Continua la “drôle de guerre” tra Iran e Israele
Israele ha infine risposto agli attacchi missilistici iraniani del 1° ottobre attaccando nella notte tra il 25 e il 26 obiettivi militari in Iran. Un ritardo nella risposta che fonti israeliane hanno imputato alla fuga di notizia avvenuta begli Stati Uniti circa gli obiettivi da colpire. In effetti si era parlato di attacchi diretti al programma nucleare di Teheran e alle infrastrutture petrolifere ma l’aspetto rilevante di questa narrazione è la conferma che Israele condivide con gli Stati Uniti la tipologia di obiettivi da colpire, almeno quando il bersaglio è l’Iran.
Del resto l’arrivo di una decina di aerei tanker KC-46 e KC-135 dell’USAF nelle basi nel Golfo Persico (a quanto sembra anche di diversi F-16 provenienti dalle basi USA in Germania specializzati nella soppressione delle difese aeree – SEAD) lascia intendere che Washington fosse informata ma anche coinvolta indirettamente nelle incursioni israeliane, anche se il Pentagono ha dichiarato di non aver partecipato agli attacchi.
Non si può però escludere che Israele abbia atteso quasi un mese per replicare agli attacchi iraniani per riuscire a rafforzare la sua difesa antimissile con l’arrivo di una batteria statunitensi del sistema THAAD (un’altra sarebbe in arrivo) necessaria a rafforzare una difesa aerea che si è rivelata vulnerabile ai droni ma anche ai missili balistici ipersonici e a testata manovrabile iraniani che il 1° ottobre hanno colpito a decine due basi aeree e una installazione radar strategica.
Del resto Analisi Difesa ha raccontato come lo stesso amministratore delegato della Israeli Aerospace Industries abbia riferito che nonostante gli sforzi la produzione dei missili da difesa aerea e antimissile (come gli Arrow nella foto sotto) non riesce a compensare l’inteso impiego che sta svuotando le scorte.
Israele, consapevole di questa vulnerabilità, ha reso noto di aver stanziato 2 miliardi di shekel (circa 530 milioni di dollari) per accelerare lo sviluppo del sistema di difesa aerea laser denominato Iron Beam, presentato nel 2014. Secondo quanto riferito in un comunicato, il dicastero ha firmato un nuovo accordo con Elbit e Rafael Advanced Defense Systems per la realizzazione del programma.
Iron Beam è destinato a integrare il sistema di difesa Iron Dome, migliorandone le capacità grazie alle sue armi a energia diretta. Il direttore generale del ministero della Difesa israeliano, Eyal Zamir, ha affermato che il nuovo sistema di difesa aerea laser “potrebbe essere operativo entro un anno”.
Alla fine di settembre, Israele ha annunciato di aver ottenuto un nuovo pacchetto di aiuti militari statunitensi da 8,7 miliardi di dollari «a sostegno dello sforzo militare in corso da parte di Israele». Il ministero della Difesa ha precisato che, di questa somma, 5,2 miliardi di dollari sono stati stanziati per migliorare i sistemi di difesa antiaerea esistenti nonché un «sistema di difesa avanzato che utilizza un raggio laser molto potente nelle fasi finali del suo sviluppo».
Gerusalemme avrebbe quindi atteso la protezione di un più ampio dispositivo statunitense prima di mobilitare un centinaio di velivoli secondo fonti israeliane, tra F-35, F-15 e F-16 e UAV, impiegati in almeno due ondate di attacchi con missili di vario tipo inclusi i più moderni Rafael Rocks e Blue Sparrow a lungo raggio che non espongono gli aerei israeliani alla difesa aerea iraniani.
Nel mirino una ventina di obiettivi tra postazioni della difesa aerea (nel mirino soprattutto le batterie dei sistemi S-300PMU e Hawk e i radar), depositi di missili balistici, centri di produzione di sistemi missilistici e la base dei pasdaran a Parchim (attaccata con droni a quanto pare molti dei quali abbattuti) nelle regioni occidentali di Alborz, Khuzestan e Ilam oltre che intorno alla capitale dove sono stati colpite postazioni aeroportuali e stabilimenti industriali della Difesa.
Il giornalista di Axios, Barak Ravid, citando tre fonti israeliane, sostiene che i raid abbiano colpito lo stabilimento per la produzione di combustibile solido per i missili balistici a lungo raggio.
Israele ha riferito di un attacco riuscito (“letale, preciso e sorprendente”, aveva assicurato nelle scorse settimane il ministro della Difesa Yoav Gallant), l’Iran ne ha ridimensionato portata red effetti ammettendo danni limitati e la morte di 4 militari.
“Grazie alla prontezza dell’Iran i danni sono stati limitati, alcuni sistemi radar sono stati danneggiati e sono attualmente in riparazione. L’Iran è riuscito a tracciare e intercettare un numero significativo di missili israeliani e a impedire agli aerei nemici di entrare nello spazio aereo del Paese, durante gli attacchi illegittimi e illegali del regime contro l’Iran questa mattina presto”, ha fatto sapere una nota del quartier generale della Difesa iraniana.
L’impressione è che la risposta israeliana sia stata morbida e tesa a non scatenare ulteriore contro-rappresaglie: sembra addirittura che Israele abbia informato gli iraniani di quali obiettivi sarebbero stati colpiti: lo ha riferito Axios ma il governo israeliano ha smentito.
I velivoli con la Stella di David hanno ammesso di aver colpito basi antiaeree e radar in Iraq e Siria ma è stato violato anche lo spazio aereo giordano e saudita. Damasco, Riad e Baghdad hanno protestato per questa ennesima violazione della loro sovranità che peraltro Israele è abituato da molto tempo a violare. Sull’Iraq il via libera agli aerei israeliani lo avrebbero dato gli statunitensi che ancora controllano i cieli di Baghdad ma il governo iracheno ha in ogni caso protestato anche presso le Nazioni Unite.
Il portavoce militare israeliano, Daniel Hagari, ha specificato che “ora abbiamo una maggiore manovrabilità aerea sull’Iran” ma subito dopo l’attacco aereo il presidente Joe Biden ha espresso l’auspicio che l’operazione “Giorni del pentimento” ponga “fine al ciclo dell’escalation”.
La Repubblica islamica si è riservata il “legittimo diritto alla autodifesa, senza limiti, secondo la Carta Onu, e l’obbligo a difendere il Paese contro qualsiasi aggressione straniera”. Allo stesso tempo ha quasi irriso il nemico, affermando che i raid avrebbero provocato pochi danni limitati a qualche radar. Messaggi più bellicosi circa una dura risposta contro lo Stato ebraico sono emersi dal Corpo dei Guardiani della Rivoluzione.
Ai pasdaran, presenti in Libano, Siria, Yemen e Iraq, potrebbero essere affidate rappresaglie ben diverse dai raid aerei e missilistici, colpendo con droni o attacchi mirati basi militari o addirittura esponenti del governo o dei comandi militari israeliani: del resto un drone è riuscito a raggiungere la residenza di Netanyahu.
L’immediata riapertura dello spazio aereo iraniano dopo gli attacchi israeliani sembra indicare che Teheran non risponderà con attacchi missilistici (per ora) ma non significa necessariamente che gli iraniani non risponderanno., considerato che in un anno di guerra in cui Teheran ha fatto di tutto per non farsi coinvolgere direttamente i suoi alleati sono riusciti a logorare Israele.
Non a caso le milizie filoiraniane hanno lanciato oggi attacchi contro basi statunitensi nella Siria sud-orientale. Come riporta l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (ong filo occidentale con sede a Londra), nella notte tra domenica e lunedì forze filo-iraniane nella regione siriana di Dayr az Zor hanno sparato colpi di artiglieria contro la base Usa di Conoco, così chiamata dal nome di un vicino impianto energetico del governo siriano ma da più di 12 anni controllato dalle forze curde e americane.
Nelle stesse ore, un drone lanciato dalle forze filo iraniane in Siria ha sorvolato la Torre 22, un avamposto americano in Giordania, a pochi passi dalla porosa frontiera con la Siria e che fa parte del complesso militare di Tanf, la base più importante che gli USA mantengono in Siria dove il loro ruolo è a tutti gli effetti quello di forze d’occupazione prive di ogni legittimità internazionale.
In vista dell’ormai imminente voto negli Stati Uniti non si può escludere che Israele e Iran abbiano interesse a evitare escalation pur continuando la “drôle de guerre” anche se difficilmente si fermeranno le operazioni israeliane in Libano e a Gaza dove, a dispetto della vittoria proclamata dalla Difesa israeliana alcune settimane or sono, le forze di Hamas sembrano disporre ancora di una residua capacità di co battimento a giudicare dalle continue incursioni israeliane.
Foto: IDF, IAI e Lockheed Martin
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.