I russi sfondano le linee ucraine ad Avdiivka

 

Gli ultimi rilevanti sviluppi delle operazioni militari in Ucraina riguardano soprattutto i fronti più caldi della regione di Donetsk e della Crimea. Il 13 febbraio un attacco in profondità russo ha colpito il centro logistico e di addestramento dell’esercito ucraino a Selidovo, circa 30 chilometri a ovest del fronte di Avdiivka, una vasta piazzaforte costituita da un ampio sistema di fortificazioni che si estende ben oltre il centro abitato.

Qui gli ucraini avevano concentrato rinforzi, inclusa la Terza Brigata d’Assalto Indipendente Azov, con i quali contrattaccare nel settore settentrionale della roccaforte ormai quasi circondata dai russi con l’obiettivo di respingere le forze di Mosca che minacciavano di tagliare in due la città occupando la strada più importante utilizzata dalle forze di Kiev per far affluire truppe e rifornimenti ed evacuare i feriti.

Il bombardamento russo, sviluppatosi in un arco di 20 minuti secondo alcune fonti, di oltre due ore secondo altre, ha visto l’impiego di bombe d’aereo guidate FAB-500M con kit per la guida UMPK , missili balistici Iskander e razzi campali da 300 mm Tornado-S con testata dotata di submunizioni. Gli ucraini non hanno ammesso di aver subito l’attacco che secondo diverse fonti russe, inclusi i canali Telegram militari, avrebbe ucciso almeno 500/600 del 1.500 soldati ucraini presenti distruggendo diversi depositi di munizioni e armi e compromettendo le capacità di lanciare un contrattacco.

Il mattino del 14 febbraio l’esercito russo è riuscito ad avanzare da nord nell’area urbana tagliando in due Avdiivka e isolando la parte della guarnigione ucraina barricata nei quartieri meridionali, raggiungibile solo attraverso tre strade sterrate che corrono più a ovest ma sempre esposte al fuoco russo. Anche i canali Telegram militari ucraini hanno confermato il rapido sviluppo degli eventi ammettendo il grave pericolo per le linee di rifornimento dopo che i russi hanno preso il controllo delle postazioni nemiche nell’area industriale alla periferia della città pressando così da due direzioni le truppe di Kiev.

L’interruzione della strada da Lastochkino (battezzata la “strada della Vita” da un reporter militare ucraino) utilizzata per rifornire la guarnigione, ha fatto precipitare la situazione: i russi sono riusciti ieri ad avanzare a nord e a sud arrivando così a controllare quasi il 20 per cento dell’area urbana. Le notizie emerse ieri mattina restano confuse: la Brigata Azov (o quel che ne resta) ha reso noto sul suo canale Telegram di aver raggiunto Avdiivka dove “la situazione è estremamente critica” ammettendo di combattere su un fronte a 360 gradi che sembra sottintendere che le postazioni ucraine sono circondate.

Le notizie del pomeriggio di ieri sembrano confermare il ritiro di almeno una parte delle forze ucraine. Il già citato portavoce Likhovoy, ha affermato che le forze armate ucraine stanno parzialmente ritirando le unità da Avdeevka verso posizioni più vantaggiose ma è evidente che dopo lo sfondamento russo ogni ripiegamento avverrà sotto il fuoco ravvicinato delle forze di Mosca che hanno già offerto la resa alla guarnigione nemica.

La ritirata è tesa forse a impedire che troppi reparti rischiassero di restare imbottigliati dall’avanzata russa che da nord e da sud sta per completare l’accerchiamento della città. Un contesto operativo che rende inutile il sacrificio della 3a Brigata Azov nei cui ranghi il malumore sembra serpeggiare come confermerebbero alcuni messaggi apparsi sui canali Telegram affiliati subito raccolti dai canali militari russi che ipotizzano un ripiegamento ucraino lungo una delle strade sterrate attraverso il villaggio di Severnoye: la 3a Brigata Azov e la 53a brigata meccanizzata potrebbero coprire il ripiegamento dell’intera guarnigione.

Nella serata di ieri i canali Telegram russi riferivano di fortissime perdite ucraine e di molti prigionieri, lo stesso giorno in cui il ministero della Difesa di Kiev ha reso noto che i caduti russi dall’inizio del conflitto hanno raggiunto quota 400 mila.

Questa mattina il generale Oleksandr Tarnavsky (alla testa del Gruppo di Forze Orientale dopo che, nel 2023, aveva guidato il Gruppo di forze Meridionale nella controffensiva sul fronte di Zaporizhia) ha riferito che “in città sono in corso pesanti combattimenti. Le nostre truppe stanno utilizzando tutte le forze e i mezzi disponibili per contenere il nemico. Sono state stabilite nuove postazioni e altre continuano ad essere preparate, tenendo conto di tutti gli scenari possibili”.

Nelle ultime ore i canali Telegram russi, citando fonti sulla prima linea, riferiscono di diverse postazioni fortificate ucraine cadute e almeno 7mila militari di Kiev circondati ed esposti al fuoco martellante di bombe d’aereo e artiglieria.

Il 14 febbraio, prima dell’attacco russo, il portavoce militare ucraino Dmytro Lykhoviy aveva stimato in circa 50.000 i militari russi radunati nel settore di Avdiivka. “Se il nemico dovesse interrompere le vie di rifornimento logistico ad Avdiivka, il Comando delle forze di difesa ha previsto linee di rifornimento di riserva.

Gli eventi degli ultimi giorni, in particolare gli attacchi dell’artiglieria e dei razzi russi contro gli insediamenti del distretto di Pokrovsk della regione di Donetsk, a ovest di Avdiivka, dimostrano cosa può diventare ognuno di questi insediamenti e villaggi dopo che la linea del fronte si sposta. Al momento, la situazione in prima linea è dinamica e può cambiare letteralmente ogni ora” ha spiegato il portavoce riferendo di combattimenti strada per strada.

“Allo stesso tempo nessuno si aggrappa ai mucchi di pietre e ferro bruciato e se la situazione e le minacce diventeranno più complicate, forse sarà necessario portare le truppe su un’altra linea di difesa” ha aggiunto lasciando intendere che il ritiro da Avdiivka veniva già preso in considerazione poche ore prima dello sfondamento russo che ha tagliato in due la città.

 

Assetto difensivo?

“In un momento in cui la situazione sul campo di battaglia diventa difficilissima, la cosa principale è salvare le vite dei soldati e portarli in un’altra posizione, agire in modo flessibile, manovrare per salvare i soldati per i prossimi combattimenti, riconquistare il territorio che potrebbe essere stato perso”.

Un “master message” quest’ultimo, diffuso chiaramente anche dal nuovo capo di strato maggiore delle forze armate ucraine, generale Aleksander Syrsky, con l’obiettivo di migliorare il morale delle truppe ucraine che da un anno vengono sacrificate come “carne da cannone” prima per la vana difesa a oltranza di Bakhmut e poi nell’inutile controffensiva sviluppatasi tra giugno e novembre dello scorso anno.

Nella sua prima intervista da quando ha assunto il nuovo incarico di vertice, Syrsky (nella foto sotto) ha detto alla tv tedesca ZDF che le Forze armate ucraine hanno cambiato strategia passando da operazioni offensive ad attività difensive.  “L’obiettivo della nostra operazione è logorare il nemico, infliggergli le massime perdite, usando le nostre fortificazioni (…) e mantenendo le linee di difesa preparate”, ha spiegato.

Syrsky ha ammesso che la situazione al fronte é “molto difficile” ma ha evidenziato che “non possiamo permetterci lo stesso atteggiamento che si concedono i vertici militari russi quando conducono le truppe come carne da macello. Preferisco perdere qualche posizione alla morte di tutte le nostre truppe. Per i russi il valore della vita di un soldato è effettivamente vicino allo zero” ha concluso il generale.

Sul piano della comunicazione è interessante come Syrsky attribuisca ai russi il sacrificio di tanti militari che invece ha caratterizzato da oltre un anno proprio le forze ucraine come dimostra anche il crescente scetticismo nell’opinione pubblica e il crollo degli arruolamenti. Si tratta però di un messaggio rivolto soprattutto a tranquillizzare gli alleati occidentali a cui si chiedono ancora armi e munizioni poiché sul fronte interno la fama che Syrsky si è guadagnato è proprio quella di generale poco attento al tasso di perdite.

Del resto il generale cerca anche di dare una mano al presidente Volodymyr Zelensky la cui popolarità è ulteriormente calata dopo la destituzione del generale Valery Zaluzhny. Secondo un sondaggio del Kyiv International Institute of Sociology (KIIS), la fiducia in Zelensky è scesa al 60 per cento con un calo di 5 punti dopo la sostituzione di Zaluzhny che resta così popolare da registrare invece il 94 per cento contro il 40 di Syrskyi che paga forse anche il fatto di essere meno conosciuto dal grande pubblico rispetto agli altri due.

All’inizio del 2022, prima dell’invasione russa, Zelensky godeva soltanto della fiducia del 37% degli ucraini ma dopo l’attacco russo ha raggiunto il  90 per cento, calato nel secondo semestre del 2023 al 77% e a inizio febbraio al 65%.

In termini militari gli ucraini non sono passati da una fase offensiva a una difensiva in base a una scelta strategica dei comandi. L’offensiva si è infranta senza speranza sulle linee russe e le truppe di Mosca hanno assunto l’iniziativa su tutti i fronti o quasi respingendo progressivamente le forze di Kiev. Se oggi le truppe di Kiev si ritirano da Avdiivka o da altre piazzeforti nel Donbass è soprattutto perché la carenza di truppe, armi e munizioni non consente alternative che non contemplino l’annientamento delle forze.

 

Pressione su tutti i fronti

I russi mantengono sotto pressione anche gli altri fronti anche se non è chiaro se vi sia la volontà e la capacità di sostenere offensive prolungate  lungo tutta la linea di contatto dalla regione di  Zaporizhia a quelle di Lugansk e Kharkiv oppure se l’obiettivo sia di impedire alle logorate forze ucraine di spostare riserve in direzione di Avdiivka, Chasyv Yar Chasov Yar e Ivanovskoye  (a ovest di Bakhmut) dove un successo russo travolgerebbe l’intero fronte ucraino nell’area settentrionale della regione di Donetsk.

Fonti militari ucraine valutano che i russi stiano preparando un’offensiva su vasta scala a Zaporizhia (nella mappa qui sopra), lungo il fronte che ha visto gli attacchi ucraini infrangersi lungo la Linea Surovikin. Per questo attacco in grande stile che punterebbe a raggiungere il corso del Dnepr e la città di Zaporizhia (capoluogo dell’omonima regione, una delle quattro annesse alla Russia con i referendum del settembre 2022) i russi avrebbero messo in campo 70 mila militari. Il portavoce Likhovy ha precisato oggi che ci sono più militari russi nella zona di Orekhov che in quella di Avdiivka. In questo settore il terreno pianeggiate si presterebbe anche ad attacchi con ampie forze corazzate e meccanizzate.

Nella regione di Donetsk, a ovest di Artyomovsk (Bakhmut per gli ucraini) i fanti aeromobili della 98a Divisione Aeromobile della Guardia hanno consolidato le posizioni e avanzano verso Chasov Yar lungo l’autostrada mentre l’11a brigata aeromobile muove su Ivanovskoye, come confermano anche fonti ucraine, completando l’avanzata dopo la caduta di Bogdanovka. Pressione russa anche a nord, anche se meno intensa, verso le roccaforti ucraine di Lyman e Kupyansk.

 

 Le reazioni di Washington e Mosca

Nella serata di ieri (ora italiana) il coordinatore delle comunicazioni strategiche del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha affermato che esiste il rischio che la città di Avdiivka, nella regione di Donetsk, cada in mani russe a causa della mancanza di armi sufficienti tra i difensori ucraini. L’ammissione di Kirby è funzionale a sostenere le pressioni della casa Bianca per indurre il Congresso ad approvare nuovi aiuti all’Ucraina “Poiché il Congresso deve ancora approvare un disegno di legge supplementare, non siamo stati in grado di fornire all’Ucraina i proiettili di artiglieria di cui ha disperatamente bisogno per contrastare questi attacchi russi.

Le truppe russe hanno ora raggiunto le trincee ucraine, ad Avdiivka, e stanno cominciando a sopraffare le difese ucraine”. Kirby ha invitato il Congresso ad approvare rapidamente ulteriori finanziamenti per l’Ucraina, perché altrimenti “ciò che sta accadendo ora ad Avdiivka potrebbe accadere anche in altri luoghi del fronte”.

Il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato ieri al canale tv Rossya 1 che l’unica cosa di cui Mosca “può rammaricarsi è non aver avviato prima azioni attive” in Ucraina. Ricordando gli accordi di Minsk del 2014 e le ammissioni del cancelliere tedesco (angela Merkel) e del presidente francese François Hollande) di non avere intenzione di rispettarli ma semplicemente di guadagnare tempo per armare addestrare le forze ucraine, Putin ha affermato che “l’unica cosa di cui possiamo rammaricarci è di non aver iniziato prima le nostre azioni attive, credendo di avere a che fare con persone per bene”.

 

I russi perdono un’altra nave

Sempre più in difficoltà sui fronti terrestri, gli ucraini stanno aumentando gli attacchi al territorio russo (nelle ultime ore è stata colpita ancora la città di Belgorod) e alla Crimea puntando a colpire con missili da crociera e droni navali le navi russe della Flotta del Mar Nero.

Grazie al continuo supporto di aerei radar, da guerra elettronica e UAS anglo-americani e di altre nazioni della NATO in volo sul mare e nello spazio aereo rumeno riescono a individuare “buchi” nelle difese aeree e navali della Crimea consentendo a missili o droni di attaccare le poche navi russe che operano a ridosso della penisola per lo più con compiti di trasporto di armi e munizioni per le truppe russe schierate in Crimea e sui fronti di Kershon e Zaporizhia.

Nell’ambito di una serie di attacchi congiunti sulla Crimea effettuati con diverse ondate di droni aerei nella notte tra il 13 e il 14 febbraio tre droni navali del tipo Magura V5 hanno attaccato la nave da sbarco Caesar Kunikov (nelle foto sopra e sotto) unità del tipo Project 775 (classe Ropucha) costruita in Polonia negli anni ’80 e impegnata a quanto pare a sbarcare armi e munizioni nei pressi della città costiera di Alupka.

“L’operazione è stata portata a termine dalle forze speciali del Gruppo 13 della direzione principale dell’intelligence militare (GUR) in cooperazione con la Marina di Kiev.

Il portavoce dell’intelligence della Difesa Ucraina Andriy Yusov ha affermato che potrebbero non esserci sopravvissuti tra i circa 90 membri dell’equipaggio.  La nave sembra sia stata colpita da due droni navali con cariche esplosive da 500 chili riportando grandi squarci sulla fiancata che ne avrebbero provocato l’affondamento, non confermato finora da Mosca anche se media locali russi hanno riferito di un’operazione di soccorso in mare con l’impiego di 2 elicotteri Mi-8 e un sottomarino (classe Kilo) mentre alcuni blogger militari russi hanno riportato notizie sull’affondamento della nave.

Come è spesso accaduto in occasione di raid contro le navi russe nel Mar Nero, l’attacco si è sviluppato sotto la “supervisione” di un UAS RQ4 Global Hawk della US Navy decollato dalla base siciliana di Sigonella.

La Flotta del Mar Nero dovrebbe disporre al momento di una dozzina di unità maggiori e sono già tre le navi classe Ropucha affondate dagli ucraini delle 6 disponibili presso la Flotta del Mar Nero. Un attacco simile aveva portato la notte del 1° febbraio i droni navali ucraini ad affondare la motovedetta lanciamissili Ivanovets (classe Tarantul) nel lago Donuzlav, baia sul lato occidentale della penisola di Crimea.

Gli attacchi alla flotta russa ben rappresentano il valore del supporto informativo e tecnologico fornito agli ucraini in particolare dagli anglo-americani e il Mar Nero costituisce il fronte di questa guerra dove NATO e Russia rischiano maggiormente di venire coinvolti in qualche incidente. Nelle acque del Mar Nero il 14 marzo 2023, nello spazio aereo internazionale, un caccia russo Su-27 ”abbatté” un MQ-9 Reaper dell’USAF in ricognizione espellendo carburante durante un passaggio ravvicinato per poi toccare l’elica del velivolo senza pilota per farlo cadere in mare.

 

Nuovi (piccoli) aiuti da Lituania e Spagna

Quanto agli aiuti militari all’Ucraina sempre più scarsi la Lituania ha reso noto che guiderà una coalizione per lo sminamento dell’Ucraina sottoscritta da 21 nazioni ieri a Bruxelles.

“Si tratta di un primo passo importante”, ha detto il ministro della Difesa lituano, Arvydas Anusauskas. “Sarà ora necessario acquisire le attrezzature necessarie al lavoro sul campo”. La Lituania ha dichiarato che intenderà stanziare in favore del programma di sminamento una cifra pari a 1,2 milioni di euro. “Dobbiamo mantenere il sostegno politico e pratico della Nato all’Ucraina e aiutare l’esercito ucraino a vincere la guerra”.

Il 14 febbraio il ministro della Difesa spagnolo, Margarita Robles, ha affermato che Madrid continuerà a sostenere Kiev per il tempo necessario e ha annunciato l’imminente invio di nuovi aiuti militari: cingolati M-113 (due dei quali in versione ambulanze), veicoli antincendio, spalaneve e mezzi per il trasporto di personale, oltre a due imbarcazioni leggere e a diverse armi non specificate per la difesa antiaerea e le operazioni di sminamento in mare. Continua inoltre l’addestramento delle forze ucraine in Spagna all’impiego dei sistemi missilistici antiaerei Patriot, NASAMS e Hawk.

Lo stesso giorno il primo ministro ucraino, Denys Shmyhal, ha reso noto che l’Ucraina ha aumentato la produzione di munizioni di artiglieria di due volte e mezzo rispetto all’inizio della guerra.

@GianandreaGaian

Foto: Ministero Difesa Russo, Gruppo 13,  RIA Novosti e Ministero Difesa Ucraino

Mappe: Deep State e Z-Komtet

 

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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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