Il Canada rinuncia ai cacciabombardieri F-35
Il governo conservatore canadese del premier Stephen Harper ha annunciato la riapertura della competizione internazionale per un nuovo jet da combattimento destinato a rimpiazzare i 77 CF-18 oggi in servizio, rinunciando di fatto ad acquisire 65 F-35A dalla statunitense Lockheed Martin commissionati due anni or sono. “Abbiamo spinto il tasto reset e stiamo e effettueremo una completa valutazione di tutti gli aerei sul mercato” ha detto il ministro dei lavori pubblici Rona Ambrose. Di “reset” ha parlato anche il ministro della Difesa Peter MacKay “per bilanciare le necessità militari con gli interessi dei contribuenti”.
Lockheed Martin non ha commentato la decisione di Ottawa limitandosi a sottolineare di essere stata “un partner delle forze armate canadesi per più di 50 anni” e aggiungendo che “continua a sostenere il governo canadese per fornire all’aeronautica un aereo di quinta generazione”.
McKay annunciò il varo del programma F-35 nel luglio 2010 definendo l’aereo “l’unico tipo di cacciabombardiere che risponde alla perfezioni ai bisogni delle Forze armate canadesi”. I costi annunciati da McKay per 65 velivoli, 9 miliardi di dollari, vennero aggiornati l’anno scorso dal governo a 16 miliardi da spalmare sui bilanci di 20 anni. Cifre contestate da un rapporto del General Account Office (la Corte dei conti canadese) e del tutto smentite dal rapporto commissionato dal governo alla società di ricerche KPMG che ha evidenziato anche i costi di gestione degli F-35 Lightning 2 giungendo a una cifra complessiva per 45,8 miliardi di dollari nei prossimi 42 anni, pari a quasi 700 milioni di dollari per ogni velivolo.
Il costo di ogni singolo velivolo “nudo” (cioè esclusi ricambi ed armamenti) è valutato oggi 88 milioni di dollari contro i 65 previsti inizialmente ma nuovi rincari sono in arrivo considerati i ritardi del programma e i tagli agli ordinativi annuali anche da parte del Pentagono che stanno facendo lievitare ulteriormente i costi. Secondo le tabelle di previsione del Pentagono i jet della versione A costeranno infatti 90 milioni di dollari ma solo nel 2017 mentre quelli prodotti nei prossimi tre anni avranno un costo progressivamente in calo da 127 a 95 milioni di dollari. Abissale inoltre la differenza tra i costi di manutenzione della flotta di F-35 annunciati dal governo (8,9 miliardi) e rilevati da KPMG (15,2) che ha valutato costi operativi in 19 miliardi contro i 9 stimati dal ministero della Difesa. Le valutazioni di KPMG sono state confermate dal colonnello Melinda F. Morgan, portavoce del Pentagono, che le ha definite “in linea con le previsioni del Pentagono circa i cisti del velivolo”. Oltre ai costi il velivolo non è ancora stato messo a punto ma mostra già carenze sotto il profilo dell’autonomia e delle prestazioni “stealth” , cioè della capacità di risultare invisibile ai radar nemici, che doveva costituire l’asso nella manca del jet. L’ex comandante dell’aeronautica canadese, generale Steve Lucas, ha ammesso che nel raccomandare l’adozione dell’F 35, nel 2006, i vertici militari non fornirono alcune “informazioni chiave” sul velivolo. La rinuncia al jet di Lockheed Martin riapre quindi la gara per il nuovo cacciabombardiere della Royal Canadian Air Force, alla quale parteciperà anche l’F-35 insieme agli F-18 Super Hornet di Boeing, al francese Dassault Rafale e all’Eurofighter Typhoon . L’analisi dei costi effettuata dai canadesi può essere utile anche per valutare quanto potranno costeranno complessivamente gli F-35 italiani considerato che dei 90 previsti ben 30 sono nella versione B a decollo corto e atterraggio verticale, molto più costosa della versione A ( 127 milioni contro 164 per i velivoli in acquisizione nel 2013).
Il Programma F-35, ribattezzato “l’aereo da un trilione di dollari” dal Wall Street Journal, prevede 2.443 velivoli per Usaf, Marines e Us Navy e almeno altri 700 per gli alleati ma i tagli al Pentagono e soprattutto il ripensamento del Canada potrebbero influire sul futuro del velivolo determinando un ”effetto domino” su altri Paesi che hanno mostrato perplessità nei confronti dell’F-35, soprattutto sul fronte dei costi in crescita costante, come Australia e Olanda mentre la Gran Bretagna prende tempo e ha annunciato che non effettuerà ordini fino al 2015.
Gianandrea Gaiani
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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.