I Predator ci spieranno come fossimo talebani?

Dai teatri di guerra dell’Afghanistan ai cortei e alle manifestazioni nelle piazze delle città italiane, dai voli sulla Libia a quelli sulla Val di Susa, dalle missioni di ricognizione in Iraq e Siria per stanare le basi dell’Isis a quelle su aree di Sicilia e Calabria dove potrebbero essere nascosti i covi dei latitanti di mafia e ‘ndrangheta: i Predator smettono di essere soltanto uno strumento a disposizione dei militari e mettono la loro tecnologia al servizio dell’ordine e della sicurezza pubblica. L’accordo per l’utilizzo dei velivoli senza pilota da parte delle forze di polizia è stato siglato il 26 novembre a Roma dal capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Pasquale Preziosa e dai capi di Polizia e Carabinieri Alessandro Pansa e Leonardo Gallitelli.

Un’intesa, ha sottolineato Preziosa, “già in atto”, che consentirà di “aumentare il livello di sicurezza dei nostri cittadini”: “l’esperienza maturata in anni di utilizzo nei vari teatri operativi all’estero, ci ha consentito di acquisire un know-how che ora torna utile anche per altri scopi. La tecnologia esce dagli hangar e si mette al servizio delle forze di polizia”.

Nelle intenzioni dei firmatari, l’intesa farà inoltre risparmiare parecchi soldi allo Stato, in quanto i costi effettivi saranno soltanto quelli relativi al volo dei Predator, a quanto pare il costo dell’ora di volo quantificato da una tabella dell’Aeronautica risalente al 2011 in circa 8 mila euro all’ora di volo in caso di cessione dell’utilizzo ad altri Corpi ed Enti dello Stato.

La presenza dei velivoli senza pilota verrò compensata con il minore utilizzo dei più costosi elicotteri in dotazione a Polizia e Carabinieri per gli stessi compiti.

“Con questo accordo abbiamo acquistato a prezzo zero il meglio che c’è sul mercato, strumenti complessi e costosi che saranno a nostra disposizione” ha sintetizzato Pansa. Cosa faranno nello specifico i droni e quando verranno utilizzati, saranno polizia e carabinieri a deciderlo, a seconda delle esigenze. I Predator possono volare per oltre 20 ore consecutive senza necessità di atterrare o fare rifornimento.

E sono in grado di trasmettere immagini in diretta, di giorno e di notte, di individuare obiettivi sul terreno, di dare indicazioni precise a chi si muove a terra su quanto si troverà davanti, di sorvegliare una determinata zona senza esser visti. Non sono stati forniti dettagli ma è  probabile che il Predator potrà essere utilizzato per sorvegliare manifestazioni, cortei e proteste di piazza ma forse anche per incontri di calcio o operazioni di polizia sul territorio, per il controllo di strade e autostrade o per la sorveglianza di determinati luoghi e di intere aree.

Paradossalmente l’intesa interforze che consente l’utilizzo dei droni per sor vegliare l’Italia e gli italiani non ha sollevato particolari reazioni da parte di organizzazioni e movimenti per i diritti civili.

Ecco perché, ha detto ancora il generale Preziosa, i Predator sono “un moltiplicatore di sicurezza”: messi “nei punti opportuni, sono in grado di fornire le informazioni sul terreno ma anche di rappresentare una fonte di protezione per poliziotti e carabinieri impiegati sul territorio”.

Pansa non è sceso nei dettagli (in realtà nessuno lo ha fatto) , ma ha confermato che i velivoli serviranno “per la sorveglianza elettronica in tutte quelle situazioni in cui è necessario avere a disposizione uno strumento che consenta di raccogliere immagini e informazioni altrimenti non possibili” mentre per il generale Gallitelli “i droni verranno usati “solo a ragion veduta, sul piano della prevenzione e della repressione” .

Come è evidente si tratta di dichiarazioni che da sole non rassicurano. I velivoli che di volta in volta verranno messi a disposizione sono quelli del 32esimo Stormo basati ad Amendola, in provincia di Foggia. E sarà sempre l’Aeronautica a mantenere il know-how: l’accordo non prevede la formazione di poliziotti e carabinieri all’impiego dei droni. Il personale della forza armata continuerà a gestire i voli dei Predator e ad analizzare i dati registrati dalle apparecchiature, che poi verranno passati alle forze di polizia.

Un ulteriore aspetto quanto meno “delicato” è determinato quindi dal fatto che le informazioni raccolte “spiando” cittadini verrebbero raccolte e sarebbero quindi in possesso delle forze armate che le cederanno alle forze di pubblica sicurezza. Se i soggetti sorvegliati dai droni fossero anche criminali o supposti tali non si tratterebbe comunque di “nemici”. Curioso quindi che l’intesa per l’utilizzo dei droni più sofisticati in dotazione all’Aeronautica per compiti di sicurezza nazionale non abbia sollevato reazioni o richieste di chiarimenti anche se ormai siamo abituati all’epidemia  di “torpore critico” che caratterizza società e media dall’ascesa a Palazzo Chigi di Matteo Renzi.

Eppure dubbi e perplessità non mancano. Innanzitutto ogni cittadino italiano rischia oggi di trovarsi per caso o per una precisa volontà di qualcuno sotto il controllo di un drone in grado di registrarne i movimenti e intercettarne le comunicazioni come se si trattasse di un talebano afghano, un pirata somalo o un terrorista dello Stato Islamico.

Inoltre assistiamo all’ennesimo impiego di forze armate e mezzi militari in compiti di sicurezza interna e questa volta non si tratta di pattuglie anti-scippo nei centri storici delle nostre città né di ruspe che ripuliscono da fango e detriti lasciati dalle alluvioni o dai rifiuti, né di elicotteri che scaricano acqua dalle benne sugli incendi boschivi.

Insomma, il rischio “grande-fratello” è dietro l’angolo (anzi, sopra i nostri tetti) così come la militarizzazione della sicurezza interna con il fine che si eserciti un capillare controllo delle masse. E’ evidente infatti la possibilità che i droni possano venire utilizzati non solo per contrastare il crimine organizzato o il terrorismo. Su questi temi non basta certo magnificare tecnologie e concertare procedure interforze ma urgono trasparenza e regole chiare.

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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