Dalla Somalia all’Ucraina passando per il “Siraq”: il boom delle “tecniche”

 

In più di due anni di Operazione Militare Speciale russa l’Ucraina ha ottenuto dall’Occidente miliardi di dollari – e di euro! – in armamenti: missili terra-aria Stinger e Patriot, anticarro Javelin, lanciarazzi multipli HIMARS con relativi missili ATACMS, carri armati Leopard ed Abrams, veicoli da combattimento per la fanteria Bradley, caccia multiruolo F-16 ecc.

Eppure, a colonne portanti delle Forze Armate ucraine paiono essere assurte forniture ben più modeste e dai nomi decisamente meno altisonanti: le tecniche. Sostanzialmente pick-up, SUV ed altri veicoli civili o commerciali con quattro ruote motrici che vengono dotati di mitragliatrici pesanti, missili anticarro, cannoni antiaerei o altro armamento di supporto.

Grazie soprattutto ad iniziative private, infatti, Kiev riceve continuamente veicoli fuoristrada che officine meccaniche locali, con grande motivazione e creatività, allestiscono con armamenti, blindature improvvisate ed adeguate livree. Le tecniche così realizzate costituiscono per i militari ucraini veri e propri moltiplicatori di forze: con esse si muovono lungo l’intera linea del fronte, attaccano il nemico, ingaggiano i suoi velivoli, distribuiscono rifornimenti, evacuano i feriti e altro ancora.

L’impiego di veicoli civili nelle ostilità, però, non è un espediente esclusivo di questo conflitto. Si tratta, bensì, di una pratica consolidata nelle guerre convenzionali ed – ancor di più – asimmetriche che hanno insanguinato il XX° secolo e i primi decenni del XXI°.

Guerriglieri, terroristi ed anche truppe regolari con scarse possibilità cercano, in questo modo, di colmare sempre più il gap con nemici meglio equipaggiati. Insomma, le tecniche come soluzioni rapide, economiche e versatili per i moderni campi di battaglia!

 

Terminologia e peculiarità

“Tecnica” è un neologismo – ormai, non proprio recente – che identifica un veicolo da combattimento leggero improvvisato. Il termine sarebbe stato coniato ad inizio anni 90, durante la guerra civile somala.

Impossibilitate a portare armi – per garantirsi uno status di neutralità – o ad impiegare compagnie di sicurezza private per proteggere i propri operatori ed assetti, le ONG occidentali presenti nel Paese hanno dovuto rivolgersi a banditi locali: i Mooriyaan. I compensi per i loro servigi venivano indicati nelle note spese come “assistenza tecnica”; da cui, appunto, “tecnica”. Il significato si è, poi, esteso fino ad includere gli stessi miliziani ed i loro veicoli armati.

Un’altra versione, invece, ne ricondurrebbe le origini sempre alla travagliata storia della Somalia, ma degli anni 80: nella fattispecie, al montaggio di armamenti sui veicoli del Movimento Nazionale Somalo da parte dei tecnici della – fantomatica? – società sovietica Tekniko, durante la guerra d’indipendenza del Somaliland. L’inglesizzazione della denominazione sociale avrebbe, quindi, portato a “Technical” (tecnica).

Truppe della missione ONU MINISMA in Mali 

Tuttavia, gli americani preferiscono ancora ufficialmente le sigle NSTV o NTV – Non-standard Tactical Vehicle o Veicolo Tattico Improvvisato – all’ormai popolare, ma informale “tecnica”.

Sostanzialmente si tratta di pick-up, SUV o altri veicoli civili o commerciali con quattro ruote motrici – in particolare Ford Ranger, Mitsubishi Triton e, soprattutto, Toyota Hilux e Land Cruiser – che, nella versione più comune, vengono armati con una mitragliatrice pesante (DShK da 12,7 mm o M2 Browning calibro .50).

Allestimenti alternativi possono prevedere mitragliatrici leggere o medie (RPD, FN Minimi e MG 42/59), cannoni antiaerei (ZPU o ZU-23), missili anticarro (BGM-71 TOW, MILAN, AT-3 Sagger o 9M133 Kornet), mortai (da 60 mm, da 82 mm o gli improvvisati Barrack Buster[1]), lanciagranate (MK-19 o AGS 17, 30 o 40), lanciarazzi multipli (Tipo 63 o M-63 Plamen), cannoni senza rinculo (SPG-9 o M-40) o altro armamento di supporto.

Nel luglio 2018, addirittura, sono circolate immagini di un Toyota Hilux dei ribelli yemeniti Houthi che montava un cannone rotativo a 6 canne M-167 Vulcan. Non da meno gli ucraini che, nel maggio 2022, hanno realizzato una variante di tecnica con missili antinave Brimstone sul telaio di un minibus Gazelle russo.

Frequente anche il montaggio di intere torrette (di un veicolo BMP-1 con cannone da 73 mm) o pod[2] lanciarazzi (UB-32 per razzi S-5) cannibalizzati da corazzati fuori uso o elicotteri abbattuti. La caratteristica fondamentale affinché un mezzo possa essere definito “tecnica” è che sia stato inizialmente progettato e realizzato come veicolo civile. Perciò i VTLM (Veicoli Tattici Leggeri Multiruolo come il Lince o l’Hummer) non vengono considerati tali.

Milizie libiche

Allo stesso modo, si tende ad escludere dalla classificazione anche veicoli blindati e cingolati; questo seppur sempre più esemplari di tecniche vengano dotati di blindature leggere od improvvisate – dette hillbilly[3] – come piastre d’acciaio saldate o grate per contrastare una gamma – alquanto ristretta – di munizioni e droni. Gli SVBIED[4] (Ordigni Esplosivi Improvvisati su Veicoli Suicidi) tipo ISIS e i super blindati dei narcos messicani, quindi, non possono essere catalogati come tecniche.

L’equipaggio di una tecnica è costituito essenzialmente da un conduttore e da un addetto all’arma, in piedi, sul pianale posteriore del veicolo. Si tratta di un esiguo gruppo di uomini in grado di fornire ampi volumi di fuoco ed importanti capacità di manovra. Le tecniche, per esempio, consentono il cosiddetto “Tank Desant”[5]; il trasferimento di truppe in combattimento sul tetto o nel cassone del veicolo, per farle appiedare, poi, nelle fasi finali dell’assalto. Tattica di derivazione sovietica e dei Paesi della sua sfera d’influenza, differisce dal trasporto di fanti con mezzi dedicati per la sua improprietà.

Al fine di facilitare la sopraccitata tattica, così come la movimentazione di carichi o il brandeggio di armamenti particolarmente voluminosi, a tali veicoli vengono spesso asportati – letteralmente segati – tetto e relativi montanti.

 

Cenni storici

Sebbene abbia acquisito notorietà tra i trenta e quaranta anni fa con la guerra civile somala, l’impiego di veicoli da combattimento improvvisati ha, ormai, più di un secolo; praticamente, dall’invenzione dell’automobile. I primi esemplari di “proto-tecniche” hanno fatto la loro comparsa nella Grande Guerra. Sul Fronte orientale – Ucraina e Russia meridionale – i Tachanka, carri trainati da cavalli con mitragliatrici sul pianale, consentivano di tendere imboscate al nemico e disimpegnarsi rapidamente.

In Palestina, nel frattempo, l’Esercito britannico utilizzava automobili Ford Model T su cui montava mitragliatrici Vickers o Lewis. I canadesi, invece, allestivano camion civili con mitragliatrici ed una leggera blindatura; i cosiddetti autocarri blindati. Nel bombardamento di Papeete da parte della Marina imperiale tedesca il 22 settembre 1914, i francesi rafforzarono le difese della città caricando cannoni da 37 mm su camion Ford.

Milizie libiche

Allo stesso modo, nella guerra civile spagnola si realizzavano cannoni semoventi fissando pezzi d’artiglieria a dei camion. Durante la Seconda guerra mondiale l’ LRDG[6], il SAS[7] ed altre unità britanniche e del Commonwealth si sono rese famose per le letali incursioni nei deserti del Nord Africa, condotte con camion di pattuglia Chevrolet WB 30 e  jeep Willys MB armati di mitragliatrici.

L’impiego di questi veicoli da parte del SAS – Land Rover Serie 1 e Serie 2A 109, in particolare – è continuato dopo il conflitto mondiale, con la ribellione del Dhofar (1963 – 1976). Il caratteristico colore rosa con cui venivano verniciati, dimostratosi particolarmente efficace per la mimetizzazione nel deserto, è valso loro il soprannome di Pinkies o Pantere Rosa.

Nella Guerra civile libanese (1975 – 1990) tutte le fazioni in lotta, OLP[8] in primis, impiegavano le tecniche. Sulla falsariga dei pick-up armati schierati dai palestinesi nella striscia di Gaza a fine anni 60 – ancora semplici veicoli civili con uomini armati nel cassone, a Beirut nacque il concetto di tecnica; in particolare il suo impiego in ambiente urbano.

Rispetto ai mezzi corazzati militari, infatti, queste risultavano molto più agili tra le strade irte di barricate e macerie. In aggiunta, grazie ad un maggior angolo di elevazione dei propri armamenti, consentivano di ingaggiare bersagli anche ai piani più elevati degli edifici della “Parigi del Medio Oriente”.

Milizie Stato Islamico in Libia

I primi guerriglieri ad utilizzarle con travolgente successo, però, sono stati quelli dell’Esercito di Liberazione Popolare Saharawi, in lotta per l’indipendenza dalla Mauritania (1975 – 1979) e Marocco (1975 – presente). Con armi e Land Rover forniti dall’Algeria, i Saharawi hanno condotto raid a lungo raggio nel deserto, contro forze convenzionali più potenti, ma meno agili.

Lo stesso Esercito marocchino ha dovuto creare velocemente i propri reparti di tecniche per poter contrastare gli attacchi mordi e fuggi del nemico; rivisitazioni in chiave moderna delle loro incursioni tribali di epoca precoloniale con cammelli e cavalli. Ancora oggi, le tecniche rappresentano una componente fondamentale degli arsenali del Fronte Polisario.

Se il Libano ha fatto da sfondo alla nascita delle moderne tecniche, il Ciad e la sua guerra contro la Libia ne hanno decretato la maturità. Dopo che nel 1983 il colonnello Gheddafi aveva occupato la striscia di Aozou nel Ciad settentrionale, la Francia ha armato ed equipaggiato le truppe di N’Djamena per liberarla. Circa 400 tra Toyota Hilux e Land Rover, con missili guidati anticarro MILAN, hanno consentito ai ciadiani di condurre pesanti attacchi in profondità, in territorio nemico.

Nella battaglia per la roccaforte di Fada (02/01/1987) i libici hanno perso ben 800 uomini, 92 carri armati e 33 veicoli da combattimento per la fanteria, rispetto a soli 3 veicoli e 18 uomini per i ciadiani. Le tecniche hanno avuto un ruolo così determinante che il Time ha ribattezzato le fasi finali della guerra libico-ciadiana la “Grande Guerra delle Toyota”.

Milizie libiche

Una delle maggiori organizzazioni terroristiche a fare ampio uso di tecniche è stata la Provisional IRA[9]. Numerosi veicoli, soprattutto furgoni e camion, sono stati equipaggiati con mitragliatrici, lanciafiamme o mortai improvvisati per attaccare elicotteri, pattuglie e caserme dell’Esercito britannico e del RUC[10] – Polizia federale dell’Irlanda del Nord.

Chiamate dalla PIRA “piattaforme mobili per armi”, le tecniche hanno trovato spazio anche in azioni di grande impatto mediatico e propagandistico nel Regno Unito: l’attacco a colpi di mortaio del 7 febbraio 1991 a Downing Street, sede del Governo britannico e quelli del 9, 11 e 13 marzo 1994 all’aeroporto londinese di Heathrow.

I mezzi del PIRA erano spesso camuffati da veicoli commerciali, ad esempio, di ditte di impianti elettrici, idraulici o di agenzie governative per passare inosservati. Il più celebre impiego di tecniche si è avuto in Somalia, immortalato nelle scene di Black Hawk Down (2001). Nel film di Ridley Scott, infatti, le forze speciali americane combattono centinaia di miliziani somali, armati fino ai denti e di tecniche, per salvare gli equipaggi di due elicotteri abbattuti.

In realtà, solo alcuni dei summenzionati veicoli avevano preso parte alla battaglia di Mogadiscio del 3 e 4 ottobre 1993. Da quando gli uomini del signore della guerra Mohamed Farah Aidid avevano attaccato elicotteri statunitensi nel dicembre 1992, questi erano stati autorizzati a sparare a vista alle tecniche. Perciò, i somali preferivano tenerle nascoste o usarle con parsimonia.

Oltre all’utilità in combattimento, infatti, esse erano – e sono – considerate uno status symbol: il potere di un signore della guerra somalo si misura in tecniche possedute. Alla sua morte, nel 1996, il feretro di Aidid è stato portato in corteo su di un pick-up Toyota.

L’impiego di tecniche in Somalia è continuato con le Corti islamiche e oggi con gli al-Shabāb. Quando i talebani sono entrati per la prima volta a Kabul il 27 settembre 1996, i giornalisti hanno parlato di “carri e Toyota Hilux armati e pieni di munizioni” imperversare nelle strade della capitale afghana.

Milizie libiche

Scene che si sono ripresentate nell’agosto 2021, quando gli studenti coranici hanno rapidamente ripreso il controllo del Paese dopo vent’anni di presenza NATO.

Addirittura, sarebbe esistita una vera e propria scala gerarchica e preferenziale di marchi e modelli di pick-up e tecniche tra talebani e membri di al-Qaeda. Il Mullah Omar, guida suprema dei talebani, si spostava su di un Chevrolet Suburban con vetri oscurati, mentre Osama bin Laden, così come il suo luogotenente Muhammad Atef ed altri comandanti di al-Qaeda preferivano i Toyota Land Cruisers, dotati eventualmente di lampeggianti. I militanti ordinari, invece, Toyota Hilux, decisamente meno sobri: con armamenti ben in vista, scritte colorate e cerchioni e roll bar cromati.

Proprio come in Somalia, la schiacciante superiorità aerea della NATO ha portato ad un ridottissimo impiego di tecniche in battaglia da parte dei talebani. Tuttavia, nel 2009, un loro pick-up armato con un cannone ZPU-1 avrebbe abbattuto un elicottero Chinook della RAF[11] a nord di Sangin, Helmand.

In Afghanistan le stesse forze speciali americane e paramilitari della CIA avevano impiegato massicciamente le tecniche dal 2001, sia perché in grado di affrontare il terreno accidentato che per il loro basso profilo che consentiva di passare inosservati durante le operazioni. E ancora, prima di loro, gli spetsnaz[12] sovietici ne avevano sottratto alcuni esemplari ai mujaheddin – chiamati appunto “veicoli trofeo” – per impiegarli, successivamente, in azione.

Milizie ISIS in Libia

Nell’imminenza di Desert Storm i Berretti Verdi americani hanno allestito sul campo, in Kuwait, dei Land Cruiser per incrementare il parco veicoli a loro disposizione: li hanno armati di mitragliatrici e lanciagranate e hanno dipinto una V rovesciata sui fianchi per ridurre il rischio di incidenti di fuoco amico.

Nel 2003 la Guardia Repubblicana e, in particolare, i Fedayeen di Saddam Hussein hanno cercato di replicare gli attacchi dei Saharawi e dei ciadiani per fermare gli americani di Iraqi Freedom, ma con scarso successo. Durante i soli raid nel centro di Baghdad – ribattezzati Thunder Run[13] – la cavalleria americana ha eliminato una ventina di tecniche.

Inoltre, la difficoltà di distinzione tra veicoli militari improvvisati e civili – entrambi prevalentemente di colore bianco – ha provocato numerosi “danni collaterali”.[14]  Gli insorti del secondo dopoguerra iracheno hanno utilizzato le tecniche per attaccare le ricostituite forze di sicurezza locali, nonché le truppe occidentali.

Veicoli commerciali armati sono stati consegnati anche alla Polizia irachena, contractors e truppe della coalizione per proteggere i propri convogli di rifornimenti. Le guerre civili libiche (2011 e 2014 – 2020) hanno visto un considerevole dispiegamento di tecniche da parte di tutti i contendenti; tanto da rendere difficile ai velivoli della NATO discriminare tra amici e nemici da ingaggiare.

Ragguardevoli anche le innovazioni introdotte, in particolare in fatto di armamenti visto la gran quantità di depositi militari che i ribelli hanno potuto saccheggiare. In Donbas ucraini, separatisti e reparti speciali russi hanno tutti schierato veicoli militari “fatti in casa” fin dal 2014.

Milizie libiche (foto sopra e sotto)

Nell’aprile 2021 gli osservatori dell’OSCE[15] avevano individuato 15 veicoli russi UAZ-23632-148 Esaul – versione modificata del commerciale UAZ Patriot – vicino ad Oleksandrivska, oblast[16] di Donetsk; a 21 chilometri dalla linea di contatto. La presenza di tali mezzi tra le fila dei separatisti, secondo gli analisti palesava già le intenzioni della Federazione Russa di escalare la situazione.

Con l’avvio dell’Operazione Militare Speciale, il 24 febbraio 2022 gli spetsnaz russi sono stati avvistati a Gomel, Bielorussia muovere verso il territorio ucraino a bordo di tecniche. Un altro video, circolato sui social poco più tardi, mostrava un convoglio di 6 pick-up – tra Mitsubishi e Toyota – dotati di mitragliatrici pesanti e dell’ormai celeberrima “Z” nelle vicinanze di Mariupol.

 

Le tecGli stessi ucraini, nelle fasi iniziali della guerra, grazie alla mobilità e potenza di fuoco delle tecniche hanno inflitto pesanti perdite ai russi, respingendo la loro avanzata verso Kiev. Successivamente, i combattimenti si sono spostati nella parte orientale del Paese, sotto forma di guerra tradizionale.niche, tuttavia, continuano a dimostrarsi soluzioni valide ed efficaci: dall’ingaggio di velivoli e carri armati al bombardamento di posizioni nemiche con lanciarazzi multipli, passando per la consegna di rifornimenti ed evacuazioni di feriti. Il tutto, mentre fabbriche ed officine meccaniche dedicate al loro allestimento continuano a sorgere e ad operare ininterrottamente, sia sul proprio territorio che all’estero.

Infine, le tecniche sono state utilizzate anche dalle milizie Janjaweed in Darfur, dai ribelli Houthi e milizie pro-Hadi in Yemen, dai vari gruppi della galassia jihadista (Stato Islamico, al-Qaeda ed altri a loro affiliati) e dagli uomini di Assad in Siria, nonché dai Peshmerga curdi contro l’ISIS.

 

Una scomoda pubblicità

Dalle montagne dell’Afghanistan ai deserti del Siraq i fuoristrada Toyota, in particolare gli Hilux e i Land Cruiser, sono da tempo i preferiti dei gruppi terroristici di matrice islamica. Come non ricordare le immagini dei convogli di nuovissimi pick-up dell’ISIS che imperversavano per le strade di Raqqa e Mosul o quelle dei talebani che entravano a Kabul nell’agosto 2021!

Tutto ciò, oltre a mettere in risalto l’estrema affidabilità e versatilità dei veicoli del marchio nipponico, lo ha legato – quasi – indissolubilmente al jihadismo transnazionale. Dopo che le prime immagini dei talebani alla guida di Land Cruiser avevano iniziato a circolare l’11 Settembre, Toyota era stata costretta a dichiarare di aver esportato ufficialmente in Afghanistan solo ed esclusivamente un veicolo nei cinque anni precedenti – nel 1997 – e di non avere un canale di distribuzione nel Paese.

Per cercare, comunque, di cavalcare l’onda mediatica Wade Hoyt, portavoce di Toyota a New York, se n’era uscito affermando che “anche se non è il nostro product placement[17] di cui andiamo più fieri, […] dimostra che i talebani sono alla ricerca delle stesse qualità di qualsiasi acquirente di autoveicoli: durata e affidabilità”.

Nell’ottobre 2015, addirittura, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha chiesto ufficialmente spiegazioni al colosso giapponese sul come e perché i gruppi terroristici di tutto il Medio Oriente avessero a disposizione flotte di suoi veicoli freschi di fabbrica.

Toyota ha per l’ennesima volta ribadito il suo impegno ad osservare leggi e regolamenti di ogni Paese e regione in cui opera, così come la sua totale disponibilità a collaborare ad indagini sulle catene di approvvigionamento internazionali che consentono alle organizzazioni terroristiche di ottenere, convertire ed impiegare in combattimento i suoi veicoli. Precauzioni che ha imposto di adottare anche ai propri distributori.

Inoltre, in occasione del lancio di una delle ultime versioni di Land Cruiser, Toyota ha imposto agli acquirenti l’obbligo a non rivenderli prima di un anno. Questo per evitare che finiscano – immediatamente, perlomeno – in mani sbagliate, attraverso Paesi e regioni con confini porosi.

Oltre a questioni morali e di sicurezza internazionale, infatti, ciò potrebbe arrecare ulteriori danni d’immagine o, addirittura, far scattare sanzioni nei confronti della casa costruttrice. La stessa, però, ha lamentato l’impossibilità di controllare i molteplici canali attraverso i quali questi veicoli possono essere trasferiti ed impropriamente utilizzati.

L’ISIS, per esempio, grazie alle considerevoli possibilità economiche, poteva acquistarli sul mercato nero senza troppi problemi. Si pensi, ad esempio, alla preoccupante impennata di furti di Toyota Hilux nel Nuovo Galles del Sud, Australia nell’estate del 2015: ben 473 veicoli su 834 non sono mai stati ritrovati. Grazie a reti criminali transnazionali questi pick-up possono aver raggiunto le aree di conflitto mediorientali passando per la Turchia o il Pakistan.

Per non parlare, inoltre, dei 43 veicoli Toyota che il Dipartimento di Stato USA ha donato ai ribelli siriani nel 2014 e che, invece, sono finiti allo Stato Islamico; così come quelli abbandonati senza colpo ferire dalle Forze armate irachene in fuga dall’avanzata dell’ISIS su Mosul nel giugno 2014.

Da non trascurare, infine, i pick-up abbondantemente impiegati dalle organizzazioni umanitarie come Croce Rossa e Nazioni Unite in molti Paesi instabili. Questi possono, infatti, essere rubati direttamente dai terroristi o finire per l’ennesima volta sul mercato nero.

Una vicenda decisamente tanto singolare quanto tragicomica è quella che ha visto protagonista Mark Oberholtzer, idraulico di Galveston, Texas a partire dal dicembre 2014. Il suo Ford F-250 del 2005 è finito nelle mani dei miliziani islamici ad Aleppo, Siria con ancora ben visibili logo e numero di telefono della sua azienda: la Mark-1 Impianti Idraulici.

Un militare francese con truppe maliane

Oberholtzer, accusato fortuitamente di simpatizzare per e sostenere i terroristi, ha perso contratti e ricevuto centinaia di minacce. Tanto che ha chiesto più di 1 milione di dollari come risarcimento danni ad AutoNation Ford Gulf Freeway, concessionario di Houston a cui aveva dato in permuta il veicolo “incriminato” per l’acquisto di uno nuovo.

Il suo Ford F-250, infatti, è stato venduto all’asta nel novembre 2013 ed è stato esportato a Mersin, Turchia il mese successivo; senza rimuovere adesivi e recapiti per non rovinare la vernice. ​ Da lì sarebbe, poi, finito ai jihadisti in Siria che l’hanno equipaggiato con un cannone antiaereo e l’hanno messo in bella mostra sui social.

 

Iniziative private e creatività al servizio di Kiev

Uno dei principali donatori di tecniche all’Ucraina è l’associazione benefica scozzese P4P – Pickups for Peace. Da quando è stata fondata nel febbraio 2023 dall’agricoltore britannico Mark Laird, Pickups for Peace ha organizzato dodici convogli per trasferire ai militari di Kiev qualcosa come 338 tra fuoristrada, ambulanze, quad e tutta una serie di materiali – generatori, carburante, pneumatici, ricambi, batterie, attrezzi, medicinali, abbigliamento invernale – e donazioni per un totale di 3 milioni di sterline.

L’ultimo convoglio di 38 fuoristrada è giunto a destinazione ad aprile, grazie ad agricoltori e volontari dell’associazione che si sono cimentati in un viaggio di oltre 2.500 km: treno, nave e strada attraverso Gran Bretagna, Paesi Bassi, Germania e Polonia fino alla città ucraina di Leopoli.

Riflettori e mitragliatrici antidroni – Esercito Ucraino

Ad attenderli uomini dell’Amministrazione Militare Regionale che hanno provveduto poi a ridistribuire i fuoristrada – secondo le rispettive richieste – alle varie unità e reparti. Altra iniziativa privata è Car4Ukraine di Ivan Oleksii e Ivan Karbashevsky.

Esentato dal servizio militare per motivi di salute, Oleksii ha trovato comunque il modo di contribuire in modo significativo allo sforzo bellico del suo Paese: riunendo un gruppo di volontari provenienti da Europa, America ed Ucraina ha raccolto, allestito e consegnato ben 404 veicoli all’Esercito ucraino per un valore di 3,28 milioni di dollari.

Si tratta, generalmente, di mezzi di seconda mano, a trazione integrale, con motori da 2,0 litri o più, con un costo unitario di circa € 5.500. Tra i modelli preferiti Toyota Hilux/Tundra, Mitsubishi L200, Ford Ranger, Nissan Navara/KingCab, Isuzu D-Max, Маzda BT-50/Mazda B2500 e Jeep Gladiator.

Nella maggior parte dei casi vengono importati da Germania, Polonia, Lituania, Paesi scandinavi o Regno Unito grazie a denaro proveniente dal crowdfunding.[18]   Una volta giunti in Ucraina, i veicoli vengono modificati da meccanici ed ingegneri volontari che ne rinforzano la carrozzeria per garantire almeno una minima protezione all’equipaggio ed aggiungono supporti per mitragliatrici o altre armi anticarro o antiaeree. In tale ambito, poi, la creatività ucraina si sbizzarrisce!

Sistema antidrone L3Harris Vampire su 4×4 per l’Esercito Ucraino 

Sarebbe stata realizzata e montata, infatti, una torretta con mitragliatrice a controllo remoto sul retro di una berlina di era sovietica; nella fattispecie una mitragliatrice pesante KPVT da 14,5 mm su di una GAZ-24-10 Volga. Sulla precisione di tiro, però, non si sono avuti riscontri.

Ad essere convertito in mezzo militare pronto per il combattimento anche un Porsche Cayenne. Un veicolo high-tech – con telecamera per la visione notturna, alloggiamenti per armi, connessione satellitare ad internet – allestito e consegnato, in prima linea, al comandante della 24° Brigata meccanizzata; unità protagonista dei sanguinosi combattimenti di Bakhmut.

Addirittura, ad una BMW Serie 6 è stato rimosso lo sportello del bagagliaio per montare il supporto per una mitragliatrice pesante; molto probabilmente una NSV sovietica.

Esercito ucraino 

La Serie 6, pur non essendo certamente la miglior auto da cui ricavare una tecnica (non è blindata, richiede una manutenzione significativa, è bassa ed ha trazione posteriore) dimostra la determinazione del popolo ucraino a resistere in qualunque modo e con qualunque mezzo.

 

 Qualche considerazione

La monopolizzazione – mediatica e non – delle forniture militari all’Ucraina da parte dei cosiddetti “game changers”[19] come HIMARS e compagnia bella, ritenuti in grado di stravolgere le sorti del conflitto, ha fatto passare in secondo piano necessità meno articolate, ma altrettanto – se non addirittura più – critiche.

Si pensi ai proiettili d’artiglieria, kit medici, droni, veicoli da combattimento per la fanteria e veicoli multiruolo come, appunto, le tecniche.

Pertanto, volontari ucraini e non, sono alla costante raccolta di fondi per acquistare vecchi pick-up civili da allestire e consegnare alle varie unità militari: per spostarsi velocemente lungo l’intera linea del fronte, condurre attacchi mordi e fuggi, disporre di capacità antiaeree, distribuire rifornimenti ed evacuare i feriti. Tutto ciò in zone dove il tasso di perdita è nettamente superiore a quanto si possa immaginare.

 Milizie sciite filo-iraniane MUP in Iraq 

In tal senso, le tecniche presentano tutta una serie di punti di forza ed opportunità per chi decide o è costretto ad utilizzarle. Innanzitutto, l’assoluta semplicità d’impiego. Rispetto anche ai più semplici veicoli militari che richiedono, comunque, una qualche forma di addestramento, le tecniche possono essere utilizzate da chiunque sappia guidare e premere un grilletto.

I veicoli da cui sono ricavate, poi, sono confortevoli, hanno un’ampia autonomia ed importanti capacità di carico di cose e persone, ma, soprattutto, sono estremamente solidi, affidabili ed in grado di affrontare situazioni estreme. Insomma, perfetti per chi non dispone di particolari infrastrutture e possibilità di supporto e manutenzione. Eventuali riparazioni, poi, sono molto più semplici ed economiche di quelle di veicoli militari. Rispetto ad un T-72, rimettere in sesto un pick-up Toyota è molto più economico e pratico, così come più semplice è, anche, la reperibilità dei ricambi.

Stesso discorso può essere fatto per quasi tutti gli armamenti che montano. Principalmente di fabbricazione cinese o sovietica-russa, sono semplici, robusti e richiedono poca manutenzione. Trattandosi infine di veicoli civili al 100%, sono facilmente reperibili e disponibili in gran quantità, così come la loro fornitura – una volta rimossi eventuali armi e supporti – è possibile quasi ovunque, senza incorrere in divieti, sanzioni o attirare troppa attenzione grazie al proverbiale basso profilo.

Milizie ISIS in Iraq

In uno scontro diretto con veicoli corazzati o carri armati non hanno – o quasi – possibilità di sopravvivenza. Tuttavia, quello di cui mancano in termini di blindatura – caratteristico lo scarso livello di protezione per equipaggio e passeggeri – e potenza di fuoco, le tecniche lo recuperano in velocità, mobilità e manovrabilità.

Particolarmente popolari tra i combattenti dei Paesi del Terzo Mondo con scarse possibilità economiche o tra quegli Eserciti che necessitano di reintegrare rapidamente unità e veicoli persi in combattimento, pare appropriato considerare le tecniche come “la cavalleria del moderno campo di battaglia asimmetrico”.

Anzi, come le ha definite in maniera molto più efficace e concreta Andrew Exum del think tank[20] americano Center for a New American Security: “l’equivalente veicolare dell’AK-47 Kalashnikov”.

 

Foto: Ministero Difesa Francese, Stato Islamico, MINUSMA, Ministero Difesa Burkina Faso, Libya Herald, Libya Observer, L3 Harris, Telegram, AFP e  MUP

 

Bibliografia

 Neville L., “Technicals Non-Standard Tactical Vehicles from the Great Toyota War to Modern Special Forces”, Bloomsbury Publishing, 19/04/2018

 

Sitografia

 “British farmers, volunteers deliver 35 off-roaders for Ukraine Army to Lviv region”, in Ukrinform, 18/11/2023. https://www.ukrinform.net/rubric-defense/3788689-british-farmers-volunteers-deliver-35-offroaders-for-ukraine-army-to-lviv-region.html

Bell J., “Toyota and the Taliban: How the pickup truck became a terrorist favorite”, in al-Arabiya News, 17/08/2021. https://english.alarabiya.net/News/world/2021/08/17/Toyota-and-the-Taliban-How-the-pickup-truck-became-a-terrorist-favorite

 Burns J. F., “AUTOS ON FRIDAY/International; Trucks of the Taliban: Durable, Not Discreet”, in The New York Times, 23/11/2001. https://www.nytimes.com/2001/11/23/automobiles/autos-on-friday-international-trucks-of-the-taliban-durable-not-discreet.html

 “Chad: The Great Toyota War”, in Time, 23/04/1984. https://content.time.com/time/subscriber/article/0,33009,921683-1,00.html

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NOTE

[1] “Distruttori di caserme”, mortai improvvisati realizzati ed utilizzati negli anni 90 dai terroristi nordirlandesi del PIRA per attaccare le caserme delle Forze Armate e dell’Ordine britanniche.

[2] Contenitore.

[3] Rozze, grezze.

[4] Suicide Vehicle-Borne Improvised Explosive Device.

[5] Letteralmente, “sbarco da carro armato”.

[6] Long Range Desert Group.

[7] Special Air Service.

[8] Organizzazione per la Liberazione della Palestina.

[9] Irish Republican Army.

[10] Royal Ulster Constabulary.

[11] Royal Air Force.

[12] Reparti speciali russi.

[13] Incursioni condotte tra il 5 e il 7 aprile 2003, nel centro di Baghdad, per saggiare il livello delle forze irachene rimaste a difesa della capitale.

[14] Vittime civili.

[15] Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa.

[16] Ripartizione amministrativa ucraina o di altri Paesi slavi corrispondente pressappoco alla regione.

[17] Forma di pubblicità che consiste nell’inserimento di prodotti o marchi all’interno di programmi televisivi, radiofonici, film, libri o tutta una serie di altri contesti non strettamente pubblicitari, senza interromperne la naturale struttura o filo narrativo.

[18] Sistema di finanziamento di progetti di singoli individui o piccole e medie imprese attraverso donazioni di una moltitudine di soggetti.

[19] Armamenti particolarmente performanti, ritenuti in grado di fare la differenza sul campo di battaglia.

[20] letteralmente, “serbatoio di pensiero”. Gruppo di esperti in diversi campi che collaborano nella realizzazione di studi ed analisi di varia natura.

 

Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.

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