Le truppe israeliane circondano la città di Gaza (AGGIORNATO)

 

(Aggiornato alle ore 18,45)

Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno sfondato la prima linea di Hamas, sono entrate a Gaza City e l’hanno circondata raggiungendo la costa a sud del centro abitato. Tsahal ha operato anche all’interno del quartiere di Jabaliya, neutralizzando circa 50 miliziani mentre con il supporto delle forze aeree e navali ha continuato le operazioni anche lungo tutta la Striscia di Gaza. Aerei da combattimento, elicotteri, UAV, navi e artiglieria stanno sostengo lo sforzo prodotto dalle forze di terra, dirigendo e conducendo attacchi aerei simultanei.

I soldati della Brigata Golani, unità di punta impegnata in prima linea nei combattimenti, hanno eliminato “decine di terroristi a Gaza che hanno lanciato missili anticarro, esplosivi e bombe a mano contro le forze israeliane” secondo quanto reso noto dalle IDF che parla di “eroica battaglia” con scontri più intensi in tre aree principali: la parte nord-orientale della Striscia di Gaza intorno alla periferia di Beit Hanoun,  il fianco nord-occidentale, Al Karama e al Rashid lungo la fascia costiera e la zona a sud di Gaza City intorno all’incrocio Salah al-Din Netzerim, nodo cruciale per tagliare la Striscia ed evitare che Hamas possa rifornire la prima linea.

E’ da questo incrocio che le IDF hanno raggiunto la costa nelle ultime ore con uno sforzo offensivo che di fatto ha circondato Gaza City e le forze palestinesi che vi si trovano.

Centrati decine di obiettivi, 12.000 dall’inizio dell’operazione, inclusi centri comando, posti di osservazione, postazioni di missili anticarro e rampe di lancio, centri logistici, depositi di munizioni e infrastrutture sotterranee. Hamas e la Jihad Islamica Palestinese hanno lanciato numerosi razzi verso le comunità che circondano la Striscia di Gaza e verso il sud e il centro di Israele nel corso delle ultime 48 ore determinando allarmi anche a Tel Aviv e Gerusalemme.

Contrastati i tentativi di infiltrazione delle milizie di Hamas in territorio israeliano ma anche all’interno della Striscia dove l’impiego dei tunnel permette ai miliziani di attaccare alle spalle le forze israeliane (guarda il video qui sotto diffuso da Hamas dell’attacco a un carro Merkava).

https://twitter.com/i/status/1720191780010746075

“Stiamo facilitando l’ingresso di acqua, cibo, medicine e attrezzature mediche per i civili di Gaza. Israele non è in guerra con i civili di Gaza, per questo abbiamo incoraggiato l’uscita verso l’Egitto dei feriti. Questa è una guerra contro Hamas, un’organizzazione terroristica, che non si prende cura dei civili di Gaza, che ruba il carburante dagli ospedali e lo usa per le attrezzature belliche” ha dichiarato il portavoce dell’Israele Defense Force, Daniel Hagari.

“Per la vostra salvezza diciamo ai civili di Gaza di spostarsi verso Sud, é più sicuro, nel Nord al momento ci sono intensi combattimenti, provvederemo a dei corridoi per lo spostamento sicuro. Stiamo combattendo per liberare i nostri ostaggi tenuti da Hamas e liberare Gaza da questa organizzazione”.

Nell’ambito delle operazioni volte a colpire i comandanti di Hamas, gli aerei da combattimento delle IDF hanno colpito il comandante del battaglione Beit Lahia della Brigata Nord di Hamas, Nasim Abu Ajina, terrorista palestinese che ha diretto il massacro del 7 ottobre nel Kibbutz Erez e Moshav Netiv HaAsara. Il 1° novembre è stato invece ucciso Ibrahim Biari, comandante del battaglione centrale Jabalia di Hamas, responsabile di una delle cellule coinvolte nell’attacco del 7 ottobre e di tutte le attività militari nel nord di Gaza dall’inizio della guerra. Distrutto il complesso da cui operava, ed altri edifici crollati a causa delle infrastrutture sotterranee presenti nella zona.

Nelle ultime ore l’esercito israeliano ha ucciso anche il comandante del battaglione Zabra Tel Elhua di Hamas, Mostafa Delol. Lo riferiscono le Forze di difesa aerea israeliana in un tweet, condividendo il video del raid aereo che ha portato all’eliminazione di un altro leader locale di Hamas. Si è tratta di una operazione ”di precisione sulla base di informazioni di intelligence”, precisa l’IDF. Il battaglione Zabra Tel Elhua, precisa l’esercito israeliano, ha avuto un ruolo centrale nei combattimenti in corso nella Striscia di Gaza.

L’ex vice capo di stato maggiore delle IDF, Yair Golan, ha affermato che “in nessuna circostanza” i soldati entreranno nei tunnel di Hamas a Gaza. “Non è necessario entrarci” e “sarebbe un grave errore entrare nei tunnel” dove Hamas si nasconde e aspetta, ha insistito il generale riservista in un’intervista alla Radio dell’Esercito. “La svolta sta nel trovare gli ingressi e sigillarli, o inviare del fumo che farà uscire il nemico o gli farà del male”, ha aggiunto Golan.

“In nessun caso si combatte nei tunnel dove non c’è alcuna possibilità di non farsi male. Non si combatte all’interno dei tunnel, si contrasta la minaccia dei tunnel”, ha sottolineato ancora aggiungendo che “l’IDF ha oggi le capacità per affrontare efficacemente i tunnel. Nel momento in cui arriviamo ai tunnel diventano una trappola mortale per il nemico. Dal momento in cui vengono trovati gli ingressi, il pieno vantaggio è delle forze attaccanti”, ha concluso.

L’esercito israeliano ha diffuso la registrazione di una telefonata avvenuta ieri in cui un funzionario dell’ospedale Shifa a Gaza, il più grande della Striscia, parla di “riserve di circa mezzo milione di litri di carburante” che si trovano “sotto la struttura”.  La telefonata secondo IDF conferma che Hamas controlla “il sistema energetico e le sue risorse ed ha scelto di usarle a fini terroristici”. Inoltre, ha sottolineato: “Se si concede che il carburante entri nella Striscia, Hamas progetta di impossessarsi di questa risorsa”. Israele aveva già accusato nei giorni scorsi Hamas di aver posto il suo quartier generale nei sotterranei dell’ospedale Shifa,

Confermata il 2 novembre l’uccisione di un ufficiale negli scontri nella Striscia di Gaza, il tenente colonnello Salman Habka di 33 anni comandante del 53° battaglione corazzato della Brigata corazzata Barak. Perdita che porta a 18 il numero dei caduti israeliani nell’operazione di terra nella Striscia di Gaza iniziata il 27 ottobre. Nel pomeriggio del 3 novembre  l’esercito ha annunciato la morte di due soldati, uno durante l’operazione di terra nella Striscia di Gaza, e il secondo identificato settimane dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre al sud di Israele. Si tratta del sergente Yedidya Eliyahu, 25 anni, del Corpo di ingegneria da combattimento, ucciso oggi e del sergente maggiore Yam Glass, 20 anni uccisa il 7 ottobre. Sale così a 341 il numero dei soldati, ufficiali e riservisti uccisi dal 7ottobre.gravemente ferito

Oltre 9.000 invece o morti palestinesi nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre dei quali 3.760 avevano meno di 18 anni riferisce il ministero della Sanità della Striscia di Gaza, controllato da Hamas. Il dottor Ashraf al-Qudra, portavoce del ministero, ha precisato che 9.061 persone sono state uccise. Nel bilancio complessivo del conflitto vanno contatti anche i 1.400 israeliani, soprattutto civili, uccisi nelle incursioni di Hamas in Israele tra il 7 e il 9 ottobre che hanno dato il via alla guerra.

In seguito a quell’attacco Israele ha rimandato a Gaza migliaia di lavoratori e operai transfrontalieri attraverso il valico di Kerem Shalom, a Est di Rafah. L’annuncio dell’espulsione dei palestinesi che lavoravano in Israele è stato formalizzato il 2 n novembre dal governo: “Israele sta tagliando tutti i contatti con Gaza. Non ci saranno più lavoratori palestinesi da Gaza”, ha annunciato il portavoce del Gabinetto di sicurezza nella tarda serata di ieri.

Secondo l’emittente israeliana Channel 13, i miliziani di Hamas coinvolti nell’attacco del 7 ottobre nel sud di Israele avevano gli indirizzi di alti ufficiali delle IDF ritrovati sui corpi dei miliziani uccisi negli assalti e in un caso gli assalitori sono arrivati a casa di un ufficiale ma i soldati presenti sono riusciti a respingerli. Sempre secondo Channel 13, anche i membri di Hamas che hanno attaccato basi dell’esercito avevano mappe degli alloggi degli ufficiali e pare che il tentativo fosse quello di catturare quelli più alti in grado.

Secondo il New York Times forze speciali americane (con ogni probabilità Delta Force) aiuterebbero i colleghi israeliani a cercare gli ostaggi. Il sottosegretario al Pentagono Christopher P. Maier ha detto recentemente che “stiamo aiutando attivamente gli israeliani a fare una serie di cose” e il compito principale è quello di assistere nel lavoro per “identificare gli ostaggi, compresi quelli americani. È davvero nostra responsabilità farlo”. Funzionari che hanno parlato in condizione di anonimato, hanno riferito al giornale che sono state inviate diverse decine di unità statunitensi per le operazioni speciali, oltre a una squadra che era già in Israele per l’addestramento.

Oltre a contribuire alla localizzazione degli ostaggi, le truppe americane verranno utilizzate anche per le evacuazioni e, se necessario, per proteggere le ambasciate nella regione. Secondo il giornale, diversi paesi occidentali avrebbero segretamente spostato forze speciali più vicine a Israele per intervenire nel salvataggio di ostaggi o nell’evacuazione su larga scala dalla regione dei connazionali. Da quanto reso noto da tempo da molti media e fonti ufficiali reparti britannici, olandesi, tedeschi e di altre nazioni europee sono presenti da diversi giorni nelle due basi militari britanniche di Cipro (Akrotyiri e Dhekelya) a poche decine di miglia da Israele, Libano e dalla Striscia di Gaza.

 

Il fronte diplomatico

Sul piano politico e diplomatico il conflitto sta azzerando le relazioni tra Israele e molte nazioni arabo/islamiche. Il Barhain ha deciso il 2 novembre di espellere l’ambasciatore israeliano e di richiamare il suo ambasciatore da Israele oltre a interrompere ogni relazione economica con lo Stato ebraico per protestare contro gli incessanti bombardamenti della Striscia di Gaza. Il regno del Barhain è stato in prima fila nel processo di normalizzazione dei rapporti con Israele promosso dagli Stati uniti, battezzato “gli accordi di Abramo”.

Gli Emirati Arabi Uniti, altro stato arabo che aderito agli Accordi di Abramo, mostra preoccupazione per l’escalation di violenze in Medio Oriente in quanto “la tensione regionale è prossima al punto di ebollizione”. Il ministro degli Affari Esteri emiratino, Noura al Kaabi, parlando oggi in una conferenza ad Abu Dhabi ha spiegato che gli Emirati stanno compiendo sforzi intensi per raggiungere un cessate il fuoco umanitario a Gaza, avvertendo del pericolo di una guerra più ampia in Medio Oriente.

“Mentre continuiamo a lavorare per fermare questa guerra, non possiamo ignorare il contesto più ampio e la necessità di abbassare la temperatura regionale che si sta avvicinando al punto di ebollizione”, ha affermato il ministro. “Il rischio di ricadute regionali e di un’ulteriore escalation è reale, così come il rischio che gruppi estremisti approfittino della situazione per promuovere ideologie che ci terranno bloccati in cicli di violenza”, ha aggiunto.

Secondo il New York Times forze speciali americane (con ogni probabilità Delta Force) aiuterebbero i colleghi israeliani a cercare gli ostaggi. Il sottosegretario al Pentagono Christopher P. Maier ha detto recentemente che “stiamo aiutando attivamente gli israeliani a fare una serie di cose” e il compito principale è quello di assistere nel lavoro per “identificare gli ostaggi, compresi quelli americani. È davvero nostra responsabilità farlo”. Funzionari che hanno parlato in condizione di anonimato, hanno riferito al giornale che sono state inviate diverse decine di unità statunitensi per le operazioni speciali, oltre a una squadra che era già in Israele per l’addestramento.

Oltre a contribuire alla localizzazione degli ostaggi, le truppe americane verranno utilizzate anche per le evacuazioni e, se necessario, per proteggere le ambasciate nella regione. Secondo il giornale, diversi paesi occidentali avrebbero segretamente spostato forze speciali più vicine a Israele per intervenire nel salvataggio di ostaggi o nell’evacuazione su larga scala dalla regione dei connazionali. Da quanto reso noto da tempo da molti media e fonti ufficiali reparti britannici, olandesi, tedeschi e di altre nazioni europee sono presenti da diversi giorni nelle due basi militari britanniche di Cipro (Akrotyiri e Dhekelya) a poche decine di miglia da Israele, Libano e dalla Striscia di Gaza.

Il ministro della Difesa Sebastien Lecornu ha annunciato oggi che invierà una seconda portaelicotteri al largo della Striscia di Gaza per collaborare nella consegna di aiuti umanitari alla popolazione palestinese assediata.

Nel pomeriggio del 3 novembre il segretario di stato americano Antony Blinken ha affermato a Tel Aviv che  “non si può e non si deve ritornare allo status quo precedente al 7 ottobre. Questo è inaccettabile. Non è tollerabile per Israele e non dovrebbe essere accettabile o tollerabile da nessun altro. L’idea che Hamas rimanga responsabile del governo (di Gaza), così come era, e della sicurezza, e che costituisca una minaccia continua e duratura per Israele e i suoi cittadini, è inaccettabile”.

 

Si surriscalda la Cisgiordania

In Cisgiordania la polizia distrettuale di Gerusalemme e lo Shin Bet hanno arrestato due palestinesi sospettati di pianificare un attentato. In un appartamento nel quartiere di Shoafat, a Gerusalemme est, le forze di sicurezza hanno rinvenuti materiali esplosivi, sostanze chimiche, contenitori e istruzioni operative per la preparazione di cariche che i due sospettati avrebbero, presumibilmente, utilizzato per un attacco combinato con una cellula terroristica.

Dalle indagini dello Shin Bet e dell’ufficio del procuratore distrettuale di Gerusalemme risulta che i due arrestati siano entrati in contatto con agenti di un’organizzazione terroristica nei territori palestinesi. Sempre in Cisgiordania, un cittadino israeliano è stato ucciso il 2 novembre nei pressi di Hasharon. Secondo quanto pubblicato dai media israeliani, la vittima sarebbe stata colpita mentre guidava da colpi di arma da fuoco sparati da un palestinese che si è poi dileguato.

 

Il fronte libanese

Sul fronte libanese continuano ad alternarsi attacchi riconducibili ad Hezbollah. Il 31 ottobre i miliziani sciiti hanno attaccato le posizioni israeliane utilizzando missili anticarro contro postazioni militari, e razzi e colpi di mortaio contro il villaggio di Tel Ahi. Nella notte, in risposta agli attacchi in corso, gli aerei da combattimento israeliani hanno effettuato attacchi in Libano distruggendo infrastrutture e postazioni Hezbollah.

Il giorno successivo un commando fio Hezbollah ha tentato di lanciare missili anticarro verso il territorio israeliano, nei pressi di Zar’it. L’incidente è avvenuto dopo che, secondo quanto riferito, un uomo armato aveva preso di mira un UAV israeliano che sorvolava un’area nei pressi del Monte Hermon.

Un carro armato ha intercettato il segnale di ricerca del radar e ha risposto al fuoco colpendo l’unità lancia missili. I miliziani hanno anche aperto il fuoco contro il territorio israeliano di Yiftah; non sono stati segnalati feriti e Tzahal ha risposto all’attacco sparando contro l’origine della minaccia. In conferenza stampa, il portavoce delle IDF, contrammiraglio Daniel, ha ricordato che: “La nostra politica è chiara: colpiremo in risposta a qualsiasi tentativo di attacco ed elimineremo qualsiasi cellula terroristica che tenti di infiltrarsi o provi a sparare contro il territorio israeliano”. Nelle ultime settimane migliaia di civili libanesi hanno evacuato il Libano meridionale, di propria iniziativa.

In Libano il discorso di oggi pomeriggio del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, fedele alleato di Teheran, ha intimato a Israele di cessare gli attacchi a Gaza, ha esortato gli arabi a sostenere Hamas e ha accusato gli Stati Uniti di essere i mandanti delle azioni militari israeliane ma non ha annunciato, come alcuni temevano, l’avvio di una pesante offensiva sulla Galilea pur affermando che Hezbollah è impegnato in combattimenti senza precedenti al confine con Israele e ha minacciato che questi “non saranno limitati” alla portata vista finora.

Il 30 ottobre il premier israeliano ha lanciato un nuovo monito agli Hezbollah. ”Voglio dire agli Hezbollah che farete l’errore della vostra vita se deciderete di entrare in pieno nel conflitto. Voi subirete un colpo che non vi potete nemmeno immaginare”.

Una resa dei conti anche con Hezbollah potrebbe risultare inevitabile se Israele punta davvero a ripristinare la sicurezza dei suoi confini. Per il consigliere israeliano per la sicurezza nazionale, Tzachi Hanegbi, dopo aver sconfitto Hamas nella Striscia di Gaza le forze israeliane dovranno eliminare la minaccia rappresentata da Hezbollah al confine settentrionale di Israele. “Il giorno dopo Hamas, dovremo riflettere su ciò che stiamo portando avanti in questo periodo in Libano. Ciò che abbiamo imparato ci obbligherà ad agire” contro Hezbollah, ha detto Hanegbi al Jerusalem Post.

 

Il “fronte yemenita”

Il 1° novembre un missile da crociera lanciato verso il territorio israeliano dalla costa del Mar Rosso è stato intercettato con successo dal sistema di difesa aerea “Arrow”. Nelle stesse ore, l’aviazione ha fatto decollare due aerei da combattimento per intercettare un’altra minaccia aerea nei pressi di Eliat, rappresentata probabilmente da droni.  Dopo una serie di attacchi da parte dei militanti yemeniti Houthi sostenuti dall’Iran, Israele ha inviato nel Mar Rosso una corvetta lancia missili Sa’ar 5, dotata di missili antinave Harpoon, missili terra-aria Barak, sistemi di difesa ravvicinata Phalanx (CIWS) da 20 mm, con sistema di controllo del fuoco automatizzato e sensore a infrarossi (FLIR) lungimirante per rendere l’arma efficace contro bersagli di superficie, e Typhoon da 25 mm.

Gli Stati Uniti hanno già rafforzato la presenza nel Mar Rosso con diverse navi da combattimento, unità cacciatorpediniere lanciamissili, una nave d’assalto anfibio e una nave da sbarco. Le IDF hanno reso noto che al momento le minacce aeree sono state tutte intercettate al di fuori del territorio israeliano e che alcune di esse sono state abbattute da aerei da combattimento.

 

Il fronte iracheno/siriano

La guerra continua a coinvolgere anche le truppe americane basate in Iraq e Siria: due droni armati hanno preso di mira la base aerea irachena di Ain al-Asad, struttura che ospita le forze statunitensi e quelle della coalizione internazionale nell’Iraq occidentale. L’aggressione, avvenuta nelle prime ore del 31 ottobre e non ha causato vittime o danni. Dallo scorso 7 ottobre, il numero degli attacchi contro le forze della coalizione in Medio Oriente è aumentato sensibilmente.

Tra il 17 e il 30 ottobre, le basi che ospitano le truppe americane sono state attaccate 23 volte, 14 in Iraq e 9 in Siria. La matrice dell’attacco potrebbe essere riconducibile ai gruppi armati filo iraniani in Iraq, che in più occasioni hanno minacciato di prendere di mira gli interessi statunitensi in Medio Oriente se Washington fosse intervenuta a sostegno di Israele nella guerra contro Hamas.

Immagini: IDF e Anas al Sharif

 

Eugenio Roscini VitaliVedi tutti gli articoli

Colonnello dell'Aeronautica Militare in congedo, ha conseguito un master di specializzazione in analisi di sistema e procedure all'Istituto Superiore di Telecomunicazioni. In ambito internazionale ha prestato servizio presso il Comando Forze Terrestri Alleate del Sud Europa, la 5^ Forza Aerea Tattica Alleata e il Comando NATO di AFSOUTH. Tra il 1995 e il 2003 ha preso parte alle Operazioni NATO nei Balcani (IFOR/SFOR/KFOR). Gestisce il sito ITlogDefence.

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