Mali, Sudan, Siria: le operazioni ucraine contro i contractors e i militari russi all’estero
Dopo aver smesso progressivamente di far parlare di sé in seguito all’ammutinamento ed eliminazione del patron Yevgheny Prigozhin, il Gruppo Wagner – o Africa Corps – è tornato prepotentemente alla ribalta delle cronache. Non da protagonista, ma da vittima. Il 27 luglio scorso un gruppo di ribelli tuareg ha rivendicato l’uccisione di un elevato numero di contractors russi in feroci combattimenti nel nord del Mali.
Gli scontri, la cui dinamica è ancora perlopiù incerta, hanno visto la partecipazione di una pluralità di attori che vanno, appunto, dai russi e soldati del Mali ai ribelli tuareg, jihadisti qaedisti e, a quanto pare, operatori delle forze speciali ucraine: questi ultimi se non direttamente sul campo, attraverso la fornitura di addestramento e supporto agli insorti.
Dichiarazioni di importanti esponenti dell’intelligence militare di Kiev (GUR) sull’accaduto hanno, sostanzialmente, rivelato l’esistenza di una vera e propria campagna militare per l’eliminazione degli uomini del Gruppo Wagner e loro alleati in giro per il mondo. Ciò pare trovare conferma in tutta una serie di attacchi che hanno colpito i contractor russi in Siria e Sudan a partire dalla seconda metà del 2023, nonché accuse e reazioni diplomatiche di diversi Paesi africani nei confronti di Kiev.
Che il confronto tra Russia e Ucraina non si limitasse al Donbass era evidente ormai da tempo. Tuttavia, l’esistenza di questo articolato piano vi aggiunge nuove variabili ed implicazioni.
Che succede in Mali
Indipendente dalla Francia dal 1960, la Repubblica del Mali è l’ottava nazione più grande dell’Africa e il quarto produttore di oro del continente, oltre a disporre di vaste riserve di risorse naturali quali ferro, uranio, manganese, litio e calcare.Il Paese si è sempre caratterizzato per un’estrema frammentazione tra le diverse etnie sedentarie e nomadi che la popolano. Tra queste i Tuareg, pastori semi-nomadi che vivono tra Mali settentrionale e regioni di confine del Niger, del Burkina Faso, dell’Algeria, della Mauritania e della Libia a causa dei confini tracciati dai colonizzatori francesi.
Il sud del Mali, ricco ed efficiente, è in forte contrapposizione con un nord irrequieto, abitato principalmente dalle summenzionate tribù che si sentono emarginate dal governo centrale. Dall’indipendenza ad oggi, infatti, hanno scatenato ben quattro insurrezioni: 1963, 1991, 2006 e 2012. Quest’ultima è ancora in corso.
Nell’aprile 2012 gran parte dei circa 4.000 Tuareg che avevano servito Gheddafi in armi come mercenari hanno approfittato della sua uccisione e del caos imperante in Libia per tornare in patria, con armi ed equipaggiamenti trafugati dagli arsenali locali. Alleatisi con narcotrafficanti e jihadisti attivi nella regione, i Tuareg hanno dichiarato unilateralmente l’indipendenza dell’Azawad (territorio settentrionale del Mali) e condotto un’insurrezione separatista contro la giunta militare appena insediatasi a Bamako con un golpe.
Da lì sono seguiti 9 mesi di occupazione delle regioni settentrionali di Kidal, Gao e Timbuktu. I diversi gruppi jihadisti con cui si erano alleati i Tuareg, però, li hanno ben presto scalzati e hanno imposto la sharia in quei territori, con tanto di punizioni corporali, la distruzione di monumenti storici ed il divieto di attività come il calcio, la musica e il consumo di bevande alcoliche.
A gennaio 2013 una forza multinazionale guidata dalla Francia è intervenuta con l’Operazione Serval per fermare l’avanzata islamista verso sud e, in tre settimane, ha riconquistato le tre regioni settentrionali senza però riuscire a fermare le attività di guerriglia.
Ad essa si sono affiancate o sostituite la missione MISMA dell’ECOWAS, il dispiegamento dei Caschi Blu della missione ONU MINUSMA, la forza congiunta del G5 Sahel, la più ampia operazione francese Barkhane (che inglobò per un periodo anche contingenti europei incluso uno elicotteristico italiano), nonché varie missioni di addestramento delle forze di sicurezza ed istituzioni maliane dell’Unione Europea – EUTM Mali, EUCAP Sahel Mali e la Task Force Takuba – a cui ha partecipato anche l’Italia.
Nonostante la pletora di missioni internazionali e diversi tentativi di accordi di pace, tra cui quello di Algeri del 2015 siglato tra Bamako ed i Tuareg del CMA (Coordinamento dei movimenti dell’Azawad), il Paese non si è stabilizzato. Anzi, la presenza dei jihadisti si è espansa ad altre zone del Mali.
Nel frattempo, nel maggio 2015 è nato lo Stato Islamico del Grande Sahara (ISGS), mentre nel marzo 2017 i gruppi jihadisti Ansar al-Din, Katiba Macina, al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI) e al-Mourabitoun, conosciuto anche come Movimento per l’Unicità e il Jihad nell’Africa Occidentale (MUJAO) sono confluiti nel gruppo militante Jama’at Nusrat al-Islam Wal-Muslimin (JNIM), di matrice qaedista.
ISGS e JNIM, precedentemente alleati, hanno iniziato a scontrarsi a causa di contrasti ideologici ed operativi, esasperando ulteriormente un conflitto già complesso in cui tutti sono alleati o nemici a seconda dei momenti. E proprio i continui attacchi jihadisti e le accuse di corruzione al presidente Ibrahim Boubacar Keita in carica dal 2013 hanno portato il Mali a subire due colpi di stato in nove mesi; rispettivamente nell’agosto 2020 e nel maggio 2021.
Nel primo golpe è stato nominato presidente Bah Ndaw, salvo poi essere rimosso dalla giunta militare del colonnello Assaimi Goita col secondo golpe. Goita, che da allora detiene le redini del Paese, ha promesso di porre fine agli attacchi di jihadisti e ribelli e, sulla scorta di un crescente sentimento anti francese nella regione, ha chiesto alla Francia e all’ONU di ritirare i loro uomini ed ha aperto a Russia e Gruppo Wagner.
Arriva il Gruppo Wagner
Dalla metà di settembre 2021 hanno iniziato a circolare voci su di un imminente accordo tra la giunta militare di Bamako e i contractor russi. Un accordo per il dispiegamento di – fino a – 1.000 uomini in supporto alle forze armate locali e a protezione di alti funzionari governativi, nell’ambito del contrasto ai jihadisti. Un’operazione che avrebbe fruttato al Gruppo Wagner circa 6 miliardi di franchi CFA (9,13 milioni di euro) al mese, oltre all’accesso a tre miniere: due di oro e una di magnesio.
Le autorità locali hanno sempre smentito tali voci, definendo i russi presenti sul loro territorio consulenti incaricati di addestrare le Forze Armate del Mali (FAMA) all’impiego di armi ed equipaggiamenti forniti da Mosca. Lo schieramento del Gruppo Wagner in Mali ha provocato forti proteste e reazioni da parte di Francia, Stati Uniti ed Unione Europea, ma anche di ribelli e jihadisti.
Una presenza quella degli uomini di Prigozhin che, alla fine, è stata ammessa anche dal ministro degli Esteri Lavrov e dallo stesso Vladimir Putin. Questi, però, l’hanno descritta come operazione di un’organizzazione privata ed indipendente dagli interessi della Federazione Russa, definizione che aveva caratterizzato a lungo la posizione di mOsca rispetto alla presenza degli uomini della Wagner nella Cirenaica libica al fianco delle truppe del generale Khalifa Haftar.
Nonostante ciò, il 23 dicembre 2021 un aereo di linea Tupolev Tu-154 del 223° Distaccamento aereo dell’Aeronautica russa ha trasferito da Bengasi a Bamako i primi 500 uomini del contingente Wagner che si sono schierati in 10 diverse località del Paese. Nei successivi 18 mesi la loro presenza è andata crescendo fino ai 2.000 uomini, come dimostrato anche dall’espansione del perimetro del proprio quartier generale e la costruzione di nuovi edifici.
Forti del supporto del Gruppo Wagner, le FAMA hanno condotto numerose missioni congiunte, sia contro i ribelli che i jihadisti. Operazioni di counterinsurgency particolarmente brutali, secondo diverse Ong e think-tank occidentali con violazioni dei diritti umani e numerose vittime civili che hanno creato sempre più fratture tra il governo e i suoi cittadini.
Secondo l’Armed Conflict Location and Event Data Project (ACLED), la violenza contro i civili in Mali è aumentata del 38% a settembre 2023, con 160 episodi (il 29%) attribuibili agli uomini del Gruppo Wagner. Inoltre, ACLED ha riferito che nel 2023 il coinvolgimento del Gruppo Wagner in atti di violenza contro i civili è più che triplicato rispetto al 2022.
L’episodio più noto e cruento è quello di Moura, avvenuto tra il 27 e 31 marzo 2022. Nella cittadina della regione di Mopti le truppe governative e più di un centinaio di contractor russi hanno ucciso circa 300 civili che Bamako ha invece definito terroristi.
Le perdite non sono mancate nemmeno per i russi. Il primo contractor ad essere ucciso in Mali sarebbe stato un cittadino russo di circa trent’anni. Il 19 aprile 2022 un convoglio FAMA-Wagner è stato investito dallo scoppio di un ordigno esplosivo improvvisato (IED) in un villaggio poco lontano dalla città di Hombori, Mali centrale. Ferito gravemente, l’uomo è stato evacuato in elicottero verso la città di Sevare, dove è deceduto per le ferite riportate.
Diverse anche le voci susseguitesi sulla cattura di membri del Gruppo Wagner da parte dei jihadisti, anche se mai supportate da prove tangibili.
Ad essere confermato, invece, l’abbattimento di un elicottero Mil Mi-8 con a bordo uomini della Wagner il 9 settembre 2023, nella regione di Segou. Un abbattimento avvenuto per opera dei jihadisti di JNIM e documentato dall’agenzia stampa MTO. Il ritiro delle truppe francesi (agosto 2022) e dei caschi blu delle Nazioni Unite (giugno 2023) dal Paese, la cui presenza impediva scontri diretti tra FAMA-Wagner e gruppi armati, ha portato a una forte escalation del conflitto.
Il numero e livello di attacchi dei ribelli tuareg e jihadisti a centri abitati e basi militari – tra cui quella di Sevare che ospitava un’aliquota del Gruppo Wagner – è talmente cresciuto da spingere le forze governative a lanciare una controffensiva verso Kidal, da tempo tornata nelle mani dei ribelli.
Città che soldati maliani e il Gruppo Wagner hanno riconquistato il 15 novembre 2023, conseguendo un’importante vittoria. A dicembre, poi, sono state riprese le città di Tessalit e Aguelhok. Il 9 febbraio 2024 è stata la volta della miniera d’oro di In-tahaka, a riconferma dell’immutata vocazione “affaristica e commerciale” del Gruppo Wagner.
La battaglia di Tinzaouaten
Lo scorso 27 luglio i ribelli del Quadro Strategico Permanente per la Pace, la Sicurezza e lo Sviluppo (CSP-PSD) – coalizione di gruppi separatisti tuareg di recente formazione – hanno rivendicato l’uccisione, il ferimento e la cattura di dozzine di uomini del Gruppo Wagner e soldati del Mali in feroci combattimenti nei pressi di Tinzaoutaten, cittadina al confine con l’Algeria.
Una dichiarazione supportata da diversi filmati postati sui social media, in cui apparivano numerosi cadaveri di soldati governativi e combattenti bianchi – se ne contano 32, sparpagliati a terra, tra veicoli distrutti e con ribelli armati e trionfanti che vi camminavano in mezzo. Nei video sono stati mostrati anche prigionieri che imploravano pietà, strattonati e presi a calci dai guerriglieri.
Nella stessa giornata è arrivata anche la rivendicazione dei jihadisti di JNIM che, oltre alla partecipazione alla battaglia, si sono attribuiti l’uccisione di 50 contractors russi e 10 soldati del Mali. Ben più pesante il bilancio tracciato da diversi blogger militari russi che hanno parlato di un numero compreso tra i 20-80 caduti tra le fila della Wagner ed una quindicina di prigionieri.
Il Gruppo Wagner ha ammesso la partecipazione dei suoi uomini a violenti scontri a fianco dei soldati del Mali e pesanti perdite. Nell’ultimo messaggio ai superiori, i suoi operatori coinvolti informavano, infatti, di essere rimasti in tre e che avrebbero continuato a combattere.
Sul numero preciso di caduti, però, la Wagner non si è espressa e risulta difficile appurarlo. Tra i caduti il comandante del contingente, Sergei Shevchenko alias Pond e Nikita Fedyanin, uno dei blogger militari russi più popolari. Il suo canale Grey Zone conta più di mezzo milione di follower.
Alcuni canali telegram hanno parlato anche della morte di Anton Yelizarov alias Lotus, uno dei più importanti leader del Gruppo Wagner. Secondo altri, invece, sarebbe stato catturato ed immediatamente liberato grazie ad uno scambio di prigionieri. La sua sorte, quindi, rimane avvolta nel mistero.
Le autorità di Bamako, pur avendo inizialmente ammesso solo la morte di due soldati ed il ferimento di altri dieci, dopo le dichiarazioni del Gruppo Wagner hanno anche loro ammesso di aver subito perdite significative. I ribelli tuareg, infine, il primo agosto hanno aggiornato il bilancio di vittime inflitte al nemico: almeno 84 russi del Gruppo Wagner e 47 soldati maliani.
Nell’attacco, definito complesso per l’utilizzo di armi pesanti, droni e veicoli suicidi sono stati distrutti o danneggiati anche diversi mezzi: almeno 6 blindati, 14 tra camion e pick- up e un elicottero Mil Mi-24, colpito e costretto ad un atterraggio di emergenza. Seppur il bilancio e le dinamiche siano ancora da accertare fino in fondo, la battaglia di Tinzaoutaten, combattuta tra il 25 e 27 luglio, costituisce la più grande sconfitta subita del Gruppo Wagner in Africa.
Quella che segue è la dinamica degli eventi tattici che è stato possibile ricostruire.
Il 20 luglio un convoglio di circa una ventina di veicoli, con a bordo soldati maliani e contractor del 13° Distaccamento del Gruppo Wagner, era partito da Tessalit per condurre attività di ricognizione e rastrellamento verso due roccaforti dei ribelli tuareg: In-afarak e Tinzaouten. I combattimenti sarebbero iniziati già il 22 luglio, con i primi rapidi successi che hanno visto i ribelli ritirarsi.
Il 23 luglio, dopo la cattura della città di In-afarak, il convoglio FAMA-Wagner si è diretto a sud-est, verso Boughessa. Nei pressi della valle di Tamassahart un veicolo è stato messo fuori uso da un ordigno esplosivo improvvisato ma il convoglio ha proseguito la sua marcia verso Tinzaouaten.
La battaglia vera è propria è iniziata nel pomeriggio del 25 luglio. A 19 chilometri da Tinzaouaten, in un’area pianeggiante con pochi ripari naturali, i ribelli tuareg hanno teso un’imboscata, con un ampio impiego di tiratori scelti in dominio di quota. In questo scontro sarebbero stati uccisi dieci soldati maliani e cinque uomini del Gruppo Wagner, oltre alla distruzione di diversi veicoli.
Entrambi gli schieramenti sono stati, poi, costretti a ritirarsi a causa di una tempesta di sabbia. Ciò avrebbe permesso ai ribelli di riorganizzarsi e riunire circa un migliaio di uomini. I soldati governativi e il Gruppo Wagner potevano contare invece su poco più di un centinaio di effettivi.
Il 26 luglio, mentre la tempesta di sabbia si diradava, i Tuareg hanno ripreso le ostilità distruggendo diversi veicoli e colpendo un elicottero da combattimento Mil Mi-24 Hind, intervenuto a supporto della colonna sotto attacco costretto ad un atterraggio di emergenza nei pressi della città di Kidal.
Entro il 27 luglio, gli uomini delle FAMA e del Gruppo Wagner hanno iniziato la ritirata, a quanto sembra alcuni a piedi, abbandonando i veicoli. Proprio in questo momento sarebbero entrati in scena i jihadisti del JNIM, tendendo la loro imboscata vicino alle montagne di Tin-Gamira. Qui sarebbero stati uccisi 50 contractor russi e 10 soldati maliani, oltre alla cattura di diversi prigionieri.
Il supporto di Kiev?
Il 29 luglio il Kyiv Post ha pubblicato la fotografia di un gruppo di ribelli tuareg, in piedi, con una bandiera dell’Azawad e una dell’Ucraina; tra di loro anche due uomini in abiti occidentali, apparentemente di carnagione chiara. Uno scatto che lasciava supporre il supporto dei Tuareg alla causa ucraina e, addirittura, un coinvolgimento di uomini di Kiev nell’imboscata.
Da una verifica di BBC Verify è stato stabilito che questa fotografia non fosse collegata alla battaglia di Tinzaouaten. Essa, infatti, presentava molti aspetti in comune con un video pubblicato su X il 10 giugno e, quindi, ben prima dell’attacco del 27 luglio.
Fonti dell’intelligence ucraina hanno confermato l’autenticità dello scatto, dichiarando, inoltre, il pieno sostegno di Kiev a tutte le fazioni che stavano affrontando gli uomini del Gruppo Wagner sul continente africano. Andrii Yusov, portavoce dell’intelligence militare ucraina, ha dichiarato che “i ribelli hanno ricevuto le informazioni necessarie a condurre un’operazione militare di successo contro i criminali di guerra russi”.
Yusov non ha rivelato ulteriori dettagli: per esempio se personale militare ucraino fosse stato coinvolto nei combattimenti o se fosse presente nel Paese. Possibile però che ucraini (gli uomini bianchi nella fotografia) siano potuti arrivare nel nord del Mali grazie all’apertura di una sede diplomatica ucraina a Nouakchott, Mauritania il 22 maggio scorso.
La Mauritania, infatti, condivide un confine di circa 2.237 chilometri con il Mali e le relazioni diplomatiche tra i due Paesi si sono incrinate ad aprile, proprio a causa del Gruppo Wagner.
I contractor russi e soldati del Mali hanno varcato quel confine per dare la caccia a ribelli tuareg nei villaggi di Madallah e Fassala. Nel corso dell’operazione numerosi civili mauritani sono rimasti uccisi. Oltre alle proteste diplomatiche, le Forze Armate mauritane hanno condotto esercitazioni interforze a fuoco a ridosso del confine, simulando l’ingaggio di un’ipotetica forza nemica che cercava di infiltrarsi nel Paese.
Il Washington Post e Le Monde ritengono che gli ucraini non abbiano partecipato direttamente alle ostilità in Mali, ma innegabile sarebbe la loro cooperazione con i Tuareg del CSP-DPA. Questi, oltre ad informazioni vitali per l’attacco, da Kiev avrebbero ottenuto finanziamenti e addestramento all’impiego di droni FPV addirittura inviando personale ad addestrarsi in Ucraina a fine 2023 e inizio 2024.
In seguito alle dichiarazioni di Andrii Yusov, il 4 agosto il Mali ha interrotto le relazioni diplomatiche con Kiev, con effetto immediato. Il Governo maliano si è detto scioccato e ha accusato l’Ucraina della violazione della sua sovranità, contribuendo al successo di “un attacco codardo, infido e barbaro”.
Inoltre, a distanza di qualche giorno, ha annunciato l’apertura di un’indagine per “atti di terrorismo, complicità in atti di terrorismo e finanziamento del terrorismo” a carico di Kiev. Le autorità ucraine hanno condannato la decisione del Mali, definendola “miope e affrettata”, senza fornire prove del coinvolgimento di Kiev nell’agguato. Una scelta effettuata senza uno studio approfondito dei fatti e delle circostanze dell’incidente.
Il 7 agosto è stata la volta del Niger di annunciare la rottura delle relazioni diplomatiche con l’Ucraina, accusandola di sostenere gruppi terroristici. Le autorità nigerine si sono, addirittura, rivolte al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Lo stesso giorno l’Alleanza del Sahel – patto di mutua difesa siglato nel settembre 2023 tra le giunte golpiste di Mali, Niger e Burkina Faso – ha anch’essa accusato Ucraina e Polonia di addestrare futuri “terroristi”.
Killing Wagner…
In un’intervista a Yahoo News del maggio 2023 Kyrylo Budanov (nella foto sotto), capo della Direzione principale dell’intelligence del ministero della Difesa dell’Ucraina (GUR), l’aveva detto chiaramente: “distruggere i criminali di guerra russi in qualsiasi parte del mondo, ovunque si trovino”.
Andrii Yusov ha ripreso le parole di Budanov aggiungendo che “l’intelligence ucraina deve essere presente ovunque sia necessario distruggere il nemico, che sta conducendo una guerra su vasta scala contro l’Ucraina. Siamo presenti ovunque sia possibile indebolire gli interessi della Russia”. E ancora “la rete terroristica russa delle cosiddette compagnie militari sul territorio del continente africano continua a lavorare e ad impegnarsi in attività illegali e a sostenere i gruppi terroristici locali”, concludendo con “tutto ciò che l’Ucraina fa [all’estero] viene fatto nel quadro del diritto internazionale e in cooperazione con i governi locali e i nostri partner internazionali”.
Perciò, quella in corso, pare una vera e propria campagna militare diretta da Kiev e condotta da suoi operatori delle forze speciali e dell’intelligence per dare la caccia agli uomini del Gruppo Wagner, ai loro alleati locali e ai membri delle Forze Armate russe all’estero.
Ulteriori conferme sono giunte dalle accuse della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova: “non avendo la possibilità di sconfiggere la Federazione Russa sul campo di battaglia, il regime criminale di Zelensky ha deciso di aprire un secondo fronte in Africa, supportando i gruppi terroristici negli Stati africani amici di Mosca”.
L’Alleanza del Sahel, addirittura, ha denunciato l’esistenza di una vera e propria “rete di addestramento terroristico” di cui avrebbero fatto parte anche i responsabili del recente attacco in Mali.
…in Sudan
Un’inchiesta della CNN di fine settembre 2023 avanzava l’ipotesi che dietro una serie di attacchi con droni ed un’operazione di terra nei pressi della capitale sudanese vi fossero i servizi segreti di Kiev.
Obiettivo degli attacchi il gruppo paramilitare RSF (Rapid Support Forces) sostenuto dal Gruppo Wagner nella sua lotta contro l’Esercito sudanese dell’ex alleato e capo di stato golpista del Sudan, generale Abdel Fattah al-Burhan. Una fonte militare ucraina aveva descritto l’operazione come il lavoro di “militari non sudanesi” e Andrii Yusov, dopo la pubblicazione dell’inchiesta, aveva dichiarato alla CNN di “non poter né confermare né negare” il coinvolgimento di Kiev negli attacchi.
Un’altra fonte militare sudanese di alto livello, così come diversi funzionari americani, invece, aveva affermato di non essere a conoscenza di un’operazione ucraina in Sudan e di non credere che tali voci potessero essere vere. Tuttavia, i filmati ottenuti dalla CNN mostravano gli attacchi e indicatori caratteristici di un coinvolgimento ucraino.
Uno dei video, presumibilmente girato con una body cam, riprendeva almeno tre combattenti stranieri con visori notturni, equipaggiamento occidentale ed un lanciarazzi sul punto di condurre un blitz in un edificio. La geolocalizzazione di una ripresa aerea ha consentito di individuare il teatro operativo in un quartiere di Omdurman, Sudan; città dall’altra parte del fiume Nilo rispetto alla capitale Khartoum.
Gli altri video mostravano attacchi di droni dentro e attorno a Omdurman, alternando la visuale del pilota, quella di un drone che osservava dall’alto e del display del radiocomando. Su quest’ultimo si trovavano scritte in inglese e ucraino. I droni FPV (con visuale in prima persona), inoltre, sono ampiamente utilizzati dagli ucraini, così come la tattica di piombare direttamente sul bersaglio si addice più ai campi di battaglia del Donbass che non al Sudan o al continente africano.
Tali attacchi sono iniziati l’8 settembre, due giorni dopo che il Gruppo Wagner aveva fornito numerosi carichi di armi all’RSF, ad al-Zurug, nel sud-ovest del Paese. Sei attacchi di droni hanno preso di mira dei pick-up che viaggiavano sul ponte Shambatche che collega Omdurman e Khartoum. Altri otto hanno colpito veicoli in sosta, edifici e uomini armati a Omdurman e nel sobborgo di Ombada, dove si trovavano posizione dell’RSF.
Ad inizio novembre 2023 sono stati pubblicati altri filmati che mostravano attacchi condotti nelle precedenti due settimane e molto simili a quelli di settembre. Nel primo, girato di notte con un drone, apparivano diversi operatori che circondavano un edificio, con gli obiettivi al suo interno, presumibilmente membri del Gruppo Wagner, evidenziati nel montaggio del video. Uno degli operatori, poi, sparava con un lanciarazzi dentro una finestra dell’edificio; a seguire, un conflitto a fuoco e varie esplosioni.
Nel secondo, girato di giorno e da un’altezza di circa 200-400 metri si vedevano uomini fuggire da diverse esplosioni. Addirittura, in rete sono circolati video che mostravano uno o più tiratori scelti, dalla pelle chiara, in azione sulle colline nei dintorni di Omdurman. A fine gennaio 2024 il Kyiv Post ha ottenuto ulteriori filmati delle “ultime settimane” in località non meglio precisate del Paese africano, in cui venivano ripresi tre attacchi separati contro veicoli. Non sono però emersi dettagli sul bilancio dei danni e vittime.
E, infine, in un video pubblicato a inizio febbraio 2024 veniva mostrato l’interrogatorio di uomini del Gruppo Wagner, catturati in Sudan da membri dell’unità “Timur” del GUR ucraino. Inizialmente, gli operatori erano impegnati ad esaminare dei veicoli militari, tra cui un camion con evidenti fori di proiettile sul parabrezza ed il corpo di un soldato sul lato passeggero, con una patch del Gruppo Wagner sulla mimetica.
Il video proseguiva, poi, con l’interrogatorio in lingua russa di un prigioniero bianco che dichiarava di far parte di un’aliquota di 100 uomini del Gruppo Wagner inviata in Sudan dalla Repubblica Centrafricana per rovesciare il Governo locale.
…in Siria
A giugno il Kyiv Post ha pubblicato dei filmati ottenuti da fonti interne all’intelligence militare ucraina che, per la prima volta, dimostravano la presenza militare di Kiev in Siria; almeno da agosto 2023. Nei video veniva mostrata una serie di attacchi condotti dalla squadra speciale “Khimik” del GUR e ribelli siriani contro i contractor russi in Siria con granate, razzi e mortai improvvisati “Tarab”.
Da inizio 2024 sono stati numerosi e costanti gli attacchi alle strutture militari russe in Siria, presidiate sia da soldati regolari che da membri del Gruppo Wagner o di altre PMC che si sono affiancate nel corso dell’ultimo anno: basi, aeroporti, checkpoint, pattuglie appiedate, convogli ed altro ancora.
Complice anche il fatto che Mosca ha trasferito parte delle proprie truppe ed assetti in Ucraina nell’autunno del 2022, rendendo quelli rimasti nel Paese più vulnerabili. A fine luglio, invece, è stata la base aerea di Shayrat, vicino ad Aleppo, a subire un articolato attacco. L’installazione militare, destinata ai russi dal 2015, svolge un ruolo cruciale nelle operazioni di Mosca in Siria, tra cui l’addestramento ed impiego di personale e milizie locali.
Secondo i filmati, l’attacco si è strutturato in più fasi e ha visto l’impiego di droni FPV. Inizialmente, è stato colpito e distrutto un apparato mobile per la guerra elettronica russo. Successivamente, sono stati presi di mira altri equipaggiamenti ed infrastrutture all’interno della base aerea. L’attacco, avvenuto il 25 luglio, non avrebbe avuto esclusivamente uno scopo militare, bensì politico e propagandistico considerato che è avvenuto il giorno successivo all’incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente siriano Bashar al-Assad a Mosca.
Nel video, poi, viene ripreso l’impiego di un drone con logo del GUR per dimostrare le proprie capacità di condurre attacchi coordinati e precisi a distanze significative dai propri confini ed esportando le tattiche adottate con successo in patria.
…e in Repubblica Centrafricana?
Pur con largo anticipo rispetto agli altri teatri operativi, anche in Repubblica Centrafricana i russi presenti nel Paese sono stati fatti oggetto di misteriosi attacchi. Nel dicembre del 2022 un cittadino russo strettamente legato al Gruppo Wagner è stato gravemente ferito in un tentativo di assassinio.
Dmitry Syty, responsabile della “Russian House” di Bangui, centro culturale ed informativo russo nella capitale, ha ricevuto un pacco che gli è esploso tra le mani,
Per mezzo dell’ufficio stampa di Concord, la holding di Prigozhin, lo Chef di Putin aveva dichiarato che le ultime parole di Syty, prima di perdere i sensi e di essere portato in ospedale, erano state: “Ho visto un biglietto: ‘Questo è per te da parte di tutti i francesi: i russi se ne andranno dall’Africa’”. Prigozhin ha, quindi, accusato Parigi di essere la responsabile dell’attentato.
L’11 novembre Dmitry Syty aveva già ricevuto un pacco dal Togo, contenente una fotografia del figlio che vive in Francia ed un messaggio che minacciava di fargli recapitare un nuovo pacco con la testa del figlio se “i russi non fossero usciti dal continente africano e avessero aperto le porte ai francesi”.
Prigozhin ha aggiunto che Syty, al ricevere un successivo pacco, aveva ignorato le istruzioni di sicurezza e, in preda al timore e alla concitazione, l’aveva aperto provocandone l’esplosione.
Lo “Chef di Putin” si è rivolto quindi al ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa per richiedere l’avvio della procedura per dichiarare la Francia stato sponsor del terrorismo e per condurre un’indagine approfondita sui metodi impiegati dagli occidentali.
Questo attacco pare più legato al piano di Kiev che non a qualcosa tramato da Parigi. Forse i primi passi mossi in tale direzione… In fin dei conti la guerra in Ucraina era già nel pieno e la Repubblica Centrafricana è da sempre uno dei principali teatri operativi e di dispiegamento del Gruppo Wagner.
Alcune considerazioni
Innanzitutto dobbiamo chiederci se sia ancora il caso di parlare di Gruppo Wagner o non sua invece più appropriato utilizzare il termine Africa Corps russa? Dopo l’ammutinamento di Evgeny Prigozhin, infatti, al Cremlino si è deciso di porre il ramo africano del Gruppo Wagner sotto il controllo dell’intelligence militare russa, il GRU.
Più nello specifico del generale Andrey Averyanov, capo dell’Unità 29155, specializzata nell’eliminazione di dissidenti e destabilizzazione di governi stranieri. Questo per evitare che un’altra PMC o un altro Prigozhin possano diventare così potenti da sfidare il potere centrale.
Agli uomini del Gruppo Wagner è stata, così, offerta la possibilità di scegliere tra l’abbandonare le fila della vecchia unità e i Paesi di dispiegamento per tornare in Patria, oppure confluire in quella nuova.
Grazie al rispetto guadagnato in questi anni, chi ha deciso di passare all’Africa Corps, ha potuto farlo mantenendo il grado ed continuando ad indossare stemmi e patch del Gruppo Wagner.
Ad oggi, quindi, nell’Africa Corps si trovano ex membri del Gruppo Wagner che hanno firmato contratti con il Ministero della Difesa russo, ma anche soldati provenienti da altri reparti delle FFAA russe e nuovi volontari, reclutati anche tra i cittadini dei vari teatri operativi.
Tale processo di assorbimento/sostituzione, però, è tutt’altro che semplice ed indolore e, a seconda del teatro operativo, viene completato a velocità variabile. Questo, sia per problemi meramente logistici (distanza e priorità legate all’Operazione Militare Speciale in Ucraina) che per la diffidenza della vecchia guardia per quello che viene visto come un imbrigliamento istituzionale.
Addirittura, secondo alcuni blogger militari russi il Ministero della Difesa russo avrebbe “gongolato” alla notizia delle ingenti perdite del Gruppo Wagner in Mali: quale miglior sistema per “rinnovare” la presenza di contractor russi in Africa? Da non dimenticare il clima di sfiducia ed ostilità tra il dicastero e la Wagner che si protrae almeno dalla battaglia/massacro di Khasham, Siria del 7-8 febbraio 2018.
Il nome Wagner, poi, è duro a morire per diverse motivazioni. Mediaticamente, è ben più altisonante rispetto ad Africa Corps russo che, inoltre, evoca il corpo di spedizione tedesco della II Guerra mondiale. Concretamente, gli stessi ex membri si rifiutano di abbandonarlo vista l’altissima reputazione che il Gruppo Wagner ha acquisito, sia in Russia che nei vari Paesi africani.
Per non parlare del fatto che il Ministero della Difesa russo sembra interessato a conservare una parte di quella negabilità plausibile assicurata dal Gruppo Wagner: mantenere viva la compagnia militare privata per scaricarvi critiche e fallimenti come quello del Mali.
Più che una svolta radicale, infatti, l’Africa Corps appare come una “Wagner 2.0”. Esso opera negli stessi Paesi, con gli stessi mezzi e metodi e con lo stesso obiettivo finale. La grande differenza sta, appunto, nel fatto che, posto sotto il controllo del Ministero della Difesa russo, non potrà più consentire a Mosca di prendere le distanze dal suo operato; come faceva, invece, col Gruppo Wagner.
Tornando al piano per eliminare gli uomini del Gruppo Wagner, quella tra Russia e Ucraina, da tempo, è una guerra che si è estesa ben oltre le linee del fronte. Kiev, infatti, ha sempre perseguito una strategia basata su operazioni clandestine e di sabotaggio contro Mosca, prima direttamente in Russia e ora anche all’estero.
L’obiettivo è quello di destabilizzare le attività russe in giro per il mondo, ottenendo vittorie propagandistiche ed infondendo nel nemico un senso di vulnerabilità ed insicurezza, oltre a conseguire successi militari più o meno significativi. Lanciando attacchi in più località e conducendo operazioni coi droni che richiedono personale minimo, le forze ucraine mirano a costringere Mosca a mantenere impegnate truppe e risorse in vari Paesi; sottraendole quindi all’Operazione Militare Speciale.
Colpire le aree in cui opera il Gruppo Wagner/Africa Corps, inoltre, consente di minarne quella reputazione di formidabile garante di sicurezza e stabilità. Il modello Wagner – e di riflesso, quello russo – si basa, infatti, sulla fornitura ai Governi stranieri di “pacchetti di supporto e sicurezza” in cambio dell’accesso a risorse naturali, posizioni geografiche strategiche ed estensione della propria influenza.
Attacchi e perdite elevate, quindi, danneggiano quell’immagine del Gruppo Wagner che la Russia e le giunte militari vogliono far circolare. Perciò, tanto era stata importante e pubblicizzata la conquista della città di Kidal nel novembre scorso. Tanto deleteria la disfatta di Tinzaouaten, tra l’altro, ben documentata dai numerosi filmati circolati in rete. A poco sono serviti i tentativi dei paesi dell’Alleanza degli Stati del Sahel di censurare l’accaduto o di spacciare come vigorosa ed eroica la resistenza dei soldati maliani e contractor russi.
Almeno per il momento, la sanguinosa battaglia non sembra aver danneggiato le prospettive di cooperazione russo-maliana visto che il ministro degli Esteri russo Lavrov ha espresso la “ferma intenzione della Russia di continuare a fornire il supporto necessario”.
A differenza del Mozambico dove la Russia aveva solo interessi commerciali e il Gruppo Wagner si è ritirato dopo meno di un anno – a fine 2019 – a causa delle perdite subite, infatti, in Mali la Russia ha anche e soprattutto interessi strategici, come in Libia e Siria d’altra parte.
Sebbene per il Gruppo Wagner le perdite non siano una novità, quelle in Mali risultano ancor più significative per il momento in cui sono state subite. I blogger militari russi ritengono vi sia stata una sottovalutazione del nemico da parte dei comandanti del Gruppo Wagner dopo la conquista della città di Kidal.
Un successo ottenuto senza troppa fatica che li avrebbe portati ad abbassare la guardia. Comandanti che, a causa del già citato rimpasto nel Gruppo Wagner/Africa Corps sono stati scelti più per l’obbedienza politica che non per l’effettivo valore ed esperienza sul campo.
Secondo alcuni blogger, senza personaggi del calibro di Dmitry Utkin e Yevgeny Prigozhin sono iniziati il disordine e la confusione e il livello dei comandanti, la disponibilità di finanziamenti, la qualità dell’equipaggiamento e molte altre cose sono crollate rovinosamente. Ciò si è tradotto in perdite sempre più frequenti e consistenti.
Quella di Utkin e Prigozhin è stata definita “l’età dell’oro” per il Gruppo Wagner, mentre quella attuale è ritenuta dell’incompetenza. Nello spezzare una lancia a favore del Gruppo Wagner bisogna riconoscere che già nel 2013 i soldati francesi in Mali si erano resi conto di dover affrontare un nemico agguerrito e ben addestrato.
Anche senza il supporto di Kiev, sono in molti a ritenere che gli insorti avessero tutti i numeri per portare a termine con successo un attacco così complesso: disponibilità di rifornimenti, conoscenza del territorio e spostamenti del nemico, condizioni metereologiche e territoriali favorevoli e superiorità numerica. Nei prossimi mesi la campagna ucraina contro interessi e contractor russi è destinata a proseguire e ad espandersi ad altri Paesi.
Le forze speciali ucraine si sarebbero, infatti, già schierate anche in Somalia per contrastare potenziali tentativi d’infiltrazione russi. Incaricate di addestrare le forze speciali della Brigata Danab, sarebbero poste sotto la supervisione della società di sicurezza americana Bancroft Global Development, la stessa che aveva fatto parlare di sé a fine dicembre 2023 per aver discusso con il presidente centrafricano Touderà la possibilità di addestrare i suoi uomini.
Facendo così concorrenza al Gruppo Wagner in uno dei suoi teatri operativi più importanti. Il 9 agosto il consiglio dei comandanti del Gruppo Wagner ha dichiarato la disponibilità a schierarsi nell’Oblast di Kursk attaccato dagli ucraini “alla prima chiamata” e, secondo, i blogger militari russi qualcuno avrebbe già iniziato ad arrivare ma probabilmente non da quei Paesi o contingenti che si trovano minacciati dagli 007 di Kiev.
Foto: Kiev Post, CSP-DPA, RIA-FAN, Difesa.it, Ministero delle Forze Armate Francese e RIA-Novosti
Pietro OrizioVedi tutti gli articoli
Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.