Accordo Washington – Baghdad: Stati Uniti e Coalizione lasceranno l’Iraq entro il 2026
Dopo l’Afghanistan e il Niger, le forze statunitensi lasceranno anche l’Iraq ponendo fine all’Operazione Inherent Resolve varata nel 2014 dalla Coalizione a guida statunitense per contrastare lo Stato Islamico e sopravvissuta con alterne fortune e tra molte polemiche anche dopo la sconfitta del Califfato.
Il consigliere per la Sicurezza nazionale iracheno, Qasim al Araji, ha incontrato l’8 settembre l’ambasciatrice degli Stati Uniti a Baghdad, Alina Romanowski, per discutere della conclusione della missione della coalizione internazionale in Iraq, da tempo caldeggiata da Baghdad anche a causa degli scontri tra forze statunitensi e milizie scite peraltro integrate a pieno titolo nelle forze armate irachene.
Baghdad e Washington hanno raggiunto un accordo sul calendario del “ritiro” delle truppe della Coalizione internazionale anti-jihadista di stanza in Iraq secondo quanto riferito l’8 settembre dal ministro della Difesa iracheno, precisando che l’accordo deve ancora essere firmato. Baghdad chiede la “fine della missione” della coalizione e il “ritiro” dei consiglieri stranieri, e intende sostituire questo dispositivo consolidando i partenariati bilaterali in campo militare, in particolare con gli Stati Uniti ma anche con altri partner della Coalizione (tra cui l’Italia).
Gli Stati Uniti schierano ancora 2.500 militari in Iraq e quasi 900 in Siria dove la loro presenza è resa possibile dalle basi in Iraq ma è totalmente illegittima per il diritto internazionale. Damasco infatti parla di “occupazione” americana di quattro aree: una al confine giordano dove sono presenti formazioni ribelli e tre nella Siria Orientale in un’area controllata dalle milizie curde.
“Abbiamo concordato due fasi del ritiro delle forze americane dai territori iracheni: la prima inizia questo mese fino a settembre 2025, e comprende il ritiro da Baghdad e dalle basi militari, mentre la seconda fase comprende il ritiro dal Kurdistan, che si concluderà nel Settembre 2026″, ha dichiarato nell’intervista.
Come ha sottolineato che il ministro della Difesa americano, Lloyd Austin, non è soddisfatto perché ritiene che “due anni non sono sufficienti per il ritiro”.
L’Iraq ha risposto, secondo il ministro, che entrambi i comitati hanno raggiunto “questo accordo”. Finora gli Stati Uniti non hanno fatto alcun annuncio ufficiale in merito al ritiro delle truppe dall’Iraq che di fatto entro un anno impedirà agli Stati Uniti di mantenere il controllo delle tre basi in Siria Orientale situate presso giacimenti di gas e petrolio che Washington vuole impedire tornino sotto il controllo di Bashar Assad.
Dalla mappa qui sotto appare evidente che il ritiro dalla grande base di al-Asad entro settembre 2025 complicherà già nei prossimi mesi il supporto alla presenza statunitense nei presidi situati nella Siria Orientale.
Il ritiro preteso dall’Iraq agli statunitensi soddisfa anche la rinnovata intesa militare tra Baghdad e Damasco degli accordi del luglio 2023 ma soprattutto sancisce la soluzione della crisi nei rapporti tra USA e Iraq divenuta insanabile dopo l’uccisione del generale iraniano Qasem Soleimani (nella foto qui sotto), ucciso insieme al comandante di una milizia scita irachena all’aeroporto di Baghdad il 3 gennaio 2020 con un’azione militare considerata da tutti a Baghdad una intollerabile violazione della sovranità irachena.
Il mese scorso, il ministero degli Esteri iracheno ha annunciato di aver rinviato la data in cui sarà annunciato il ritiro completo delle truppe straniere dal Paese a causa degli “ultimi sviluppi”, non specificati, in un momento di massima tensione nel Paese e nel contesto della guerra nella Striscia di Gaza.
L’Iraq e gli Stati Uniti negoziano da mesi la partenza del personale straniero dal territorio iracheno, poiché Baghdad ritiene che non sia più necessaria e che minacci anche la sua sicurezza nazionale. Il ritiro delle truppe internazionali è stato chiesto dal governo iracheno che ha preteso la definizione di stabilire un calendario del ritiro statunitense.
Un funzionario del Pentagono ha dichiarato alla versione in inglese dell’emittente televisiva panaraba Al Arabiya che “non ci sono nuovi annunci da fare” in merito a un accordo tra Washington e Baghdad per il ritiro delle forze della coalizione guidata dagli Stati Uniti dall’Iraq ribadendo quanto affermato nella dichiarazione congiunta tra il presidente Joe Biden e il primo ministro iracheno Mohammed Shia al-Sudani.
I due leader “valuteranno i fattori per determinare quando e come la missione della Coalizione Globale in Iraq terminerà, per poi passare a partenariati di sicurezza bilaterali duraturi”.
Il fatto che Washington non abbia annunciato l’accordo potrebbe indicare che conta su evoluzioni della situazione che consentano di rivederlo o più semplicemente che la questione verrà presa in carico dalla prossima amministrazione che si insedierà alla Casa Bianca.
Il ritiro statunitense coinciderà con la partenza di tutte le forze della Coalizione a meno di accordi bilaterali. L’Italia schiera ancora in Iraq un migliaio di militari (incluse le forze aeree schierate in Kuwait) nella missione attualmente più costosa tra quelle in atto all’estero (242 milioni di euro quest’anno) ma partecipa anche alla “NATO Mission in Iraq (NM-I) con un massimo di 75 militari impegnati.
Gli ottimi rapporti tra Roma e Baghdad non escludono quindi che la cooperazione nella Difesa continui anche dopo lo scioglimento della Coalizione anti- ISIS.
Immagini: US DoD, IRNA e J24
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