Si riapre il dibattito sulla Riserva ma il Progetto di Legge esiste dal 2021

 

Il tema dell’istituzione di una Riserva operativa delle Forze Armate da mobilitare in situazioni di crisi o di conflitto da alcuni anni balza periodicamente all’attenzione del dibattito politico e mediatico ed è stato in passato trattato in più occasioni da Analisi Difesa anche con interventi dei generali Giorgio Battisti e Antonio Li Gobbi.

A riportarla al centro dell’attenzione hanno provveduto due recenti interventi in Parlamento. Il primo ha visto protagonista il ministro della Difesa Guido Crosetto che il 7 novembre in audizione davanti alle commissioni Difesa della Camera e Affari Esteri e Difesa del Senato ha dichiarato che in vista degli scenari futuri, andrebbe fatto un ragionamento sull’attivazione di una Riserva, in caso di emergenza, ovvero di guerra. Il ministro ha citato gli esempi di Israele e Svizzera, con un addestramento costante dei riservisti.

“Serve rivoluzionare i settori del reclutamento e della formazione; i problemi della Difesa non si possono affrontare con le regole del pubblico impiego” ha detto Crosetto, aggiungendo come i nuovi scenari rendessero necessario prendere in considerazione l’attività di una riserva, facendo il caso di Israele “che ha richiamato in pochi giorni 350mila soldati” o quello della Svizzera “che può mobilitare il doppio dei militari italiani”.

“Oggi la riserva più facile da attivare è quella delle forze di polizia, uomini e donne che sono già formati ad attività di sicurezza. Ha senso? Non lo so. Ma una riserva andrebbe pensata. Ed è una sfida più parlamentare che di ministero” poiché “tutta la Difesa è da ridefinire e costruire senza un colore politico, con una riforma da lasciare ai governi futuri”.

Il 15 novembre la questione è stata approfondita nel medesimo contesto parlamentare dal capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, che riferendo circa le esigenze di organici militari in un contesto in cui crescono gli impegni delle Forze Armate ha precisato che occorre più personale in uniforme: “almeno ulteriori 10mila” rispetto ai 160mila complessivamente previsti dal nuovo modello. Inoltre occorrerà anche “una riserva ausiliaria dello Stato impiegabile in tempo di guerra o di crisi internazionale”.

Commentando il Documento Programmatico della Difesa per il triennio 2023-2025, l’ammiraglio ha sottolineato che “è sempre più attuale il tema dell’obiettivo di raggiungere il target almeno del 2%” delle spese della Difesa sul Pil entro il 2028. I 27,7 miliardi di euro assegnati dalla legge di bilancio del 2023 dovranno così passare in cinque anni a circa 42, con un incremento di circa 15 miliardi. Per quanto riguarda il personale, il capo di Stato Maggiore dà atto al governo di aver superato i tagli imposti dalla legge di revisione dello strumento militare del 2012, sotto il governo Monti.

Il modello a 150mila militari, previsto inizialmente per il 2024, è stato dapprima differito al 2034 ed è poi stato aumentato a 160mila. Ma non basta, ha spiegato Cavo Dragone. L’acuirsi delle tensioni esistenti, da ultimo la guerra a Gaza, dimostra che “altri passi in questa direzione sono di evidente necessità. Anche il modello a 160mila militari è ampiamente superato dalla realtà e realisticamente dobbiamo considerare almeno 10mila unità aggiuntive per il futuro”.

La Difesa sta inoltre valutando la “progressiva attivazione di una riserva ausiliaria dello Stato, costituita da personale proveniente dal mondo civile e da pregressa esperienza militare”. Questa riserva, secondo Cavo Dragone, “potrebbe essere impiegabile in tempo di guerra o di crisi internazionale, così come in caso di stato d’emergenza deliberato dal Governo ovvero per emergenze di rilievo nazionale, connesse con eventi calamitosi”.

Nel Documento programmatico pluriennale si parla di una “revisione dello strumento della Riserva, integrando la Riserva selezionata con una ulteriore aliquota di completamento, detta Riserva Ausiliaria, la cui consistenza autorizzata è fino a 10.000 unità”. Sono previsti, ha precisato il capo di Stato Maggiore, “periodi di addestramento non invasivi, che gli consentano di essere un elemento di aumento delle capacità operative, un valore aggiunto. I riservisti potrebbero non essere mandati in prima linea, ma se si alimentano le seconde linee ci sono più militari di professione che possono essere impiegati nelle zone più a rischio”.

 

Valutazioni

La necessità di affiancare alla Riserva Selezionata (composta da un numero limitato di civili con specifiche competenze tecnico-professionali assenti o presenti in misura non sufficiente nelle Forze Armate) una Riserva Operativa o di Mobilitazione più consistente composta da personale richiamabile per integrare i ranghi delle unità esistenti o per costituirne di nuove in caso di crisi, guerra o stato d’emergenza è oggi indiscutibile e il tema viene posto in tutte le nazioni europee.

Istituire la Riserva richiederà in ogni caso risorse finanziarie aggiuntive nel Bilancio della Difesa poiché i riservisti dovranno ricevere una equa retribuzione e disporre di basi, equipaggiamenti, vestiario, armi, mezzi e munizioni: risorse già oggi carenti per le esigenze delle forze in servizio a tempo pieno.

Se gli esempi di Israele e Svizzera, che hanno modelli basati sulla leva militare obbligatoria e sulla milizia, non sono facilmente replicabili in Italia come in altre nazioni che hanno da molti anni Forze Armate costituite da soli professionisti, per molte ragioni risulta difficile ritenere di poter mobilitare agenti di Polizia, anche qualora si trattasse di ex-militari. Non si tratterebbe solo di cambiare lo status del personale (la Polizia di Stato non ha statuto militare come invece i Carabinieri) ma soprattutto di tenere conto che le due citate forze di sicurezza sono già ad organici ridotti rispetto a quelli previsti e insufficienti rispetto alle crescenti esigenze di sicurezza e controllo del territorio.

Lo conferma anche il recente nuovo incremento delle forze militari assegnate alle operazioni di sicurezza interna (Strade Sicure), conferma la necessità di colmare tale gap numerico nelle forze di Polizia ricorrendo alle Forze Armate essenzialmente dell’Esercito. Inoltre, proprio in un contesto di crisi, emergenza o conflitto, anche la sicurezza interna della Nazione andrebbe potenziata richiedendo il massimo impegno agli organici di Carabinieri e Polizia di Stato.

Per queste ragioni una forza di Riserva mobilitabile per impieghi presso reparti operativi dovrà puntare necessariamente sul richiamo in servizio di personale di giovane età che ha già operato per alcuni anni nelle Forze Armate e che in seguito non ha superato il concorso per entrare in servizio permanente effettivo o ha scelto di lasciare l’uniforme per impieghi diversi. Uomini e donne che inseriti nei ranghi della Riserva e richiamati con regolarità in servizio per alcune settimane all’anno per mantenere l’addestramento e le capacità potrebbero offrire un efficace contributo in caso di mobilitazione.

 

La proposta di legge Ferrari

Del resto un valido riferimento normativo da utilizzare (o a cui ispirarsi) per istituire una Riserva operativa esiste già, depositato alla Camera dei Deputati. Nella primavera del 2021 l’onorevole Roberto Paolo Ferrari (nella foto sotto), capogruppo della Lega in Commissione Difesa della Camera, depositò infatti un Progetto di Legge per “L’Istituzione della Riserva militare per la mobilitazione” che conteneva elementi utili e necessari per mettere a punto uno strumento idoneo alle esigenze configurate nei giorni scorsi dal ministro Crosetto e dall’ammiraglio Cavo Dragone.

I punti salienti del PdL prevedono la costituzione di una “Riserva, con l’obiettivo di fornire rinforzi al personale in servizio attivo” che “il Governo può mobilitare in tempo di guerra e di gravi crisi internazionali o in presenza di situazioni di grave crisi suscettibili di ripercuotersi sulla sicurezza dello Stato, nonché per la difesa dei confini nazionali. Il Governo può altresì mobilitare la Riserva per adibirla al presidio del territorio, anche in concorso con le forze di polizia ad ordinamento civile e militare, all’atto della dichiarazione dello stato d’emergenza nazionale da parte del Consiglio dei Ministri”.

Il Progetto di Legge stabilisce che “la decisione di mobilitare la Riserva venga comunicata tempestivamente alle Camere, che l’autorizzano o respingono entro 48 ore dalla sua formalizzazione” e prevede “il temporaneo richiamo in servizio di aliquote della Riserva a scopi addestrativi o di aggiornamento” in base alle determinazioni dello Stato Maggiore della Difesa”.

Circa i requisiti, il PdL Ferrari prevede che facciano parte obbligatoriamente della Riserva per tre anni i militari che hanno lasciato le Forze Armate senza demerito mentre in seguito l’appartenenza alla Riserva venga mantenuto su base volontaria. Inoltre “le condizioni psico-fisiche degli appartenenti alla Riserva sono oggetto di verifica annuale da parte della Sanità militare” e “gli appartenenti alla Riserva non debbono superare i 40 anni di età. Tale limite di età non si applica agli ufficiali e sottufficiali collocati in ausiliaria”.

Gli obblighi dei riservisti previsti sono i seguenti:

  • L’appartenente alla Riserva è tenuto a garantire la propria rintracciabilità, comunicando tempestivamente all’autorità militare ogni eventuale cambio di domicilio.
  • È obbligo dell’appartenente alla Riserva di sottoporsi annualmente all’accertamento del possesso dei requisiti psico-fisici richiesti per il richiamo in servizio.
  • È condizione necessaria per il mantenimento nella Riserva l’effettuazione di richiami di durata non inferiore alle due settimane ogni anno per l’addestramento, l’aggiornamento e il mantenimento delle qualifiche già acquisite nel corso del servizio.

Il Progetti di Legge prevede inoltre che:

  • Gli appartenenti alla Riserva sono richiamati in servizio ogni anno per non meno di due settimane per esigenze addestrative, di aggiornamento e per il mantenimento delle qualifiche già acquisite nel corso del servizio.
  • Gli appartenenti alla Riserva possono essere richiamati in servizio per periodi trimestrali rinnovabili fino alla cessazione dell’esigenza che ne ha determinato la mobilitazione.
  • Durante i richiami in servizio, gli appartenenti alla Riserva hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro.
  • Durante i richiami, l’appartenente alla Riserva viene assegnato all’Arma e alla specialità d’appartenenza, in quanto possibile, conservando il ruolo e il grado acquisiti.

Si tratta quindi di un quadro normativo credibile e adeguato alle esigenze, idoneo a mantenere le capacità operative di personale che ha già maturato esperienze militari anche significative le cui capacità vengono mantenute nel tempo con periodiche attività addestrative e di aggiornamento.

@GianandreaGaian

Foto: Difesa.it

 

Il video dell’audizione del ministro Crosetto del 7 novembre

Il video dell’audizione del CSM Difesa Cavo Dragone il 15 novembre

Il video dell’intervista del direttore di Analisi Difesa a Byoblu TV del 15 novembre

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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