non solo abbiamo commesso il peggior errore geopolitico spingendo i russi ad abbracciare la Cina…ma abbiamo essenzialmente stimolato la creazione dei BRICS. 40 Paesi stanno minacciando di abbandonare il dollaro come valuta di riserva mondiale”, ha detto Robert Kennedy Jr, candidato in opposizione al Presidente Joe Biden nelle fila del Partito Democratico, ricordando che la Russia ha più armi nucleari degli Stati Uniti e che probabilmente sono anche più avanzate. “Allora perché stiamo provocando una guerra con una superpotenza nucleare?”
Dopo che Donald Trump ha promesso di concludere la guerra in 24 ore con un accordo, il candidato repubblicano Vivek Ramaswamy ha dichiarato che sarà necessario che l’Ucraina accetti concessioni territoriali e che, se verrà eletto presidente, non consentirà un’ulteriore espansione della NATO.
“Faremo un accordo e tutti dovrebbero ottenere qualcosa. Congeleremo le linee di contatto esistenti, proprio come abbiamo fatto alla fine della guerra di Corea. Prenderemo anche l’impegno che la NATO non accetterà l’adesione dell’Ucraina. Non dimentichiamo quello che James Baker disse a Gorbaciov nel 1990, ossia che non avremmo permesso alla NATO di espandersi oltre la Germania. Guardate cosa abbiamo fatto da allora!”
Affermazione che di fatto riconosce le minacce portate alla sicurezza russa più volte espresse da Vladimir Putin circa l’ampliamento a est dell’Alleanza Atlantica e la sua presenza in Ucraina ma, soprattutto, un ulteriore sintomo di possibile disimpegno degli Stati Uniti dalla causa ucraina con l’avvicinarsi delle elezioni.
Il Washington Post ha evidenziato i crescenti appelli a limitare gli aiuti all’Ucraina in vista delle elezioni presidenziali del prossimo anno. Gli analisti citati ritengono inoltre che l’Ucraina non sarà in grado di attuare progressi significativi senza armi più avanzate e senza impegnare più riserve.
”C’è da chiedersi quale delle due parti sarà logorata prima – ha detto Franz-Stefan Gady dell’International Institute for Strategic Studies e del Center for New American Security. Non dovremmo aspettarci che siano raggiunti grandi obiettivi militari dall’oggi al domani”. Gady ha spiegato che in questo momento Mosca e Kiev sono in una fase di ”logoramento” e stanno cercando di danneggiarsi l’un l’altro piuttosto che ottenere conquiste territoriali significative.
Il WP (ripreso in Italia dall’agenzia Adnkronos), riferisce l’invito di funzionari occidentali e ucraini a pazientare per vedere i risultati di una controffensiva più lenta del previsto, ma insistono sul fatto che sta facendo progressi.
“Non posso parlare dei report di intelligence, nei passati due anni ci sono state diverse analisi su come la guerra si sarebbe evoluta. Noi stiamo facendo il possibile per sostenere l’Ucraina nella controffensiva” ha detto senza sbilanciarsi il consigliere della sicurezza nazionale Jake Sullivan. “Non possiamo prevedere come andrà a finire perché questa guerra è imprevedibile, posso solo dire di avere fiducia che il coraggio dei soldati ucraini possa aiutarli a fare progressi sul campo”.
Il giornale americano riferisce il timore che l’incapacità di Kiev a ottenere successivi decisivi sul campo di battaglia possa ridurre il sostegno internazionale a Kiev tenuto conto che resta una finestra temporale utile agli ucraini per poter conseguire successi sul campo di battaglia. Valutazioni che forse tengono conto anche delle condizioni del terreno (fino alle piogge autunnali, tra fine settembre e novembre, il terreno resterà adatto a grandi operazioni con mezzi pesanti) ma non del fatto che potrebbero essere i russi a sfruttare le difficoltà dell’esercito ucraino, dissanguato e sbilanciato, per condurre attacchi consistenti in alcuni settori. Molto dipenderà dalla reale consistenza e preparazione delle forze russe tenute in riserva.
Per il momento, sono le forze di Kiev ad aver dovuto trasferire d’urgenza due brigate dal fronte di Zaporizhia, dove gli ucraini continuano ad attaccare, per tamponare le falle sul fronte di Kupyansk, dove sono i russi ad avanzare .
A tirare le orecchie all’Occidente per la scarsa determinazione nell’aiutare l’Ucraina ha provveduto invece il generale Ben Hodges, ex comandante, oggi in pensione, delle forze statunitensi e della NATO in Europa.
Per Hodges, USA e Germania sono troppo lente nel fornire aiuti militari a Kiev. “L’Occidente vuole la vittoria dell’Ucraina? La mia convinzione sta svanendo”, ha detto Hodges in una intervista al quotidiano tedesco Tagesspiegel. La lunga esitazione circa la consegna degli F-16 è “un esempio della mancanza di determinazione nell’aiutare l’Ucraina a vincere”, ha affermato Hodges criticando la Germania per il rifiuto di consegnare a Kiev i missili da crociera Taurus. Se la controffensiva dell’Ucraina dovesse fallire, “i governi degli Stati Uniti e della Germania devono essere ritenuti responsabili”.
Hodges è tra i pochi che chiedono un maggior impegno militare occidentale nel conflitto. Il 18 agosto funzionari statunitensi dell’intelligence citati anonimamente dal New York Times hanno riferito che le perdite sono circa mezzo milione: più alte tra i russi (300mila, di cui 120mila morti e 170/180mila feriti), più basse ma proporzionalmente più consistenti quelle degli ucraini (70mila morti e 100/120mila feriti).
Numeri che lasciano il tempo che trovano come tutte le stime emerse finora anche perché questi dati sono estremamente sensibili e hanno un impatto diretto sulla tenuta del fronte interno, in Ucraina come in Russia.
Tenendo conto che ormai i media sono terreno fertile per Info-Ops e Psy-Ops, che hanno l’obiettivo di influenzare l’opinione pubblica e orientare le decisioni politiche, la divulgazione negli Stati Uniti di questi numeri potrebbe avere, specie in questa fase della guerra e della politica americana, l’obiettivo di rafforzare le pressioni per uno sganciamento progressivo ma sostanziale dal conflitto.
Pare infatti evidente che dal vertice NATO di Vilnius in poi il bellicismo dell’Occidentale si stia raffreddando di pari passo con il flop della controffensiva ucraina. Lo hanno capito anche a Kiev dove il consigliere presidenziale Andriy Yermak ha detto in una lettera al quotidiano italiano Repubblica che “stiamo combattendo, ma siamo consapevoli che la vittoria e la pace non saranno raggiunte sul campo di battaglia da soli”.
Pur ribadendo che la base negoziale restano i 10 punti proposti da Kiev (che pretendono il ritiro totale russo da tutti i territori occupati inclusa la Crimea), si tratta di una dichiarazione che non a caso fa seguito alle dichiarazioni, poi rettificate ma non smentite, di Stian Jenssen, capo di gabinetto del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, che aveva ipotizzato la cessione di alcuni territori a Mosca in cambio dell’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica.
Negli USA e di conseguenza anche nella NATO sembrano aver deciso che occorre percorrere la strada del negoziato pe concludere il conflitto. Con fatica, si stanno forse preparando ad accettarlo anche a Kiev ma non è detto che a Mosca siano disponibili a trattare col rischio di ottenere solo un congelamento del conflitto o puntino invece a scommettere sul tracollo ucraino che aprirebbe ai russi la strada della vittoria.
Foto: Telegram, Ministero Difesa Russo, RIA Novosti e Ministero Difesa Ucraino.
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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.