Mar Rosso: conflitto, terrorismo o pirateria?
Definire il contesto giuridico della crisi del Mar Rosso non è un esercizio accademico, ma una valutazione necessaria a comprendere quale possa essere la risposta dei singoli Paesi coinvolti. Questi, al di là della generica condanna delle violenze degli Houthi, procedono in ordine sparso, a dimostrazione del fatto che la percezione giuridica della minaccia varia da Stato a Stato, nonostante la nascita di una coalizione a guida statunitense per lo svolgimento dell’Operazione Prosperity Guardian .
Una posizione giuridica comune, sia pur minimale, sembra tuttavia essere stata raggiunta, con un Joint Statement del 3 gennaio, da Stati Uniti, Australia, Bahrain, Belgio, Canada, Danimarca, Germania, Gran Bretagna, Italia, Giappone, Nuova Zelanda, Olanda e Singapore nel quale si dichiara che « Ongoing Houthi attacks in the Red Sea are illegal, unacceptable, and profoundly destabilizing. There is no lawful justification for intentionally targeting civilian shipping and naval vessels…».
La condanna delle violenze della fazione yemenita non è stata sottoscritta da Francia e Spagna, inizialmente incluse tra i partecipanti all’Operazione Prosperity Guardian. Parigi ha dichiarato che le proprie Unità saranno sotto comando nazionale. Più sfaccettato il dissenso di Madrid che sembra cercare una propria visibilità internazionale , oscillando tra il rifiuto di una condanna degli Houthi in nome di politiche pro Palestina, ed il sostegno ad una missione Nato-Ue diversa da Atalanta.
A monte di tutto si colloca la posizione degli Houthi che, nonostante siano attivi da anni contro l’Arabia Saudita ed il governo yemenita non si sa come qualificare. Secondo il diritto dei conflitti armati, di fonte consuetudinaria e positiva (codificazione Convenzioni di Ginevra), è da escludersi che possano considerarsi “belligeranti legittimi” aventi titolo a condurre ostilità in mare. Non risulta infatti che essi – da anni in lotta col governo yemenita, come ci spiega Eleonora Ardemagni – abbiano mai avuto riconoscimenti nonostante l’affiliazione religiosa con l’Iran sciita.
Spazi marittimi sud Mar Rosso (Fonte SL)
In ogni caso, ribelli, insorti o miliziani di una guerra civile che siano, gli Houthi non hanno diritto di interferire con la libera navigazione esercitata da navi di Paesi terzi. Illegittima è quindi la visita a mercantili per controllarne il carico; ed illegittimo è il loro dirottamento e sequestro. Questi atti non possono inoltre considerarsi come crimini di pirateria, perché posti in essere per finalità politiche e non per lucro.
In via teorica si potrebbe parlare di terrorismo marittimo, con riguardo al fatto che essi minano la sicurezza della navigazione, se non fosse che la specifica normativa internazionale (Protocollo di Londra del 2005) postula illeciti singoli e non una serie di atti pianificati in forma continuativa.
Nessuno Stato sinora coinvolto nelle violenze della fazione yemenita ha d’altronde posto in essere, quali contromisure, azioni di law enforcement: questo sarebbe possibile se si applicasse il regime di pirateria e terrorismo marittimo inquadrabile nell’ordinario Diritto del Mare, come avviene grosso modo per ’Operazione antipirateria Atalanta del Corno d’Africa. Il riferimento al terrorismo può quindi ritenersi di natura generica, con riguardo alla violazione del diritto internazionale, nella prospettiva dell’inserimento del gruppo in una black list .
La risposta sinora ipotizzata dai Paesi coinvolti è variegata: reazione calibrata caso per caso ad illeciti commessi a danno di propri cittadini e/o propri mercantili, oppure esercizio della forza, anche in forma preventiva, su larga scala sulla base del principio di legittima difesa previsto dal combinato degli art. 2 e 51 della Carta delle Nazioni Unite.
Questa è l’unica ipotesi in cui gli Stati possono iniziare le ostilità (jus ad bellum) fino a che il Consiglio di sicurezza non adotti misure per far cessare la minaccia alla pace ed alla sicurezza internazionale. Precondizione perché gli Stati agiscano autonomamente è che essi siano stati oggetto di una “attacco armato”. Alla luce della definizione contenuta nella Risoluzione delle NU 3314/1974 sull’Aggressione, un attacco costituente aggressione si ha anche se l’obiettivo, facendo parte della marina mercantile, non sia militare.
Rotte alternative a Suez-Mar Rosso-Bal el Mandeb
Non rileva che l’aggressore sia un attore non statale, ma è fondamentale che la violenza sia di sufficiente gravità, come si deduce dall’art. 2 della stessa Risoluzione e dalla giurisprudenza della Corte internazionale di giustizia. Quanto alle modalità di uso della forza da parte dell’aggredito, trattandosi di un contesto bellico -diverso da quello di semplice law enforcement che è proprio, come detto, di pirateria e terrorismo marittimo – potrebbe adoperarsi la forza letale secondo i canoni del Diritto dei conflitti armati (Jus in bello). Al momento, sembra che solo Stati Uniti e Gran Bretagna (ed ovviamente Israele) intendano “fare la guerra” agli Houthi.
Stante la varietà degli scenari giuridici, ad evitare iniziative escalatorie, la Francia ha probabilmente preferito adottare la misura minimale della protezione del proprio naviglio: vale a dire la sorveglianza ravvicinata con eventuale risposta in legittima difesa, secondo criteri di immediatezza, necessità, proporzionalità.
Basso, per ora, il profilo della Spagna. In analogia, pragmatismo e prudenza paiono connotare l’approccio adottato dal nostro Ministero Difesa italiano con l’invio in area della fregata “Fasan”: l’unità è difatti impegnata in operazioni di scorta a mercantili nazionali.
Questo perlomeno sino a che il consenso raggiunto con lo Statement dello scorso 3 gennaio non si tradurrà in iniziative concrete. Quando questo avverrà, l’adesione a dispositivi navali multinazionali richiederà lo svolgimento delle procedure parlamentari previste dalla legge 21 luglio 2016, n. 145 sulle missioni internazionali.
Nel frattempo sarebbe auspicabile una Risoluzione del Consiglio di Sicurezza che stabilisca la cornice legale della questione, con riguardo sia alla stabilizzazione della Regione che alla libertà di navigazione nella fondamentale rotta del Mar Rosso.
Immagini: Marina Militare, US Navy, SL e BBC
Fabio CaffioVedi tutti gli articoli
Ammiraglio in congedo, docente a contratto di "Introduzione geopolitica e diritto internazionale del mare" presso l'Università di Bari. E' autore del "Glossario di Diritto del Mare", RM, 2020 disponibile in https://www.marina.difesa.it/media-cultura/editoria/marivista/Documents/supplementi/Glossario_di_diritto_del_mare_2020.pdf