Trump ha bisogno di Putin. Il Contesto intervista il Gianandrea Gaiani
Mentre le forze armate russe si accingono a serrare l’accerchiamento di Pokrovsk, ultimo caposaldo della linea di difesa ucraina nel Donbass, l’amministrazione Biden impone l’ennesima tornata di sanzioni contro la Russia e il presidente iraniano Pezeshkian si reca a Mosca per formalizzare assieme al suo omologo russo Putin l’atteso accordo di partnership strategica, al culmine di un lungo e meticoloso processo di gestazione.
Sullo sfondo, continua a imperversare il dibattito tutto occidentale volto all’individuazione di vie d’uscita dal vicolo cieco ucraino che consentano di minimizzare la portata della sconfitta di Kiev.
Sulla rivista «The Atlantic», il politologo Robert Kagan, esponente di punta della compagine neoconservatrice e marito di Victoria Nuland, ha scritto che «l’Ucraina non perderà in maniera recuperabile e negoziata, con territori vitali sacrificati ma un’indipendenza mantenuta e protetta da garanzie di sicurezza occidentali.
Il Paese è invece chiamato ad affrontare una sconfitta totale, implicante perdita di sovranità e completa sottoposizione al controllo russo […]. Trump deve ora scegliere tra accettare una umiliante sconfitta strategica sulla scena mondiale o moltiplicare immediatamente il sostegno americano per l’Ucraina fintanto che c’è ancora tempo».
Lo stesso segretario generale della Nato Mark Rutte ha riconosciuto che l’Ucraina non è nelle condizioni per negoziare da una posizione di forza, ed ha aggiunto che «l’attuale 2% del Pil che i Paesi europei della Nato destinano al bilancio della difesa è irrilevante. La Russia sforna in soli 3 mesi la produzione che l’intera Nato da Los Angeles ad Ankara è in grado di sostenere nell’arco di un anno». Simultaneamente, il quotidiano israeliano «Haaretz» scrive che Steve Witkoff, inviato speciale di Trump in Medio Oriente, ha schiacciato politicamente Netanyahu imponendogli l’accettazione di un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza che sta suscitando grossi malumori all’interno del governo di Tel Aviv.
Sul versante americano, Trump ha invece espresso l’intenzione di rivedere radicalmente le relazioni con Canada, Groenlandia e Panama, conformemente a una politica che si richiama più o meno esplicitamente alla vecchia Dottrina Monroe. Ne parliamo assieme a Gianandrea Gaiani, giornalista, saggista e direttore della rivista telematica «Analisi Difesa».
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