Cutro: una sciagura non solo italiana

 

Il dramma delle vittime e dei sopravvissuti alla sciagura di Cutro è giustamente sotto la lente della magistratura italiana. Sono sottoposti a procedimento penale sia gli scafisti individuati al momento del fatto che il personale delle Capitanerie di porto e della Guardia di finanza cui vengono addebitate omissioni colpose.

Polemiche continuano inoltre a ruotare intorno al supposto livello “politico” delle direttive tecniche che avrebbero limitato gli obblighi di soccorso ex lege che incombono sull’Autorità nazionale SAR.

La questione riguarda in parte l’impianto della regolamentazione interministeriale del 2003 applicativa della “Bossi-Fini” relativa al controllo dell’immigrazione irregolare, anche se, in effetti, questa dispone all’art. 2, 2 che «Restano immutate le competenze del Corpo delle Capitanerie di Porto per quanto riguarda la salvaguardia della vita umana in mare». Il sistema di cooperazione interagenzia che è alla base di tale normativa potrà forse essere in futuro migliorato; è indubbio però che   rappresenti   un modello per l’azione dello Stato sul mare che è uno dei pilastri su cui si basa il Piano del Mare adottato nel 2023 dal  Ministero delle Politiche del Mare.

La tragedia di Cutro, al di là delle questioni di organizzazione delle Forze marittime impegnate nell’ordine e sicurezza pubblica sul mare, pone però problemi di più ampia portata. La vicenda, così come è percepita dall’opinione pubblica e dai media nazionali, sembra riguardare solo il nostro Paese, dato che l’evento mortale è accaduto nelle acque territoriali italiane, poche ore dopo che il “Summer Love” era entrato nella nostra Zona SAR.

In realtà, considerando i fatti nella loro interezza, ci sono aspetti che interessano anche la Turchia e la Grecia quali Stati costieri di partenza e di transito del caicco, relativamente a eventuali responsabilità per i mancati soccorsi nelle rispettive zone SAR, se si individuassero persone a conoscenza dell’oggettiva condizione di distress dell’imbarcazione.

Analoghi addebiti sarebbero in teoria ipotizzabili a carico di Frontex per non aver evidenziato alle competenti autorità SAR, anche elleniche, che la precaria navigabilità del battello rendeva necessario un soccorso. Tra l’altro, qualora risultasse che Frontex non ha sorvegliato l’imbarcazione prima dell’ingresso nella SAR italiana, sarebbe lecito chiederne le ragioni.

In termini penalistici, secondo il nostro ordinamento simili situazioni configurano aspetti di “cooperazione” nel reato colposo oppure di causazione dell’evento con condotte indipendenti. Entrambe le ipotesi determinano una connessione di procedimenti, pur se alcune delle azioni od omissioni sono state poste in essere all’estero.

Dal punto di vista delle competenze SAR la questione ruota sulla consapevolezza o meno che l’imbarcazione trasportante migranti fosse in pericolo (distress) per il solo fatto di essere sovraccarica. Sul concetto di distress non c’è uniformità di vedute sostenendosi dalla maggior parte degli Stati che esso postula una richiesta di soccorso (distress call).

Al riguardo, circa la sottovalutazione della situazione di distress è illuminante quanto osservato dal Ministro Salvini in  un’intervista del 2023 al quotidiano spagnolo El Pais. Ecco le sue parole: «Nessuno ha indicato alcun rischio imminente. I marittimi salvano vite umane indipendentemente dal governo al potere. E Frontex, evidentemente, non aveva segnalato alcun rischio imminente. Altrimenti sarebbero intervenute la Guardia costiera o la Marina italiana (…) Ho letto i documenti. Se la barca parte dalla Turchia, attraversa altri Paesi prima di arrivare in Calabria… Ma mi rifiuto di credere che un marinaio non salverebbe la vita a qualcuno se sapesse che quella persona è in pericolo. Ed evidentemente non vi era alcun avviso di pericolo di vita».

Al Ministro Salvini si deve anche la seguente interessante valutazione sull’applicabilità dell’ordinario regime SAR alle imbarcazioni di fortuna con migranti: «è dimostrato che sono viaggi organizzati. Una SAR implica un salvataggio per un evento imprevisto. In questo caso i viaggi si contrattano su internet: costano tra i 5.000 e i 10.000 dollari, con un punto di partenza e una durata precisa. Dovremo rivedere la regolamentazione delle zone Sar, trattandosi di viaggi organizzati».

Tenendo conto di tutto questo, bisognerebbe dunque avviare nell’ambito dell’Organizzazione marittima internazionale (Imo) un’iniziativa per definire specifiche regole basate sulla realtà del fenomeno: le imbarcazioni trasportanti migranti irregolari andrebbero definite de jure sfornite di navigabilità;   gli Stati costieri dovrebbero intervenire sin dalla partenza ed in qualsiasi momento del viaggio per interromperlo e mettere in sicurezza le persone nel porto più vicino.

Utopia? Forse si. Per intanto Italia e Grecia  potrebbero intensificare la cooperazione SAR -visto che entrambe sono  spesso informate dalla Ong Alarm Phone di situazioni di distress- in applicazione del relativo Memorandum del 2000. Ovviamente, analogo auspicio va formulato per i rapporti che intercorrono nel SAR tra Italia e Malta.

Immagini: AP, Gazzetta del Sud e Research Gate

 

Ammiraglio in congedo, docente a contratto di "Introduzione geopolitica e diritto internazionale del mare" presso l'Università di Bari. E' autore del "Glossario di Diritto del Mare", RM, 2020 disponibile in https://www.marina.difesa.it/media-cultura/editoria/marivista/Documents/supplementi/Glossario_di_diritto_del_mare_2020.pdf

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