I piani di potenziamento della NATO: dai cahiers des doléances al libro dei sogni?
Secondo quanto pubblicato dal giornale tedesco Die Welt, Rutte avrebbe già messo a punto un programma per “lasciare il segno” che prevede il potenziamento delle forze dell’alleanza per prepararsi alla futura guerra con la Russia che è stata prevista entro pochi anni ormai da molti leader militari e politici in tutta Europa ma ampiamente negata da Mosca.
Da un lato il Cremlino ha negato qualsiasi piano di attacco alla NATO che Vladimir Putin ha definito “sciocchezze” e propaganda dei governi occidentali volta a spaventare le popolazioni europee “per estorcergli spese militari aggiuntive”. Dall’altro diversi esponenti russi hanno avvertito che il coinvolgimento crescente dell’Occidente in Ucraina crea il rischio di uno scontro diretto tra Mosca e il blocco.
Secondo i documenti riservati citato dal quotidiano tedesco, Rutte intende chiedere ai governi di schierare 49 brigate in più a partire dal 2030, dalle attuali 82 a 131: cioè circa 250 mila militari tenuto conto che una brigata NATO comprende circa 5mila militari.
In realtà Die Welt prende in considerazione 5mila effettivi per ogni brigata prendendo a riferimento le brigate tedesche e non citando il documento che a quanto sembra delinea il numero di nuove brigate da costituire ma non il totale dei militari da arruolare.
In ogni caso 5 mila unità è in media la forza effettiva di una brigata presso quasi tutte le nazioni della NATO
Il documento di pianificazione definito “riservato” da Die Welt (ma tutto ciò che attiene la pianificazione è di solito classificato) riguarda i cosiddetti “Requisiti minimi di capacità” e delinea i requisiti che la NATO deve soddisfare per difendersi da un potenziale attacco russo all’Europa.
Oltre alle unità da combattimento (brigate) il piano prevede anche l’aumento di comandi di corpo d’armata (da 6 a 15) e di divisione (da 24 a 38) e l’incremento di sistemi di difesa aerea a medio e corto raggio di ben cinque volte, da 293 a 1467 mente gi squadroni di elicotteri alleati dovrebbero aumentare da 90 a 104.
Rutte ha già chiesto ai partner di non addurre scuse per evitare l’impegno economico e militare necessario a sostenere un tale piano di potenziamento che sarebbe stato messo a punto dal comandante delle forze USA e NATO in Europa, il generale Christopher Cavoli e dall’ammiraglio francese Pierra Vandier (insieme nella foto sotto), dal 20 giugno a capo del comando NATO per la Trasformazione. (Supreme Allied Commander Transformation).
Non è chiaro quanto velocemente i paesi della NATO sarebbero in grado di soddisfare i nuovi requisiti il cui raggiungimento sembra essere previsto per dopo il 2030
L’aumento richiederebbe “ulteriori finanziamenti significativi”, hanno affermato gli autori, come citato da Die Welt e il piano “probabilmente richiederebbe di spendere per la difesa molto più del due per cento” del PIL nazionale. Alcune nazioni hanno già superato tale soglia e la Polonia, che non nasconde le sue aspirazioni di leadership militare in ambito NATO, ha raggiunto quasi il 5 per cento per sostenere il suo ambizioso piano di riarmo.
Ognuno dei 32 stati membri dovrebbe quindi costituire in media 1,5 brigate ma considerando le ridotte dimensioni di molti partner della NATO un simile potenziamento richiederebbe alle nazioni più grandi (Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna) di mettere in campo ognuna almeno 3/4 nuove brigate ognuna da equipaggiare con ulteriori investimenti multi miliardari.
Il documento prevede infatti che la quantità di stanziamenti sarà comunque determinata dalla “ricchezza relativa e dalle dimensioni della popolazione di ogni alleato”.
Le fonti del ministero della Difesa tedesco sentite da Die Welt valutano che alla Germania venga chiesto di costituire “dalle cinque alle sei brigate da combattimento aggiuntive”, e un altro squadrone di elicotteri in aggiunta alle 8 brigate oggi disponibili, più una in fase di costituzione e un’altra prevista entro il 2031.
In proporzione a PIL nazionale e numero di abitanti è possibile quindi ipotizzare che all’Italia venga chiesto di costituire ed equipaggiare 3 o 4 brigate.
Il progetto potrebbe venire presentato e discusso alla riunione ministeriale Difesa il 17 e 18 ottobre a Bruxelles considerato che il vertice sulle forniture di armi all’Ucraina convocato il 12 ottobre nella base statunitense in Germania di Ramstein è stato rinviato a data da definire, ufficialmente per il mancato arriva del presidente statunitense Joe Biden impegnato per l’emergenza determinata dall’uragano Milton.
“Gli alleati stavano pianificando di annunciare nuovi sostanziosi aiuti militari all’Ucraina i a Ramstein: l’intenzione ora è di trovare un’altra data, forse nelle prossime settimane”, ha dichiarato il 12 ottobre un alto funzionario statunitense.
Staremo a vedere ma la frase “forse nelle prossime settimane” potrebbe indicare che non se ne farà nulla fino a dopo le elezioni del 5 novembre tenuto conto che gli stanziamenti in armi e denaro a favore di Kiev incontrano consensi sempre più scarsi presso l’opinione pubblica americana.
Del resto le spaccature interne ai partner NATO sul sostegno bellico all’Ucraina fino a un’improbabile vittoria sono sempre più ampie e non da oggi.
Gli obiettivi del piano messo a punto dalla NATO per i “requisiti minimi di capacità” sarebbero tutti vincolanti secondo il documento citato da Die Welt, e il documento potrebbe venire presentato ai ministri della Difesa a Bruxelles, aprendo ancora una volta la discussione sull’esigenza di “significative risorse finanziarie aggiuntive ben oltre il 2 per cento del PIL” raggiunto oggi solo da 23 dei 32 partner: Italia, Spagna e Belgio sono tra gli inadempienti con Croazia, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia e Canada mentre l’Islanda è non viene considerata in quanto priva di forze armate.
L’esistenza di questo documento dimostra che gli organismi militari della NATO lavoravano già da tempo a questo piano di potenziamento, trapelato solo ora dopo che Mark Rutte ha assunto l’incarico di segretario generale. Oppure, considerato che Die Welt ha potuto pubblicare i dati presi da un documento classificato, non si può escludere che l’ambizioso programma di rafforzamento della NATO sia stato fatto trapelare appositamente per “informare” Mosca della determinazione degli alleati occidentali.
Il limite più evidente del documento è che sembra pianificato senza tenere conto della cruda realtà, cioè degli elementi economici, sociali, politici e militari che lo rendono difficilmente realizzabile.
Innanzitutto occorre chiedersi quali governi in Occidente potranno insistere a offrire “cannoni” a popoli che chiedono “burro” in una fase economica caratterizzata in Europa da recessione, de-industrializzazione e caro-energia con tutte le naturali conseguenze sociali e politiche già evidenziate dai risultati elettorali in alcune nazioni europee.
In termini sociali inoltre la minaccia di un’invasione russa dell’Europa non sembra essere per nulla avvertita dall’opinione pubblica ma appare più uno spauracchio utile ad alimentare i moniti lanciati dai governi ma di nessuna presa popolare.
In termini economici un’Europa che non dispone di materie prime, costretta a pagarle sempre più care sul mercato, che non produce neppure polvere da sparo e non riesce più a produrre acciaio in quantità sufficiente né a farlo in modo competitivo (la Turchia produce più acciaio della Germania) a causa degli elevasti costi energetici come potrà sostenere un lungo e costoso programma di massiccio riarmo?
Infine il limite più irrisolvibile è legato al crollo delle vocazioni militari registrato in tutto l’Occidente, in atto da almeno un decennio ma ingigantitosi dopo l’inizio del conflitto in Ucraina.
Dall’America all’Europa, dal Giappone ad Australia e Nuova Zelanda, ovunque si registra un esodo di personale qualificato dalle forze armate abbinato al crollo dei reclutamenti. Con questa tendenza sarà già arduo non dover ridurre il numero delle brigate, figuriamoci aumentarlo.
Quasi tutte le Marine occidentali non hanno abbastanza equipaggi e devono radiare o lasciare ormeggiate parte delle navi. Le forze armate britanniche sono al minimo storico di militari in servizio da dopo le guerre napoleoniche e non riescono a raggiungere gli arruolamenti minimi necessari, quelle statunitensi da anni non raggiungono i livelli di arruolamento previsti e quelle giapponesi non stanno certo meglio.
Nessuna nazione NATO riesce a rispettare gli obiettivi di nuovi arruolamenti e non saranno certo le illusioni di un improbabile ripristino della leva militare a cambiare la situazione.
Tutti questi elementi contribuiscono a mettere in luce la possibilità che il piano per compensare le carenze dell’apparato militare NATO, da più parti lamentate negli ultimi anni, sia di fatto non sostenibile con il rischio è che si passi dai cahiers des doléances al libro dei sogni irrealizzabili.
Foto NATO
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.