Nord Stream: se i nemici della Germania sono suoi alleati

 

Torniamo ad occuparci delle possibili responsabilità dell’Ucraina nella distruzione dei gasdotti Nord Stream nel Mar Baltico nel settembre 2022 (tema che abbiamo affrontato in un recente commento) perché alcune reazioni sembrano confermare che i nemici della Germania si annidano tra le nazioni che ufficialmente risultano alleate di Berlino in ambito UE e NATO.

Come abbiamo illustrato nell’articolo precedente, se sommiamo quanto emerso dalle rivelazioni giornalistiche e dalle indagini effettuate in Germania alle dichiarazioni successive e precedenti l’attentato ai gasdotti, emerge che non solo gli ucraini ma pure polacchi, baltici, britannici e statunitensi appaiono coinvolti nella distruzione dei gasdotti o la hanno celebrata come un evento positivo, che invece  ha minato il presente e il futuro degli approvvigionamenti di gas a buon mercato alla Germania e all’Europa.

Paradossalmente, i “nemici” russi contro i quali i vertici politici e militari anche tedeschi sostengono ci si debba preparare alla guerra, non hanno mosso un dito per danneggiare gli approvvigionamenti energetici anche perché non avrebbero avuto nulla da guadagnare da un simile atto.

A chiarire ulteriormente quanti siano i nemici occidentali della Germania, hanno contribuito nei giorni scorsi le dichiarazioni del presidente ceco Petr Pavel  (nella foto sotto) che ha definito i gasdotti Nord Stream un “obiettivo legittimo” per l’Ucraina.

Mentre emergono accuse contro Kiev riguardo al sabotaggio, Pavel, militare di carriera già capo di stato maggiore delle forze armate di Praga e presidente del Comitato Militare la NATO, ha sottolineato che, pur non avendo prove concrete sul coinvolgimento del governo ucraino nell’attacco, un’azione di questo tipo sarebbe stata giustificabile nel contesto dell’invasione russa.

Intervistato dalla rivista online Novinky, Pavel ha spiegato che, in guerra non si colpiscono solo obiettivi militari ma anche quelli strategici, come i gasdotti, che possono influenzare l’andamento del conflitto.

 “Se l’attacco fosse mirato a interrompere le forniture di gas e petrolio all’Europa e a ridurre le entrate della Russia, allora, a condizione che lo scopo sia quello giusto, sarebbe un obiettivo legittimo“, ha dichiarato Pavel che ha ridimensionato l’impatto del sabotaggio contro l’infrastruttura strategica realizzata per rendere Berlino e l’Europa indipendenti per le forniture energetiche da tensioni e conflitti che coinvolgessero Ucraina e Polonia.

Il presidente ceco ha sostenuto che i Nord Stream non erano fondamentali per la sicurezza energetica europea, sebbene abbia riconosciuto che l’attacco ha causato complicazioni. Secondo Pavel infrastrutture come i gasdotti sono sempre state, e sempre saranno, obiettivi strategici a causa della loro capacità di influenzare i conflitti.

Le valutazioni di Pavel, militare esperto e pragmatico, non farebbero una grinza se l’Ucraina fosse in guerra con la Germania mentre invece Berlino è il più importante fornitore di aiuti economici e militari a Kiev di tutta l’Europa. Per chiarire, i Nord Stream erano un obiettivo strategico non tanto per la Russia ma soprattutto per la Germania e l’Europa, cioè per gli alleati dell’Ucraina.

La distruzione dei gasdotti, benché all’epoca non in funzione, ha infatti colpito pesantemente la Germania sul piano economico, strategico, della sovranità e del prestigio nazionale, non la Russia, che ha subito un danno perché aveva investito molti miliardi nelle due infrastrutture ma ha continuato a esportare il suo gas altrove.

Anche le altre nazioni occidentali sospettate di aver contribuito alla distruzione dei gasdotti o che hanno palesemente espresso la loro ostilità ai Nord Stream prima o dopo la loro distruzione, sono tutti ufficialmente alleati della Germania.

In apparenza il governo tedesco sembra negare l’evidenza: il cancelliere Olaf Scholz sostiene che Berlino continuerà ad aiutare l’Ucraina e il 20 agosto ha definito il programma che prevede vengano dislocati tra due anni in Germania missili da crociera statunitensi puntati verso la Russia come un contributo per garantire la pace perché “abbiamo bisogno di queste armi per dissuadere la guerra”.

Al di là delle dichiarazioni, nei fatti la Germania ha bloccato i fondi per continuare a sostenere militarmente Kiev. Ragioni di deficit di bilancio, ha spiegato il ministero delle Finanze mentre le speranze di sostituire i miliardi tedeschi per l’Ucraina con i frutti dei beni sequestrati ai russi in Europa per ora restano sulla carta per le incertezze giuridiche e il rischio di compromettere gli investimenti esteri in tutta la UE.

Non sembra poi un caso che l’annuncio dello stop agli aiuti militari agli ucraini sia emerso a Berlino subito dopo le ultime rivelazioni circa le responsabilità ucraine nella distruzione dei Nord Stream.

Infatti Pavel ha ammesso che se venisse dimostrato che l’Ucraina è responsabile del sabotaggio, ciò potrebbe influenzare la volontà dei paesi europei, in particolare della Germania, di continuare a fornire assistenza a Kiev. Su questo tema l’Alto rappresentante per la politica estera dell’UE, Josep Borrell, ha espresso preoccupazione per la riduzione annunciata degli aiuti tedeschi all’Ucraina. Una “brutta notizia molto preoccupante” poiché “in termini assoluti, la Germania sta facendo molto per aiutarla”.

Vale la pena sottolineare che, da alto esponente della Commissione UE, Borrell non abbia mai definito “una brutta notizia molto preoccupante” la distruzione dei Nord Stream che pure costituisce a tutti gli effetti un attacco strategico senza precedenti alla Germania e all’Europa i cui effetti negativi saranno prolungati e gravissimi e non dovrebbero venire ignorati dai vertici della Commissione UE.

Del resto in Germania non tutti hanno preso con fair-play le ultime rivelazioni sulle responsabilità ucraine nella distruzione dei Nord Stream. Sahra Wagenknecht, leader del partito di sinistra BSW e membro del Bundestag, hanno chiesto la cessazione immediata degli aiuti militari all’Ucraina e l’istituzione di una commissione d’inchiesta per determinare se il governo tedesco fosse a conoscenza del piano di attacco. Wagenknecht ha avvertito che, se venisse confermato che le autorità tedesche erano a conoscenza del sabotaggio, si tratterebbe dello “scandalo del secolo” nella politica tedesca.

Anche Alice Weidel, leader del partito di destra Alternativa per la Germania (AfD), ha invocato la sospensione degli aiuti all’Ucraina e ha suggerito che, se le accuse fossero fondate, Kiev dovrebbe risarcire la Germania per i danni subiti.

Sarà ancora un caso ma il 22 agosto Scholz si è lasciato sfuggire In una conferenza stampa a Chisinau (Moldova) che l’Ucraina non ha consultato la Berlino riguardo all’incursione lanciata il 6 agosto contro la regione russa di Kursk e che si aspetta che tale operazione militare sia limitata nel tempo e nel territorio. Forse non è una presa di distanze dall’iniziativa militare di Kiev in territorio russo ma di certo le assomiglia.

Del resto, dopo le recenti rivelazioni sulla distruzione dei Nord Stream, le condizioni della già precaria maggioranza di governo sono peggiorate ulteriormente e lo stesso Scholz in un’intervista televisiva ha definito la sua squadra “un campo di battaglia, in cui il fumo dei cannoni rischia di oscurare i risultati”.

Quando le nazioni europee avevano ancora una sovranità, un attacco come quello portato ai Nord Stream avrebbe scatenato la guerra. Ma tra Germania e Ucraina, non tra Germania e Russia.

Se, come sostiene Pavel, i Nord Stream in quanto infrastruttura strategica costituiscono un obiettivo legittimo per l’Ucraina, allora Kiev rappresenta oggi un obiettivo militare legittimo per un’eventuale rappresaglia tedesca come potrebbero esserlo anche le nazioni che sostengono o giustificano l’operato di chi li ha distrutti o sospettate di aver preso parte alla loro distruzione. Inclusa la Repubblica Ceca dopo le esternazioni di Pavel.

Ovviamente la Luftwaffe non bombarderà Praga né l’esercito tedesco marcerà sui Sudeti ma non dovremmo stupirci se, forse adducendo ristrettezze di bilancio, Berlino dovesse sospendere la fornitura gratuita di carri armati Leopard 2A4 all’esercito ceco come compensazioni per le armi di origine russo-sovietica ceduta da Praga all’Ucraina.

Del resto non si può ritenere che neppure l’attuale debolissimo governo tedesco possa continuare a prendere schiaffi dagli alleati senza reagire e restando pure in silenzio, specie dopo gli sforzi internazionali tesi a convincere Berlino che a distruggere i Nord Stream sono stati quattro amici al bar! 

Mostrando un malcelato disprezzo per gli interessi dell’alleato tedesco, Pavel non sembra considerare il fatto che nessuno stato membro di NATO e UE è in guerra con la Russia (e nessuno sembra voler entrarci nonostante gli sforzi di Zelensky per trascinarci nel conflitto) mentre tutti sono partner e alleati della Germania i cui interessi (specie quelli energetici) coinciderebbero peraltro con quelli di gran parte delle altre nazioni d’Europa.

A meno che non vogliamo celebrare come un successo de-industrializzazione, recessione, indebolimento militare ed energia ai costi più alti di qualsiasi altra area del mondo!

Tenuto conto che gli Stati Uniti hanno “dichiarato guerra” già molti anni or sono ai Nord Stream e più in generale alle forniture energetiche russe all’Europa, le affermazioni del presidente ceco confermano ancora una volta la pericolosa tendenza, dilagante in Europa, di farsi dettare la linea strategica da Washington e di ritenere che gli interessi statunitensi debbano necessariamente coincidere con i nostri, mentre mai come oggi sono non solo diversi ma in molti casi opposti.

D’altra parte è la stessa Unione Europea ad aver attuato negli ultimi anni iniziative che in molti campi (dalla politica finanziaria a quella energetica, dalle scelte green alla politica estera e a quella migratoria) si sono rivelate cieche e pervicacemente deleterie per gli interessi delle nazioni e dei popoli d’Europa.

@GianandreaGaian

Foto: Presidenza Ucraina, Presidenza Repubblica Ceca, Ministero Difesa Danese e MSC

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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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