I conflitti in MO e Ucraina: l’intervista del 4 novembre a Il Contesto.
Lo scorso 26 ottobre, Israele ha sferrato l’attesa contro-rappresaglia a danno dell’Iran. Nello specifico, rivela il «Jerusalem Post», quasi cento aerei dell’Israeli Air Force, compresi gli F-35 di fabbricazione statunitense, avrebbero centrato sistemi radar in Siria al fine di “accecare” l’Iran, prima di raggiungere – al culmine di un volo di circa 2.000 km sopra Giordania e Iraq – il confine della Repubblica Islamica, e prendendo a quel punto di mira solo ed esclusivamente obiettivi militari nelle province di Teheran, Khuzestan e Ilam.
L’Iran ha riconosciuto di aver subito «danni limitati ad alcune località», riportato la morte di due soldati, specificato che nessun velivolo israeliano ha violato lo spazio aereo nazionale e annunciato un’ulteriore risposta, che «sarà più dura di prima». Secondo il quotidiano israeliano «Yediot Ahronoth», l’intelligence di Mosca avrebbe fornito a Teheran informazioni circa l’imminente attacco israeliano, a coronamento del processo di avvicinamento tra Russia e Iran di cui il recente vertice dei Brics di Kazan ha rappresentato una tappa fondamentale.
Gli Stati Uniti, in pieno clima elettorale, hanno invitato entrambi i Paesi a evitare ulteriori escalation per preservare la stabilità regionale e sottolineato che non saranno in grado di tenere a freno Israele qualora l’Iran dovesse procedere con la sua ritorsione. Sul fronte ucraino, l’avanzata russa prosegue inesorabile, portando l’ambasciatore russo presso le Nazioni Unite Vassilij Nebenzja a dichiarare che «non ci sarà alcun “congelamento” del conflitto ucraino. Non si ripeterà lo scenario degli accordi di Minsk; nessun congelamento del fronte in modo che il regime di Zelen’skyj possa leccarsi le ferite, così come non ci sarà alcun ingresso dell’Ucraina nella Nato. Gli obiettivi dell’operazione speciale, comprese la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina, rimangono in vigore e non cambiano.
Ma ciò che sta cambiando, e rapidamente, è la dimensione del territorio che rimane sotto il controllo del regime di Kiev. Consiglio a tutti coloro che hanno a cuore gli ucraini di non dimenticarsene e di pensare non alla cricca di Zelen’skyj, ma al popolo ucraino, i cui interessi a lungo termine risiedono nella pace e nel buon vicinato con la Russia.
Finora, i nostri colleghi occidentali se la stanno cavando male». Parallelamente, l’afflusso di forze nordcoreane all’interno della Federazione Russa, contestuale alla partnership strategica siglata recentissimamente tra Mosca e Pyongyang, ha suscitato reazioni stizzite a Washington e Seul.
Nello specifico, il segretario alla Difesa Lloyd Austin e il suo omologo sudcoreano Kim Yong-hyun hanno formalmente richiesto alle autorità nordcoreane il ritiro immediato delle circa 10.000 truppe dispiegate in Russia «per un possibile impiego contro l’esercito ucraino» nell’oblast’ russo di Kursk. Parliamo di tutto questo assieme a Gianandrea Gaiani, giornalista, saggista e direttore del magazine «Analisi Difesa».
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