I National Security Cutter (NSC) classe Legend della US Coast Guard

 

Un aspetto spesso non sufficientemente approfondito nell’ambito dell’attuale corsa al riarmo navale, soprattutto nell’aerea dell’Indo-Pacifico, è rappresentato dal fatto che tale processo non riguarda solo le Marine Militari ma coinvolge anche le Guardie Costiere di molti Paesi.

Corpi che sono in costante crescita incorporando sempre più unità e sempre più grandi e capaci, come si nota soprattutto nell’Indo-Pacifico nelle GC di Giappone, Cina, Corea del Sud, Indonesia, Filippine e Taiwan.

In questo processo di rafforzamento pressoché generalizzato non potevano certo mancare gli Stati Uniti e la United States Coast Guard (USCG); un corpo dalle caratteristiche alquanto particolari dato che formalmente è una delle Forze Armate del Paese ma poi normalmente opera sotto la responsabilità del Department of Homeland Security (DHS).

La sua natura militare è tuttavia confermata da 2 elementi: il primo è rappresentato dalla possibilità di essere trasferita sotto il controllo del Department of Defense in caso di guerra mentre la seconda, anche più importante, è che comunque la collaborazione con la US Navy è piuttosto marcata anche in tempo di pace.

Una USCG che dunque sta affrontando anch’essa un significativo processo di ricambio delle proprie piattaforme (navali e aeree), che la sta trasformando in maniera profonda e il cui simbolo è di, fatto, rappresentato dalle sue nuove unità di maggiori dimensioni (e capacità): i National Security Cutter (NSC) della classe Legend.

Piattaforme che, come vedremo, sulla base di molte delle loro caratteristiche si potrebbero anche definire delle navi (quasi)militari a tutti gli effetti.

 

Le origini del programma: Integrated Deepwater System (IDS)

Erano i primi anni ’90 quando all’interno della USCG prese il via un dibattito sul fatto che assetti (navali e aerei) allora a disposizione non fossero ormai più adeguati alle missioni assegnate nonché al possibile evolversi degli scenari futuri. Una discussione che peraltro prendeva spunto anche da un altro fattore importante, e cioè il progressivo invecchiamento delle piattaforme allora in servizio; per le quali si presentava comunque la necessità di assicurare un’adeguata sostituzione.

I primi risultati delle analisi avviate furono abbastanza sconfortanti, oltre 90 “cutters” e oltre 200 velivoli furono considerati addirittura antiquati e prossimi alla obsolescenza; costosi da far operare e per l’appunto inadeguati ai requisiti di missione che si stavano evolvendo.

La soluzione diventa dunque una sola: avviare un grande programma per “ricapitalizzare” le linee operative in termini di navi ed elicotteri, nonché i vari sistemi a essi associati.

Si arriva così al 1998, quando la stessa USCG emette una “Request for Proposal”(RfP) relativa a questo ampio e ambizioso programma di rinnovamento denominato “Integrated Deepwater System” (IDS). Alla RfP rispondono 3 team diversi; uno guidato da Science Application International Corporation (SAIC), uno da Boeing e un terzo guidato da Integrated Coast Guard Systems, ovvero una joint venture tra Lochkeed Martin e Northrop Grumman.

Il 25 giugno del 2022 la Guardia Costiera annuncia l’assegnazione di un contratto ventennale del valore di 17 miliardi di dollari proprio a Integrated Coast Guard Systems. Contratto dunque davvero sostanzioso e riguardante la costruzione, all’epoca 91 nuovi “cutters” (8 National Security Cutter, 25 Offshore Patrol Cutter e 58 Fast Response Cutter), 35 aerei e 34 nuovi elicotteri, 76 UAV (Unmanned Aerial Vehicle) e infine l’aggiornamento di 93 elicotteri e 49 “cutters” già in servizio.

A seguito poi dei requisiti emersi nel dopo 11 settembre 2001, il programma fu ulteriormente ampliato (nel senso che diversi singoli programmi al suo interno furono modificati e altri ancora aggiunti), esteso di altri 5 anni, con conseguente aumento del suo controvalore fino a 25 miliardi dollari.

Il 2007 poi è un anno importante. Fino a quel momento infatti la USCG aveva scelto un approccio abbastanza originale; valutando che la gestione diretta di questo programma andasse oltre le proprie capacità, aveva deciso di lasciare ampio spazio al team industriale che si era aggiudicato il contratto. In altri termini, una volta deciso che questo programma sarebbe stato impostato seguendo l’approccio “System of systems” per cui i vari sistemi non sarebbero stati acquistati in maniera separata ma, per l’appunto, seguendo una visione unitaria ai fini di una loro ottimale integrazione, la USCG fa un passo ulteriore; anche piuttosto “originale”.

Una volta stabilita un’architettura generale con gli annessi requisiti operativi e di missione, lascia che sia la stessa industria a progettare, costruire e integrare i vari elementi; al costo più basso possibile. Questo approccio si dimostrerà però del tutto inadeguato; il team Integrated Coast Guard Systems comincia ben presto ad accumulare ritardi, aumenti di costo e alcuni dei programmi già avviati si rivelano addirittura fallimentari.

Nel luglio 2007 arriva quindi, come già accennato, la svolta; la Guardia Costiera riprende in mano l’intero programma Integrated Deepwater System e da ora in poi a gestirlo sarà un ufficio appositamente creato; ovvero il “Acquisition Directorate (CG-9)”.

In un certo senso, proprio questo passaggio segnerà anche “l’inizio della fine” per IDS; nel 2011 infatti, la USCG anticipa infatti che questo programma (di fatto) non esiste più; con la conferma definitiva contenuta nel bilancio per l’anno fiscale del 2012 quando scompare la stessa dicitura Integrated Deepwater System.

Anche l’approccio “System of systems” dunque scompare e da quel momento in poi ogni singolo sistema (sia esso nuovo o frutto di un aggiornamento) sarà gestito in maniera separata. Anche se poi, ovviamente, l’integrazione in una unica architettura tra tutti gli assetti (si tratti di navi, aerei o elicotteri) rimane.

 

I National Security Cutter della classe Legend, cenni generali

Gli NSC della classe Legend sono oggi i più grandi “cutter” mai entrati in servizio per la Guardia Costiera Americana; eccezion fatta per i rompighiaccio, ovviamente.

Queste nuove piattaforme sono state concepite per sostituire le similari unita della classe Hamilton; 12 “cutter” entrati in servizio tra la seconda metà degli anni ’60 e i primi anni ’70 e che per decenni hanno costituito la “spina dorsale” della Guardia Costiera Americana. Piattaforme versatili e ben riuscite dato che, altro elemento interessante, dopo essere state radiate negli Stati Uniti oggi servono ancora tutte in altre marine e guardie costiere nel mondo.

Dunque, un’eredità “pesante”; dato che le nuove unità avrebbero dovuto garantire comunque un notevole salto di qualità rispetto alle capacità operative esprimibili.

A questi nuovi NSC è richiesta infatti la capacità di condurre pattugliamenti a lungo raggio, fungere da centri di Comando e Controllo nell’ambito di formazioni navali più complesse (anche in ambito “joint” con la US Navy e “Combined” con forze navali militari e civili di altri Paesi), rappresentare un nodo nella catena di raccolta, analisi e distribuzione delle informazioni (grazie alla avanzata suite di sistemi Command, Control, Communication, Computers, Intelligence, Surveillance and Reconnaissance, C4ISR), condurre le classiche operazioni di Search And Rescue (SAR) e intervenire in caso di incidenti in mare, operare per il contrasto della “Illegal Unreported and Unregulated (IUU) fishing” nonché, infine, condurre missioni di “Force Protection”, “Ship Escort”, “Anti Piracy” e “Law Enforcement”, ivi compreso il contrasto a traffici illegali.

Per quest’ultimo set di missioni e per la loro stessa protezione, ovviamente gli NSC si avvalgono dei sensori e sistemi d’arma installati, oltre agli assetti navali e aerei imbarcati; assicurandogli così la possibilità di operare anche in contesti a bassa e, soprattutto, media intensità.  Il tutto garantendo doti di velocità (di transito e massima), autonomia e tenuta del mare nonché comfort di bordo per l’equipaggio perfettamente rispondenti alle importanti esigenze della USCG medesima.

Davvero un salto in avanti notevole per la US Coast Guard che con queste nuove piattaforme entra letteralmente in una nuova era; un’era che fa perno anche sulle decine di nuovi Fast Response Cutter (FRC) e che sarà poi completata con l’arrivo degli Offshore Patrol Cutter (OPC).

Nel frattempo, il programma relativo agli NSC della classe Legend procede spedito; e a questo punto, anche all’insegna del successo dato che il requisito iniziale della USCG fissato in 8 unità (numero dunque inferiore ai 12 Hamilton che si voleva sostituire perché si pensava che le maggiori capacità delle nuove piattaforme avrebbero compensato tale riduzione), alla fine è stato ampiamente superato.

A oggi sono infatti 10 gli NSC entrati in servizio e 1 in costruzione; questo mentre il Congresso Americano ha già autorizzato l’acquisto dei cosiddetti “long lead items” per la costruzione di un dodicesimo (e ultimo?) “cutter”.

Certo, in queste scelte hanno influito anche fattori che vanno al di là delle sole esigenze operative della USCG; più precisamente, fattori “politici”, industriali ed economici. Ciò detto, non vi è alcun dubbio che l’aumento (significativo) della consistenza della flotta di NSC rappresenti comunque “manna dal cielo” per la stessa USCG.

Da una parte infatti c’è da considerare che il suo crescente impiego soprattutto in aree come quelle dell’Indo-Pacifico inevitabilmente comporta la richiesta per quante più piattaforme possibili; dall’altra, i ritardi accumulati dal citato programma OPC hanno posto una maggiore “pressione operativa” sulle unità già in servizio.

Il programma ha conosciuto anche alcuni problemi, anche piuttosto seri. Il combinato disposto di una serie di modifiche volute dalla USCG e dei problemi riscontrati sulle prime 2 unità costruite ha comportato una serie di ritardi e, soprattutto, un significativo aumento dei costi. Particolarmente grave la seconda questione, determinata dalla scoperta di alcuni difetti di natura strutturale che avrebbero potuto portare a fenomeni di usura precoce. La risposta è stata peraltro rapida; tanto che a partire dalla terza unità sono state introdotte delle modifiche utili a risolvere i problemi emersi già sugli scali di costruzione.

Questo mentre sulle prime 2 unità ormai costruite, le modifiche sono state apportate in occasione di fermi legati a esigenze manutentive. A “completare l’opera” in termini di difficoltà varie incontrate, gli effetti dell’Uragano Katrina del 2005 sui cantieri impegnati nella costruzione e perfino difficoltà interne agli stessi cantieri.

Per rimanere quindi sul tema dei costi, la stessa USCG ha fornito una sorta di “recap” dopo la costruzione delle prime 9 unità, indicandone uno complessivo di 6,03 miliardi di dollari, pari a 670 milioni di dollari per ogni NSC costruito. La complessità dei finanziamenti per quelli successivi (legata a stanziamenti diluiti nel tempo e al fatto che la 12a unità non è ancora completamente finanziata) rende oggi più difficile aggiornare i costi complessivi del programma; anche se è oramai noto che il costo unitario è salito ulteriormente intorno ai 735 milioni dollari e probabilmente, complice la stessa fiammata dell’inflazione, proprio il 12 NSC vedrà un nuovo aumento.

Cifre evidentemente importanti, che a un primo impatto potrebbero anche sembrare “eccessive”; se non fosse che, come vedremo a breve, sia le la caratteristiche generali della piattaforma sia la presenza di sofisticati sistemi, alla fine giustificano queste stesse cifre.

Gli NSC sono stati costruiti dai cantieri Ingalls Shipbuilding di Pascagoula (Mississipi), facenti parte del grande gruppo HII (Huntington Ingalls Industries); il più grande nel campo delle navi militari degli Stati Uniti.

I Legend (identificati dalla USCG come WMSL, dove la W sta per “Coast Guard ship” e MSL per “Maritime Security cutter, Large) completati sono: WMSL-750 Bertholf (entrato in servizio nel 2008 e basato ad Alameda in California), WMSL-751 Waesche (2010, Alameda), WMSL-752 Stratton (2012, Alameda), WMSL-753 Hamilton (2014, Charleston in South Carolina), WMSL-754 James (2015, Charleston), WMSL-755 Munro (2017, Alameda), WMSL-756 Kimball (2019, Honolulu nelle Hawaii) WMSL-757 Mildgett (2019, Honolulu), WMSL-758 Stone (2021, Charleston) e WMSL-759 Calhoun (2024, Charleston).

Quello ancora in costruzione è il WMSL-760 Friedman (con base futura sempre a Charleston) mentre per il WMSL-761, solo parzialmente finanziato, tutto resta ancora da decidere. Interessante dunque anche la ripartizione delle unità, con 5 unità destinate alla base di Charleston nella Carolina del Sud e a loro volta inquadrate nella Coast Guard Atlantic Area (LANTAREA) a supporto delle operazioni del “Seventh” e del “Eighth District”.

Le altre 6 invece assegnate Coast Guard Pacific Area (PACAREA), rispettivamente al “Eleventh District” con base ad Alameda in California e al “Fourteenth District” a Honululu nelle Hawaii.

 

I National Security Cutter della classe Legend, la piattaforma

Per quanto riguarda le caratteristiche della piattaforma, gli NSC si distinguono per una serie di elementi di notevole importanza.

Il primo riguarda la configurazione generale, contraddistinta da forme (dello scafo e delle sovrastrutture) che garantiscano una riduzione della Radar Cross Section (o RCS). In questo senso è possibile così intravedere alcuni punti di contatto con i cacciatorpediniere della classe Arleigh Burke costruiti dalla stessa HII; un elemento su tutti, il “mast” che è per l’appunto derivato da quello dei Burke.

Dal punto di vista costruttivo, i Legend sono realizzati interamente (scafo e sovrastrutture) in acciaio; inoltre sono costruiti quasi per intero rispettando standard militari, tanto che rispecchiano quelli della US Navy per quanto riguarda la cosiddetta “damage stability” e il livello di sopravvivenza. A ottenere questi significativi traguardi contribuiscono anche un sistema di controllo di gestione della piattaforme/controllo dei danni e un Collective Protection System (CPS) che, per l’appunto, garantisce all’equipaggio la protezione nei confronti delle minacce NBCR (Nuclear, Batteriological, Chemical, Radiological).

Per quanto riguarda le dimensioni, si parla di piattaforme che presentano una lunghezza di 127,4 metri, una larghezza massima di quasi 16,5 e un pescaggio di 6,9. Il dislocamento a pieno carico è di oltre 4.500 tonnellate.

Piuttosto “performante” poi l’apparato propulsivo che è in configurazione CODAG (COmbined Diesel And Gas), composto da 2 motori diesel MTU 20V1163 della potenza di 9.900 HP ciascuno e da una turbina a gas LM 2500 della GE con una potenza di 30.000 HP che agiscono su 2 assi dotati di altrettante eliche a passo variabile.

Notevoli dunque le prestazioni, con una velocità massima (molto?) superiore ai 28 nodi; questo mentre l’autonomia viene indicata in 12.000 miglia a una non meglio specificata velocità di crociera (che si può ipotizzare comunque intorno ai 14 nodi). Da notare che l’impianto propulsivo è stato concepito per operare in maniera flessibile (impiegando indifferentemente turbina a gas e diesel) e con un elevato livello di ridondanza (grazie alla separazione fisica dei vari elementi che lo vanno a comporre).

Le esigenze elettriche di bordo sono soddisfatte da 3 diesel-generatori Caterpillar 3512B da 1.360 KW ciascuno.

Il numero di posti letto presenti sui Legend è di 148; con l’equipaggio che può variare a seconda delle esigenze per comprendere gli uomini destinati alla nave in quanto tale (113 uomini in tutto), l’”Aviation Detachment”, il team destinato alle operazioni “Vessel Board Search and Seizure” o altro personale dei reparti speciali della USCG) e/o infine anche personale civile per compiti scientifici.

Dato che l’autonomia operativa di questi “cutter” è particolarmente importante, con cicli operativi compresi tra i 60 e i 90 giorni (e pure oltre), le unità sono state dotate di cabine con un massimo di 4 posti, palestre, aree ricreative e varie altre strutture destinate a incrementare il comfort di bordo. Significativamente poi, quando ancora il numero di unità previste era fissato in 8, la USCG aveva ipotizzato di adottare uno schema “multicrew”: 4 equipaggi che ruotano su 3 navi, allo scopo di massimizzare la permanenza in mare.

Come detto però, il successivo aumento delle unità ha reso vana questa ipotesi. Un altro aspetto caratteristico dei “cutter” della classe Legend è rappresentato dalle importanti dotazioni sia in termini di imbarcazioni che di assetti aeronautici.

Per quanto riguarda le prime, si distingue in particolare una rampa di lancio/recupero ricavata a poppa; da questa possono essere per l’appunto lanciati in mare o recuperati con l’unità madre in navigazione le 2 imbarcazioni ospitate (mentre una terza trova posto sul lato di dritta a centro-nave, servita da un’apposita gru).

Importanti come detto anche le dotazioni aeronautiche, caratterizzate da un ampio ponte di volo di 15 x 24 metri e da un doppio hangar capace di ospitare velivoli ad ala rotante e/o Unmanned Aerial Vehicle (UAV).

 

Il sistema di combattimento, sensori e sistemi d’arma

Come accennato in precedenza, gli NSC della classe Legend sono unità particolarmente sofisticate per essere “cutter” della Guardia Costiera.

Innanzitutto, è da evidenziare che queste unità dispongono in un avanzato “Command and Control System”; il “SeaCommander” realizzato dalla Lockheed Martin appositamente per il Legend. Il SeaCommander garantisce le funzioni di raccolta/fusione delle informazioni provenienti dai sensori, il tracciamento dei bersagli, controllo delle armi di bordo e altre funzioni tattiche (compreso lo scambio di dati attraverso i sistemi Tactical Data Link 11/16). Di fatto, questo sistema rappresenta il “nocciolo” delle capacità C4ISR dei Legend stessi. Associata al SeaCommander troviamo anche una suite completa di sistemi di comunicazione in banda HF, VHF e UHF nonché satellitari (sia militari che commerciali), a sua volta integrata da un Radio Direction Finder (RDF),

Sui “cutter” della classe Legend troviamo poi anche un apparato AN/UPX-29A IFF (Indetification Friend or Foe) e un AN/URN-25 TACAN (TACtical Air Navigation system).

Per quanto riguarda i sensori, spicca la presenza di un radar EADS del tipo 3D TRS-16 (AN/SPS-75 nella classificazione Americana), impiegato per la scoperta aerea e di superficie; dato interessante, si tratta dello stesso radar impiegato anche sulle prime 16 Littoral Combat Ship (LCS) della classe Freedom.

Completano la dotazione in termini sempre di radar, un apparato per la scoperta di superficie AN/SPS-79 e 2 radar Furuno per la navigazione. Per quanto riguarda le funzioni di controllo del tiro è infine presente un radar dedicato del tipo SPQ-9B.

Sono poi presenti apparati elettro-ottici: sulle prime 4 unità del tipo Mk. 46 Mod.1, sulle successive invece, Mk. 29 Mod. O. Un aspetto che non è chiaro è quello relativo alla presenza di un sonar a scafo in funzione anti-mine e per la scoperta di operatori subacquei; indicato da più parti tra i sistemi che avrebbero per l’appunto essere in dotazione ai Legend, non vi sono tuttavia conferme della sua installazione a bordo.

Come accennato in precedenza, decisamente interessante si configura l’insieme dei sistemi d’arma (e, più generale, di difesa passiva) dei Legend. Il pezzo di artiglieria principale è il BAE Systems Mk. 110, che è la designazione americana del celebre pezzo da 57/70 mm, in origine progettato dalla Bofors e qui installato nella versione Mk.3. Di fatto, si tratta del pezzo di artiglieria standard per il presente e il futuro prossimo della USCG, dato che sarà installato anche sugli Offshore Patrol Cutter.

E, al tempo stesso, il pezzo standard anche per la US Navy, dato che è stato installato sulle Littoral Combat Ship di entrambe le classi (Freedom e Indipendence) e sarà impiegato anche sulle future fregate della classe Constellation. Con funzioni CIWS (Close-In Weapon Sytem) è inoltre presente Phalanx Block 1B con 6 canne rotanti da 20 mm.

In vari punti della nave sono poi installati 6 affusti manuali; 4 di questi sono in grado di spostare altrettante mitragliatrici pesanti M2 da 12,7 mm, mentre i rimanenti 2 sono per mitragliatrici M240B da 7,62 mm.

Si tratta dunque di una dotazione finalizzata soprattutto alla difesa del “cutter”; anche se il Mk.110 dispone anche di una qualche capacità “offensiva”, evidentemente.

Sempre in tema di difesa, di grande interesse anche i 2 sistemi “passivi” imbarcati, la suite di Electronic Warfare (EW) del tipo AN/SLQ-32B(V)2 e, in funzione di contrasto ai missili antinave, un sistema Mk.53 Nulka per il lancio di “decoys/chaffs”. Quest’ultimo dovrebbe essere peraltro associato anche a lanciatori Mark 36 Super Rapid Bloom Offboard Countermeasures Chaff and Decoy Launching System (SRBOC). Anche in questo caso, è evidente la fortissima “parentela” di sistemi della US Navy e della US Coast Guard stessa; laddove è da mettere in rilievo la presenza della sofisticata suite di guerra elettronico AN/SLQ-32.

Sempre in tema di argomenti accennati in precedenza, l’interessante aspetto legato alle imbarcazioni e al reparto di volo dei Legend.

Per ciò che riguarda le prime, vi sono diverse opzioni; a poppa possono infatti trovare posto 2 Long Range Inteceptor II (LRI-II), o 2 Cutter Boat – Over the Horizon IV (CB-OTH IV) o una combinazione delle 2 (un’altra CB-OTH IV la si ritrova a centro nave). Particolarmente “performante” risulta essere la LRI-II, un’imbarcazione di alluminio di 11 metri e quasi 11 tonnellate di dislocamento, dotata di una cabina chiusa (in grado di ricevere anche delle protezioni balistiche) e di un paio di affusti per l’installazione di altrettante M240B o lanciagranate da 40 mm Mk.19.

L’apparato motore consiste di 2 motori diesel, e altrettanti idrogetti, ed è capace di sviluppare velocità di oltre 35 nodi (e punte massime di 45), con una autonomia di 400 miglia (o 10 ore).

Più “tradizionale invece la formula del CB-OTH IV, che altro non è se non un RHIB (Rigid Hull Inflatable Boat) da 7,5 metri da impiegare in una ampia gamma di ruoli.

Più “complicata” invece la questione del reparto di volo; in origine infatti, la USCG aveva previsto che accanto all’elicottero MH-65E Dolphin (la versione realizzata appositamente per la USCG dell’elicottero AS365 Dauphin della Eurocopter), avrebbero dovuto essere imbarcati anche 1 o 2 “Unmanned Aerial Vehicle” (UAV) Eagle; realizzati dalla Bell Helicoter e caratterizzati dalla particolare formula “tiltrotor”.

Un velivolo dalle caratteristiche/prestazioni promettenti, che ben si sarebbe adattato per l’impiego sui Legend. Tuttavia, vuoi perché un prototipo andò distrutto nei voli di prova, vuoi perché il bilancio non consentiva più  l’acquisto di questi UAV (ne erano previsti 45), fatto sta che alla fine il programma fu cancellato. Ma non l’esigenza operativa, tanto è vero che nel corso degli anni è stato adottato comunque un altro sistema (peraltro completamente differente come caratteristiche tecniche); lo ScanEagle della Boeing Insitu, anch’esso già in uso nella US Navy e ora adattato all’impiego anche da parte degli stessi NSC.

A ogni modo, a oggi i Legend sono in grado di imbarcare 2 MH-65E, oppure un solo MH-65E più un sistema UAV; analoga combinazione è possibile anche con 1 MH-60T (versione per la Guardia Costiera dell’iconico UH-60 Blackhawk) più il solito sistema UAV.

 

Le possibili evoluzioni della piattaforma e considerazioni finali

A dimostrazione della validità/versatilità della piattaforma, HII ha anche presentato negli anni scorsi 2 differenti versioni a carattere più militare.

La prima, denominata “Patrol Frigate 4501” è sostanzialmente un “cutter” della classe Legend pitturato di grigio, nel senso che al progetto di base vengono apportate poche modifiche. Tanto che la definizione in oggetto appare anche eccessiva poiché l’unità in questione più che altro diventa un Offshore Patrol Vessel (OPV).

Ben più “agguerrita” si presenta invece la seconda versione, indicata come “Patrol Frigate 4921” e che (al contrario della prima) si trasforma in una vera e propria fregata multiruolo.

Evidenziato che in entrambi i casi le dimensioni, la configurazione generale e l’impianto propulsivo rimangono gli stessi dei Legend, qui a essere irrobustiti risultano sia il pacchetto dei sensori, sia quello dei sistemi d’arma. Per quanto riguarda i primi, si segnala l’installazione del radar Australiano CEAFAR a 6 facce piane fisse che però in seguito venne posto in alternativa all’apparato Americano AN/SPY-1F, un sonar rimorchiato a poppa (al posto dello scivolo per le imbarcazioni) e un potenziamento degli apparati di guerra elettronica.

Per quanto concerne invece i secondi, il pezzo di artiglieria offerto può essere lo stesso Mk 110 o, in alternativa, il 76/62 Super Rapido della OTO Melara; subito dietro di esso, un gruppo di 12 celle di lancio verticale (VLS) Mk 56 per missili Evolved Sea Sparrow Missile (ESSM). A poppa viene poi ricavato lo spazio per 2 lanciatori quadrupli per missili antinave Harpoon (o altri) e un lanciatore triplo per siluri; infine, rimane inalterata la presenza del Phalanx, anche se è possibile sostituirlo con un impianto SeaRAM.

E’ da aggiungere che HII aveva presentato anche una propria offerta per la competizione legata alle nuove fregate della US Navy; competizione poi vinta dal progetto presentato da Fincantieri e trasformatosi nella classe Constellation.

In maniera abbastanza singolare, di quella proposta non si è mai saputo nulla, né è stata diffusa una sola immagine; eppure, la sensazione generale era che proprio il progetto di HHI fosse uno dei favoriti per l’ottima base di partenza offerta. Nonostante l’assenza di informazioni si può’ immaginare una stretta parentela con la “Patrol Frigate 4921”, con le principali modifiche rappresentate dal sensore principale rappresentato dall’AN/SPY-6(V)3 richiesto dalla stessa US Navy e dalla sostituzione delle celle Mk 56 con le Mk 41; con il resto delle caratteristiche del progetto in esame (si presume) adattate comunque alle richieste della Marina Americana.

C’è da dire che questo ragionamento su versione più armate del progetto National Security Cutter non è comunque privo di senso per la US Coast Guard medesima; da tempo è infatti piuttosto vivace un dibattito negli USA sulla opportunità o meno di avviare un processo di “upgunning” delle unità della Guarda Costiera Americana, giustificato dalla crescente minaccia in molti mari del mondo.

Facendo perno sul programma Fleet Rehabilitation and Modernization (FRAM) degli anni ‘80 e ‘90, che portò i “cutter” della clase Hamilton a ricevere un importante aggiornamento (un nuovo pezzo di artiglieria principale e cioè il 76/62 mm Compatto, un Phalanx, tubi lanciasiluri, missili antinave Harpoon, sistemi di guerra elettronica/contromisure e miglioramenti ai sensori), più di una voce si è levata per ripetere un percorso simile.

Le opzioni proposte sono diverse ma, in generale, si parte da soluzioni relativamente semplici; come l’istallazione di contenitori/lanciatori per missili antinave,ovvero i Naval Strike Missile (NSM), l’installazione del SeaRAM al posto del Phalanx, nuovi sistemi di guerra elettronica/contromisure come i Nixie per il contrasto dei siluri ed eventualmente anche tubi lanciasiluri. Altre sarebbero più invasive: per esempio i VLS per gli ESSM o l’installazione di sonar a scafo e/o rimorchiati.

C’è da dire che, a oggi, sono solo ipotesi; non è però escludere che in caso di necessità “estrema”, gli NSC e/o i futuri ben 25 OPC (anch’essi piattaforme di dimensioni e capacità ragguardevoli: 3.700 tonnellate di dislocamento, con suite di sensori e sistemi d’arma non troppo dissimili dagli stessi NSC) possano effettivamente evolvere nella direzione di un significativo potenziamento delle loro capacità belliche.

Al netto poi delle ipotesi future resta un fatto: i National Security Cutter della classe Legend, dopo un avvio stentato (legato a ritardi, aumenti di costo e difetti strutturali) sono invece diventati un programma di successo. Anzi, complici i ritardi accumulati dal programma degli OPC e le accresciute esigenze operative provenienti dalla regione dell’Indo-Pacifico, si fanno sempre più insistenti le spinte da parte di più ambienti non solo a finanziare completamente la costruzione del 12° NSC ma, di più, a costruirne anche un ulteriore esemplare.

Immagini: Wikipedia, United States Coast Guard, HILL e Defense Media Nework

 

Giovanni MartinelliVedi tutti gli articoli

Giovanni Martinelli è nato a Milano nel 1968 ma risiede a Viareggio dove si diplomato presso l’Istituto Tecnico Nautico per poi lavorare in un cantiere navale. Collabora con Analisi Difesa dal 2002 occupandosi di temi navali in generale e delle politiche di Difesa del nostro Paese in particolare. Fino al 2009 ha collaborato con la webzine Pagine di Difesa.

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